23 Settembre 2024, lunedì
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Vittorio Conti commissario Inps: in carica fino al 30/9, poteri da presidente

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Il nuovo commissario dell’Inps è Vittorio Conti. A nominarlo il 12 febbraio è stato Enrico Giovannini, il ministro del Lavoro, che ha siglato il decreto di nomina che ora attende la firma di Fabrizio Saccomanni, ministro dell’Economia. Giovannini ha spiegato che Conti sarà commissario straordinario dell’Inps fino al 30 settembre e avrà “poteri di presidente”.
Conti è stato consigliere Consob dal 2006 e nel 2010 ne è stato vice-presidente per qualche mese prima dell’arrivo di Giuseppe Vegas. Settantun’anni, economista, ha lavorato prima nell’ufficio studi di Banca d’Italia, poi in Comit dove è diventato direttore centrale, infine in Banca Intesa.

Danni da infiltrazioni. Per stare in giudizio l’amministrazione deve essere sempre autorizzato dall’assemblea?

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Il caso. Due condomini agiscono contro il condominio per il risarcimento dei danni subiti a causa delle infiltrazioni provenienti dal lastrico solare dell’edificio. In primo grado ottengono un risarcimento che, a seguito di un articolato iter processuale nel giudizio d’appello (dovuto al decesso di uno dei condomini ed alla successiva transazione da parte degli eredi in ragione della quota di questo), veniva rideterminato al ribasso. Il condomino superstite proponeva ricorso in cassazione, eccependo, tra l’altro, che il giudice di merito non avrebbe verificato la costituzione dell’amministratore nel giudizio di secondo grado, considerata la mancata autorizzazione da parte dell’assemblea all’amministratore per proporre l’appello.

La decisione. Non rientra nelle competenze dell’amministratore di condominio la legittimazione a resistere nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento dei danni da infiltrazioni provenienti dal lastrico solare. In questi casi, l’amministratore può costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole,senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea,al solo scopo di non incorrere nelle decadenze processuali,ma dovrà poi ottenere la ratifica del suo operato da parte dell’assemblea di condominio, pena l’inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione.

Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con sentenza n. 2859 del 7 febbraio 2014, torna ad affrontare la vexata questio della legittimazione processuale passiva dell’amministratore di condominio collocando, per la prima volta, le controversie sui danni causati dalle parti comuni tra quelle in cui l’amministratore non può resistere in giudizio d’ufficio, ma solo previa autorizzazione (o successiva ratifica) dell’assemblea.

La suprema Corte, richiamando quanto statuito in materia dalle Sezioni Unite, ricorda che nelle controversie non rientranti tra quelle che può autonomamente proporre ai sensi del primo comma dell’art. 1131 c.c, l’amministratore di condominio non è legittimato a resistere in giudizio senza autorizzazione dell’assemblea.

Il secondo comma dell’art. 1131 c.c. – che consente di convenire in giudizio l’amministratore per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio –non estendere automaticamente la legittimazione passiva dell’amministratore a tutte le controversie aventi ad oggetto le parti comuni, atteso che la ratio della norma è soltanto quella di favorire il soggetto che intenda agire in giudizio dei confronti del condominio, consentendogli di notificare la citazione al solo amministratore, anziché citare tutti i condominio. Ne consegue che nelle materie che esorbitano dalle sue attribuzioni, l’amministratore può costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole solo previa autorizzazione dell’assemblea. In alternativa, al fine di evitare decadenze processuali, può costituirsi anche senza la preventiva autorizzazione, con l’obbligo di far ratificare la propria azione dall’assemblea condominiale.

Il contrasto giurisprudenziale. La questione ruota intorno alla corretta interpretazione dell’art. 1131 c.c. Nei casi di liti promosse dall’amministratore, tale norma specifica che egli può agire senza preventiva autorizzazione assembleare rispetto a tutte le attribuzioni riconosciutegli dall’art. 1130 c.c. Più complicato il discorso relativo alla legittimazione passiva. Il secondo comma dell’art. 1131 c.c., infatti, specifica che l’amministratore può essere convenuto in giudizio per tutte le azioni concernenti le parti comuni dell’edificio. Questa norma ha portato ad un contrasto interpretativo:

