23 Settembre 2024, lunedì
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Come prevenire i rischi di corruzione già nella scelta degli impiegati

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Il Tar del Lazio ritorna sui requisiti morali per l’accesso al pubblico impiego, affermando che se il bando di concorso limita la valutazione dei requisiti a pochi e precisi elementi, l’amministrazione non può invocare integrazioni postume della lex specialis per garantire una maggiore tutela all’immagine pubblica dell’amministrazione.

I rischi di corruzione nella pubblica amministrazione sono sempre in agguato. Per questa ragione la prevenzione pare un rimedio più opportuno, oltre che sicuramente più efficace, rispetto alla cura successiva ad un evento e ad un danno già verificatosi. Occorrono pertanto previsioni chiare e precise, che non lascino spazio a rischi di corruzione che espongano le amministrazioni a danni di un’immagine, già ben lontana dall’utopistica casa di vetro.
In una recente sentenza in tema di esclusione da concorsi pubblici, la n. 6490 del 1° luglio 2013, il Tar del Lazio ha evidenziato come le previsioni del bando, di stretta interpretazione, possano lasciar ben poco spazio alla discrezionalità amministrativa nella valutazione dei requisiti per la selezione dei propri funzionari.

La vicenda riguarda l’Agenzia delle Entrate e il concorso, da questa bandito, per l’assunzione a tempo indeterminato di 220 unità per il profilo professionale di assistente per attività amministrativo-tributaria. La lex specialis espressamente prevede, tra i requisiti di ammissione, il “non avere procedimenti penali in corso che impediscano, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia, la costituzione del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione”. Ebbene l’Agenzia fiscale ha escluso dalla procedura competitiva un candidato che aveva già superato sia la prova attitudinale, sia la prova orale. 
Tra gli (insufficienti, sebbene condivisibili) argomenti forniti dall’amministrazione vi è la necessità di requisiti morali di condotta ineccepibili, non riscontrabili nel candidato escluso, a carico del quale risultano pendenti due procedimenti penali per truffa e falsità in scrittura privata e per associazione a delinquere. Secondo l’Agenzia delle Entrate “la gravità dei fatti contestati e la circostanza che si tratti di più capi di imputazione relativi a diversi procedimenti penali, nonché la delicatezza dei compiti affidati ai dipendenti dell’Agenzia e la connessa necessità di preservarne l’immagine pubblica non consentono l’assunzione di personale la cui situazione soggettiva non appaia compatibile con le esigenze istituzionali dell’Amministrazione”. 
Al fine di supportare l’esigenza di salvaguardare l’immagine e il corretto svolgimento del compito istituzionale affidatole, l’Agenzia fiscale integra, nella motivazione del provvedimento di esclusione del candidato, la disciplina del bando di concorso con una norma del regolamento sull’accesso agli impieghi nella PA (art. 2, comma 5, del Dpr n. 487/1994). Ai sensi della norma richiamata, il requisito della condotta e delle qualità morali stabilito per l’ammissione ai concorsi nella magistratura viene richiesto per le assunzioni, comprese quelle obbligatorie delle categorie protette, presso la presidenza del Consiglio dei ministri e le amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia. Solo in fase giudiziale la difesa erariale puntualizzerà, sebbene con i limiti che si vedranno nel prosieguo, che l’Agenzia delle Entrate rientra tra le amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di polizia e di giustizia, in quanto svolge attività di polizia tributaria, come le attività di accertamento e verifica fiscale. 
Tale integrazione si desumerebbe, secondo l’amministrazione resistente, sia dalla previsione, di cui allo stesso bando di concorso, che prescrive l’indicazione anche dei carichi pendenti nella domanda di partecipazione al concorso, sia dal fatto che, a seguito della riforma del procedimento disciplinare (ex art. 68 del Dlgs n. 150/2009), è possibile avviare quest’ultimo anche prima della conclusione del procedimento penale, laddove emergano elementi sufficienti per irrogare una sanzione disciplinare.

Invero tali argomentazioni non sono apparse al giudice amministrativo né sufficienti né fondate.
Già con l’accoglimento della domanda cautelare, il Tar, sulla base del testo della lex specialis, non ha attribuito alcun valore alla mera pendenza di un procedimento penale, precisando che nello svolgimento della procedura concorsuale si deve far riferimento alla sola sussistenza di sentenze di condanna, sia pure non definitive. Non solo.

