22 Settembre 2024, domenica
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Curarsi da soli, ecco come: alimentazione, meditazione, omeopatia, agopuntura

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Guarire con l’auto-cura, dall’alimentazione sana e l’attività fisica a pratiche come l’omeopatia e l’agopuntura. In Italia il si affidano alle medicine complementari circa il 20% dei pazienti adulti, anche se il 73% di questi spiega di usarle insieme alla medicina tradizionale, e il 10% di bambini e ragazzi fino ai 14 anni.
Quali sono le pratiche di auto-cura? In primis c’è uno stile di vita più sano, dove alleate preziosi sono gli alimenti considerati terapeutici come le nocciole, i broccoli, il pesce e il vino rosso, che tra omega 3 e antiossidanti aiutano il sistema cardiocircolatorio. Ovviamente anche l’attività fisica se usata in modo costante rimane un ottimo strumento per preservare la salute, soprattutto negli anziani e nei malati cronici.

Esistono poi le medicine complementari, che in Italia vantano in totale 16mila medici. Di questi 12mila praticano regolarmente l’omeopatia, mentre sono 3mila quelli che praticano l’agopuntura e mille quelli che si occupano di fitoterapia. Tre medicine alternative che puntano soprattutto a combattere le patologie acute e le sindromi di dolore.
Michele Bocci per Repubblica chiede a Fabrizio Benedetti, professore di Torino, di spiegare alcune auto-cure, in particolare l’effetto placebo, cioè quando prendendo una semplice mentina si ottengono gli stessi risultati di un farmaco:
«Ci sono studi che dimostrano come il 75 per cento dell’effetto antidepressivo deriva da questo fattore. Ma le percentuali di efficacia sono alte anche se viene confrontato a medicinali per il dolore, per i disordini del movimento, per il morbo di Parkinson e per i problemi del sistema immunitario ed endocrino».
Il placebo, spiega Benedetti, è un meccanismo di tipo psicologico e sociale:
«L’aspettativa di un beneficio mette il cervello in un determinato stato, inibisce il dolore, migliora la performance motoria. Per certi versi si tratta di un inganno per far agire i neuroni».
Esistono poi la meditazione e il neurofeedback, di cui a Repubblica parla lo psichiatra bolognese Alberto Chiesa:
«È stato visto che otto settimane di meditazione riducono l’attivazione dell’amigdala, una parte del cervello che risponde prepotentemente agli stimoli di rabbia, paura, ansia, desiderio incontrollato. Inoltre si sviluppa l’attività della corteccia prefrontale, deputata alla gestione in tempo reale delle emozioni».
La meditazione si rivela importante per ridurre stress e ansia, agendo così direttamente anche sul nostro sistema immunitario
«In generale queste persone sono più stabili, e questa pratica infatti aiuta anche contro le dipendenze». Il neurofeedback invece è utilizzato per deficit di attenzione, iperattività, dolori cronici, insonnia e stress.
Per deficit di attenzione, iperattività e dolori cronici invece si usa il neurofeedback, una specie di “specchio” della mente, spiega Daniela Palomba, professore di psicologia a Padova:
«E’ un po’ come imparare a camminare: la persona deve cavarsela da sola e capire come agire sulle varie fasi encefalografiche, quella rilassata, quella vigile e così via».
Con o senza medicinali, il corpo dimostra in alcune occasioni di avere la capacità di curarsi da solo, principio che è alla base delle medicine complementari, spiega Sonia Baccetti, dirigente del “Fior di prugna” di Campi Bisenzio (Firenze), il primo ambulatorio pubblico di agopuntura e fitoterapia in Italia:
«Se vai dall’omeopata o dall’agopuntore ti chiederanno di fare attenzione agli stili di vita. Le nostre sono medicine curative e preventive, e agiscono anche attraverso la psiche. Partono cioè dal potere dell’organismo di affrontare i problemi di salute da solo. Ma aggiungono anche altro: la fitoterapia punta sui principi attivi delle erbe e l’agopuntura stimola zone dell’organismoattraverso gli aghi».

Simona Hosquet, uccisa dalla valanga: fu prima soldatessa guida alpina

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Doveva tirare la maniglia dello zaino airbag per salvarsi dalla valanga. Simona Hosquet, caporal maggiore scelto, prima donna dell’esercito a vestire la divisa da guida alpina, non ha fatto in tempo.
La valanga l’ha travolta mentre accompagnava due clienti svedesi sui monti della Valtournenche. E’ morta mentre la trasportavano in ospedale con un elicottero. Scrive il Corriere della Sera:

Una ragazza sportiva, con un passato da fondista e una passione sfrenata per l’alpinismo: nel 2011 aveva firmato la prima ripetizione femminile italiana della «mitica» via Bonatti sulla parete nord del Cervino. E poi scalate sulle Ande e nel massiccio del Monte Bianco. Cordoglio è stato espresso dal ministro della Difesa, Mario Mauro, e dal capo di stato maggiore dell’Esercito, Claudio Graziano.
«Ero dietro il suo gruppo – racconta Roberto Rossi, esperta guida alpina del Cervino, al Corriere della Sera – e ho visto venire giù tutto. Una valanga gigantesca, con un fronte di 400 metri, come se ne vedono raramente. È crollata la montagna».
I due clienti sono rimasti feriti ma non in modo grave.
«Con l’Arva – spiega Rossi – abbiamo subito individuato dove erano i due sepolti. Lei era sotto un metro di neve. Sembrava avesse diversi traumi a una gamba, il suo viso era già cianotico».

