23 Settembre 2024, lunedì
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CASSAZIONE CIVILE MERCOLEDI’ 02 OTTOBRE 2013

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Recesso illegittimo perché non è computabile la mancata presenza in servizio dovuta all’ambiente lavorativo. Discrezionale, e decisiva, la nomina del consulente

Così la camorra metteva le mani sul trasporto di ortofrutta in Campania

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L’Iva della camorra vale tre euro a bancale, più o meno. Circa mille euro a viaggio. Che cosa sarà mai? direte voi. Eppure, è anche per questo che il prezzo di un chilo di mele o di pere o di arance aumenta, dal mercato alla tavola, di oltre il 200 per cento. E si tratta di un costo che viene scaricato interamente sul consumatore, su chi – insomma – quei prodotti li addenta a casa, seduto a tavola.

Un meccanismo perverso emerso nell’ultima inchiesta antimafia in cui i carabinieri di Mondragone hanno arrestato sette persone per associazione mafiosa, finalizzata alla commissione dei delitti d’illecita concorrenza mediante minaccia e violenza, e di fittizia attribuzione di beni, con l’aggravante dal metodo mafioso. A parte un paio di soggetti già noti alle cronache (il boss Giacomo Fragnoli e il suo “assistente” Emilio Boccolato) il resto della combriccola finita sott’inchiesta è formato da autotrasportatori e padroncini che hanno deciso di vendere l’anima al diavolo.

Una scatola vuota che il padrino di Mondragone Augusto La Torre aveva creato una ventina di anni fa per monopolizzare il business e che poi, con la detenzione e il pentimento del boss, è passata in gestione ai nuovi capi assumendo, di volta in volta, varie denominazioni e anche la forma di una cooperativa e di un’agenzia di intermediazione per il trasporto dei prodotti ortofrutticoli.

Insieme, Casalesi e mafia siciliana, hanno sbaragliato non solo la concorrenza lecita, ma anche quella illecita estromettendo le imprese mafiose riconducibili alla cosca ‘ndranghetista dei De Stefano di Reggio Calabria e a quella dei Mallardo di Giugliano in Campania che pure avevano maturato una certa esperienza nel settore. In ballo, c’è il controllo del trasporto della frutta verso i mercati di Fondi (il più grande d’Europa), Giugliano, Pagani e Nocera. Un business da paura.

Camaleontici, così sono descritti nell’indagine del pm Antimafia di Napoli Cesare Sirignano, i gruppi criminali di Caserta. Perché per impadronirsi degli affari e dei territori hanno adottato una strategia di annessione assai articolata. Perché per impadronirsi degli affari e dei territori hanno adottato una strategia di annessione assai articolata. Che solo in ultima istanza prevedeva il ricorso alla violenza. Il passepartout, in questo caso, era un’azienda che si chiama “La Paganese”, nata sotto l’ala protettrice degli Schiavone di Casal di Principe. Si presentava come leader del mercato, ai futuri nuovi clienti, il proprietario Costantino Pagano.

SENTENZA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE del 03 Ottobre 2013

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In assenza di certezza sul momento del pagamento l’imprenditore non ha diritto al beneficio fiscale

Japan Airlines ordina 31 A350 ad Airbus

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Quando alla conferenza stampa per presentare un accordo commerciale intervengono gli ambasciatori, allora è chiaro che non si tratta di una mera commessa ma di un evento a suo modo storico, con implicazioni politiche. Il gruppo europeo Airbus è riuscito finalmente a spezzare il monopolio della rivale americana Boeing sul mercato giapponese: Japan Airlines ha ordinato 18 A350-900 e 13 A350-100, per un valore di listino di circa 9,5 miliardi di dollari, con una opzione su altri 25 velivoli. È il primo ordine in assoluto proveniente dalla Jal e il maggiore di sempre da parte di una compagnia nipponica. Boeing si è detta “disappointed” per questa decisione, pur “rispettandola»”.

