21 Settembre 2024, sabato
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Il dualismo Renzi-Letta anima il Pd

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E’ terminata al Nazareno la segreteria del Pd convocata dal segretario Matteo Renzi. L’incontro era cominciato poco dopo le 7.30 e Matteo Renzi è stato tra gli ultimi ad arrivare. Sul tavolo i temi politici di stretta attualità come le riforme istituzionali e il piano per il lavoro. L’occasione è servita anche a fare il punto prima della direzione del partito, convocata domani sul tema della riforma del titolo V e del Senato, e alla quale parteciperà anche il premier Enrico Letta.

Madia: ticket renzi-Letta non è all’ordine del giorno

Di certo non è all’ordine del giorno, avvisa Marianna Madia, al termine della riunione, “Un ticket Letta-Renzi”. Dice la deputata Pd: “In questo momento l’Italia ha un governo che è il governo Letta ed è il governo sostenuto dal Pd”. “Il ruolo del Pd, proprio per rafforzare l’azione di governo e spronarla, è accelerare sulle riforme”, ha spiegato, “e sui temi oggi più importanti per l’Italia. Il 20 febbraio, ad esempio, avremo una direzione nella quale presenteremo il piano per il lavoro”.

Cuperlo: ci vuole il Letta bis

Intanto Gianni Cuperlo e la minoranza Pd fanno sapere che “la soluzione migliore per il rilancio dell’azione dell’esecutivo è una ripartenza del governo Letta, con il cosiddetto Letta bis, che dia un segnale di discontinuità nei contenuti programmatici e recuperi prestigio e autorevolezza anche attraverso una compagine ministeriale rinnovata”.

Fassina: Renzi deve parlare chiaro
“Il governo non può essere un governo di intrattenimento, mentre le forze politiche si occupano di legge elettorale e riforme istituzionali. Non possiamo rinviare una scelta chiara sul governo a dopo la legge elettorale, e spero che domani in direzione, a partire dal segretario del partito, vi siano parole chiare su questo”. Così a Sky Tg24 Mattina, Stefano Fassina, deputato Pp ed ex viceministro per l’Economia, chiede al segretario Matteo Renzi di fare chiarezza domani, nella direzione nazionale del Pd, sulle voci di rimpasto. “Dobbiamo dire se riteniamo vi siano le condizioni per rilanciare il governo o, se le condizioni non ci sono, dobbiamo avere il senso di responsabilità nei confronti del paese di dire che si va a elezioni”, ha aggiunto, “La legge elettorale è importante, ma chi ha perso il lavoro, le imprese che chiudono, le famiglie che non ce la fanno, vogliono risposte sull’economia, il potere d’acquisto, le tasse. Non possiamo rinviare a dopo un governo che abbia il sostegno pieno e convinto del Pd, senza il quale è impossibile fare le riforme”.

Inps, nel 2013 domande di disoccupazione su del 33,8%

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A gennaio sono state autorizzate 81,4 milioni di ore di cassa integrazione, tra interventi ordinari, straordinari e in deroga. Rispetto a gennaio 2013, quando le ore autorizzate erano state 90,8 milioni, si registra una diminuzione del -10,4%, determinata dal calo degli interventi di cassa integrazione ordinaria e in deroga (rispettivamente del -23,1% e del -16,1%), mentre la cassa integrazione straordinaria fa segnare un lieve aumento (+0,8%). E’ quanto rileva l’Inps, aggiungendo che complessivamente nel 2013 sono state presentate 2.134.975 domande di disoccupazione e mobilità, con un aumento del 33,8% rispetto alle domande presentate nel 2012, che erano state 1.595.604. Nel confronto tendenziale con il mese di gennaio 2013, precisa l’Inps, si registra il calo delle ore autorizzate per la cassa integrazione ordinaria (Cigo), che a gennaio 2014 sono state 23,8 milioni, mentre quelle autorizzate a gennaio 2013 erano state 30,9 milioni (-23,1%). In particolare, la variazione è stata pari a -31,7% nel settore industria, mentre al contrario nel settore edilizia vi è stata una crescita del 21%, più sensibile a fattori meteorologici. Di segno opposto l’andamento tendenziale della cassa integrazione straordinaria (Cigs). Il numero delle ore autorizzate è stato a gennaio 2014 superiore a quello dello stesso mese dello scorso anno: 43,9 milioni, con un aumento dello 0,8% rispetto a gennaio 2013, quando le ore autorizzate erano state 43,5 milioni. Gli interventi in deroga (Cigd), pari a 13,7 milioni di ore a gennaio 2014, fanno segnare invece un andamento decrescente (-16,1%) se raffrontati con quelli del mese di gennaio 2013, nel quale furono autorizzate 16,4 milioni di ore. Per analizzare i dati relativi a disoccupazione e mobilità, l’Istituto ricorda che da gennaio 2013 è cambiata la normativa di riferimento. Considerando che i dati forniti si riferiscono al mese precedente rispetto a quelli della cassa integrazione, cioè al mese di dicembre 2013, e che da gennaio 2013 sono entrate in vigore le nuove prestazioni per la disoccupazione involontaria, ASpI e mini ASpI, le domande che si riferiscono a licenziamenti avvenuti entro il 31 dicembre 2012 continuano a essere classificate come disoccupazione ordinaria, mentre per quelli avvenuti dopo il 31 dicembre 2012 le domande sono classificate come ASpI e mini ASpI. Per quanto riguarda i dati specifici, nel mese di dicembre 2013 sono state presentate 98.394 domande di ASpI, 33.500 domande di mini ASpI e 410 domande di disoccupazione tra ordinaria e speciale edile. Nello stesso mese sono state inoltrate 10.131 domande di mobilità, mentre quelle di disoccupazione ordinaria ai lavoratori sospesi sono state 82.