Alessio Sanda: ricorda la lezione sul gas a scuola, a 9 anni salva la famiglia

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Quando Alessio Sanda è uscito dal bagno, qualche giorno fa, ha visto i genitori e la sorellina a terra. Svenuti, privi di conoscenza, all’improvviso. E’ stato allora che questo bambino di 9 anni di Monfalcone ha collegato quella strana situazione, che anche per un adulto sarebbe inspiegabile, con una lezione sui gas imparata a scuola quella stessa mattina.
Esalazioni di monossido di carbonio: non lo vedi, non ne senti l’odore, ma ti stordisce. Tu svieni e bastano pochi minuti per morire. Alessio non si è fatto prendere dal panico: ha aperto la finestra, ha preso uno dei cellulari di casa e chiamato i soccorsi. Ha portato fuori la sorellina nel passeggino, Sabina, di soli 3 mesi. Come è andata lo racconta lui stesso:

«Avevo paura per Noemi — dice —. Ho riconosciuto il gas perché venivo da una stanza“pulita”. Allora mi sono tappato il naso, ho aperto la finestra e ho portato fuori dalla cucina l’altra mia sorellina, Sabina, che ha tre mesi ed era ancora nel passeggino».
«Ancora due minuti e non ce l’avremmo fatta — dice la mamma Elisabetta, 31 anni —. Io sono credente e sono convinta che Dio abbia lavorato tramite gli uomini: prima la lezione di Alessio, poi l’operatore dell’ambulanza, Davide, che è entrato senza aspettare che uscisse il gas e ha ripreso Noemi quando era già in choc cardiorespiratorio. Non è una questione di fortuna».

Intervento in Aula per l'Electrolux

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electroluxSignor Ministro Zanonato,
la vertenza Electrolux ha vissuto nei giorni scorsi una svolta speriamo decisiva di cui Lei ha dato conto poco fa. Un’inversione sulla prospettiva di chiusura dello stabilimento di Porcia che ci permette di accompagnare questa discussione con un cauto ottimismo. Abbiamo a mente in primo luogo i lavoratori e le loro famiglie, che vivono da giorni con trepidazione e angoscia l’evolversi della crisi. Abbiamo bisogna di dire parole di speranza, fondate su azioni qualificate.
Come Partito Democratico in questi mesi eravamo già intervenuti per primi anche a livello parlamentare nello scorso mese di ottobre, immediatamente dopo l’annuncio dell’investigazione da parte dell’azienda.
Volevamo sollecitare l’azione pronta del governo a difesa dell’occupazione e più complessivamente a salvaguardia di uno dei settori produttivi ancora qualificati del nostro paese.
Guardando oltre all’intera rete industriale della multinazionle svedese che coinvolge quattro regioni – a Porcia, Susegana, Forlì e Solaro – verso l’intero comparto produttivo, la crisi Electrolux è il segnale di un sistema che sembra aver perso non solo competitività ma anche lucidità strategica.
Gli elettrodomestici rappresentano infatti una cartina di tornasole sintetica di alcune vicende su cui si annodano le sorti della produzione industriale del Paese.
– La questione della stagnazione del mercato e del potere d’acquisto delle famiglie conessi anche all’evoluzione demografica;
– La questione dell’innovazione del prodotto e della capacità di servire le nuove necessità di vita;
– La questione del costo del lavoro, e più in generale della scarsa competitività del sistema-paese;
sono tutte sul piatto, intrecciate insieme.
Sullo sfondo c’è in gioco anzitutto il diritto dei lavoratori, sostenuti dalle forze sindacali.
Sono loro ad aver capito, come attesta anche il blocco delle merci ai cancelli di Porcia che ho personalmente visitato, la necessità di agire scendendo in campo a tutela del loro futuro secondo il profilo della solidarietà.
La stessa solidarietà univoca messa in campo al tavolo negoziale dai presidenti delle quattro regioni coinvolte: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna e Lombardia.
Finalmente tutti per uno e uno per tutti, si sarebbe detto una volta, evitando l’errore di trattative separate che permettono alle multinazionali di lucrare sulla debolezza delle istituzioni, come è avvenuto ad esempio nel caso della Ideal Standard di Zoppola, sempre in Provincia di Pordenone.
E così quando anche il governo ha fatto capire che stava sul punto, l’azione di fermezza a quanto pare ha cominciato a dare i suoi frutti.