Il Collegio conferma la propria posizione anche in sede di merito. Preliminarmente il giudice riafferma la stretta interpretazione delle clausole dei bandi di concorso per il pubblico impiego sui requisiti di partecipazione, che dunque si sottraggono ad operazioni ermeneutiche che ne estendono la portata applicativa. Proprio sulla base di tale consolidato orientamento e in virtù del principio di presunzione di non colpevolezza dell’imputato fino a condanna definitiva ex art. 27, comma 2, Cost., “la regola generale in materia di concorsi pubblici preclude la partecipazione di coloro che siano esclusi dall’elettorato attivo politico e coloro che siano stati destituiti o dispensati dall’impiego presso una pubblica amministrazione” ex artt. 2 del Tu n. 3/1957 e 2 del Dpr n. 487/1994, “non essendo di per sé rilevante la mera pendenza di un procedimento penale, salve specifiche previsioni di singoli ordinamenti”. 

Pertanto, già con il bando di concorso l’amministrazione ha vincolato le proprie valutazioni, limitandole ai soli fatti già accertati con sentenze penali di condanna ancorché non passate in giudicato o di patteggiamento.

Come si è visto l’amministrazione, per sopperire ad una lex specialis dalle maglie troppo larghe per garantire l’inattaccabilità della propria immagine pubblica, ha fatto ricorso ad un’integrazione postuma del bando con il rinvio al Dpr n. 487/1994. 
Il Tar, sebbene ribadisca, anche in sede di merito, l’inapplicabilità della previsione (invocata dall’Agenzia delle Entrate) di cui all’art. 2, comma 5, del Dpr n. 487/1994, sostiene che il provvedimento impugnato sarebbe comunque illegittimo per carenza di motivazione. 

Il Collegio continua affermando che conformemente all’obbligo di motivazione di cui all’art. 3 della legge sul procedimento amministrativo, l’amministrazione avrebbe dovuto non solo richiamare espressamente, già nella motivazione del provvedimento censurato, l’art. 2, comma 5, del Dpr n. 487/1994, ma anche specificare i presupposti di fatto posti a fondamento del giudizio di insussistenza del requisito della condotta incensurabile. Tali presupposti, infatti, non possono esaurirsi in un generico riferimento alla “gravità dei fatti” contestati in sede penale e alla “particolare delicatezza dei compiti affidati al dipendente dell’Agenzia”, ma implicano un giudizio sulla colpevolezza che va necessariamente e sufficientemente motivato. 

Ancora il giudice censura il provvedimento sotto il profilo della motivazione in quanto il riferimento al Dpr n. 487/1994 non risulta finalizzato al concorso in questione. Più precisamente, il suddetto richiamo al regolamento per l’accesso agli impieghi della PA, sebbene errato, non risulta (comunque) giustificato adeguatamente dalla natura dell’attività, non meglio specificata, che i 220 assistenti per attività amministrativo-tributaria, di cui alla procedura in questione, saranno chiamati a svolgere, e che è stata genericamente definita di polizia tributaria da parte della difesa erariale.

Il Tribunale amministrativo, dunque, bacchetta l’Agenzia delle Entrate che in modo troppo superficiale ha disposto l’esclusione del candidato, da un lato motivando l’esclusione solo tardivamente ed in modo del tutto insufficiente, dall’altro lato con un richiamo ad una norma non applicabile all’Agenzia fiscale.
Pare il caso di sottolineare, tuttavia, che le preoccupazioni dell’Agenzia delle Entrate sono legittime e fondate su una più che condivisibile idea di salvaguardare l’immagine dell’amministrazione e tenerla lontana da corruzione, e perfino da un pericolo di corruzione. Nondimeno ciò può esprimersi in una cieca o approssimativa attività discrezionale. 

Oro contro mattone, la sfida dell’autunno

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La crisi economica impone prudenza negli investimenti, ma anche una ricerca mirata verso rendimenti sicuri e protezione del capitale. Una cautela oggi necessaria anche nei confronti di due beni rifugio per eccellenza come l’oro e il mattone, sotto i riflettori più per l’andamento poco confortante che per la certezza della resa. L’oro da inizio anno ha perso oltre il 20%, il mattone è in crisi da sei anni ormai. E lo shutdown americano degli ultimi tre giorni potrebbe comprimere ulteriormente i valori del metallo giallo. Quale futuro dunque?

