23 Settembre 2024, lunedì
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Convertito in legge il decreto sulla terra dei fuochi

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E’ stato convertito in legge il decreto relativo alla cd. terra dei fuochi (Decreto-Legge 10 dicembre 2013, n.136, “Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate”, pubblicato nella gazzetta ufficiale n. 289 del 10 dicembre 2013).

Come avevamo anticipato, il dicembre 2013 il Consiglio dei ministri aveva approvato un decreto che prevede un piano d’azione a tutela dell’ambiente, della salute e della qualità delle coltivazioni: si prevedono il monitoraggio e la classificazioni dei suoli, l’accertamento dello stato d’inquinamento dei terreni, la riforma dei reati ambientali, l’accelerazione e la semplificazione degli interventi necessari, oltreché risorse per le bonifiche indispensabili per territori a forte condizionamento criminale quale è quello della “terra dei fuochi”.

Tra le principali novità introdotte dal decreto spicca senza dubbio l’introduzione del reato di combustione illecita di rifiuti.

La norma ha l’obiettivo di introdurre sanzioni penali per contrastare chi appicca i roghi tossici, oggi sanzionabili solo con contravvenzioni.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata in aree non autorizzate è punito con la reclusione da due a cinque anni. Nel caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi, si applica la pena della reclusione da tre a sei anni.
Se i delitti sono commessi nell’ambito dell’attività di un’impresa, o comunque di un’attività organizzata, la pena é aumentata di un terzo.
La pena è aumentata se i fatti sono commessi in territori che, al momento della condotta e comunque nei cinque anni precedenti, siano o siano stati interessati da dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei rifiuti (è il caso della Campania).
Se per la commissione dei delitti sono utilizzati mezzi di trasporto, si applica la confisca. Alla sentenza di condanna consegue la confisca dell’area sulla quale è commesso il reato, se di proprietà dell’autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi.
Ricordiamo ai lettori che il decreto in questione è stato già oggetto di un approfondimento da parte della Corte di Cassazione (ufficio del Massimario, Redattore Antonio Corbo) nel quale ci si sofferma, in particolare, sull’introduzione dei reati in materia di combustione illecita di rifiuti e sui nuovi obblighi di informazione gravanti sul pubblico ministero.

Sentenza Google: assoluzione in Cassazione per la diffusione del video del ragazzo disabile

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Depositata il 3 febbraio 2014 la sentenza Google (pronuncia numero 5107 della terza sezione penale) relativa alla nota vicenda del video raffigurante un soggetto affetto da sindrome di Down che veniva preso in giro con frasi offensive e azioni vessatorie da parte di altri soggetti minorenni (vedi l’articolo del Corriere della Sera Google e il ragazzo down: una causa mondiale).

Il 21 dicembre 2012 la Corte d’appello di Milano riformava la pronuncia di primo grado evidenziando che il D.Lgs. n. 196 del 2003 non impone all’Internet provider di rendere edotto l’utente circa l’esistenza e i contenuti della legislazione sulla privacy; si escludeva, inoltre, la configurabilita di un concorso omissivo nel reato contestato nonché la sussistenza del dolo specifico richiesto dalla disposizione incriminatrice, sul rilievo che gli imputati non erano preventivamente a conoscenza del filmato e dell’immissione del dato personale illecitamente trattato e sull’ulteriore rilievo della incompatibilità giuridica di detto dolo specifico col dolo eventuale individuato dal Tribunale in capo agli imputati.

La Corte di Cassazione, dopo aver fatto il punto sul quadro normativo di riferimento, ha respinto il ricorso della Procura osservando come: a) il video raffigurante un soggetto affetto da sindrome di Down ingiuriato e preso in giro dai suoi compagni proprio in relazione alla sua particolare sindrome era stato caricato su Google video, servizio di Internet hosting, all’insaputa di tale soggetto; b) nei giorni 5 e 6 novembre 2006 alcuni utenti avevano segnalato la presenza del video sul sito e ne avevano chiesto la rimozione; c) la rimozione era stata chiesta dalla Polizia postale il 7 novembre 2006; d) in quello stesso giorno il video era stato rimosso dal provider.

La posizione di Google Italia S.r.l. e dei suoi responsabili – affermano i giudici della terza sezione – è quella di mero Internet host provider, soggetto che si limita a fornire una piattaforma sulla quale gli utenti possono liberamente caricare i loro video; video del cui contenuto restano gli esclusivi responsabili. Ne consegue che gli imputati non sono titolari di alcun trattamento e che gli unici titolari del trattamento dei dati sensibili eventualmente contenuti nei video caricati sul sito sono gli stessi utenti che li hanno caricati, ai quali soli possono essere applicate le sanzioni, amministrative e penali, previste per il titolare del trattamento dal Codice Privacy.