secondo una prima opzione, l’amministratore è sempre legittimato a stare in giudizio senza autorizzazione dell’assemblea, con il solo obbligo (di rilevanza interna) di informare l’assemblea;
secondo diverso orientamento, invece, la norma in questione ha la sola funzione di permettere alla controparte di notificare più facilmente l’atto introduttivo del giudizio, individuando nell’amministratore il soggetto legittimato a riceverlo, mentre per quanto concerne la legittimazione a stare in giudizio dello stesso, essa non si estende automaticamente a tutte le controversie aventi ad oggetto le parti comuni, essendo necessario (nelle materie sottratte alla sua competenza) l’autorizzazione dell’assemblea.
La soluzione delle Sezioni Unite – Il contrasto è stato risolto dalle Sezioni Unite con la nota sentenza n. 18331/2010, che ha accolto l’impostazione da ultimo riferita, con un’importante precisazione. Sebbene l’amministratore possa essere chiamato in causa per ogni azione concernente le parti comuni, ciò non estende automaticamente la sua legittimazione a resistere in giudizio senza autorizzazione assembleare. Nelle materie esorbitanti dalle sue attribuzioni, dunque, per resistere in giudizio, deve farsi autorizzare dall’assemblea. È lecita, tuttavia, la costituzione in giudizio o l’impugnazione di una sentenza senza la preventiva autorizzazione, al solo fine di evitare prescrizioni e decadenze processuali, purché successivamente intervenga la ratifica dell’operato dell’amministratore da parte dell’assemblea.

Per i danni da infiltrazioni la competenza spetta all’assemblea e non all’amministratore. La sentenza che si annota applica quanto statuito dalle Sezioni Unite. I giudici di legittimità, dopo la corretta esegesi dell’art. 1131 c.c. nei termini sopra riferiti, collocano le controversie in materia di risarcimento danni provenienti dalle parti comuni tra quelle la cui competenza spetta all’assemblea, che deve deliberare circa le determinazioni da assumere sulla lite instaurata contro il condominio. Nel caso di specie, dunque, l’amministratore necessitava dell’autorizzazione dell’assemblea prima di proporre appello. La Corte, invece, ha accertato l’assenza in atti sia della delibera di conferimento all’amministratore dell’incarico di costituirsi e resistere nel giudizio di primo grado,sia di quella di autorizzazione a proporre appello. Non si rinviene altresì una delibera di ratifica dell’operato dell’amministratore. Da qui la decisione di dichiarare inammissibile l’appello proposto dall’amministratore per difetto di legittimazione passiva di quest’ultimo.

Come si accennava all’inizio, la sentenza in esame si segnala per essere la prima a specificare che le controversie per il risarcimento dei danni provenienti dalle cose comuni non rientrano tra quelle in cui l’amministratore può resistere d’ufficio. Si tratta di una decisione che, peraltro, potrebbe presentare elementi di contrasto con i principi sanciti dalle Sezioni Unite,a cui dichiara di conformarsi. Queste, infatti, ritengono che l’amministratore sia legittimato a resistere in giudizio, senza autorizzazione,in tutte le materie di cui all’art. 1130 c.c., tra le quali figurano anche gli atti conservativi delle parti comuni.

Tra gli atti conservativi possono essere ricondotti anche le azioni concernenti il risarcimento dei danni, atteso che la domanda risarcitoria è spesso speculare al ripristino dell’integrità delle parti comuni, mediante l’accertamento della causa del danno unitamente alla richiesta di ristoro del pregiudizio subito. Ne consegue che, a rigore, il principio affermato dalla sentenza in commento dovrebbe trovare applicazione solo nelle cause in cui la domanda proposta contro il condominio mira esclusivamente al risarcimento del danno subito.

Cambiare per non morire

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Il cambiamento è il solo elemento rimasto costante all’interno di qualsiasi contesto aziendale. La capacità di saperlo governare è perciò diventata una competenza imprenditoriale fondamentale: l’essenziale è scartare quello che ingombra il nostro campo visivo e non ci permette di vedere con la giusta lucidità, impedendoci così di comprendere a fondo ciò che stiamo guardando. Come per “ascoltare” non basta sentire, così per “vedere” non basta tenere gli occhi aperti: solo dopo aver valutato le diverse opzioni che si sono presentate, si può passare all’azione.

La gestione di una fase di cambiamento richiede molta attenzione, soprattutto verso la comunicazione, la comprensione del contesto e la ricerca di soluzioni creative che stimolino in qualche modo la partecipazione e l’attivazione personale.
In generale ogni cambiamento può essere analizzato facendo riferimento a due aspetti: che cosa nello specifico sta cambiando e come ottenere il superamento di quel senso di vuoto che deriva dalla perdita delle vecchie abitudini: quest’ultimo è un elemento importantissimo e i cambiamenti che hanno avuto maggiore successo sono quelli che ne hanno tenuto conto.

John P. Kotter (2003), uno dei massimi esperti sul tema, afferma che chi vuole ottenere un cambiamento deve innanzitutto eliminare atteggiamenti di autocompiacimento, immobilismo, irrigidimento ed esitazione.