Anja Hochberg, Head Investment Strategy dell’Asset Management di Credit Suisse, ritiene che l’oro come il real estate siano entrambi utili e importanti elementi per diversificare il portafoglio. “Mentre non vediamo dei rialzi rilevanti per l’oro nei prossimi due mesi – dice -, di fatto nel lungo periodo l’oro è ben supportato ed è un ottimo hedge di lungo specie nei confronti dell’inflazione. Ed è percepito come un bene rifugio”.
Quale sarà il trend per il real estate in Italia e in Europa? “Anche se di fatto al momento per i prossimi mesi preferiamo gli Usa e alcuni mercati asiatici, in Europa manteniamo un atteggiamento positivo specie verso la Germania.

Il costo/opportunità di detenere oro peggiora in un contesto di tassi che tendono al rialzo. Peraltro a oggi potrebbe continuare il rischio di sell off visto nei mesi precedenti. “L’oro è un asset che performa bene nei periodo di crisi -dice – ed è un ottimo hedge per l’inflazione e per gli imprevisti. Non dimentichiamoci che il mercato dell’oro è globale e quindi è un asset estremamente liquido”. Molto meno liquido è il mercato immobiliare. Soprattutto in Italia in questa fase. Ed è legato a un singolo mercato di riferimento. Il real estate può dare rendimenti che in questa fase di post-correzione dei prezzi si sono fatti interessanti. “Fatte queste considerazioni riteniamo preferibile investire in real estate, viste le previsioni di una lenta uscita dalla crisi dell’Europa e di attese di tassi bassi ancora per un periodo, come indicato da Draghi”.

Il mattone è l’oro delle famiglie italiane
Antagonista dell’oro potrebbe essere il mattone. Altro bene rifugio per eccellenza, meno liquido ma in alcuni casi più appetibile.
Il mattone è vero non dà cenni di ripresa a breve, anche se qualche operatore intravede timidi segnali di decelerazione nella discesa. Nomisma prevede una stabilizzazione delle compravendite, con un cambio di intonazione tra la prima e la seconda parte dell’anno. “Di fatto il 2013 è il punto più basso del mercato in termini di transazioni – dice Luca Dondi, direttore generale di Nomisma -. Sul fronte prezzi, invece, prevediamo ancora cali, anche per tutto il 2014, che complessivamente saranno dell’entità del 6-7% circa in termini nominali (per ottenere il calo in termini reali bisogna considerare anche l’inflazione, e si arriva al 10%)”. Qualcuno avanza l’ipotesi di cali ben più consistenti per vedere domanda e offerta incontrarsi di nuovo.

Ci sono poi degli aspetti fiscali che penalizzano il mattone nel breve periodo. L’Imu sulla seconda casa, le tasse e la fiscalità penalizzante se si vende entro i 5 anni. Se si guarda a un arco di 10 anni almeno allora il mattone resta un mercato interessante.
“Chi ha comprato nel 1990 e venduto nel 2000 ha guadagnato il 30% – dice Breglia -. L’oro oscilla di più, visto proprio il trend nell’ultimo periodo. Il mattone ha una banda di oscillazione massima in termini reali del 20%”.
È vero poi, sostiene Breglia, che il mattone è molto più lento nelle reazioni, ma nemmeno l’oro è così facilmente liquidabile, se si pensa che i gioielli si vendono a peso e se si considerano anche le truffe dovute alle bilance truccate.

Lampedusa, la più grande tragedia del mare

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Sono un centinaio gli immigrati morti nel relitto del barcone naufrato stamattina a davanti alle coste di Lampedusa. Lo si apprende da fonti qualificate del coordinamento dei soccorsi. Lo scafo si è rovesciato ed è affondato trascinando con sé almeno cento profughi, intrappolati all’interno. Al bilancio dei soccorritori si aggiungono 93 cadaveri recuperati a terra e 151 sopravvissuti. Le prime stime indicano che l’imbarcazione ospitava “almeno” 500 persone. Tra i corpi recuperati si contano 4 bambini e almeno 4 donne, una delle quali incinta.

L’imbarcazione si è capovolta nella notte «a mezzo miglio dall’Isola del coniglio» di fronte a Lampedusa. Il sindaco dell’isola Giusi Nicolini riferisce anche che tra i superstiti è stato individuato e fermato un presunto scafista. È un giovane tunisino che era stato raccolto tra i superstiti riconosciuto da un gruppo di migranti. I cadaveri, che si trovano al momento sul molo Favarolo a Lampedusa, saranno trasferiti nell’hangar dell’aeroporto.