Ma sembrano aver giocato contro la società Usa non solo i recenti problemi al 787 “Dreamliner” ma i ritardi nello sviluppo del modello che sostituirà il 777. Jal inizierà a volare con gli Airbus nel 2019. Con questo maxiordine, il gruppo europeo ha in portafoglio commesse per oltre 750 velivoli della nuova famiglia A350, che inizierà il servizio commerciale l’anno prossimo. Da moltissimi anni la società di Tolosa cercava di contrastare il predominio della Boeing, ma era riuscita a scalfirlo solo in minima parte con qualche intesa nel settore low cost.

Alla conferenza stampa al Grand Hyatt di Tokyo del ceo di Airbus, Fabrice Bregier, e del direttore generale della Jal Yoshiharu Ueki erano presenti – un fatto senza precedenti – l’ambasciatore di Francia Cristian Masset, l’ambasciatore di Germania Volker Stanzel, l’ambasciatore di Spagna Miguel Angel Navarro Portera, l’ambasciatore della Delegazione Ue Hans Ditmar Schweisgut e il ministro dell’ambasciata britannica Julia Longbottom.

Cipolletta: «Dall’aumento dell’Iva, tutto sarà assorbito dai produttori»

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«L’aumento dell’Iva non avrà impatto sui consumi perché sarà assorbita dai produttori preoccupati di non deprimere le vendite. Il problema è la povertà che sta crescendo al punto che oggi il discrimine è tra chi ha un lavoro e chi non ce l’ha. Una disparità che deve essere colmata al più presto». Così Innocenzo Cipolletta, presidente dell’Università di Trento e del Fondo strategico italiano commenta i recenti provvedimenti del governo in materia fiscale. Partendo dal presupposto che la disoccupazione sta diventando un’emergenza per il Paese e su quella bisogna intervenire al più presto.

Ancora una volta è lo Stato a fare cassa. Sì certo, oggi lo Stato ha bisogno di reperire risorse sia per rispettare i criteri di Maastricht sia per finanziare politiche attive di bilancio come interventi a sostegno dell’occupazione, di chi ha un basso reddito e di chi ha perso un lavoro: chi ha un lavoro deve capire che deve aiutare chi un lavoro non ce l’ha.

Troppo spesso vengono fatti annunci che poi rischiano di cadere nel vuoto. È il caso del programma “Destinazione Italia” il cui obiettivo è di attrarre investimenti in Italia, ma che per essere attuato necessita di una serie di leggi e di regolamenti sostenibili solo da un governo stabile e duraturo. Invece stiamo morendo sui regolamenti: qualsiasi legge ha bisogno dei rispettivi regolamenti attuativi ma che rischiano di tradursi in lacci e lacciuoli. Un esempio è la riforma fiscale del governo Monti: ancora oggi stiamo aspettando le deleghe.

Quanto ancora durerà questa crisi? I primi segnali di ripresa sono previsti già a fine anno. La situazione del credito alle imprese sta migliorando alla luce dei pagamenti della pubblica amministrazione per 11 miliardi. L’industria italiana è una componente forte, con un potenziale di crescita dell’export altrettanto forte e una bilancia dei pagamenti attiva. Quello che manca è il sostegno della politica: chi investe in Italia non sa quale governo ci sarà e fino a quando durerà. Eppure, investire in Italia vale la pena.

