21 Settembre 2024, sabato
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Tirreno Power, indagato anche Gosio

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È Giovanni Gosio, 61 anni, fino alla scorsa settimana direttore generale di Tirreno Power, il secondo indagato dalla procura savonese per disastro ambientale nell’ambito dell’inchiesta avviata sulle emissioni della centrale termoelettrica di Vado Ligure.

Finora solo il direttore dello stabilimento vadese, Pasquale D’Elia, era stato interrogato dal procuratore Francantonio Granero e dal sostituto Chiara Maria Paolucci nell’ambito del fascicolo che vede indagati tre dirigenti di Tirreno Power. un passo ufficiale che aveva portato alla scoperta del primo nome. Ora, a distanza di qualche tempo dall’uscita di scena dell’ingegnere meccanico di Rovato, è caduta anche la cortina d riserbo sul secondo iscritto.

La decisione di Gosio di lasciare l’azienda avrebbe fatto cadere l’eventuale possibilità di inquinamento delle prove (difficili se non impossibili), o quantomeno di portarlo a conoscenza diretta degli elementi di prova a suo carico.

In ogni caso l’indiscrezione sull’ex direttore generale di Tirreno Power indagato per disastro ambientale rende evidente il livello al quale gli inquirenti stanno puntando. Anche il terzo indagato è un funzionario aziendale anche se il suo nome resta segretato.

Proseguono comunque a ritmo continuo le riunioni al sesto piano del palazzo di giustizia con la Tirreno Power al centro dell’attenzione del pool di magistrati che non sembrano comunque avere intenzione di interrogare a breve gli indagati. Il lavoro di magistrati e consulenti è quello di rendere inattaccabile il castello accusatorio con il quale contestare ai vertici aziendali la pericolosità delle emissioni dalle ciminiere vadesi. I riscontri tecnici avrebbero portato i consulenti ad accertare un incremento della mortalità per malattia respiratori e e cardiovascolari di circa 500 persone nell’arco temporale preso in considerazione.

E anche di questo dovrà rispondere Giovanni Gosio per dieci anni il direttore generale di Tirreno Power, sesta società di produzione di energia in Italia. Proprio per Tp aveva il sogno di veder realizzare il maxiprogetto di potenziamento che avrebbe rilanciato l’azienda ai vertici del panorama energetico nazionale.

Ma il suo rapporto con il Savonese non si esauriva con qualche visita in centrale. Gosio era stato scelto nel 2009 nella squadra dei vicepresidenti di Fabio Atzori nell’Unione Industriali di Savona, insieme con Roberto Buzio (Saint-Gobain), Roberto Marson (Costruzioni Sicel) e Mattia Noberasco (Agrifood). Dall’estate scorsa alla guida dell’organo è subentrato Elio Guglielmelli. Gosio aveva quindi già lasciato la poltrona nella sede di via Gramsci da alcuni mesi, ma nell’organigramma dell’Unione Industriali è entrato come presidente della sezione servizi di pubblica utilità Enrico Erulo, direttore affari generali di Tirreno Power.

Roma, la beffa dei rimborsi Il comune stanzia solo 10 milioni di euro

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I fondi da sbloccare dai vincoli del patto di stabilità – 60 milioni di euro destinati alla manutenzione straordinaria delle fognature, annunciati ieri da Ignazio Marino in consiglio comunale
e una richiesta d’aiuto al governo, con la dichiarazione dello stato di emergenza chiesta formalmente dal governatore Nicola Zingaretti al consiglio dei ministri. La reazione del Campidoglio all’ondata eccezionale di maltempo, e ai danni che ha lasciato sul terreno, si limita a un appello allo Stato, affinché tenda la mano alla Capitale. Ma fondi per risarcire i privati, al momento, non ce ne sono: l’amministrazione ha stanziato appena dieci milioni, di cui cinque destinati ai Municipi, e questa decisione è bastata per mettere in crisi la giunta.