Circa i responsabili della violazione, deve quindi ribadirsi che – contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente – questi sono da identificarsi con gli utenti che hanno caricato il video sulla piattaforma Google video e non con i soggetti responsabili per la gestione di tale piattaforma, trattandosi, come già ampiamente visto, di un mero servizio di hosting. Ed è proprio la natura del servizio reso ad escludere la fondatezza dei rilievi svolti dal Procuratore generale, non essendo configurabile alcun obbligo generale di controllo in capo ai rappresentanti di Google Italy s.r.l., gestore del servizio stesso.

Si ritiene, pertanto, di escludere in radice la configurabilità – sotto il profilo oggettivo ancora prima che sotto quello soggettivo – di una responsabilità penale dell’Internet host provider.

"La S.O.F.I.A. Onlus festeggia l' Epifania con i Bambini e le rispettive famiglie"

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In  data  06  Gennaio c.a.  “La S.O.F.I.A. Onlus  festeggia l’ Epifania con i   Bambini  e le rispettive famiglie”    

 Mentre a Milano la Bayer premia questa “GOCCIA Cristallina , quale Punto di riferimento per le tante famiglie bisognose

dei quartieri poveri della Provincia di Napoli, mantenendo un alto profilo di educazione alla legalità e il rispettodelle Istituzioni;

a Napoli Ida Rendano è in Concerto per i BAMBINI della S.O.F.I.A.

                      APRI  IL  LINK

https://www.youtube.com/watch?v=J2c2ra67vgY&feature=youtu.be

 

 

L'arte come veicolo d'integrazione. L’arte non ha confini: è patrimonio culturale e integrazione sociale di Grey Est

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Secondo wikipedia :

“L’arte, nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana – svolta singolarmente o collettivamente – che porta a forme creative di espressione estetica, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall’esperienza. Nella sua accezione odierna, l’arte è strettamente connessa alla capacità di trasmettere emozioni e “messaggi” soggettivi. Tuttavia non esiste un unico linguaggio artistico e neppure un unico codice inequivocabile di interpretazione”.

Questo concetto rispecchia globalmente il ruolo dell‘arte non solo per l’individuo ma anche nel contesto della società; quale originale esperienza tecnica e umana. L’arte è il veicolo per antonomasia: per conoscere l’altro;..il suo vissuto; le sue angoscie; la sua voglia di evadere, di sognare; le sue impotenze; le sue paure. Ne sono un esempio i Campi di grano con corvi (1890) di Vincent van Gogh oppure, il non meno famoso, L’Urlo di  Eduard Munch(1893), tento per citare classici dell‘ arte mondiale. L’artista, per creare, non può prescindere del  ambiente dov’e inmerso, in quanto è lo specchio della propria epoca. Cosi l’artista diventa il ponte che unisce il reale con l’irreale, la realtà con il fatto onirico, i quali sono insiti nell‘ uomo e nell’artista, intesi come coltivatori dell’orto comune die sensi dell’uomo. In un momento di profonda crisi economico e sociale, non è possibile trascurare il fattore arte, perché è ciò che nobilita l’uomo (oltre che il lavoro); ciò che lo fa sognare; ciò che fa elevare il suo pensiero all’Olimpo della lucidità  dei sogni, dando ristoro alla sua anima per poi tornare più forte alla realtà quotidiana. Quante volte è accaduto che guardando un’opera sentivate affiorare nel vostro volto un lieve sorriso; o sentire una morbida carezza nel cuore; o sentire ancora, che quell‘oggetto e quella immagine in voi evocavano qualcosa di familiare e di straordinario. Così dopo tutte queste riflessioni non si può non ritenere l’arte il mezzo più efficace d’integrazione, di riunione, l’anello di congiunzione tra pensieri, usi e costumi diversi per poter riconoscere e nell‘altro qualcosa di proprio.

Cos’e l’integrazione?

Nelle scienze sociali, il termine integrazione indica l’insieme di processi sociali e culturali che rendono l’individuo membro di una società.. Andiamo alla etimologia della parola: integrare; cioè aggiungere. Andiamo all’etimologia della parola: integrare; cioè aggiungere.