Bene signor Ministro.
Evidentemente Electrolux in queste settimane, come forse c’era da aspettarsi sin dall’inizio in coerenza con le positive tradizioni di relazione con il territorio dell’azienda, ha finalmente avuto una percezione diversa degli impatti che l’eventuale chiusura di Porcia avrebbe comportato sulla sua stessa capacità produttiva complessiva nel nostro paese.
Una percezione e un cambio di prospettiva aziendale che anzitutto vanno immediatamente accompagnati dall’allentamento del blocco dell’uscita delle merci dall’azienda. La sofferenza commerciale a cui sta andando incontro l’azienda finirebbe infatti per riflettersi negativamente proprio sul settore produttivo e dunque sui lavoratori.
La lezione che ne deriva da questa vicenda di crisi è evidente:
1. occorre assicurare sempre maggiore coesione tra livelli istituzionali e prontezza di azione nel sistema Paese
2. occorre temperare la legislazione con norme che indirizzino maggiormente al criterio della responsabilità sociale dell’impresa, ma non basta. Il suo ministero è definito “Dello sviluppo economico” e non possiamo dunque limitarci a discutere della salvaguardia dei “posti di lavoro”. Le proposte per le necessarie riduzioni del costo del lavoro possono arrestare temporaneamente l’emorragia, e perciò vanno senza dubbio poste sul tavolo della trattativa per bloccare la chiusura degli stabilimenti italiani, ma non possono guarire una malattia che ha radici economiche globali prima ancora che locali.
La posta in gioco con lo sviluppo di cui Lei è responsabile è soprattutto la vocazione manifatturiera del nostro paese emersa nel secondo dopoguerra, ed è perciò più profondamente “il lavoro” come diritto costituzionale fondamentale. Abbiamo bisogno di parlare di futuro, signor ministro, e delle misure che il governo intende mettere in campo per rilanciare lo sviluppo del lavoro.
Questa è la chiave con cui ha agito ad esempio Unindustria pordenonese, proponendo un piano straordinario legato alla capacità del territorio di attivare livelli inediti di contrattazione locale per abbattere il costo del lavoro e rilanciare la competitività. Bene.
Questa è la chiave con cui ha agito la Regione Friuli Venezia Giulia, con la presidente Serracchiani e l’assessore Bolzonello, mettendo in gioco importanti risorse per avviare nel territorio elementi di competitività e attrattività fiscale per le imprese.

Bene

Questa è la chiave perchè anche il Governo faccia la sua parte, con provvedimenti strutturali che in tempi medio-brevi riducano il costo del lavoro e i costi della produzione.
Ma anche spingendo al tavolo l’azienda a giocare la partita in modo nuovo, a beneficio degli assetti produttivi del futuro.
L’Italia, non avendo materie prime, ha una vocazione industriale legata alla trasformazione industriale ed è sul valore aggiunto dunque che gioca le sue carte. L’Italia deve fare bene “L’Italia”, come direbbe il collega Realacci.
Vuole ancora produrre elettrodomestici? Prenda esempio allora dai successi del passato.
Basti ricordare che il successo della Zanussi-Rex si è fondato sulla capacità di anticipare il futuro, guardando alle nuove esigenze che affioravano in seguito al boom economico.
Ora è tempo di ripartire ponendo sul tappeto nuovamente le stesse domande.
Per rilanciare l’occupazione occorre investire su produzioni non solo aggiornate ma anche del tutto nuove. Gli elettrodomestici del futuro potrebbero legarsi a due filiere in forte evoluzione: la domotica e la trasformazione della rete di distribuzione elettrica. Investimenti di avanguardia farebbero bene all’intero paese, siamone convinti.
Il rilancio della capacità produttiva del paese dipende in larga misura dalla capacità di ripensare l’intera vocazione manifatturiera. Se non si vuole che gli investimenti pubblici si risolvano in una sorta di cure palliative a malati terminali, dovranno essere vincolati a questa nuova direzione.
Ecco perchè al tavolo Lei, insieme a proposte di emergenza, dovrebbe chiedere all’azienda di giocare una parte decisiva. Porcia tra l’altro è la sede del reparto Ricerca e sviluppo, per cui le ragioni della sua permanenza attiva all’interno del piano industriale di Electrolux non si possono e devono computare solo in termini di convenienza immediata con la Polonia o con altri stabilimenti più o meno virtuosi del gruppo.
In conclusione, diciamolo con chiarezza, l’azienda sin qui non aveva fatto certamente bella figura scaricando tutta la questione sui costi di produzione e sulle opportunità offerte dalla delocalizzazione.
Questo turn-around era atteso e ora che il piano della discussione si è riequilibrato, la partita per il futuro sulla produzione di elettrodomestici in Italia può ripartire.
E’ una partita dove tutti possono vincere. Insieme.
Tocca a tutti e a ciascuno metter sul piatto le carte giuste.
Soprattutto, non lo dimentichi signor Ministro, è bene farlo in fretta, perché il mercato, con la sua innata aggressività, non fa sconti e l’incertezza è fonte di perdite che rischiamo poi di pagare doppiamente.