ADDIO AL BOLLINO ASSICURAZIONI

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Dal 18 ottobre via al dm che elimina i contrassegni cartacei: rilevamento elettronico della polizza a cura della polizia grazie alla banca dati della motorizzazione

CASSAZIONE PENALE del 04 ottobre 2013

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Utilizzabile anche ai fini della misura cautelare sui beni dell’indagato il metodo dell’accertamento induttivo, che garantisce il contraddittorio con il contribuente

 

SENTENZA LUNEDI’ 07 ottobre 2013 (Causa patrocinata dall’avvocato Gaia Matteini)

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La società che gestisce il parcheggio svolge attività commerciale: comporre la lite spetta al gdp del luogo dove risiede l’automobilista. Irrilevante la sede dell’azienda

 
 

PATTI SEGRETI E ACCCORDI TRASVERSALI CHE GETTANO OMBRE SUI PRESUNTI VINCITORI E VINTI E SUL GOVERNO

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Adesso che, ancora una volta, l’italico vizio di attribuire frettolosamente la patente di vincitori e vinti è stato soddisfatto, possiamo esaminare con più distacco – e possibilmente più acume – la partita che si è giocata in parlamento sulla fiducia al governo. Partita che non è stata solo quella che si è svolta in casa Pdl o tra Letta e Berlusconi, bensì quella, molto più complicata e trasversale, che ha attraversato, con incroci inconfessati, i due partiti e i diversi schieramenti. A quanto risulta a TerzaRepubblica, infatti, Berlusconi si era mosso nella direzione della sfiducia al governo, e conseguenti elezioni anticipate, perché forte di un accordo segreto con una parte del Partito Democratico. E più specificatamente con coloro che, avversando Letta e la neo-democristianizzazione dell’esecutivo e dello stesso Pd, avevano interesse a far saltare il banco.
Qualcuno sostiene che questa convergenza d’interessi si sarebbe estesa anche al voto (segreto) in aula sulla decadenza da senatore di Berlusconi, ultimo baluardo vista l’inevitabilità del voto negativo (per il Cavaliere) in giunta, come è puntualmente successo ieri. Sta di fatto che quell’inedito asse è stato sconfitto prima ancora di manifestarsi dal meno inedito ma pur sempre trasversale asse tra i moderati del Pdl capitanati dai ministri – quelli che, tradendo l’abitudine a pensare padronale, sono stati chiamati (nel migliore dei casi) i transfughi – e la componente lettiana del Pd. Il duo Alfano-Letta, come si è detto semplificando. Cui bisogna aggiungere tutti quelli di Scelta Civica che, di fatto, hanno ormai abbandonato Monti – capitanati da Mario Mauro – e Casini. Ora, a parte l’improponibilità di certi parallelismi storici, è tutto da capire se questo fronte abbia più chance dell’altro di sopravvivere alla congiuntura politica. Certo, il duo Alfano-Letta apparentemente ha vinto, fino al punto da costringere Berlusconi alla penosa retromarcia dell’ultimo minuto (che gli è costata sul piano psicologico più ancora che politico, come ha potuto constatare chi gli ha fatto visita subito dopo il passaggio parlamentare). Ma le incognite sono molte, e non facili da sciogliere. Per esempio, il gruppo capitanato da Alfano (ma non meno da Formigoni e Lupi) riuscirà a reggere al rinculo del Cavaliere, che sta tentando e tenterà di fare di tutto per evitare la disgregazione del Pdl? Perché è evidente che costoro potranno esistere politicamente e contribuire all’ordito della nuova aggregazione trasversale soltanto confermando la scelta di costituirsi come gruppo parlamentare e come partito in modo autonomo e solo se alla base della loro linea politica non c’è più l’adesione incondizionata al bipolarismo. I bookmaker a quanto danno le scommesse su queste due cruciali questioni?

Ma problema non meno pesante è quello che si vive in casa Pd, per ora velato dalla maschera di apparente euforia che tutte le componenti hanno indossato di fronte alla fiducia ricevuta dal governo. Perché dentro al Pd ci sono almeno tre anime più Renzi. Ci sono i lettiani, di stretta e meno stretta osservanza, che sono ringalluzziti dalla fiducia ma preoccupati che Alfano e soci non riescano a tenere. Poi ci sono quelli che volevano la caduta del governo, fregati dal dietrofront di Berlusconi. 