Immaginare di aggiungere qualcosa a un’altra già creata potrebbe far sembrare che l’ultima aggiunta è un qualcosa in più di cui si  può fare a meno; ma se l’oggetto aggiunto viene considerato come un qualcosa  che può portare idee, esperienza, usi, costumi, colore, sapore e situazioni nuove, non può che essere un ingrediente che arrichisce e non che impoverisce. La parola integrazione credo che non dovrebbe esistere perchè siamo tutti stati “immigrati”: è nel DAN e nella storia dei popoli. L’immigrazione è il motore della metamorfosi dei popoli antropologicamente parlando, in quanto l’interazione fa crescere. Quindi, credo che l’arte, da qualunque fonte provenga,  porti con sè il suo retaggio umano e cromatico di tipo universale e come tale unisce e ricongiunge l’uomo col l’uomo. Sono sempre più convinta che la pittura svolga un processo di intergrazione sociale ponendo importanti questioni di responsabilità, di legittimità e di cittadinanza. Per questi motivi, l’arte nella sua più alta espressione, abbatte barriere, esclude gruppi di emarginati, allontana le disuguaglianze. Il rapporto che si instaura tra l’arte pittorica e i processi di integrazione diventano indispensabili per l’inclusione culturale che esercita su altre dimensioni – economica, sociale e politica – dell’esclusione. Nel momento in cui l’artista si trova di fronte alla tela, non pone incertezze e tentennamenti, in quanto allarga i propri orizzonti assumendo il ruolo di dimensione multimediale che riguarda il legame tra cultura e società.

Sport, Melani (Pd): “Investimenti per 1,7 milioni in 5 anni”

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1536448_1374613746131006_469704771_nFucecchio: il candidato sindaco lancia un piano di mandato e propone una Consulta che unisca associazioni e società, ottimizzandone la gestione “Finora il silenzio del Comune ha fatto perdere finanziamenti regionali”.

Quasi 1,7 milioni di euro, tra manutenzione degli impianti, opere già previste e altre in programma da qui al 2019, quando scadrà il mandato da sindaco: è la “road map” del candidato sindaco Silvia Melani (Pd) per lo sport a Fucecchio. Un tassello, quello relativo allo sport, che si inquadra nel “piano di mandato” presentato insieme al programma: numeri, cifre e date per marcare la differenza tra le promesse elettorali e gli impegni concreti. Da quest’anno al 2019 sono previsti investimenti in manutenzione di impianti per 100mila euro nei primi due anni e 80 l’anno nei tre successivi, per un totale di 340mila euro. Altri 600mila euro sono opere già previste dall’amministrazione (adeguamento zone di Cappiano e San Pierino, più impianti esterni della piscina intercomunale) e ulteriori 750mila euro saranno destinati nel 2018 alla nuova palestra di via Michelangelo.

Una risposta ai bisogni di Fucecchio in tema di sport, specie alla luce di un dato inoppugnabile: la Regione Toscana ha messo a disposizione fondi a sostegno dell’attività sportiva, ma il Comune di Fucecchio non ha informato le associazioni e migliaia di euro di contributi sono andati persi. “Il piano regionale per la promozione della cultura e della pratica sportiva – tuona la Melani – prevedeva finanziamenti, ed era compito dell’amministrazione farlo sapere. Ma nessuna delle associazioni che abbiamo incontrato finora ha dichiarato di essere a conoscenza di questa possibilità, né di essere stata informata dal Comune. E così la città ha perso una grande opportunità: lo sport sta soffrendo, ma per altri la priorità è farsi vedere in giro coi big dello sport locale. Nemmeno negli anni scorsi, inoltre, in Provincia sono pervenute domande da associazioni di Fucecchio”.

Per evitare il ripetersi di situazioni simili, la Melani ha lanciato la proposta di una Consulta dello Sport, un’istituzione che raccolga e riunisca tutte le associazioni sportive del territorio per farle confrontare e collaborare, coordinando non solo il rapporto con l’amministrazione comunale ma anche la ricerca di fondi regionali ed europei fin qui inutilizzati. “Il futuro sindaco e l’assessore allo sport dovranno coordinare le associazioni e gestire gli spazi, riorganizzandoli affinché nessuno debba più abbandonare Fucecchio in favore di realtà limitrofe più accoglienti per orari e impianti. Non solo: servirà attenzione verso gli operatori privati, che completano l’offerta delle discipline e che lamentano una totale mancanza di ascolto e supporto. Oggi a molti ragazzi – conclude Silvia Melani – viene chiesto di allenarsi dalle 22 in poi, e questo è inaccettabile, oppure devono andare a farlo in altri Comuni, come accade al Ponte a Cappiano”. Nel dettaglio, i contributi – rivolti a scuole, comuni, provincia, associazioni e società – sono previsti per sostenere progetti rivolti ai giovani a sostegno di attività sportive per disabili, a carattere multidisciplinare e per facilitare scambi di esperienza. Altri contributi servono per cofinanziare al 50% progetti per realizzare nuovi impianti e mettere a norma quelli esistenti, ristrutturare e ampliarne altri.