Ufficio Stampa

Laura Boldrini, buoni pasto Camera da 21,44 euro: ristorante anche per lo staff

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Laura Boldrini, alla Camera, pranza al ristorante e non più al self service (più economico) come aveva fatto a inizio mandato. Non solo: secondo quanto scrivo Libero, avrebbe fatto anche un deroga per il suo staff. Al ristorante infatti possono sedere solo i parlamentari, i dirigenti ai massimi livelli e i giornalisti parlamentari accreditati.
Non solo, ma ha accreditato con una deroga al regolamento al ristorante dei deputati anche il suo staff immagine: pasto garantito con tovaglia di broccato anche per il portavoce Roberto Natale, e le addette stampa e immagine del presidente sui social network, Valentina Loiero e Giovanna Pirrotta. Al ristorante poteva già pranzare un altro membro dello staff della Boldrini, Carlo Leoni, essendo ex deputato.

Ma non è tutto. Perché chi mangia al ristorante della Camera può pagare con i buoni pasti a spese della comunità. Nel 2012 questo buono valeva 19,36 euro. Per avere una minima proporzione basti pensare che un impiegato ha buoni basto da 7-8 euro, alle Poste ci sono buoni da 5 euro. Ma non bastava: nel 2013 la somma del buono pasto è stata aumentata a 21,44 euro.
Su base annua il costo per la Camera è stato nel 2012 di 939.346,90 euro per il ristorante dei deputati e di 558.062,99 euro per il self service dei dipendenti (cui possono accedere anche giornalisti accreditati e deputati), dove il buono pasto pagato dalla amministrazione è circa la metà: poco superiore agli 11 euro. La previsione per il 2013 è quindi di un costo per le casse della Camera intorno al milione e 800 mila euro.

Padova: aprono imprese fantasma e fuggono in Africa con i contributi Inps

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Aprivano una ditta, ma solo su carta, con relativa partita Iva naturalmente. Appena ricevevano soldi dall’Inps per finanziare l’impresa fuggivano. In Africa, in almeno 3 casi, dove con 28mila euro puoi rifarti una vita. La procura di Padova sta indagando per alcuni casi sospetti di truffa allo Stato. Il Corriere della Sera racconta tre storie in particolare:
In sintesi: Antwi, Owusu e Mohamed avrebbero ottenuto le somme dall’Inps in modo fraudolento, sfruttando un articolo una legge, la 223 del 1991, che consente l’erogazione di finanziamenti pubblici a chi rimane senza lavoro se avvia una nuova attività. La forma è quella dell’anticipo in blocco dell’indennità di mobilità che altrimenti sarebbe diluita nel tempo. Nel caso specifico stiamo parlando di tre extracomunitari regolari, che hanno lasciato i loro paesi perché lì non vedevano un futuro; tre uomini che hanno lavorato molto e pagato le tasse in Italia, che si sono fatti ben volere a Tombolo, Cittadella e Campo San Martino, nel Padovano, dove hanno vissuto a lungo e dove si sono integrati e dove Antwi ha pure ottenuto la cittadinanza italiana. Tre operai di tre diverse imprese che hanno poi vissuto un dramma comune: il licenziamento. Detto questo, bisogna anche dire che hanno deciso di chiudere la loro esperienza italiana interpretando in un modo decisamente riveduto e scorretto la legge: con una truffa e una fuga.

Le truffe sospette potrebbero essere molte di più e coinvolgere anche alcuni italiani.

Apple riacquista 14 mld $ di sue azioni. Twitter & co. la “bolla” dei tecnologici

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Apple riacquista 14 mld $ di sue azioni. Twitter & co. la “bolla” dei tecnologici. Il crollo del 20% del titolo di Twitter a Wall Street rilancia i rischi di una nuova esplosione della “bolla” sempre paventata sui titoli tecnologici, il cui corso è per definizione “unpredictable” (non prevedibile) per la sua stessa natura: i mercati scommettono ad ogni nuovo lancio attirati dalla massa critica davvero formidabile del numero di utenti di una compagnia, per scoprire solo in seguito che a quella massa non corrisponde la stessa facilità di crescere e soprattutto di generare profitti.
Twitter è un caso emblematico: i dati deludenti sulla crescita di nuovo abbonati (solo il 3,8% nell’ultimi trimestre) hanno indotto gli investitori a disperare che cresca ancora. Il punto è che quella massa critica non permette di predire il “fair value”, il vero valore, della compagnia. Facebook subì la stessa sorte prima di convincere gli investitori attraverso un aggressivo piano di sfruttamento delle possibilità commerciali offerte dalla pubblicità sulla piattaforma da più di un miliardo di utenti.