Napolitano: i governi Monti e Letta non sono un mio capriccio

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“I  governi di Mario Monti e di Enrico Letta non sono frutto di un capriccio della persona del presidente della Repubblica. “Bisognava affrontare la crisi e il problema del debito cumulato negli anni precedenti”. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano,  ha spiegato così, nel suo secondo giorno di visita all’Europarlamento di Strasburgo , i motivi che lo hanno spinto a scegliere la strada delle larghe intese con gli ultimi due esecutivi. “Con Monti si è deciso di dare risposta alla crisi finanziaria e al problema del debito, con Enrico Letta si è cercato di dare un governo all’Italia ed evitare l’instabilità politica e istituzionale, così come le elezioni anticipate”, ha aggiunto Napolitano, che ha dovuto fronteggiare l’ennesimo attacco della Lega Nord. Dopo la la plateale contestazione di ieri, oggi è toccato al capodelegazione della Lega al Parlamento europeo, Lorenzo Fontana puntare l’inbdice contro il capo dello Stato:  “Quando un capo politico sbaglia la linea, si dimette”. A detta di Fontana, il presidente della Repubblica, sarebbe colpevole di aver avallato la politica di austerità imposta dal’’Europa all’Italia. “La sua politica”, ha detto Fontana durante l’incontro che Napolitano ha avuto oggi con gli europarlamentari italiani, “è stato un fallimento”. Di fronte all’ennesimo attacco leghista, Napolitano prima è rimasto impassibile, mentre Fontana è stato contestato da buona parte degli europarlamentari, poi ha dichiarato: “Chiedere le dimissioni è un diritto che non si nega a nessuno”.

Avvocati trasparenti col cliente

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Via libera al nuovo codice deontologico forense. Il testo (già anticipato da ItaliaOggi il 17 gennaio scorso) è stato infatti approvato in via definitiva dal Cnf venerdì scorso, in attuazione della legge di riforma dell’ordinamento forense, e sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale per entrare in vigore 60 giorni dopo. Tra le novità: l’obbligo per l’avvocato, all’accettazione dell’incarico, di informare il cliente su durata della causa e oneri, del preventivo scritto se richiesto, degli estremi della polizza e della possibilità di avvalersi della mediazione. Ogni versamento ricevuto va poi documentato fiscalmente, mentre resta il divieto di accaparramento di clientela e di pubblicità comparativa. Ma entriamo nel dettaglio dei contenuti del testo predisposto dalla commissione deontologica coordinata da Stefano Borsacchi, che è suddiviso in 73 articoli raccolti in sette titoli (principi generali, rapporti con il cliente e la parte assistita, rapporti tra colleghi, doveri dell’avvocato nel processo, rapporti con terzi e controparti, rapporti con le istituzioni forensi e disposizione finale).