LO STRAPPO
Lunedì la riunione dell’esecutivo sull’emergenza maltempo è stata caratterizzata dall’iniziativa di Daniela Morgante, che ha lasciato in anticipo la sala delle Bandiere in polemica con la decisione della giunta di stanziare fondi straordinari per i Municipi. Lo strappo non è piaciuto a Marino, che già in passato ha dovuto più volte mediare tra l’assessore al bilancio e il resto dell’esecutivo (in particolare il responsabile della mobilità Guido Improta) che mal sopporta l’impostazione della Morgante, definita «troppo ragionieristica». L’irrigidimento dei rapporti tra sindaco e assessore riporta a galla l’ipotesi di un prossimo rimpasto, reso però difficile dal fatto che la Morgante ha già impostato la manovra 2014, con una forte impronta personale, e sostituirla adesso significherebbe ripartire (quasi) da zero.

IL CONSIGLIO
Ieri l’assemblea capitolina, dopo l’intervento di Marino in aula, ha approvato all’unanimità una mozione, presentata dai gruppi Pd e Sel, per richiedere al sindaco di intervenire per «attenuare i vincoli del patto di stabilità». In particolare la mozione chiede di allentarli almeno «su tre questioni: il dissesto del territorio, la manutenzione delle scuole e la messa in sicurezza delle strade». Prima della seduta Giovanni Quarzo e Giordano Tredicine hanno consegnato a Marino maschera da piscina, cuffia e braccioli. «Abbiamo offerto degli strumenti al sindaco per stare più vicino ai cittadini in questo momento di particolare difficoltà», ironizza Quarzo.

LA PROPOSTA
Gianni Alemanno ha presentato una mozione, sottoscritta dall’opposizione, per istituire «una commissione di indagine che accerti le motivazioni reali della mancata allerta meteo nella giornata di giovedì e la sottovalutazione della gravità degli eventi del 31 gennaio». L’ex sindaco ha consegnato a Marino una sorta di dossier su tutte le richieste dei cittadini di Prima Porta dopo l’alluvione.

Sottomarina, punta il coltello contro la commessa e rapina il negozio

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Ha fatto irruzione nel negozio di abbigliamento Virus di viale Mediterraneo a Sottomarina brandendo un coltello. Oggi pomeriggio verso le sei.

A travisargli il volto cappuccio e sciarpa: la lama l’ha puntata contro la commessa intimandole di consegnare i soldi in cassa, circa 250 euro. Poche parole pronunciate con un marcato accento locale. Poi la fuga a piedi. E c’è già chi pensa a un rapinatore seriale, visto che la descrizione del malvivente solitario e il suo modus operandi coincide con quello che nei giorni scorsi ha firmato analoghi raid in una tabaccheria e in una agenzia assicurativa del posto. Indagano i carabinieri.

OPERAIO MORTO A SCARPINO NEL 2008. ASSOLTI I DUE DIRIGENTI

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Erano stati accusati di omicidio colposo per la morte di Nino Emiliano Cassola, l’operaio di 33 anni, che nell’ottobre del 2008 era deceduto a Scarpino, precipitando in un pozzo profondo 18 metri.

Invece Giovanni D’Auria e Maurizio Laudadio, rispettivamente amministratore unico della società incaricata delle trivellazioni dei pozzi e dirigente del settore tecnico della società Ambiente Italia, sono stati assolti in secondo grado.

I due erano stati condannati in primo grado a due anni ciascuno.

Tratta di nigeriane schiavizzate e costrette a prostituirsi. 34 arresti

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Blitz dei carabinieri contro un’organizzazione a delinquere di matrice nigeriana che, con modalità tipicamente mafiose, gestiva un traffico di giovani africane costrette a prostituirsi dopo essere state ridotte in schiavitù.
Trentaquattro le persone arrestate nella Capitale e in altre città italiane da parte dei carabinieri del Ros e di quelli del Comando provinciale di Roma. Tra i coinvolti ci sarebbero trenta cittadini nigeriani e quattro di nazionalità albanese.
Agli arrestati vengono contestati i reati di associazione di stampo mafioso e associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, con l’aggravante della “transnazionalità”, di riduzione in schiavitù, tratta di esseri umani, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, riciclaggio e altri gravi delitti.
Al centro dell’operazione chiamata ‘Cults’ c’è “un pericoloso sodalizio in grado di gestire, con modalità tipicamente mafiose, diversificate attività illecite nei remunerativi settori del traffico e sfruttamento di esseri umani, del narcotraffico e del riciclaggio degli ingentissimi proventi”.
Grazie alla cooperazione internazionale instaurata con le autorità della Repubblica del Togo è stato possibile ricostruire l’intera filiera della tratta di giovani donne.

