25 Settembre 2024, mercoledì
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Liquidazioni ai manager, è Telecom Italia la società più generosa

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Telecom Italia spicca per essere stata negli anni la società più generosa con i suoi manager. La compagnia telefonica ha infatti girato ai top manager uscenti buonuscite di oltre 74 mln di euro. Come emerge da un’analisi condotta da Milano Finanza sulla base dei bilanci aziendali e dello studio sulle remunerazioni delle società quotate italiane del 2011 e 2012 di Frontis Governance, nel 2001 Colaninno, dopo due anni al vertice di Telecom, è uscito dalla compagnia con 25,8 mln. A livello generale il record assoluto è detenuto da Cesare Romiti, che quando disse addio alla Fiat nel 1998 incassò 101,5 mln. Seguono Alessandro Profumo, che ottenne 38 mln quando lasciò Unicredit e Matteo Arpe, che uscì da Capitalia con una liquidazione di 37,4 mln.

La Svizzera veste i panni di Robin Hood: prelievo forzoso sui ricchi per aiutare i disoccupati

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Chissà chi tra John Maynard Keynes e Friedrich Von Hayek sarebbe contento nel conoscere l’ultima trovata che arriva dalla piccola Svizzera. Dal 2014 entrerà nei 26 cantoni del Paese elvetico una riforma che promette di far discutere anche altrove. Dal prossimo gennaio partirà il prelievo forzoso dell’1% sui redditi superiori a 250mila euro. L’obiettivo è cercare di rifinanziare il fondo che funge da ammortizzare per i disoccupati che in questo momento naviga a vista, con un buco da 4 miliardi.

Il Governo punta a riportare i conti in ordine del fondo assicurativo a tutela dei “senza lavoro” nel giro dei prossimi 15 anni. E per questo chiede una mano ai ricchi. Una politica opposta al trickle-down (mettere i ricchi nelle condizioni di fare più utili perché poi questi a cascata arriveranno anche ai più poveri) tipica dell’impostazione economica neo-liberale.

Il fondo assicurativo ha incrementato il passivo negli ultimi anni, complice l’aumento del tasso di disoccupazione che attualmente viaggia al 3%. Un tasso straordinariamente basso se confrontato con il 12% italiano ed europeo ma oltre tre volte superiore rispetto al tasso a cui gli svizzeri sono stati abituati prima della crisi degli anni ’90 (inferiore all’1%).

E adesso lo Stato chiede una mano ai ricchi per riportare i conti in ordine e, allo stesso tempo, garantire la pace sociale.

Contributi, totalizzazione, ricongiunzione e riscatto

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Quante tipologie di contributi ci sono?
Esistono vari tipi di contributi: i contributi obbligatori (sono quelli principali); i figurativi; i volontari e i contributi per riscatti e ricongiunzioni. Le amministrazioni e gli enti iscritti detraggono mensilmente i contributi obbligatori dalla busta paga del lavoratore e, aggiungendo la quota a loro carico, li versano all’Inps, Gestione dipendenti pubblici. Per garantire il regolare flusso delle entrate si utilizzano procedure informatiche. I lavoratori iscritti, in possesso dei requisiti richiesti, possono presentare domanda per la copertura di periodi di astensione dal lavoro così come indicati dalla normativa di riferimento (congedo parentale, aspettativa per cariche pubbliche elettive, aspettativa sindacale ecc.), per la prosecuzione volontaria dei contributi e per la ricongiunzione e il riscatto di particolari periodi. Vediamo ora in concreto alcune specifiche situazioni. Un primo dubbio riguarda la durata della pausa pranzo. Questa pausa deve avere una durata non inferiore a trenta minuti e non superiore alle due ore. La collocazione temporale di tale intervallo, se diversa dalle due fasce attualmente esistenti (dalle 12,30 alle 14,30 oppure dalle 14,00 alle 16,00) deve essere stabilita in sede di contrattazione locale e può decorrere a partire dalle 12,00 compatibilmente con le particolari esigenze operative della struttura.