I pennivendoli

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disinformazioneIndro Montanelli soleva dire che alcuni giornalisti italiani sono dei pennivendoli, cioè persone la cui penna va lì dove va il denaro. Sono pagato per parlar male di Berlusconi e parlo male di Berlusconi. E fin qui niente di male. Il problema è che molte volte i pennivendoli parlano con la bocca d’altri.
E’ questo il caso di tal Marco Marozzi, pennivendolo del Secolo XIX un tempo glorioso quotidiano di Genova.
Il nostrto ha scritto che in un’ intervista resa a lui da Romano Prodi, questi avrebbe messo in guardia Matteo Renzi dal favorire Silvio Berlusconi attraverso l’agognata riforma della legge elettorale. E’ da giorni che questo rischio viene evocato – dice Prodi per bocca di Marco Marozzi – soprattutto dopo il ritorno di Casini all’ovile berlusconiano e i numeri diffusi dagli ultimi sondaggi. “Rischiamo non solo di resuscitare Berlusconi – avrebbe continuato Prodi – ma di farlo vincere, che è molto peggio”. Anzi Prodi avrebbe detto di più: si corre il rischio di finire come Veltroni: nel 2008 professava l’autosufficienza, poi all’ultimo tuffo scelse di imbarcare anche l’Italia dei Valori, ma non bastò. Il centrodestra stravinse come mai accaduto prima e l’allora leader democratico (che pareva destinato a una carriera da statista) fu costretto alle dimissioni di lì a meno di un anno.

PENNIVENDOLO 3Sono quasi le sette di sera quando Romano Prodi detta alle agenzie una smentita di fuoco: “Smentisco nel modo più assoluto –scrive Prodi – quanto a me attribuito dal Secolo XIX a firma di Marco Marozzi. Da mesi non vedo Marco Marozzi, da mesi non lo incontro e non parlo con lui. Quandanche lo avessi incontrato mi sarei guardato dall’avere con lui conversazioni su temi politici. Questo suo presunto scoop mi indigna profondamente”.
L’esempio di Marco Marozzi è uno di quei casi da additare agli aspiranti giornalisti di come non si fa e non si deve fare informazione in Italia. La notizia è completamente manipolata, l’informazione è priva di qualsiasi fondamento di verità: semplicemente è una bufala. Prodi non ha mai detto quelle cose che sono pura e semplice invenzione del giornalista, disinformazione allo stato puro e anche espressione di ignoranza e menefreghismo. Questo Marco Marozzi non distingue fra due tendenze che si stanno appieno manifestando nella cultura politica americana di parte democratica ossia quella mondialista e quella continentalista.

mondialisti 1Alla prima appartengono coloro che puntano a provocare un grosso conflitto fra Occidente, unificato sotto la guida del dollaro, contro Russia e Cina i nuovi nemici numero uno dell’Occidente come già lo furono in passato l’Unione Sovietica e la Cina Comunista. In questa strategia si inquadrano le numerose e gravi provocazioni poste in essere dall’Amministrazione Obama-Clinton contro l’Ucraina, della quale si vogliono chiudere i gasdotti che portano in Occidente il gas russo, sostituito negli approvigionamenti dal gas dell’Azerbagian, le aggressioni contro il Nordafrica e quindi contro la Libia e l’Egitto e la Tunisia, nei quali paesi i russi e i cinesi stavano costituendo una ricca sfera di influenza (basti pensare che in Libia prima dell’invasione francese e anglo americana stavano lavorando oltre 30.000 operai cinesi con le rispettive imprese) e contro l’Italia il cui leader Silvio Berlusconi non faceva mistero di un rapporto di amicizia che lo legava al leader russo Vladimir Putin. Anzi alcune correnti di pensiero americane della corrente mondialista sostengono che non solo gli Stati Uniti e l’Europa devono dichiarare guerra alla Russia e alla Cina ma devono farlo subito perchè nel tempo Russia e Cina, grazie alla miglòiore prosperità delle loro economie, acquisteranno una sempre maggior supremazia militare rispetto all’Occidente, per cui questo nel tempo è destinato a soccombere.
La tendenza continentalista, invece, propria dell’Amministrazione Obama-Kerry prevede invece un apporto meno guerrafondaio e meno aggressivo nei rapporti dell’Occidente con la Russia e con la Cina.

mondialisti 3In Italia sia il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che il primo ministro Enrico Letta appartengono all’approccio guerrafondaio-mondialista sicchè nelle loro prospettive Silvio Berlusconi doveva morire di morte lenta e soporifera attraverso i processi intentati da Magistrati corrotti e faziosi. Al contrario Matteo Renzi come pure i suoi mentori gli Elkan appartengono all’approccio continentalista, ugualmente avversario della Russia e della Cina ma secdondo un approccio più moderato per il quale il leader del centro-destra sovranista Silvio Berlusconi può rappresentare un possibile utile alleato, qualora l’ascesa del movimento grillino, dovesse montare ancora, cosa tanto più grave in quanto si tratta di un movimento politico totalmente fuori controllo. I giornalisti de “Il Fato quotidiano” infatti non sono riusciti, come i loro colleghi di Repubblica, a mettere il cappello sul movimento politico, che dicono di voler solo informare ma che in realtà pretendono di rappresentare.