“Cutrì è in Calabria” E l’indagine si allarga a un altro fratello

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C’è sempre qualcosa, o qualcuno, che non torna in storie come queste. A non essere ancora tornato, per esempio, è Daniele Cutrì, 24 anni, il fratello di Domenico, l’ergastolano evaso, e di Antonino, morto in seguito al conflitto a fuoco scatenato lunedì pomeriggio davanti al tribunale di Gallarate. «E’ partito qualche giorno fa per Napoli per un po’ di vacanza», ha raccontato la madre Antonella l’altra sera ai carabinieri. E così ha confermato la sua fidanzata Alexa. Solo che di Daniele, a Napoli, si sono perse le tracce ed è al momento fortemente sospettato di aver fatto parte del commando famigliare che ha organizzato la spettacolare evasione di Domenico. Anzi, potrebbe essere rimasto ferito a sua volta ad una gamba, come risulterebbe dai racconti dei vari testimoni e delle guardie carcerarie che lunedì pomeriggio hanno risposto al fuoco. E’ lui il ragazzo che un sindacalista della polizia penitenziaria, l’altra sera, ha sostenuto improvvidamente si fosse costituito. Circostanza decisamente smentita dagli inquirenti che sembrano però aver imboccato una pista sicura che con tutta probabilità porta in Calabria, il luogo dove potrebbe essersi nascosto il gruppo di fuggiaschi.

Anche un’altra persona fino a ieri sembrava aver far perso le sue tracce, ovvero Mario Cutrì, il padre della turbolenta famigliola, qualche precedente per armi e droga, rientrato l’altra sera con il volo delle 23 a Linate proprio da Reggio Calabria e precisamente da Melicuccà, il paese natio dove era andato «da qualche giorno». Ci sono insomma una serie di circostanze ancora da chiarire nella dinamica dell’evasione di Domenico Cutrì. Gli orari, innanzitutto. C’è un buco di un’ora e mezzo abbondante dal momento dell’assalto al furgone della polizia penitenziaria, ore 14,45, al momento in cui l’auto su cui sono fuggiti i banditi è comparsa sotto l’abitazione della madre dei Cutrì, Antonella, attorno alle 16,30. Un tempo fin troppo lungo per percorrere la distanza che separa Gallarate da Inveruno, dove abitavano i fratelli Cutrì. E dannatamente pericoloso da percorrere con un’auto rapinata la stessa mattina dell’assalto verso le 11 a Bernate Ticino. E’ chiaro che durante il percorso i banditi hanno potuto cambiare vettura, con una pulita, forse guidata da un ulteriore complice. Ma non solo: è possibile che abbiano tentato di curare il ferito forse nel garage di casa, dove una perquisizione ha rilevato qualche traccia da controllare. Avrebbero insomma perso tempo prezioso per la vita di Antonino, decidendo infine di consegnarlo alla madre perché lo accompagnasse, scortata dal gruppo, all’ospedale di Magenta. E solo per una circostanza fortuita non sono stati intercettati, visto che i carabinieri inizialmente cercavano una Polo scura e non una Citroën nera.