Infine, c’è il tema del governo in quanto tale. È evidente che se si considera il rischio corso, può cantar vittoria. Solo che adesso non ha più alibi. L’epilogo della (mancata) crisi di governo, creando di fatto, dentro le larghe intese, una maggioranza più ristretta, ma sufficiente, che potremmo chiamare di “intese coese”, determina una condizione politica che può – e deve – consentire a Enrico Letta di dare all’esecutivo quella forza decisionale che finora non ha avuto. Non più mediazioni preventive, inevitabilmente al ribasso, ma un “vasto programma” di riforme strutturali che diano un senso all’incontro tra Pd e Pdl, necessitato per ragioni di esito elettorale ma non per questo meno indispensabile per prendere quelle decisioni, anche impopolari, che finora i due poli del nostro sgangherato bipolarismo separatamente non erano riusciti ad assumere. Tanto più necessarie, queste scelte, per via del fatto che la politica nel suo insieme ha toccato il fondo in termini di credibilità popolare, e dunque dare consistenza al governo e lanciarlo verso una vita che vada ben oltre le elezioni europee dell’anno prossimo (diciamo almeno fino al 2015) diventa fondamentale non solo per il bene del paese ma anche per la sopravvivenza stessa di queste forze politiche. Che se fossero andate ad elezioni subito, avrebbero perso altri milioni di voti dopo i 10 milioni di elettori che complessivamente le hanno abbandonate alle ultime politiche, andando incontro all’ennesimo pareggio che le avrebbe costrette a rimettersi insieme per tentare di mettere insieme uno straccio di maggioranza parlamentare.  Ergo, l’unico modo per evitare un destino altrimenti segnato è ora quello di ritrovare le ragioni dello stare insieme – cioè realizzare unite ciò che separatamente le due coalizioni non erano state capaci di fare – e mettere in condizioni il governo di spiccare il volo. Cosa ci sia da fare è arcinoto: smetterla con le scaramucce su questioni marginali come Imu e Iva, per mettere mano ad un vero e proprio piano Marshall di salvezza e rilancio del paese.

Apres nous le deluge (dopo di noi il diluvio) Enrico Letta come Re Sole?

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di Michele Imperio

re sole 2 Leggo sgomento i commenti che ancora i giornali dei gruppi Elkan e De Benedetti fanno sulla recente seduta del Senato in cui è stata respinta la mozione di sfiducia del governo inizialmente propugnata da Silvio Belrusconi e poi respinta con il ripensamento dello stesso Berlusconi, ma con una pesante filippica, del tipo di quelle greche, di Sandro Bondi.

Questi giornali, ancora oggi, scrivono trionfanti: Ha vinto Tizio! Staiamo asfaltando Caio! E’ finita l’era di Caio! Caio si è dovuto sottomettere a Sempronio, il suo ex delfino! Sempronio ha fatto il parricidio! Un giuornlista di questi gruppi editoriali addirittura ha scritto, non ho capito se preoccupato o divertito: Il vero sconfitto della battaglia non è Caio! E’ Mevio! Il quale ore dovrà aspettare il 2015. E qualcuno ancora ha scritto: Però ci penseranno i grillini a riportare in gara Mevio! Perché essi nel segreto dell’urna voteranno contro la decadenza di Berlusconi come senatore, daranno la colpa al P.D. e quindi queto farà cadere il governo e conseguentemente interromperà la legislatura!

Mi chiedo: ma siamo impaziti?

Ma come! il nostro paese sta srpofondando nel default e i nostri giornali si interessano se in base al voto di giovedì scorso ha vinto Tizo, ha perso Caio o ha perso Mevio!

E poi che significa per qeusti signori vincere o perdere?

Forse costoro dimenticano la sorte che la storia riserva a chi si mette alla testa di una classe dirigente di un paese problematico e si mostra poi incapace di risolvere questi problemi! La reazione del popolo in questi casi è peggio che una slavina, che un evento tellurico, che un uragano americano!