Con l’isola già in piena emergenza, si è consumato il dramma del naufragio del secondo barcone: «Probabilmente, si è capovolto a causa dei movimenti scomposti delle centinaia di persone a bordo, nel momento in cui hanno visto terra«, ha spiegato l’operatore sanitario «in base a quella che è la mia esperienza». con un’inchiesta di Roberto Galullo.

Alle 13 circa è stato individuato il relitto del barcone naufrato stamattina davanti alla costa dell’Isola dei conigli a Lampedusa. Il natante è quasi completamente affondato ed è stato avvistato dai piloti di un ATR42 della Guardia costiera. Dal mare affiora una piccola parte dello scafo, che ha preso fuoco dopo che i passeggeri avevano acceso un falò per segnalare la loro presenza e farsi soccorrere. L’incendio ha scatenato il panico a bordo e la barca si è rovesciata per poi affondare.

Proprio oggi, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano era intervenuto sul tema del diritto di asilo. In un messaggio inviato per la presentazione del «Rapporto Italiani nel Mondo 2013» della Fondazione Migrantes, Napolitano ha invita a rivedere con «maggiore sensibilità» le politiche di accoglienza. «La tragedia di Ragusa con 13 morti vittime di criminali scafisti (l’episodio che ha preceduto la tragedia di oggi, ndr) scuote le nostre coscienze e impone a noi tutti di porre in essere le misure necessarie per evitare il ripetersi di queste tragedie.

 

Lampedusa, dietro le traversate stranieri residenti in Italia e mafia

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Stranieri residenti in Italia, con permesso di soggiorno o cittadinanza italiana, molto legati al proprio Paese d’origine e poco propensi a collaborare con gli italiani: è l’identikit di chi organizza le traversate dei migranti .

Sul Sole 24 Ore Roberto Galullo traccia l’identikit delle associazioni di trafficanti di esseri umani. Sono gruppi composti in “cellule”, che operano in diverse regioni italiane e in altri Paesi, africani ed europei. Queste cellule sono collegate tra loro ma mantengono una propria autonomia. Hanno contatti stabili con gruppi criminali attivi nei Paesi di provenienza. Hanno elevate capacità organizzative e operative: solo così, infatti, riescono a gestire in pochi giorni il trasferimento di clandestini dal nord Africa al nord Europa. Allo stesso tempo mantengono un basso profilo. Usano le stesserotte del traffico dei migranti per il traffico di droga e armi, in alcuni casi collaborando con cellule terroristiche.

Ad aiutare questi trafficanti di uomini ci sono in molti casi le mafie italiane, sottolinea Galullo. In particolare la ‘ndrangheta, che intercetta i traffici e li indirizza verso la prostituzione e lo spaccio di droga.

Per questo Galullo ricorda quanto detto dal sostituto procuratore nazionale antimafia Maurizio De Lucia, riferendosi allo sfruttamento della mano d’opera in agricoltura: “Appare opportuno pensare a forme concrete di premialità per i casi di immigrati clandestini che collaborano con la giustizia“.

Esplode caldaia a scuola: poteva essere una strage

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l pensiero che avrebbero potuto essere coinvolti dei bambini fa accapponare la pelle. Per fortuna i ragazzini erano andati via da poco più di un’ora. Una esplosione è avvenuta ieri intorno alle 18 nella scuola di Piano d’Accio, a Nepezzano di Teramo. Solo il caso ha voluto che la scuola fosse vuota al momento dell’esplosione perché altrimenti potevano scapparci diversi morti. La deflagrazione si è verificata nel locale caldaia, i cui muri sono stati devastati: seriamente danneggiati sia l’ala che ospita al piano terra le aule, deserte dalle 16,30 quando si erano concluse le attività, sia, al primo piano, la sede del Centro Servizi per il Volontariato dove, per fortuna, ma i cinque operatori presenti in quel momento non hanno riportato conseguenze; lesionate più di tutte la cucina e una classe della sezione C. Sul luogo del crollo sono poi giunti il sostituto procuratore Giovagnoni, poi il procuratore capo, Bruno Auriemma. Facile prevedere che già in queste ore il magistrato dovrebbe affidare una perizia tecnica. I Vigili del fuoco di Teramo hanno rimosso le macerie e bonificato l’area. Rilevanti sono le lesioni anche ad alcune strutture portanti dell’edificio, è praticamente certo che le lezioni saranno formalmente interdette a tempo indeterminato.