Da capire meglio poi il motivo per cui sia stata abbandonata, piena d’armi con il colpo in canna (un fucile a pompa, uno a canne mozze e uno di precisione, più un numero imprecisato di proiettili) la Nissan Qashqai, anch’essa rubata poche ore prima dell’assalto. I banditi, scappando hanno scelto di salire, in cinque, su un’unica auto, ma non si può ancora escludere che un sesto complice abbia deciso di allontanarsi a piedi. Insomma, un’organizzazione logistica notevole che potrebbe aver ricevuto appoggi «esterni», magari di qualche ‘ndrina bisognosa di arruolare «soldati» capaci di un’azione dimostrativa come quella di Gallarate. Il tutto lascia pensare che l’assalto e la liberazione di Domenico Cutrì siano stati pianificati a lungo proprio da Antonino, che non faceva mistero di voler liberare il fratello. I banditi, ad esempio, sapevano che il tribunale di Gallarate, prossimo alla chiusura, era scarsamente vigilato, tanto che nel piazzale non erano in funzione telecamere e i cellulari penitenziari, invece di entrare dal retro, come succede in tutti i palazzi di giustizia, si fermavano davanti all’ingresso principale. Ma si tratta di polemiche a venire. Ciò che conta adesso è trovare e arrestare i fuggiaschi.

Via libera dell'Aula del senato alla riforma del catasto

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Disco verde dell’aula del senato all’articolo 2 della delega fiscale che contiene la riforma del catasto. Quest’ultima prevede un nuovo metodo di conteggio del valore basato non più sul numero dei vani (cioè sul numero di stanze) ma sui metri quadrati e su una formula che lo avvicina alle reali stime di mercato.

Frodi finanziarie, ok di Strasburgo a sanzioni più dure (carcere compreso)

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Sanzioni più dure contro le frodi finanziarie. Il parlamento europeo ha approvato a Strasburgo l’inasprimento delle pene per i colpevoli di reati come le frodi finanziarie, che finora erano solo di tipo amministrativo: le sanzioni massime nazionali per reati gravi come per esempio la manipolazione dei tassi di riferimento (come avvenuto nel recente scandalo del Libor) o l’insider trading dovranno essere di almeno 4 anni di carcere. I voti a favore della nuova direttiva sono stati 618, 20 i contrari e 43 le astensioni. Ora è necessaria l’approvazione del Consiglio Ue, e successivamente, dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale prevista per il prossimo giugno, gli stati avranno 24 mesi per attuare le norme.

Microsoft, è ufficiale: Satya Nadella è il nuovo ceo

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Come già si mormorava nei giorni scorsi, Satya Nadella è stato nominato nuovo amministratore delegato di Microsoft. Il numero uno della divisione che si occupa di cloud computing prenderà il posto dell’uscente Steve Ballmer, che lo scorso agosto aveva annunciato il proprio addio entro un anno. Il co-fondatore e presidente Bill Gates assume un nuovo ruolo, quello di consulente tecnologico. Nadella è entrato in Microsoft nel 1992.

Scompaiono i figli naturali

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Scompare il figlio naturale: dal 7 febbraio 2014 la riforma del diritto di famiglia diventa operativa. Il dlgs 154/2013, intitolato alla revisione delle disposizioni sulla filiazione, attua la legge delega 219/2012 ed equipara la posizione dei figli nati fuori dal matrimonio a quella dei figli nati nel matrimonio. Un solo tipo di figlio, dunque, anziché due, un solo regime giuridico e niente disparità di trattamento nelle successioni. Anche se si tratta di una legge che certamente emancipa una categoria obiettivamente messa in secondo piano in molti istituti giuridici, non sono mancati alcuni spunti critici, soprattutto con riferimento alle ricadute in caso di separazione dei genitori. Secondo alcuni si registrerebbe un passo indietro rispetto alla regola dell’affidamento condiviso, o meglio la riforma relegherebbe definitivamente le bigenitorialità nell’astrattezza delle norme e non consentirebbe un’inversione di tendenza contro una prassi che avrebbe ridotto ai minimi termini la possibilità per entrambi i genitori separati di esercitare pienamente il proprio ruolo. In ogni caso la riforma non riguarda solo gli ex figli naturali, ma ridisegna la disciplina della filiazione nel suo complesso. In questo ambito si colloca l’abbandono della potestà genitoriale, che cede il passo alla responsabilità genitoriale.