Da questo punto di vista, lo sbandamento dei tecnologici riguarda anche il colosso Apple, un timore espresso anche dal Wall Street Journal di oggi. Nelle ultime due settimane la società di Cupertino ha riacquistato 14 miliardi di proprie azioni per consolidarne il valore, dopo che a fine gennaio il titolo aveva perso l’8% a Wall Streeet, sulla scorta di previsioni di vendita più basse degli i-Phone. Negli ultimi 12 mesi il conto del riacquisto di proprie azioni è salito a 40 miliardi di dollari, suscettibili di diventare 60 nei prossimi mesi.
Apple deve combattere la percezione che i giorni del successo siano ormai alle spalle. Un’opinione che sta diventando corrente la associa al fatto che è dal 2010 (l’i-Pad) che manca una “next big thing” da imporre sul mercato: se il mercato dei telefonini cresce, Apple perde invece quote significative (oggi vale il 15,5% del totale contro il 19,4 del 2012). Tim Cook (ceo di Apple) nega che questo avvenga a causa della concorrenza sferrata dai tanti cloni (più a buon mercato).
Tuttavia, gli investitori vogliono sapere se Apple tornerà a essere un’azienda di nicchia (come con i primi Mac) per cui concentrandosi su un prodotto di alta qualità abbandonerà il convoglio “mainstream” che garantisce alti ricavi e profitti. Cook ha dovuto smentire ufficialmente di aver mai detto che preferiva essere il migliore (best) produttore piuttosto che il più venduto (most). Nel frattempo, Google continua la politica delle grandi acquisizioni, pratica sconosciuta ad Apple che al massimo ha fatto acquisti per un miliardo di dollari.

Stamina, Davide Vannoni a processo il 3 aprile per tentata truffa

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Tentata truffa alla Regione Piemonte. Questa l’accusa a cui dovrà rispondere Davide Vannoni, ideatore del discusso Metodo Stamina e presidente della Stamina Foundation, rinviato a giudizio nel processo che inizierà il prossimo 3 aprile.
La vicenda è quella relativa alla richiesta alla Regione Piemonte di un finanziamento di 500 mila euro, prima concesso e poi revocato, per un laboratorio sulle cellule staminali.

La decisione del processo è arrivata dal gup di Torino Luca Del Colle, che non ha ascoltato le richieste di prescrizione del reato o assoluzione per Vannoni proposte dal legale dello psicologo, Roberto Piacentino:
“Ho chiesto l’estinzione del reato per prescrizione o, in alternativa, l’assoluzione del mio assistito”.
Vannoni si è detto sereno:
“Speravo che la vicenda si risolvesse già oggi, vuol dire che dimostreremo in dibattimento la mia innocenza. Sono assolutamente sereno”.
Intervistato al telefono dall’Ansa, il presidente di Stamina indagato per presunta truffa ai danni della Regione ha detto:
“Non sono io a dire che non ho commesso il reato a parlare sono i documenti e li porteremo in dibattimento”.
Anche Piacentino è delle stessa opinione di Vannoni:
“Faremo valere le nostre ragioni in dibattimento. Vannoni al processo? Credo verrà, ai processi si viene”.

FAME NEL MONDO. DISINFORMAZIONE E SCIENZA.

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CHI HA PAURA DELLE NUOVE TECNOLOGIE: HYST ED OGM?

«Siamo un paese di truffatori, o, magari, qualcuno ha interesse a farci passare come tali». Così afferma il dr Antonio Giangrande, noto saggista di fama mondiale e presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, sodalizio antimafia riconosciuto dal Ministero dell’Interno. Associazione fuori dal coro e fuori dai circuiti foraggiati dai finanziamenti pubblici.

«Ogni qualvolta c’è una nuova tecnologia o una nuova terapia, che non sia abilitata e di proprietà intellettuale delle grandi lobbies, ecco lì che interviene la magistratura a stoppare il tutto. Dei metodi Di Bella e Stamina sono argomenti che ho trattato nei miei libri nel tema della sanità. In questa sede voglio parlare delle tecnologie HYST e degli OGM, trattati nei miei libri nel tema delle frodi agro alimentari.»

“L’Italia sfamerà il Mondo grazie alla tecnica BioHyst. Gli scienziati italiani hanno scoperto un nuovo metodo per ricavare farine proteiche dai sottoprodotti dell’industria molitoria attraverso un processo di frammentazione degli scarti-  scrive Anna Germoni su “Panorama” – Nel mondo, 800 milioni di persone soffrono di fame. In Italia da alcuni anni c’è una tecnologia, denominata Hyst, in grado di valorizzare a fini alimentari i residui di attività agricole. A sperimentarlo un’associazione onlus, Scienza per Amore, che conta 200 soci, ha la titolarità del brevetto e un progetto internazionale, Bits of Future: food for all. Con questa tecnologia si ricavano farine proteiche dai sottoprodotti dell’industria molitoria, attraverso un processo di frammentazione degli scarti. Il ministero della Salute, il 19 dicembre del 2012 ha dato «parere positivo alla produzione e commercializzazione di integratore alimentare di vitamina B1, manganese e fosforo prodotto con il sistema Hyst»; anche quello delle Politiche agricole il 18 dicembre del 2012 si è espresso favorevolmente «per la produzione e commercializzazione di frumento prodotto da crusca». Sei paesi africani: Burkina Faso, Camerun, Congo, Ruanda, Senegal, Somalia e Burundi, interessati a questa tecnologia, hanno ottenuto l’ok dalla World Bank di Washington e della Banca Africana di Sviluppo di Tunisi per installarla. L’impianto è stato sperimentato da universitari e persone altamente qualificate che ne hanno attestato l’efficacia Fra le certificazioni, quelle delle università de La Sapienza di Roma, di Milano, la Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, l’Asl di Pavia, Confindustria energia. Il macchinario, su cui girano miliardi di euro, viene inghiottito da due filoni giudiziari. Da una parte i ministeri della Salute e delle Politiche agricole, esprimono pareri favorevoli sulla validità e potenzialità di tale impianto e della tecnologia che usa, dall’altra la polizia municipale boccia l’utilità e l’adeguatezza del metodo Hyst. I soci della onlus hanno chiesto il dissequestro alla Procura di Roma e che sia disposto incidente probatorio al fine di testare l’efficacia di impianto e tecnologia alla presenza di consulenti nominati dal  giudice. Tali istanze sono state per ora rigettate, impedendo agli indagati di smontare in concreto le accuse di vigili urbani e PM di Roma. Chi ha titolo per valutare l’efficacia di una tecnologia, i dicasteri competenti o la polizia municipale? I soci di una onlus che si autofinanzia possono truffare se stessi? Chi ha interesse a bloccare questo impianto?” Si chiede ancora Anna Germoni su “Panorama”.