Totalizzazione dei periodi assicurativi

Quali sono le disposizioni previste dal decreto legislativo n. 42 del 2006 in materia di totalizzazione dei periodi assicurativi?
La norma stabilisce che quando il lavoratore abbia già raggiunto, in una gestione a carico degli enti previdenziali pubblici, i requisiti minimi richiesi per il diritto ad autonoma pensione “tale pro quota” sarà calcolata con il sistema di computo previsto dall’ordinamento della predetta gestione.
Diversamente, il trattamento pensionistico derivante da totalizzazione sarà determinato con il sistema di calcolo interamente contributivo.
Il pagamento degli importi liquidati dalle singole gestioni è effettuato dall’Inps. Si precisa che tale Istituto è l’ente pagatore anche nei casi in cui non è interessato alla liquidazione di alcuna quota di pensione.
Per completezza informativa va segnalato quanto segue. L’art. 1, comma 239, della legge 24 dicembre 2012 n. 228 ha introdotto a decorrere dal 1° gennaio 2013 (data di entrata in vigore della legge) un nuovo istituto di cumulo che consente agli iscritti presso due o più forme di assicurazione obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti dei lavoratori dipendenti, autonomi, e degli iscritti alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, di cumulare i periodi non coincidenti ai fini del conseguimento di un’unica pensione; tale facoltà può essere esercitata quando i richiedenti non siano già titolari di trattamento pensionistico in una delle predette gestioni e non abbiano maturato i requisiti per il diritto al predetto trattamento pensionistico, ferme restando le vigenti disposizioni in materia di totalizzazione dei periodi assicurativi di cui al decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 42 e di ricongiunzione dei periodi assicurativi di cui alla legge 7 febbraio 1979, n. 29.

Ricongiunzione

È possibile la ricongiunzione per un’unica pensione, di periodi assicurativi secondo l’art. 2 della legge n. 29 del 1979 per un dipendente in regime di part time iscritto Inpdap e contemporaneamente dipendente in un’attività commerciale con iscrizione Inps?
Tale possibilità scatta alle seguenti condizioni:
ol’accredito della contribuzione Inps presso questo Istituto potrà avvenire esclusivamente per la misura del trattamento pensionistico, essendo il periodo prestato con rapporto di lavoro part time con iscrizione alla Cpdel già interamente utile ai fini del diritto al trattamento di pensione;
oil periodo lavorativo risultante dalla certificazione dell’altro Istituto previdenziale, in relazione all’orario prestato, sommato a quello già valutabile ai fini della misura, presso questo Istituto, non potrà superare il corrispondente periodo che sarebbe stato accreditato nell’ipotesi di lavoro ad orario pieno.
Riscatto
Può un iscritto rinunciare al riscatto?
Con riferimento alla richiesta circa la vigenza e la perdurante attualità dell’orientamento interpretativo contenuto nella nota operativa n. 838M del 5 maggio 1999, si conferma che nulla è innovato rispetto alla possibilità per un iscritto Inpdap di rinunciare ad un provvedimento di riscatto anche dopo l’integrale pagamento del relativo onere, alle condizioni esplicitate nella nota richiamata.
In particolare:
° la rinuncia agli effetti di un provvedimento di riscatto è consentita a condizione che il periodo riscattato non sia stato già utilizzato per la determinazione del’ammontare della pensione;
° la possibilità di revoca parziale o totale di un periodo ammesso a riscatto non comporta per questo Istituto la restituzione del contributo di riscatto o il venir meno del provvedimento legittimamente adottato, ma consente la sola esclusione della valutazione del periodo ai fini pensionistici.
Va, inoltre, segnalato che la richiesta di rinuncia al riscatto, una volta accolta, non può essere successivamente revocata dall’iscritto e che le implicazioni a livello pensionistico conseguenti all’esercizio di tali rinunce devono essere valutate attentamente sia da parte dell’ente datore di lavoro che dai diretti interessati.

Il dirigente sbaglia strategia? Non è responsabile

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Non è responsabile per il mancato raggiungimento del risultato atteso, il manager di una società che fa scelte strategiche rivelatesi poi errate, se ha agito con la diligenza richiesta in riferimento sia alla sua qualifica professionale sia alla natura e alla difficoltà delle incombenze affidategli.
E’ quanto ribadito dalla sezione Lavoro della Corte di Cassazione nella recente sentenza n. 22965 del 9 ottobre scorso.