Manganese: un microelemento indispensabile nella nostra dieta

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A seguito di una richiesta della Commissione europea, il gruppo di esperti scientifici sui prodotti dietetici, l’alimentazione e le allergie (NDA) dell’EFSA ha derivato i valori dietetici di riferimento per il manganese.

Il manganese è un oligoelemento (ossia un elemento chimico presente in quantità minime ma indispensabile per crescita, sviluppo e fisiologia appropriata di un dato organismo) coinvolto in molti processi enzimatici di rilevante importanza. Esso viene considerato un attivatore di numerosissimi enzimi, ossia di quei composti proteici che regolano il nostro metabolismo, accelerando le reazioni. Molti enzimi infatti contengono proprio il manganese comecofattore (il cofattore è una piccola molecola di natura non proteica o uno ione metallico che si associa all’enzima e ne rende possibile l’attività).
Il ruolo esatto del manganese non è stato completamente dimostrato ma si è visto che la nostra salute dipende anche da molti processi biologici catalizzati da enzimi legati a questo oligoelemento. Ad esempio esso è cofattore della superossido-dismutasi, importantissimo antiossidante cellulare, che ostacola la formazione dei radicali liberi e quindi l’invecchiamento cellulare. E’ coinvolto nella sintesi di DNA ed RNA, essendo cofattore di DNA-sintetasi e RNA-sintetasi, attiva inoltre la piruvato-carbossilasi, enzima implicato nel processo della gluconeogenesi, ossia nella formazione del glucosio, molecola fondamentale per l’ottenimento di ATP ossia dell’energia di cui noi abbisogniamo per tutte le nostre attività metaboliche.
Inoltre il manganese ha un ruolo nella coagulazione, nell’attività tiroidea, nella fertilità, nella formazione delle ossa, aiuta il sistema immunitario, ed altro ancora. Sembra anche avere riscontri positivi nella profilassi di alcune patologie come il diabete mellito, i deficit neurologici, i ritardi della crescita, le ulcere, l’insufficienza renale, l’infarto (in particolare del miocardio) e persino i tumori. Ed infine si è notato che un giusto tasso ematico (ossia una giusta concentrazione nel sangue) di manganese è utilissimo per tenere sotto controllo gli attacchi epilettici.
Non abbiamo ancora a disposizione prove sufficienti per ricavare un fabbisogno medio o una dose di riferimento per la popolazione, ma l’EFSA ha comunque proposto dei valori di riferimento per un apporto giornaliero adeguato. Negli adulti si prevedono circa 3 mg/giorno, comprese le donne in gravidanza e allattamento . Per ibambini di età compresa tra 7-11 mesi invece si ritengono adeguati di 0,02-0,5 mg/giorno.
Un’alimentazione adeguata e varia conferisce tali dosi. Le fonti alimentari principali del manganese sono il tè, il vino, lo zenzero, i chiodi di garofano, lo zafferano, la cannella, i cereali ed i loro derivati; meno importanti ma comunque utili al raggiungimento delle razioni minime sono legumi, patate, nocciole, tuorlo d’uovo e cacao.
Non vi sono indicazioni chiare sugli effetti dovuti ad un suo eccesso di assunzione anche se da uno studio pubblicato su American Journal of Human Genetics dal team di Antonio Federico, del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena, e dai ricercatori olandesi dell’Università di Rotterdam si ipotizza un legame tra l’eccessiva assunzione di manganese ed una nuova tipologia del morbo di Parkinson.

Avvocati, perché la professione può già essere esercitata in forma societaria

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In attesa che il Parlamento rimedi alla scelta del Governo di non emanare il decreto legislativo in materia di società tra avvocati, ci si interroga se la professione forense possa essere esercitata ugualmente in forma societaria.

La tesi della non applicabilità delle Stp
Secondo una certa corrente di pensiero, la disciplina della società tra professionisti, delineata dall’articolo 10 della legge 183/2012 e dal Dm n. 34/2013, non sarebbe applicabile agli avvocati perché l’articolo 5 della legge 247/2012, che delegava il Governo a disciplinare le società tra avvocati, conserverebbe pur sempre i suoi effetti, anche se oramai il termine di sei mesi, entro il quale quella delega avrebbe dovuto essere esercitata, è inutilmente spirato.
A me pare che la tesi non sia condivisibile perché, come ho già avuto modo di precisare (Guida al diritto on line del 9 dicembre 2013), è fondata su un precedente della Corte costituzionale (sentenza 4 maggio 1990 n. 224) che non si attaglia alla fattispecie: in quel caso, infatti, il termine per l’esercizio della delega non era scaduto. Dunque, in assenza di una disciplina ad hoc, dovrebbe consentirsi la costituzione di società tra avvocati ai sensi dell’articolo 10 della legge 183/2011.