1Tutti ricorderanno infatti come sovente Grillo si è dissociato pubblicamente dalla linea editoriale de “Il fatto” come ad esempio il mondialista Marco Travaglio sia stato espulso dal blog del comico e, infine, come addirittura un parente dei Roschildt (tale Sassoon) sia riuscito perfino a insinuarsi nel movimento ma ne è stato allontanato.

nuovo ordine mondiale 4Silvio Berlusconi da parte sua ha ricevuto recentemente in modo diretto due telefonate dagli Stati Uniti una da parte dell’ex segretario di Stato Hillary Clinton e l’altra dall’attuale segretario di Stato John Kerry. La prima lo invitava perentoriamente ad abbandonare la politica, pena pesasnti conseguenze per le sue aziende. Il secondo ha cercato invece di indurre Berlusconi a concedere un’ultima chance al governo Letta con l’impegno di risolvere lui il problema dei processi. Ma al pennivendolo Marco Marozzi – pensiamo – tutte queste informazioni non interessano. A lui serve soltanto scrivere che Berlusconi scopava con Ruby e passare dalla cassa a ritirare la mazzetta. Di tutto il resto, come si dice a Roma (ma anche in certi ambienti di Genova, evidentemente) non gliene può fregar di meno. E sia Francia o sia Spagna, purchè se magna.

Michele Imperio

Mura (Pd): "Il licenziamento di 13 lavoratori di Sardegna 1 è una vergogna e cela l'incapacità della proprietà"

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download«È una vergogna. Non ci sono altre parole per commentare il licenziamento da parte degli editori di Sardegna 1 di tredici lavoratori. Sotto la parolina magica “ristrutturazione”, usata dalla proprietà, si cela in realtà l’incapacità imprenditoriale dei tre proprietari dell’emittente, che è davvero fuori luogo definire editori». Così la deputata del Pd Romina Mura commenta la grave decisione dei proprietari di Sardegna 1 e annuncia: «Il Governo risponda con urgenza alla mia interrogazione presentata alla Camera a ottobre e al Senato da Silvio Lai».

«La sciatteria con la quale il precedente editore ha cercato di guidare la televisione sarda, sfociata nel mancato pagamento degli stipendi di novembre, dicembre e gennaio, le tredicesime del 2012 e 2013, e la quattordicesima 2013, nonostante il contratto di solidarietà, scaduto il 31 gennaio, è addirittura peggiorata (ed era difficile) con i nuovi soci. Prova ne sono questi licenziamenti. Se si manda a casa metà dell’organico di una televisione non si “rassicurano gli utenti e soprattutto gli investitori”, come scrive la proprietà. Anzi, si dice loro: guardate che questa televisione sta chiudendo».

«Non sono bastati i 35 milioni per l’editoria locale messi a disposizione dalla Legge di stabilità su un emendamento del Pd. No, i proprietari non hanno voluto aspettare e hanno preferito mettere sulla strada tredici lavoratori e le loro famiglie».

Ufficio Stampa

on. Romina Mura

IL GOVERNO RESPINGE LE PROPOSTE M5S SUL “DESTINAZIONE ITALIA” PER AIUTARE SETTORE AGRICOLO

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labbate-giuseppe_0Bocciati gli emendamenti di L’Abbate e Gallinella per esentare i piccoli agricoltori dall’obbligo di comunicazioni IVA e per sospendere i versamenti del sistema quote latte

L’agricoltura e gli agricoltori non sono la priorità per questo Governo. Di questo ci eravamo accorti da tempo, ma l’ultima beffa, se possibile, lo dimostra in maniera ancora più evidente: i nostri due emendamenti al decreto “Destinazione Italia” sulla soppressione dell’obbligo di comunicare le operazioni rilevanti ai fini IVA per i piccoli agricoltori e la sospensione delle trattenute e dei versamenti previsti dal sistema delle quote latte sono stati, infatti, dichiarati inammissibili”. Lo dichiarano i deputati del Movimento Cinque Stelle, Giuseppe L’Abbate e Filippo Gallinella, componenti della Commissione Agricoltura di Montecitorio.