L’inosservanza dei doveri di diligenza comporta non solo l’applicazione di eventuali sanzioni disciplinari, ma anche l’obbligo del risarcimento del danno cagionato all’azienda per responsabilità contrattuale. Tuttavia, poiché non è possibile addossare al lavoratore subordinato una responsabilità che costituisca assunzione del rischio proprio dell’attività svolta dallo imprenditore, l’indagine relativa deve essere diretta ad accertare se l’evento dannoso subito dall’azienda sia correlato ad una condotta colposa del prestatore d’opera, se cioè si sia in presenza di un casus culpa determinatus ricollegabile, sulla base di un rapporto di causalità, ad una condotta colposa del dipendente sotto i profili della negligenza, dell’imprudenza o della violazione di specifici obblighi contrattuali o istruzioni legittimamente impartitegli dal datore di lavoro. Come criterio direttivo di tale indagine non può assumersi il parametro generale e costante della diligenza dell’uomo medio, ma occorre, invece, valutare la diligenza del dipendente in riferimento sia alla sua qualifica professionale sia alla natura delle incombenze affidategli, ed alle particolari difficoltà presentate dall’espletamento di queste (in tal senso, Cass. 1037 del 1977).”

Must per le aziende

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Il prezzo rappresenta un elemento fondamentale per comunicare il valore del proprio prodotto e distogliere l’attenzione da sconti e promozioni indifferenziate che invece lo spingono verso la commoditizzazione, ossia un livellamento dei prodotti con una riduzione delle differenze che li caratterizzano. Quando ci si trova di fronte all’arduo compito di dover definire il prezzo, nella prassi aziendale prevalgono tre principali metodi. Eccone la sintesi.

Come si decidono i prezzi in azienda
Il primo e più diffuso è quello del cost plus, che parte dal presupposto che alla base di ogni formazione di prezzo vi sia una politica fondata sulla copertura dei costi aziendali. Una volta determinata la base di costo, si aggiunge il margine desiderato e si ottiene il prezzo. Il vantaggio è che, dati i costi, il calcolo è semplice. Così, tuttavia, ogni diminuzione dei costi corrisponde anche a un adeguamento dei prezzi, che però non migliora il margine operativo lordo, in quanto il vantaggio di costo passa automaticamente al cliente. Inoltre non è detto che il prezzo che ne deriva sia quello che il cliente è disposto a pagare. Altro approccio è quello basato sul pricing della concorrenza: si verifica il prezzo richiesto dai concorrenti, ad esempio del leader di mercato, e in base al proprio posizionamento si imposta il prezzo. Se si è un follwer, si sceglierà per esempio un prezzo più basso del leader di una certa percentuale. Anche questo metodo è semplice, quando i prezzi dei concorrenti sono noti, ma non è detto che il leader abbia scelto il prezzo ottimale, che i prodotti siano paragonabili e tanto meno che il cliente sia disposto a pagare questo prezzo. Inoltre non è di alcun aiuto, quando si propone al mercato un prodotto innovativo e che pertanto non ha termini di riferimento sul mercato. L’approccio più sensato è un terzo: il value pricing.

Gli effetti del value pricing
Orica, leader nel settore degli esplosivi commerciali, si è trovata in difficoltà quando imprese concorrenti cinesi hanno iniziato a offrire esplosivi  commerciali a prezzi molto inferiori. Si era così, dall’oggi al domani, manifestato il rischio della commoditizzazione dei prodotti offerti: sebbene la qualità, ossia la capacità di frammentare la roccia in piccole parti, fosse molto inferiore rispetto a Orica, i clienti paragonavano semplicemente i prezzi di singoli candelotti esplosivi e a fronte di un prezzo per candelotto molto inferiore, optavano per quelli cinesi. Il salvataggio di Orica in questa spirale di prezzi verso il basso è stata possibile grazie al value pricing. La nuova struttura di prezzo introdotta ha infatti eliminato il prezzo per candelotto. Il nuovo pricing prevedeva che il cliente pagasse in base al risultato e, quindi, in base al valore ottenuto, in questo caso, dalla frammentazione della roccia, anziché dalla quantità di esplosivo impiegato, ossia dei singoli candelotti. Ciò ha permesso ad Orica di riguadagnare il dominio del mercato, in quanto i suoi prodotti permettono ai suoi clienti di far esplodere in maniera granulare la roccia che così può essere velocemente rimossa. Nel caso dei prodotti cinesi l’esplosione provocava grossi frantumi di roccia, più lenti e onerosi da rimuovere. Senza un pricing orientato al valore, Orica avrebbe probabilmente perso la maggior parte dei suoi clienti. Nel settore dei motori aeronautici General Electric ha modificato il pricing conformandoli al criterio della potenza oraria: i clienti, in questo caso le compagnie aeree, non pagano quindi un prezzo per acquistare il motore aeronautico, ma pagano in base alle ore di volo che il motore garantisce, in quanto il valore per loro sono le ore di effettivo volo. Se il motore deve essere manutenuto spesso o si guasta di continuo, l’aereo non vola: ecco perché pagare per la potenza oraria permette di cogliere il pieno valore.