Vuoto normativo si o no?
Ma ancor meno condivisibile è la tesi di quanti ritengono che il vuoto normativo venutosi a creare permetterebbe agli avvocati unicamente di esercitare la professione o nelle forme, consuete, dell’associazione ovvero in quelle della società disciplinata dal Dlgs 96/2001.
Ad una interpretazione così restrittiva osterebbe proprio quella stessa giurisprudenza della Corte costituzionale invocata per salvare gli effetti dell’articolo 5 della legge professionale.
In quel lontano precedente il Giudice delle leggi aveva affermato che la legge delega “sotto il profilo del contenuto è un vero e proprio atto normativo” dotato di efficacia erga omnes e le cui norme hanno la struttura e l’efficacia proprie dei principi e dei criteri direttivi; aveva anche precisato che i principi e criteri direttivi “presentano nella prassi una fenomenologia estremamente variegata, che oscilla da ipotesi in cui la legge delega pone finalità dai confini molto ampi e sostanzialmente lasciate alla determinazione del legislatore delegato a ipotesi in cui la stessa legge fissa principi a basso livello di astrattezza, finalità specifiche, indirizzi determinati e misure di coordinamento definite o, addirittura, pone principi inestricabilmente frammisti a norme di dettaglio disciplinatrici della materia”, aggiungendo che in tale ultimo caso “non si può negare che la legge di delegazione possa contenere un principio di disciplina sostanziale della materia o una regolamentazione parziale della stessa” (Corte Cost. 04.05.1990 n. 224).

Da queste premesse, la Corte aveva fatto discendere la sussistenza in capo alle regioni (o alle province) dell’interesse ad impugnare immediatamente le disposizioni di una legge di delega che, per il loro contenuto, siano immediatamente lesive delle loro competenze.
A me sembra che questo interesse possa sussistere fino a quando la legge conserva i suoi effetti, e cioè durante il termine fissato dal legislatore per l’esercizio della delega.

Tuttavia, se la giurisprudenza della Corte costituzionale potesse autorizzare la tesi secondo la quale una legge di delega sopravvive all’eventuale inutile decorso del termine entro il quale avrebbero dovuto emanarsi i decreti delegati, allora dovrebbe ritenersi che i principi ed i criteri direttivi siano dotati di una loro autonoma efficacia e che nel caso della società tra avvocati la mancata attuazione della delega non avrebbe creato alcun vuoto legislativo.

Nella delega regole chiare
In particolare, se i principi stabiliti dall’articolo 5 della legge 247/2013 avessero le caratteristiche di “norme di dettaglio disciplinatrici della materia”, dovrebbe coerentemente ammettersi già oggi la costituzione di società tra avvocati, a condizione, ovviamente, che lo statuto sia conforme a quei principi.

Innanzitutto, però, occorrerebbe chiedersi se i principi e criteri direttivi di cui all’articolo 5 della legge professionale abbiano un sufficiente livello di “concretezza” e, in secondo luogo, se – nonostante ciò – la costituzione di una società composta da avvocati incontri un limite nella esistenza di altre disposizioni di legge.

Orbene, a me pare che difficilmente si possa negare all’articolo 5 ed ai principi ivi enunciati la consistenza di norme di dettaglio.

Il legislatore, prevedendo che l’esercizio della professione forense in forma societaria è consentito esclusivamente a società di persone, società di capitali o società cooperative, ha espressamente rinviato alle forme societarie disciplinate dal codice civile, rispetto alle quali ha stabilito – attraverso i principi in parola – alcune specifiche deroghe, a cominciare dal divieto di costituire società multidisciplinari.

Le specificità dei legali
In altri termini, la società tra avvocati devierebbe dallo schema tipico solo: a) per ciò che concerne la sua composizione, non potendo fare parte della compagine altri professionisti e soci d’investimento; b) per la impossibilità dell’avvocato di essere socio in più di una società; c) per la denominazione sociale, che dovrebbe contenere la dicitura “società tra avvocati”; d) per la composizione dell’organo di gestione, riservato solo ai soci; e) per la esecuzione dell’incarico che, seppur affidato alla società, dovrà essere svolto soltanto da soci professionisti iscritti all’albo); f) per la responsabilità del socio che ha eseguito la prestazione, che risponderà sempre in solido con la società; g) per la iscrizione della società in una apposita sezione speciale dell’albo professionale; h) per l’assoggettamento della società al controllo disciplinare dell’ordine di appartenenza; i) per le cause di esclusione del socio, aggiungendosi a quelle tipiche le ipotesi di sospensione, cancellazione o radiazione del socio dall’albo professionale; l) per la qualificazione dei redditi prodotti dalla società come redditi di lavoro autonomo, anche ai fini previdenziali; m) per la natura della attività svolta dalla società, che non sarà mai d’impresa e non sarà soggetta alle procedure concorsuali.