Io in questo momento non mi vorrei trovare nei panni di Enrico Letta. Perchè indubbiamente dopo il voto di giovedì scorso la sua posizione si è rafforzata, ma questo signore mi pare assolutamente incapace di dare soluzione anche a uno dei gravi problemi che affliggono il nostro paese e quindi più si rafforzerà la sua posizione più si aggraverano i problemi, più egli verrà odiato dal popolo.

letta renziNella migliore delle ipotesi (ossia nella ipotesi che non si sia venduto) Enrico Letta è di quelli che vogliono restare nel’euro,che si sentono sottomessi al vincolo esterno (ce lo chiede l’Europa come facciamo a dire di no?) che sogna due eventi che non si realizzeranno mai: gli Stati Uniti d’Europa e gli eurobond garantini dalla Germania. E’tra quelli che ancora non hanno capito che il vero intento dell’euro è quello di togliere la sovranità agli stati nazionali per mettere il potere in mano ai banchieri ossia a persone che non sono chiamate a rispondere di ciò che fanno, perché non sono elette dal popolo e eprchè lavorano nell’ombra. L’euro è diventato lo strumento di questo passaggio di potere. E tutto questo sta avvenendo con l’appoggio di giornali di settori editoriali ben individuati come per esempio in Italia i settori editoriali facenti capo ad Elkan e a De Benedetti oppure in Gran Bretagna i settori editoriali facenti capo ai Rotsdchildt (come Economist e Financial Time), i quali esaltano e riveriscono questi soloni dell’euro.

elkan Diceva Napoleone: temo di più tre giornali che centomila baionette. Vero, però attenzione che quando la gente capisce quante balle raccontano i giornali di Elkan e De Benedetti e si stufa di credere, potrebbe passare alle baionette Se va avanti questa morìa di aziende e s’allarga la disoccupazione, non è una evenienza così impensabile. E chi pagherebbe per primo è Enrico Letta. Non lo dico io, è la storia che lo insegna. de benedetti

calonneVerso la metà del 700 il debito publico in Francia aumentò fino a 80 milioni di livres e Luigi XV re sole affidò il ministero delle Finanze a Charles Alexandre de Calonne.
Il nuovo ministro pensava di riorganizzare le spese del Reame coinvolgendo tutte le classi sociali. Si trovava però di fronte ad una situazione disastrosa: le entrate del 1783 erano state inferiori del previsto e in parte già spese per pagare sia la macchina burocratica che i titolari degli assegni statali emessi negli anni precedenti (i BOT). Calonne decise allora di aumentare il costo del denaro e immettere sul mercato titoli nuovi per attirare investitori, incentivare l’economia con il finanziamento di opere pubbliche e la creazione di porti franchi per facilitare il commercio. Calonne fece della spesa la sua dottrina e dopo aver saldato i debiti trattò gli acquisti dei castelli di Rambouillet e Saint Cloud per i sovrani e attinse anche al Tesoro di Stato per concedere centinaia di vitalizi ingiustificati ad amici e sostenitori del Re. Le spese continuarono a crescere come pure il debito pubblico che ormai rappresentava il 50% del bilancio statale: le spese di corte, sebbene fossero il 6% (più un 2% per i vitalizi) erano quelle più appariscenti e impopolari.
Nel 1786, Calonne apprese con stupore di non poter più ottenere prestiti sui quali si era basata per buona parte la sua economia. Capì che la bancarotta si sarebbe potuta evitare solo tassando di nuovo tutte le classi sociali. Presentò al re la sua idea, venendo però aspramente criticato dalla nobiltà e dal clero: era chiaro che l’eguaglianza in fatto di tasse avrebbe poi sicuramente portato all’eguaglianza civile. Luigi XVI esitò a varare questa e altre riforme. L’’Assemblea dei Notabili, da canto suo si oppose alle proposte di Calonne. Formata principalmente da persone privilegiate (la casta) vedeva in quelle riforme delle leggi che avrebbero danneggiato certi interessi. Il 4 aprile 1787, il presidente dell’Assemblea, l’arcivescovo Loménie de Brienne, si presentò da Maria Antonietta chiedendo la destituzione di Calonne e richiese il ministero per sé ma ormai la Francia era sull’orlo della bancarotta.
après nous le déluge.(dopo di noi il diluvio) disse a Madame de Pompadour ) per sollevare il morale di Luigi XV, suo amante. E sappiamo tutti poi come andò a finire (rivoluzione francese, ghigliottina, Robespierre, restaurazione).