Il redditometro al ristorante (cd tovagliometro) non è attendibile sulle cerimonie

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redditometro 

Secondo la CTR di Brescia nella sentenza n. 18/63/13 la metodologia di rideterminazione induttiva,  basata sulla ricostruzione indiretta dei ricavi di un’impresa di ristorazione, effettuata mediante l’applicazione del prezzo medio di un pasto al numero delle prestazioni fornite, stimate sulla scorta del consumo dei tovaglioli, non è attendibile nei confronti di un ristorante che effettua prevalentemente cerimonie e banchetti.

I Giudici in sentenza hanno affermato che: “Pare logico ritenere che la porzione delle singole portate di un banchetto, atteso il loro ingente numero, non possa paragonarsi a quelle del normale pasto quotidiano”.

L’accertamento analitico-induttivo (ex art. 39, primo comma, lettera d) del DPR 600/73) basato sul cosiddetto “tovagliamento” ridetermina i ricavi di un’impresa di ristorazione sulla base del consumo unitario di tovaglioli utilizzati, attribuendo la teoria secondo cui ogni cliente per singolo pasto utilizza un tovagliolo, cosi ridetermina il numero dei pasti consumati, che moltiplicato per il prezzo medio praticato per persona, viene ridetermina il volume d’affari accertato.

Questa metodologia induttiva, secondo quanto affermato i Giudici della CTR di Brescia, non è attendibile se l’attività prevalente del ristorante è quella di organizzare cerimonie e banchetti.  In quanto questi tipi di eventi non possono essere patagonati al normale servizio di pasto giornaliero, ne sotto l’aspetto delle materie prime utilizzate per la preparazione ne sotto il profilo dei tovagloli utilizzati.

Pertanto, ci troveremo di fronte all’inattendibilità della ricostruzione induttiva del volume d’affari  se il metodo di determinazione dei ricavi è fondato sul riscontro dei tovaglioli utilizzati da un ristorante e sulla stima del numero dei pasti serviti, in quanto viziato.

Rusciano Mariarosaria

Sabato rischio nubifragi su tirreniche e Liguria, Domenica al Sud e adriatiche

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L’autunno spara una grossa cartuccia destinata all’Italia, nel mirino di piogge e temporali anche forti per il secondo weekend consecutivo . E’ infatti in arrivo una perturbazione atlantica responsabile di un primo peggioramento già Venerdì sui settori occidentali del Paese, con piogge sparse entro la notte in particolare su Nordovest, tirreniche, Isole, localmente anche a carattere di rovescio e temporale; saranno già possibili primi intensi fenomeni tra Piemonte, Liguria e Toscana.

Ma sarà Sabato che il maltempo entrerà nel vivo.
C’è la possibilità di fenomeni molto intensi, anche a carattere di nubifragio, in particolare su Liguria, Toscana, Lazio, Campania e Sicilia, con rischio di locali allagamenti o dissesti idrogeologici;  allerta dunque per città come Genova, Roma, Napoli. Piogge invece in genere più deboli al Nord, di tipico stampo autunnale, salvo fenomeni più incisivi come già detto su Liguria, ma anche basso Piemonte ed Emilia Romagna; in genere più deboli ed intermittenti le precipitazioni su estremo Nordest e Alpi.

Domenica ancora piogge ed acquazzoni sul gran parte del Paese – In tal frangente saranno Sud e Sicilia più a rischio violenti temporali e nubifragi, con possibili allagamenti e dissesti idro-geologici; piogge a tratti copiose e molto abbondanti anche tra Romagna, Marche ed Abruzzo, per rotazione delle correnti dai quadranti orientali. Rovesci invece più irregolari sulle tirreniche, mentre i fenomeni tenderanno parzialmente ad attenuarsi al Nordovest per lieve effetto di caduta alpino.