Per il resto, la società sarebbe disciplinata dalle norme che regolano in generale ciascun singolo tipo societario, ferma restando la applicazione delle disposizioni sull’esercizio della professione di avvocato in forma societaria di cui al Dlgs n. 96/2001, in quanto compatibili.

A me pare, quindi, che i principi di cui all’articolo 5 legge 247/2012 siano suscettibili di immediata applicazione proprio in considerazione del loro contenuto, che non richiederebbe alcuna particolare specificazione di dettaglio.

Stabilito che i principi e criteri direttivi posti dalla legge di delega possiedono quel grado di specificità e concretezza sufficiente a delineare, anche in assenza di loro attuazione, il modello della società tra avvocati voluto dal legislatore, occorre infine verificare se, in ipotesi, alla possibilità di costituire una tal società si frappongano altre disposizioni normative.

Le altre norme da considerare
Orbene, l’articolo 10 comma 11 della legge 183/2011, abrogando la legge 23 novembre 1939 n. 1815, ha definitivamente rimosso il dato normativo che aveva impedito l’esercizio in forma societaria delle professioni regolamentate.

Infatti, se per un verso l’articolo 2 della legge testé citata, che vietava espressamente la costituzione di società tra professionisti, era stato abrogato nel lontano 1997 dall’articolo 24 della legge n. 266, tuttavia la assenza dei requisiti per l’esercizio della attività in forma associata, che avrebbero dovuto essere fissati da apposito decreto ministeriale mai emanato, di fatto aveva congelato gli effetti abrogativi.

La preclusione stabilita dalla legge del 1939 è oramai venuta meno (dunque può ritenersi superato l’impasse cui aveva dato luogo l’inerzia ministeriale) e non mi pare che si rinvengano nell’ordinamento altre restrizioni all’esercizio in forma societaria della professione forense.
Anche l’articolo 2247 c.c. non sarebbe problematico: i servizi professionali costituiscono senz’altro attività economica per costante giurisprudenza comunitaria, e dunque non sarebbe contraria alla legge quella società che abbia per oggetto l’esercizio in comune di una attività economica consistente nella “vendita” di servizi legali.

Semmai, l’unica disposizione che avrebbe potuto rappresentare ancora un ostacolo all’esercizio in forma societaria della professione forense sarebbe stato l’articolo 2232 c.c., che richiede la esecuzione personale dell’opera professionale: tuttavia la legge di delega ha espressamente separato il momento del conferimento dell’incarico (che è dato alla società) da quello della esecuzione (che rimane sempre riservato al socio professionista iscritto all’albo).
Neppure potrebbe rappresentare un impedimento alla costituzione di società tra avvocati la assenza di normativa di dettaglio che disciplini in concreto come debba atteggiarsi il rapporto tra cliente e società da un lato e società e socio professionista dall’altro.

L’interprete potrà colmare la lacuna ricorrendo all’articolo 24 del Dlgs 96/2001, a ciò espressamente autorizzato proprio dallo stesso articolo 5 comma 2 lett. n, a mente del quale sono applicabili alla società tra avvocati le disposizioni del decreto legislativo del 2001 in materia di esercizio della professione forense in forma societaria.

Sì alle società in un modo o nell’altro
In definitiva, a me sembra che tertium non datur e che delle due l’una: o si ritiene che l’articolo 5 della legge professionale, non avendo il Governo esercitato la delega, non sia più vincolante ed allora saranno applicabili agli avvocati le norme dettate dal legislatore per la costituzione delle società tra professionisti. Oppure si pensa che la disposizione in parola abbia ancora validità e dunque si ammette che gli avvocati possano esercitare la professione in forma societaria secondo gli schemi delle società commerciali disciplinate dal codice civile, con i correttivi previsti dai principi e criteri direttivi della legge delega.

Impresa individuale

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D: Un mio cliente ha un’impresa individuale con cui gestisce un bar, vorrebbe inserire come collaboratore familiare sua madre, in quanto abitualmente lo aiuta dietro il bancone, facendo le opportune iscrizioni INPS/INAIL, però non vorrebbe costituire un’impresa familiare tramite un notaio, può farlo? In caso di ispezioni è in regola? Senza fare atti pubblici o scritture private autenticate è possibile avere collaboratori o coadiuvanti famliari?