napolitanoNel 2011 in Italia il deficit aumentò fino a 1.900 miliardi di euro e il governo vanne assegnato da Giorgio Napolitano a Mario Monti primo ministro non eletto dal popolo .
Il nuovo primo ministro pensò di riorganizzare le spese del Reame (Italia) e saldare i debiti di evasione, sperpero e quant’altro coinvolgendo tutte le classi sociali. Si trovava però di fronte ad una situazione disastrosa: le entrate del 2011 erano state inferiori del previsto e in parte già spese per pagare sia i debiti di Bot e CCT, sia la macchina burocratica che i titolari degli assegni statali emessi negli anni precedenti. Mario Monti decise così di aumentare il costo del denaro (aumentando l’inflazione con nuove tasse) e immettere sul mercato titoli nuovi per attirare investitori, incentivare l’economia con il finanziamento di opere pubbliche e la creazione di porti franchi per facilitare il commercio. E aggiunse che quasi la crisi era alle spalle. Ma Mario Monti fece della spesa la sua dottrina: dopo aver saldato i debiti e fatto scendere un po’ lo Spread trattò sulle spese per l’IMU e attinse anche al Tesoro di Stato per concedere centinaia di vitalizi ingiustificati agli amici e sostenitori (banche, Monte dei Paschi casta-politica, ecc). Le spese continuarono a crescere come pure il debito pubblico che ormai rappresentava il 120% del bilancio: le spese della casta politica, sebbene fossero il 6% (più un 2% per i vitalizi) erano quelle più appariscenti e impopolari.

mario monti Nel 2012, Mario Monti apprese con stupore di non poter più ottenere prestiti sui quali si era basata per buona parte la sua economia visto che – contrariamente alle sue previsioni il PIL continuava a scendere eil debito sdontinuava a salire. Capì che la bancarotta si sarebbe potuta evitare solo tassando in modo equo tutte le classi sociali. Presentò al popolo la sua idea, venendo però aspramente criticato dalla casta e dal clero: era chiaro che l’eguaglianza in fatto di tasse avrebbe poi sicuramente portato all’eguaglianza civile. Mario Monti ancora attaccato allo status quo come lo aveva sempre conosciuto esitò a varare questa e altre riforme che sarebbero state discusse alla camera. L’Assemblea si sarebbe tenuta a Roma, ma venne rinviata a causa dei bisticci politici.. L’Assemblea si oppose alle proposte di Monti. Formata principalmente da persone privilegiate era naturale che si opponessero a riforme che avrebbero danneggiato i loro interessi. Il 23 aprile 2012, il presidente della confindustria, Marcegaglia, si presentò da Elsa Fornero chiedendo la destituzione di Monti. Ma questa mossa mnon bastò. ormai L’Italia e l’Europa tutta erano in bancarotta.

A Mario Monti, sempre per volontà di Giorgio Napolitano e sempre senza elezione del popolo, successe Enrico Letta il quale finse di togliere l’IMU, aggiunse un punto di Iva, aumentò ulteriormente il costo della benzina, cominciò a svendre Eni, Enel eFinmecanica, pensando fra sé e sé: après nous le déluge.(dopo di noi il diluvio).
Già dopo di lui o insieme a lui e travolgendo anche lui?

Michele Imperio