Le più gravi alluvioni di Ottobre sull’Italia negli ultimi 50 anni

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Ottobre è un altro mese ad alto rischio alluvionale per l’Italia; questo perchè le perturbazioni in arrivo trovano accoglienza in un mare ancora caldo che ne esalta le potenzialità. La cronaca italiana apre un vasto ventaglio di casistiche alluvionali in questo mese, alcune davvero tragiche; ecco alcune tra le più gravi degli ultmi 50 anni:

25 Ottobre 2011: alluvione nello Spezzino e in Lunigiana; oltre 500mm di pioggia in meno di 6 ore; esondazione di numerosi fiumi tra cui Vara, Magra e Taro; 12 vittime

4 Ottobre 2010: alluvione tra genovese e savonese, colpite in particolare Sestri Ponente, Varazze, Cogoleto; fino a 300-400mm di pioggia in poche ore, 1 vittima

5 Ottobre 2010: alluvione a Prato e provincia per nubifragio, 3 vittime

1 Ottobre 2009: alluvione nel messinese per violenti temporali; numerose frane e smottamenti; 36 vittime

22 Ottobre 2008: alluvione nel cagliaritano, colpita in particolare Capoterra per violenti nubifragi, 5 vittime

13-16 Ottobre 2000: alluvione in Piemonte per piogge copiose e persistenti; coinvolte anche Valle d’Aosta e Lombardia, dove esondarono il Po e diversi affluenti. Si contarono 23 vittime e 40.000 sfollati.

7-8 Ottobre 1977: ancora alluvione su Piemonte e Valle d’Aosta per violenti rovesci; 15 vittime

7-8 Ottobre 1970: alluvione a Genova per esondazione dei torrenti Bisagno, Leira, Chiaravagna, Cantarena; picchi pluviometrici di 900mm in 24 ore. Si contarono ben 44 vittime

Andando ancora più indietro nel tempo ritroviamo alluvioni gravissime come quella di Salerno il 25-26 Ottobre 1954 che costò la vita a 318 persone e ancora quella di Reggio Calabria il 21 Ottobre 1953 che causò 51 vittime.

DONNA 39ENNE MUORE AL POLICLINICO DOPO IL PARTO: AVVIATA UN’INDAGINE

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Una donna indiana di 39 anni è morta ieri al Policlinico Umberto I dopo aver partorito lo scorso 29 agosto. Il marito della 39/enne ha sporto denuncia per omicidio colposo. La donna era stata ricoverata il 28 agosto e aveva partorito il giorno seguente. Sono in corso indagini per chiarire le cause della sua morte. La Regione Lazio, appresa la notizia della donna deceduta al Policlinico Umberto I, ha immediatamente richiesto al direttore Generale della struttura ospedaliera romana una relazione su quanto accaduto per avere «maggiori e dettagliate informazioni». La donna indiana di 39 anni morta ieri al Policlinico Umberto I di Roma aveva subito lo scorso 29 agosto «un parto cesareo molto difficile» e al momento del decesso si trovava nel reparto di rianimazione. È quanto si apprende da fonti sanitarie dell’ospedale. La donna, dopo il parto, non è mai ritornata a casa, e il suo caso è stato definito dai sanitari «molto complicato». A quanto pare, inoltre, le condizioni di salute della donna non sono state sempre costanti: questo l’avrebbe portata a essere ricoverata in più reparti del policlinico romano. Sempre a quanto risulta da fonti sanitarie, la donna era già uscita in precedenza dalla rianimazione, per poi rientrarci.

GETTÒ IL FIGLIO NEONATO NEL TEVERE, RIPARTE IL PROCESSO OGGI: “NO ALL’INFERMITÀ MENTALE”

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No alla condanna per infermità mentale nei confronti del papà che gettò il figlioletto nel Tevere. Prende il via oggi – tra le polemiche – il processo di secondo grado a carico di Patrizio Franceschelli che, il 4 febbraio 2012, prese il figlio Claudio, di pochi mesi. L’associazione Valore Donna, che tutela la famiglia del piccolo Claudio, attacca infatti in una nota l’omicida: “Come se nulla fosse, gettò il piccolo da Ponte Mazzini dentro al Tevere, facendolo affogare in una mattinata in cui l’acqua era gelida a causa della nevicata della notte prima. Un gesto che definire insano e crudele è poco – commenta la Presidente di Valore Donna, Valentina Pappacena -. Una tragedia che nessuno riesce e potrà mai dimenticare. Una crudeltà, soprattutto se tenuto conto che si tratta di un padre; un gesto inspiegabile e soprattutto ingiustificabile. Il padre di Claudio fu condannato, in primo grado a 30 anni ed ora i suoi avvocati cercheranno di tornare a percorrere la tesi dell’infermità mentale per un uomo che invece, a detta di tutti, quella terribile mattina era assolutamente capace di intendere e di volere».