R: L’imprenditore individuale può servirsi, oltre che della propria opera, di dipendenti o di collaboratori. Nel caso in cui l’imprenditore ricorra alla collaborazione dei propri familiari, la ditta diviene un’impresa familiare. Quest’ultima oltre ad essere costituita contestualmente all’inizio dell’attività può anche derivare da una ditta individuale già esistente. La costituzione dell’impresa familiare può avvenire con un atto pubblico o con una scrittura privata autenticata, in cui devono essere indicati obbligatoriamente l’attività esercitata dal titolare e gli estremi dei familiari collaboratori con il rispettivo grado di parentela. Infine, entro 30 giorni dalla stipula dell’atto, bisogna provvedere all’iscrizione nel Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio della provincia in cui l’impresa ha la sede legale.

Pagamenti elettronici: on line le nuove Linee guida

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Sono state definitivamente approvate dalla Banca d’Italia ed entreranno in vigore dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale le Linee guida per l’effettuazione dei pagamenti a favore delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi.

Con la determina n. 8/2014 assunta dal Direttore generale dell’Agenzia per l’Italia digitale, in qualità di commissario straordinario, si conclude il percorso partecipato e condiviso con il ministero dell’Economia e delle finanze e tutti gli attori coinvolti nel gruppo di lavoro composto da amministrazioni centrali e locali e al quale hanno contributo anche i prestatori di servizi di pagamento attraverso le proprie associazioni di categoria ABI e AIIP.

Il quadro di riferimento è dato, oltre che dall’art. 5 del Cad, anche dall’art. 15, comma 5-bis, del Dl 18 ottobre 2012, n. 179 che ha introdotto l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di accettare i pagamenti a qualsiasi titolo dovuti, anche con l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, avvalendosi per “le attività di incasso e pagamento della piattaforma tecnologica di cui all’articolo 81, comma 2-bis, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e delle piattaforme di incasso e pagamento dei prestatori di servizi di pagamento abilitati ai sensi dell’articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82”.

Sono tenute ad accettare pagamenti elettronici tutte le pubbliche amministrazioni, nonché le società interamente partecipate da enti pubblici o con prevalente capitale pubblico inserite nel conto economico consolidato della PA, così come individuate dall’Istituto nazionale di statistica. Ricadono altresì nell’ambito di applicazione i gestori di pubblici servizi quando richiedono pagamenti ai propri clienti per servizi a loro resi.

Le Linee guida definiscono analiticamente le informazioni minime che le amministrazioni sono tenute a mettere a disposizione dell’utilizzatore finale (pagatore o soggetto versante) sui propri siti web e sugli avvisi di pagamento e più, in generale, nell’ambito delle relazioni tra utilizzatori finali (cittadino, professionista, impresa) e pubbliche amministrazioni, le fasi del c.d. “Ciclo di vita del pagamento”.

Ciò in quanto, a qualunque titolo gli importi siano dovuti (tassa, imposta, oblazione, ticket per prestazioni l’effettuazione di pagamenti) la riscossione di un pagamento è sempre riconducibile a un processo amministrativo che si articola in fasi ben definite, funzionali al suo corretto completamento.

L’espletamento di tali fasi è direttamente correlato alla piattaforma tecnologica per l’interconnessione e l’interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento (c.d. “Nodo dei Pagamenti – SPC”), della quale vengono descritte le funzionalità, le modalità di interconnesione, gli accordi per l’attivazione per l’interoperabilità.

Ai sensi dell’art. 5, comma 1, del Cad, le pubbliche amministrazioni ed i gestori di pubblici servizi dovevano adeguare entro il primo giugno 2013 le proprie procedure informatiche e gli strumenti software al fine di consentire l’effettuazione dei pagamenti elettronici in accordo con le stesse Linee guida.

In relazione al differimento dei termini del loro rilascio, tuttavia la mera procedura di adesione viene ora considerata di per sé come forma di adempimento dell’art. 5 del Cad, a condizione che la pubblica amministrazione in sede di adesione definisca un piano di attivazione che individui in dettaglio le attività da compiere e i tempi di realizzazione, da terminare entro il 31 dicembre 2015. Il piano potrà anche prevedere un’attivazione graduale con riferimento ai singoli servizi offerti.
Laddove, precedentemente all’emanazione delle Linee guida, fosse stata già realizzata una soluzione organizzativa che assegnasse la gestione integrata dell’erogazione di servizi a enti di natura consortile fra soggetti pubblici, le modalità e i tempi di adeguamento alle previsioni delle Linee guida e di adesione al Nodo dei pagamenti – Spc saranno oggetto di specifiche indicazioni da parte dell’Agenzia per l’Italia digitale, che terrà anche conto dell’esigenza di preservare gli investimenti effettuati.