Cosa fa la differenza
Tutte queste aziende hanno capito che un pricing basato sul numero di unità vendute non serve a differenziarle rispetto ai concorrenti. Al contrario favorisce il confronto, in quanto stabilisce un semplice denominatore comune che permette ai clienti di fare paragoni. Al contrario, se questi ultimi capiscono che il costo da sostenere è proporzionato al valore finale, ciò li spingerà a ripensare le loro preferenze in relazione a quel valore, oltre a mandare un forte messaggio di garanzia del prodotto. Viene evitato così, per i venditori, il rischio della commodity. Ma come si muovono le aziende italiane ed estere sul fronte value pricing in un contesto economico non facile come quello attuale? Per trovare una risposta a questa domanda e capire quali azioni si stanno preparando per affrontare il periodo post crisi, Simon-Kucher & Partners, in collaborazione con le principali business school europee, ha condotto di recente uno studio globale, la “Global Pricing Study”, a cui hanno partecipato migliaia di manager di tutti i settori industriali. L’Italia rientra perfettamente nella media internazionale con l’81% di aziende che subiscono forti pressioni sui prezzi e circa il 70% è coinvolto in guerre di prezzo. Lo studio dimostra che le aziende in cui il top management assume un ruolo attivo nella determinazione dei prezzi hanno il 35% di probabilità in più di avere un alto pricing power e il 30% in più di ottenere una crescita Ebitda nel corso dei prossimi tre anni. Il pricing power è la capacità di un’azienda di ottenere i prezzi che si merita per un dato valore offerto al cliente. In questo, le aziende italiane hanno ancora da imparare rispetto ai concorrenti globali, infatti, tant’è che le aziende nazionali che vantano nell’organizzazione un pricing manager sono molto meno rispetto a quelle estere.

Compenso solo con contratto

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Il contratto con il cliente, con la cifra del compenso, è necessario per riscuotere le parcelle forensi con decreto ingiuntivo. Dopo l’approvazione dei parametri (che hanno mandato in soffitta le vecchie tariffe), l’ordine degli avvocati non può più vidimare le parcelle e, per ottenere l’ingiunzione a pagare, bisogna portare al tribunale una prova scritta. È quanto ha deciso il tribunale di Verona, con il decreto 25 settembre 2013, reso nel procedimento n. 11998/13, con il quale si interpretano gli effetti del dm 140/2012. Stando alla pronuncia veneta, i nuovi parametri mettono fuori gioco la possibilità di avere in tempi brevi un decreto ingiuntivo per il credito dell’avvocato, se non è assistito da un contratto, che abbia clausole analitiche sull’onorario. Alla mancanza di determinazione delle cifre del compenso, inoltre, non può sopperire la vidimazione dell’ordine professionale.

Bar all’italiana per Starbucks

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Starbucks, la catena americana di caffè che stenta ad arrivare nella Penisola perché “gli italiani hanno già i bar e un rapporto speciale con i baristi”, sta cominciando a concepire da sé i locali all’italiana, servendo panini, brioche e succhi di frutta oltre i beveroni di caffè americano. Ma, soprattutto, ha mandato a scuola legioni di baristi per insegnare loro come si vendono cappuccino e croissant al di qua dell’Atlantico.