È sempre più evidente ormai – proseguono i deputati pentastellati – che le logiche “di parte” o “di partito” prevalgono sulle esigenze dei cittadini e in questo caso degli agricoltori, già in estrema difficoltà. Sorprende, infatti, che i nostri emendamenti siano stati respinti per estraneità di materia quando ogni giorno il Governo approva provvedimenti contenenti disposizioni del tutto eterogenee: ma la ricapitalizzazione di Banca d’Italia non è materia estranea all’Imu?”.

Noi – concludono L’Abbate e Gallinella – ripresenteremo gli emendamenti all’esame dell’Aula; se non verranno accolti e votati  il Governo e la maggioranza ne risponderanno ad agricoltori ed allevatori; perché il vero danno lo faranno a loro, non certo a noi”.

Ufficio Stampa

on. Giuseppe L’Abbate

L'Inps perderà 12 miliardi nel 2014. I giovani e lo Stato coprono il buco pensionistico. Ecco come

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Nel 2014 l’Inps prevede un risultato di esercizio negativo per 11.997 milioni di euro, un dato che fa scendere il patrimonio (a 7.468 milioni a fine 2013) a -4.529 milioni alla fine di quest’anno. Il dato contenuto nel bilancio di previsione per il 2014 che sarà esaminato a breve dal Civ non tiene conto dell’intervento tecnico contabile contenuto nella legge di stabilità per neutralizzare la pregressa passività patrimoniale ex-Inpdap, pari a circa 25,2 miliardi di euro.

Nel documento si sottolinea che a fronte del trasferimento definitivo delle anticipazioni concesse dallo Stato fino all’esercizio 2011 pari a 25.198 milioni di euro di cui 21.698 per anticipazioni di bilancio e 3.500 per anticipazioni di tesoreria previsto dalla legge di stabilità il risultato economico di esercizio nel 2014 passa da un disavanzo di 11.997 milioni a un avanzo di esercizio di 13.201 milioni. Il patrimonio netto a fronte di questo cambiamento risalirebbe a quota 20.669 milioni (da -4.529 milioni senza l’ intervento della legge di stabilità.

Le dimissioni di Antonio Mastrapasqua e le perdite miliardarie nei conti dell’Inps mettono in allarme gli italiani. Sia i lavoratori in attività che gli attuali pensionati. Se l’Inps, come stimano le previsioni del Civ, il Comitato di indirizzo e vigilanza dell’ente pubblico, produrrà un profondo rosso senza sosta, che fine faranno i pagamenti delle pensioni? Domanda legittima, che impone qualche risposta.

Le pensioni non sono a rischio per il semplice fatto che le perdite di bilancio e i buchi provocati dal divario sempre più aperto tra i contributi versati (le entrate) e le prestazioni erogate (le uscite) verranno coperte dall’aumento dei trasferimenti da parte dello Stato. L’Inps, per capirci, non può fallire. E lo sbilancio nei suoi conti verrà pagato dalla fiscalità generale, cioè dai contribuenti italiani. In realtà è già accaduto. Nel 2013 infatti i trasferimenti dello Stato all’Inps hanno toccato i 112,5 miliardi. Sette miliardi secchi in più (+6,6%) rispetto ai 105,6 miliardi che è costata la bolletta pubblica per coprire lo squilibrio tra entrate contributive e prestazioni erogate dall’ente pensionistico italiano. 

39 miliardi in più dal 2008 Un’escalation inarrestabile, da tempo. Basti pensare che nel 2008, prima della “Grande crisi”, erano sufficienti 73 miliardi di trasferimenti dal bilancio dello Stato per coprire i disavanzi. Negli ultimi 5 anni, dal 2008 al 2013, l’esborso è aumentato di ben 39 miliardi cioè il 53% in più. Un aumento monstre, pari all’8% cumulato annuo. E questo in tempi di inflazione ai minimi storici e di profonda flessione del Pil. 

Il 6 febbraio entra in vigore la nuova direttiva

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Il prossimo 6 febbraio 2014 entra in vigore la direttiva 5 dicembre 2013, n. 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom.

La direttiva si applica a qualsiasi situazione di esposizione pianificata, esistente o di emergenza, che comporti un rischio di esposizione a radiazioni ionizzanti che non può essere trascurato dal punto di vista della radioprotezione in relazione all’ambiente, in vista della protezione della salute umana nel lungo termine.