Ferma restando la facoltà di adesione, i gestori di pubblici servizi potranno ricevere pagamenti informatici a mezzo bonifico e/o bollettino di conto corrente postale senza l’uso della piattaforma per l’interconnessione e l’interoperabilità.

Al contrario, le pubbliche amministrazioni potranno ricevere pagamenti informatici a mezzo bonifico e/o bollettino di conto corrente postale senza l’uso della piattaforma di cui al paragrafo 8.3, solo in via transitoria, entro e non oltre il 31 dicembre 2015 e a condizione che abbiano già espletato la procedura di adesione.

Laddove, alla data di pubblicazione delle Linee guida, tra una PA e uno o più prestatori di servizi di pagamento risultasse in essere una convenzione e/o accordo negoziale avente ad oggetto l’attività di incasso, le disposizioni di cui alle Linee guida si applicheranno a decorrere dalla naturale scadenza della convenzione e/o dell’accordo negoziale.

La versione definitiva delle Linee guida modifica il testo pubblicato in consultazione lo scorso 5 settembre 2013 a seguito del recepimento delle osservazioni pervenute in questa fase. In un ottica di trasparenza e partecipazione tutti i contributi ricevuti sono stati raccolti nell’apposito Position paper.

Renzi al Quirinale, Napolitano: «Stabilità» Richetti (Pd): hanno discusso di possibili scenari per il Governo

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Il segretario del Pd, Matteo Renzi, è salito in serata al Quirinale per incontrare il capo dello Stato, Giorgio Napolitano. A cose fatte, ne parla il deputato Pd Matteo Richetti, fedelissimo del sindaco di Firenze, intervenendo a “Otto e mezzo”, in onda su La7: «Domani sarà una giornata centrale per la legge elettorale in aula e il presidente Napolitano ha incontrato Renzi per discutere quali scenari sono possibili per il governo», ha spiegato Richetti. A Napolitano, Renzi avrebbe ribadito secondo il deputato «quello che ripete da mesi. Non possiamo pensare che Renzi adesso pressi per andare a Palazzo Chigi, ma il governo è aggrovigliato su se stesso».

Richetti: Governo Renzi potrebbe dare scossa al Parlamento In un altro passaggio del suo intervento, Richetti ha sottolineato che «Con l’opposizione si scrivono le regole», ma non è possibile «governare con Forza Italia», quindi « impariamo dalla storia e mettiamo la parola fine al governo delle larghe intese». Il governo Renzi, ha poi aggiunto, « potrebbe dare al Parlamento un impulso di cambiamento».

L’appoggio del Pd a Letta e il “fattore stabilità” Obiettivo del faccia a faccia, secondo fondi parlamentari, capire la tenuta dell’appoggio Pd all’attuale Governo, dal momento che la stabilità è ritenuta da Napolitano una condizione necessaria per proseguire il rilancio dell’economia. E portare in porto legge elettorale e riforme istituzionali, che grazie al leader Pd, come riconosce anche Napolitano, hanno ricevuto uno sprint decisivo.

Il pressing su Renzi perchè sostituisca Letta a Palazzo Chigi L’incontro a sorpresa tra il segretario Pd e il presidente della Repubblica arriva al termine di una giornata in cui è continuato il pressing, proveninete da piu’ parti, perchè Renzi prenda la guida di un nuovo governo che abbia il 2018 come orizzonte. Il leader Pd, che nelle ultime ore ha respinto l’ipotesi di una staffetta con Letta, continua comunque a pungolare l’Esecutivo perchè «una svolta è necessaria», e la scarsa incisività di Palazzo Chigi rischia di essere pagata dal Pd già alle prossime elezioni europee.

Incontro Letta-Napolitano forse mercoledì pomeriggio Il premier Enrico Letta dovrebbe invece vedere il Capo dello Stato non più martedì, come ipotizzato da molti osservatori, ma solo mercoledì pomeriggio, quando Napolitano sarà rientrato da Lisbona dopo aver partecipato al Cotec. L’intenzione del presidente del Consiglio sarebbe quella di rilanciare sul programma e arrivare ad un chiarimento al più presto riguardo l’atteggiamento del segretario del Pd, con il quale i rapporti sarebbero comunque sempre piu’ tesi.