Tecnologia Hyst: truffa o rivoluzione umanitaria? – Si chiede Patrizia Notarnicola su “L’Indro”. –  La tecnologia Hyst (Hypercritical Separation Technology) è un sistema, inventato e perfezionato negli ultimi 40 anni dall’ingegnere Umberto Manola, per trasformare scarti dell’industria alimentare (cruscame) e biomasse agricole (ad esempio paglia e legno)  in componenti per l’alimentazione umana, per la zootecnica e per la produzione di biocarburanti. In poche parole, dagli scarti si otterrebbero soprattutto farine alimentari a basso costo e senza alcun impatto ambientale, con un grandissimo vantaggio per i Paesi più poveri.”

“Una setta? Forse solo degli illusi che voglio fare arte e mettere a disposizione dei governi nuovi strumenti tecnologici per sopperire alla carenza alimentare dei paesi più poveri? Sta di fatto che l’associazione Scienza per l’Amore ha visto sequestrati preventivamente entrambi i siti web dove promuovevano le loro attività e progetti. Il Tribunale di Roma, con la Procura della Repubblica – Direzione distrettuale antimafia, ha dato mandato alla Polizia locale di Roma Capitale, con il suo Gruppo di elite sulla Sicurezza Sociale Urbana, all’oscuramento in base al Proc. Pen. N. 13650/11 R.G.I.P. e il Proc. Pen. N. 25093/10 R.G.N.R., probabilmente perché sospettati di essere dei truffatori con il voler contribuire alla crescita e al benessere dell’Africa, mettendo in grado gli stessi africani di sfruttare al meglio le risorse locali, dove sono endemiche le carenza alimentari ed energetiche – scrive Nero Penna – Il Progetto Bits of Future: Food For All può lasciare alcuni per lo meno perplessi sulla possibilità che un macchinario trasformi degli scarti in cibo, ma sequestrare la loro vetrina senza specificarne le motivazioni. Bisogna diffidare dei soci e simpatizzanti dell’associazione, e perché? Magari sono contagiosi ed è consigliabile non stringere loro la mano. Sul sito veniva sbandierata l’adesione di una serie di stati africani (Repubblica del Senegal, Governo di Transizione della Repubblica Somala, Repubblica del Burkina Faso, Repubblica del Camerun, Repubblica del Ruanda, Repubblica del Burundi, Repubblica del Congo Brazzaville) al Progetto con lettere di ministri e rappresentanze diplomatiche. Forse sono solo il frutto di millantato credito o come è spesso accade un’occasione per dei governanti di fare un po’ di business?”

CHI HA PAURA DELL’OGM?

“«Ogm? L’unica cosa di cui dovete aver paura è il terrorismo pseudo-scientifico che uccide il biotech», – scrive Emmanuele Michela su “Tempi” – Pierdomenico Perata, rettore della Sant’Anna di Pisa, smonta tutte le leggende sugli organismi “giornalisticamente modificati”. Ma ammette: «Purtroppo in questo campo chi fa disinformazione è più abile di chi informa». Nel clima di sospetto che verte attorno ai cibi transgenici la stampa ha giocato un ruolo chiave, e a Tempi Perata cerca di fare luce sui tanti limiti e pericoli addebitati a questo genere di colture. «Ai giornalisti piace inventare titoli a effetto. E così nascono anche leggende che non esistono, come la “fragola-pesce”, o la storia che i semi Ogm sarebbero sterili. Eppure, tra ricercatori, scienziati e biotecnologi il fronte sembra compatto nel guardare con favore agli Ogm.»”

“Fino ad oggi un solo coltivatore, a Vivaro in Friuli, aveva seminato mais ogm – su un piccolo appezzamento di poco più di mezzo ettaro – fra proteste, denunce e mobilitazioni di ambientalisti e soprattutto di contadini – scrive Jenner  Meletti su “La Repubblica” – Adesso invece una “Petizione pro mais transgenico Mon 810” viene firmata da oltre 600 imprenditori agricoli del mantovano (associati alla Confagricoltura) e inviata alla Regione Lombardia.”