Essa, in particolare, trova applicazione:

a) alla fabbricazione, alla produzione, alla lavorazione, alla manipolazione, allo smaltimento, all’impiego, allo stoccaggio, alla detenzione, al trasporto, all’importazione nella Comunità e all’esportazione dalla Comunità di materiali radioattivi;

b) alla fabbricazione e al funzionamento di attrezzature elettriche che emettono radiazioni ionizzanti e contengono componenti funzionanti con una differenza di potenziale superiore a 5 chilovolt (kV);

c) alle attività umane implicanti la presenza di sorgenti di radiazioni naturali, che determinano un significativo aumento dell’esposizione dei lavoratori o di individui della popolazione, in particolare:

i) al funzionamento di aeromobili e veicoli spaziali, in relazione all’esposizione del personale navigante;

ii) alla lavorazione di materiali contenenti radionuclidi naturali;

d) all’esposizione dei lavoratori o di individui della popolazione al radon in ambienti chiusi, all’esposizione esterna dovuta ai materiali da costruzione e ai casi di esposizione prolungata dovuta agli effetti di un’emergenza o di un’attività umana del passato;

e) alla preparazione, alla pianificazione della risposta e alla gestione di situazioni di esposizione di emergenza che si ritiene giustifichino misure volte a tutelare la salute di individui della popolazione o di lavoratori.

La direttiva dovrà essere recepita, attraverso idonee disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, entro il 6 febbraio 2018.

“Responsabile Qualità” o “Quality Manager”: cosa cambia?

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Manca poco alla nuova revisione della ISO 9001, prevista per il 2015. Circolano le bozze che delineano i nuovi impegni di una norma che mira ad essere utile alle esigenze delle organizzazioni che vogliono affermarsi nel mercato. Non sempre le chiacchiere sull’applicazione della norma sono positive. Si rimprovera formalismo e burocrazia, si racconta come un obbligo e quindi un costo piuttosto che un investimento. Come dare una svolta?

Accendiamo il riflettore sulla figura che ha il cappello della qualità.
Chiamato generalmente Responsabile Qualità o Responsabile Gestione Qualità, mi piace ribattezzarlo “Quality Manager”. Non è amore verso l’uso di inglesismi: l’attenzione è verso “Manager”, in sostituzione di “Responsabile”. Ogni termine ha una valenza suggestiva, ovvero si associa a precisi significati: la scelta delle parole aiuta a farsi capire.

Primo interrogativo: chi è responsabile della qualità? In teoria tutti. Nella pratica, a causa di questa dizione, nei corridoi si scarica il più possibile alla figura delegata dall’ Alta Direzione. Grave errore. Gestire la qualità non è tenere le carte (procedure, istruzioni, etc.): i documenti sono uno strumento, non il fine della qualità. Nascono così critici fraintendimenti.

Diverso è il significato di Manager: è colui che guida gli altri verso il conseguimento di obiettivi. Ha certamente un bagaglio di responsabilità, ma non solo. Le norme della serie ISO 9000 quando indicano i compiti, adottano un abbinamento: responsabilità e autorità. La qualità applicata male pone l’accento sulla prima ed esclude la seconda. È come dire: devi fare canestro, ma non hai libertà d’azione .

La figura Qualità si trova in una posizione chiave: fra la Direzione e il personale. Deve essere in grado di “garantire” il conseguimento di obiettivi suoi e dell’organizzazione, ovvero svolgere un ruolo manageriale. Significa: “saper fare” e anche “guidare gli altri a fare”. Sue responsabilità sono:
– rendere chiari e far condividere gli obiettivi,
– guidare gli altri a pianificare,
– monitorare e coordinare,
– aiutare le persone a crescere,
– dare supporto nei momenti critici.

Parallelamente deve avere l’autorità per:
– richiedere le risorse e gli strumenti per sé e per gli altri,
– intervenire quando il conseguimento delle mete appare compromesso,
– elogiare i contributi,
– criticare le carenze.

Occorre attivarsi affinché il Quality Manager abbia credibilità presso la Direzione e autorevolezza con le persone. La leva è la professionalità. Considerando che in Italia ci sono più di 150.000 organizzazioni certificate, abbiamo una misura dell’apporto che questa figura può dare ad un qualità utile e vera. Cominciamo ad investire sulla sua formazione e professionalità.