Per portare a casa dei brand che diversificassero l’offerta, il gruppo ha speso in due anni 750 milioni di dollari (circa 554 mln di euro): si tratta di Evolution Fresh per i succhi di frutta, La Boulange (deal da per brioche e panini, Teavana per gli infusi. E la scorsa estate ha stipulato un mega contratto con Danone per diffondere gli Evolution in Europa e assicurare alle proprie insegne lo yogurt «alla greca” che piace agli americani.

Ogni detenuto costa quasi 124 euro al giorno

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Ogni detenuto costa in media 123,78 euro al giorno. È quanto rivelano ultimi dati, calcolati sulla base di elementi accertati al 30 giugno scorso, del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Il costo medio di un detenuto viene calcolato dividendo le risorse finanziarie del bilancio accertate e la presenza media di detenuti.  Al 30 giugno scorso, quando il totale dei reclusi nelle carceri italiane era pari a 65.889 unità, il costo medio per ognuno di loro è risultato essere di 123,78 euro: una cifra raggiunta sommando 101,69 euro di spese per il personale, 5,93 euro per beni e servizi, anche informatici (trasferte alla formazione del personale, alla manutenzione ordinaria degli immobili, mezzi di trasporto, utenze e spese di riscaldamento di uffici diversi dagli istituti di pena, spese per il laboratorio centrale del Dna, in corso di istituzione), 9,26 euro di costi di mantenimento, e 6,90 euro di spese di investimento.

Il Dl Femminicidio è legge. Braccialetto elettronico anti-stalking

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Con il via libera del Senato alla conversione del decreto legge 14 agosto 2013 n. 93, sul cosiddetto “femminicidio”, nel testo identico a quello licenziato due giorni fa dalla Camera, diventano legge le nuove misure per il contrasto alla violenza di genere, in materia di protezione civile e di soppressione delle province. A Palazzo Madama sono stati 143 i sì, 3 i voti contrari e nessun astenuto. Il provvedimento diventa così legge. Al voto non hanno partecipato Lega, Sel e M5S.

 

Il Dl 93/2013 è stato convertito a tempi di record da Palazzo Madama e prevede un vero e proprio giro di vite per una maggiore tutela delle donne ma anche misure di prevenzione. Il decreto è stato anche contestato per la sua natura “omnibus” che lo ha reso, secondo le opposizioni, un nuovo “pacchetto sicurezza” con misure per i cantieri della Tav, per la protezione civile e i vigili del fuoco. La legge di conversione dovrà essere pubblicata in “Gazzetta Ufficiale” entro il 15 ottobre prossimo, data di scadenza del decreto emanato dal Governo durante la pausa estiva.

 

Su 11 articoli 5 sono sul contrasto al femminicidio.  Arrivano tre nuovi tipi di aggravanti: quando il fatto è consumato ai danni del coniuge, anche divorziato o separato, o del partner pure se non convivente; per chi commette maltrattamenti, violenza sessuale e atti persecutori su donne incinta; per la violenza commessa alla presenza di minori di 18 anni. Sarà poi disposto l’allontanamento urgente dalla casa familiare con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, nei confronti di chi é colto in flagranza.

 

Il legame diventa un’aggravante

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Patrocinio gratuito per chi subisce violenza domestica, corsia preferenziale per processi su storie di abusi familiari e possibilità per il giudice di mettere sotto controllo gli stalker, imponendo il braccialetto elettronico. Sotto il profilo penale, poi, il legame affettivo con la vittima assume rilevanza e si traduce in un’aggravante dell’offesa. Con 143 sì, 3 no e l’astensione di M5s, Lega e Sel l’Aula di palazzo Madama approva definitivamente il decreto 93/2013, con norme per contrastare il femminicidio.

Con l’obiettivo di punire con maggiore severità chi commette soprusi ai danni dei familiari e tutelare in modo più incisivo chi li patisce, il legislatore introduce tre nuove aggravanti che colpiranno gli autori di violenze ai danni del coniuge e dell’ex (divorziato, o separato) e del partner (pure se non convivente), ma anche stupri su donne in stato di gravidanza, e maltrattamenti su e in presenza di minori di 18 anni.