“Stessa biodiversità campi ogm e non. Lo indica il primo studio sulle coltivazioni in Africa – scrive “L’Ansa” – Il primo studio sui campi di mais geneticamente modificato (gm) in Africa indica che la biodiversità degli insetti è uguale a quella presente nelle colture tradizionali, sia per la varietà delle specie che per il numero di individui. Condotto in Sudafrica e pubblicato sulla rivista Environmental Entomology, il risultato si deve al gruppo di ricerca coordinato da Johnnie van den Berg, della North-West University. I dati confermano quelli raccolti finora dalle ricerche condotte in Cina, Spagna, e Stati Uniti su campi di riso, cotone e mais gm. La biodiversità di un ecosistema agricolo, scrivono gli autori dello studio, è importante non solo per il suo valore intrinseco, ma perché influenza le funzioni ecologiche vitali per la produzione vegetale nei sistemi agricoli sostenibili e nell’ambiente circostante. Una delle preoccupazioni più comuni in merito alle colture geneticamente modificate è il potenziale impatto negativo che potrebbero avere sulla diversità e l’abbondanza degli organismi che ospitano, e successivamente sulle funzioni degli ecosistemi. Pertanto, proseguono gli autori, è essenziale valutare il potenziale rischio ambientale di queste colture e il loro effetto sulle specie. Tuttavia la valutazione dell’impatto del granturco ogm sull’ecosistema è stata finora ostacolata dalla mancanza di liste di controllo delle specie presenti nelle coltivazioni di mais. Il primo obiettivo dello studio è stato quindi compilare una lista degli insetti che popolano queste colture per confrontare la diversità e l’abbondanza nelle coltivazioni ogm. In due anni in entrambi i campi considerati nella ricerca sono stati censiti 8.771 insetti di 288 specie, fra decompositori, erbivori, predatori, e parassiti. I dati indicano che, per quanto riguarda i campi di mais in Sudafrica, ”la diversità di insetti nei sistemi agricoli ogm – sottolinea van den Berg – è elevata come nei sistemi di agricoltura tradizionali”.”

“La comunicazione della scienza nell’era dei social: emozionare o informare? – Si chiede Moreno Colaiacovo su “I Mille” – Organismi geneticamente modificati, metodo Stamina, sperimentazione animale: il dibattito pubblico su temi scientifici è più acceso che mai. Incalzata dai media e dai gruppi di pressione, la politica si è trovata ad affrontare – spesso con scarsi risultati – problemi complessi, in cui l’aspetto scientifico e quello sociale si sono mescolati a tal punto da risultare molte volte indistinguibili. E se alla classe politica possiamo rimproverare di non aver affrontato razionalmente questi problemi, concedendo troppo alla demagogia, d’altra parte non si può dire che la popolazione avesse gli strumenti per valutare lucidamente le questioni che di volta in volta venivano sollevate: raramente i media hanno scelto di spiegare, quasi sempre hanno preferito scandalizzare, commuovere o spaventare. Impostare un dibattito sui binari dell’emotività è il modo più semplice per muovere le coscienze, soprattutto in un Paese come il nostro, dove la cultura scientifica è da sempre trattata con supponenza e sospetto. Parte di questa strategia ha a che fare con l’uso delle immagini. Puoi fare un discorso perfettamente logico e convincente, puoi presentare numeri e tabelle, ma il castello della razionalità crolla miseramente se dall’altra parte c’è un’immagine vincente. Con le immagini è tutto più facile: basta una foto per far scattare a piacimento sentimenti come la rabbia, l’indignazione, la paura, la pietà. E i tre temi menzionati all’inizio di questo articolo, in effetti, hanno tutti un denominatore comune: in tutti questi casi l’opinione pubblica è stata condizionata e plasmata anche grazie all’uso di immagini forti. Immagini che passano in TV e sui giornali, ma che diventano virali soprattutto sui social network, Facebook in particolare. Nel caso degli OGM si è voluto spaventare. Basta cercare “OGM” su Google per rendersene conto: le immagini neutrali o favorevoli agli organismi geneticamente modificati sono una minima parte rispetto ai mostruosi fotomontaggi che hanno accompagnato questa tecnologia fin dalla sua nascita. Pensiamo alla fragola-pesce, una creatura mitologica che è ormai entrata a far parte dell’immaginario collettivo. Una vera e propria leggenda metropolitana che si è rivelata essere lo strumento perfetto per allontanare l’interlocutore dal sentiero della razionalità e spingerlo verso le pulsioni più istintive, che ci portano a fuggire da tutto ciò che è nuovo e sconosciuto, invitandoci ad approdare al porto sicuro della tradizione e dei bei tempi andati. Ovviamente non è mai esistita nessuna fragola-pesce, ma l’immagine era così evocativa da resistere ancora oggi, a distanza di anni dalla sua comparsa sui media. Cosa dire invece del metodo Stamina? Il caso è diventato di pubblico dominio grazie alle Iene, il cui messaggio è passato in gran parte attraverso la strumentalizzazione di immagini di bambini malati e sofferenti. Gli scienziati, dal canto loro, hanno dovuto subire l’accusa infamante di essere persone insensibili, fredde macchine razionali impossibili da scalfire persino con la più straziante delle tragedie umane. Eppure è esclusivamente con la razionalità e la lucidità che si può fare scienza, e trasformare le nuove conoscenze in soluzioni terapeutiche concrete ed efficaci. Ma quando dall’altra parte c’è il dolore di un bambino sbattuto in prima pagina (o in prima serata), qualunque considerazione ancorché giusta svanisce istantaneamente. Infine, la questione più scottante e attuale, quella relativa alla sperimentazione animale. Anche qui, la battaglia tra le due fazioni (perché di guerra si tratta, in molti casi) si è combattuta a suon di immagini. I movimenti animalisti hanno fatto abbondante uso di fotografie terribili, con animali costretti a subire tremende torture, ma non hanno disdegnato nemmeno sapienti fotomontaggi volti a screditare quei ricercatori che avevano difeso pubblicamente l’utilità della vivisezione (come viene impropriamente chiamata). Poco importa se le immagini cruente di animali straziati non corrispondano alla realtà, almeno non qui in Europa, e ancor meno importa il fatto che circa il 92% degli scienziati ritenga che purtroppo non si possa fare a meno della sperimentazione animale. L’impatto emotivo di quelle foto e di quei camici insanguinati è semplicemente devastante. Le immagini sono uno strumento potentissimo all’interno di una discussione, specie se gli interlocutori non sono molto informati sul tema. Spesso raggiungono l’obiettivo, muovendo le masse verso una posizione piuttosto che un’altra. E ad avvantaggiarsene sono stati anche coloro che stanno dalla parte della scienza, come dimostra la recente vicenda di Caterina Simonsen, suo malgrado divenuta nel giro di poche settimane una celebrità della rete. Il coinvolgimento emotivo è un’arma micidiale, che può essere usato sia dagli oppositori della scienza, sia da quelli che dovrebbero esserne i paladini. Ma è davvero la strategia migliore? Dal punto di vista etico, sfruttare immagini di persone sofferenti per portare avanti una causa non sembra certo il massimo della correttezza. Tuttavia, non è a questo che mi riferisco, quanto piuttosto all’efficacia di questo approccio nel lungo periodo. Le immagini scioccanti sono perfette per orientare l’opinione pubblica in merito al singolo episodio (i movimenti animalisti hanno obiettivamente accusato il colpo dopo la vicenda di Caterina), ma hanno il difetto di mancare il bersaglio grosso, quello che un amante della scienza dovrebbe considerare come l’obiettivo prioritario: insegnare a valutare un problema in modo razionale, informandosi e pesando pro e contro. In teoria, viviamo in una democrazia moderna, relativamente colta e istruita. Dovremmo quindi smetterla di trattare le persone come un gregge da guidare da una valle all’altra ogni volta che si presenta un nuovo argomento di discussione. Oggi è la sperimentazione animale, domani potrebbe essere qualcos’altro. La verità è che esiste soltanto una bussola che permette di trovare sempre, in ogni circostanza, la via giusta: è la bussola del pensiero critico, della logica e della corretta informazione. Educare le persone a usarla le renderà cittadini liberi, e realmente consapevoli delle proprie opinioni. Fare informazione corretta paga. Prendiamo ad esempio il recentissimo sondaggio IPSOS sulla sperimentazione animale: la percentuale di favorevoli saliva dal 49% al 57% se agli intervistati venivano fornite informazioni di base sull’argomento. In modo analogo, all’ultimo Festival della Letteratura di Mantova, il ricercatore Dario Bressanini e la giornalista Beatrice Mautino erano riusciti a vincere un confronto Oxford-style sul tema degli OGM, convincendo molti scettici a passare dalla loro parte. Comunicare la scienza in modo pacato, chiaro e oggettivo rimane ancora la strategia vincente. Anche nell’era di Twitter e Facebook.”

Dr Antonio Giangrande

GLI AUGURI DELL'ON. GIULIETTI AL NEOCOMANDANTE DEI CARABINIERI BOCCACCIO

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Il-sindaco-Giampiero-Giulietti_mediumL’on.Giampiero Giulietti ha rivolto un messaggio di benvenuto al generale di brigata Roberto Boccaccio, nuovo comandante della Legione Carabinieri dell’Umbria, che da questa mattina è subentrato al generale di brigata Antonio Pietro Marzo. “Rivolgo i miei migliori auguri al generale di brigata Boccaccio per il nuovo compito che lo attende alla guida della Legione Carabinieri dell’Umbria – ha affermato l’on. Giulietti – L’Arma dei Carabinieri riveste un ruolo fondamentale per la sicurezza e la tranquillità delle nostre città e per questo auguro al neo comandante un buon lavoro, sicuro che la nostra comunità saprà accoglierlo al meglio. Colgo inoltre l’occasione per ringraziare il generale di brigata Antonio Pietro Marzo per il costante impegno profuso e l’importante lavoro fin qui svolto”.

Ufficio Stampa