Bob Adams (1997) individua invece i cinque fattori che facilitano il cambiamento nelle aziende e nelle organizzazioni. Il primo di essi è la creazione di un clima interno di apertura e di comunicazione, che si ottiene condividendo a livello generale le decisioni che l’azienda sta assumendo: si creerà così un rapporto di fiducia, elemento fondamentale nel processo di cambiamento. È necessario poi cercare di agire nella maniera più obiettiva possibile: presentare e spiegare le motivazioni che hanno portato alla necessità di cambiamento, mettendo in risalto i benefici che questo apporterà ad ognuno. Il terzo atteggiamento è contraddistinto dalla sensibilità e attenzione alle interpretazioni soggettive e alle reazioni emotive di tutto il personale. Il cambiamento potrebbe infatti comportare lo scardinamento della routine quotidiana, la perdita di qualcosa che è molto personale ed importante per il singolo. La capacità di saper incoraggiare lo sviluppo di prospettive alternative è invece il quarto aspetto: questo stimola il personale ad avere un atteggiamento aperto, entusiastico e positivo verso la trasformazione stessa. Il quinto invece è legato alla “pazienza” e alla gestione dell’attesa, ossia la capacità di dare tempo alle persone per assimilare il cambiamento ed abituarsi alla perdita di ciò che prima era familiare. Generalmente, infatti, le persone non sono contrarie al cambiamento in sé, ma alla sua imposizione.

Se il cambiamento risulta così azzardato e le reazioni ad esso così varie e “pericolose” per l’organizzazione, come gestire e programmare questo processo? Come aiutare le persone a vincere “la paura del cambiamento”?

Kotter individua otto fasi per la realizzazione di un cambiamento corretto e pianificato:
1. Creare un senso di urgenza, ovvero portare le persone a dire “dobbiamo fare qualcosa”, riducendo e l’autocompiacimento, la paura e l’ira che bloccano sul nascere il cambiamento. Evitare di gridare “al lupo, al lupo”!
2. Costruire e mettere assieme un gruppo di attori che possiedono le caratteristiche adatte e il potere necessario a dirigere lo sforzo di cambiamento.
3. Creare una visione adeguatamente motivante, in grado di orientare lo sforzo. Aiutare il team-pilota a sviluppare strategie audaci, per trasformare le visioni audaci in realtà.
4. Comunicare per ottenere il consenso attraverso messaggi chiari e credibili sulla direzione del cambiamento, arrivando così alla creazione di un consenso sincero e concreto, che si manifesta nel modo di operare del personale a tutti i livelli. Usare le parole, i fatti e le nuove tecnologie per sbloccare i canali di comunicazione e vincere la confusione e la sfiducia.
5. Consentire l’azione individuale attraverso l’empowerment. Rimuovere le barriere che ostacolano chi ha accettato con convinzione la visione e le strategie; eliminare gli ostacoli, in modo che queste persone possano operare diversamente e vivere il cambiamento come responsabilità e obiettivi personali.
6. Generare una serie di successi in tempi brevi, in modo da attenuare il cinismo, il pessimismo e lo scetticismo. Fare in modo che i successi siano visibili, privi di ambiguità, che tocchino le corde più sensibili del personale ma soprattutto che vengano opportunamente celebrati.
7. Non mollare la presa. Aiutare le persone a creare più ondate successive di cambiamento, finché la visione diviene realtà. Non permettere che il senso di urgenza venga meno e non eludere le parti più difficili della trasformazione.
8. Fare attecchire il cambiamento. Fare in modo che i collaboratori continuino ad operare con modalità nuove, nonostante il peso della tradizione, radicando quel comportamento in una cultura organizzativa ridisegnata.

Questo modello è applicabile sia al macro-cambiamento, da generare a livello di sistema azienda e di architettura generale di un’organizzazione, sia ai micro-cambiamenti da attivare nelle singole divisioni o unità operative.
Concludendo, il cambiamento, in qualsivoglia ambito professionale, aziendale o della pubblica amministrazione, mette in moto soprattutto l’acquisizione di competenze nuove, più che la meccanica trasmissione di nuove conoscenze e informazioni. Per questo l’impresa/organizzazione deve essere consapevole che ogni cambiamento implica una “discontinuità” rispetto al passato ed è per questo che è fondamentale creare un “ambiente” che ne riduca l’impatto.

Regime fiscale di vantaggio

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D: Un contribuente di anni 35 apre la partita iva il 20/12/2013, il 30/12/2013 acquista, con atto notarile, un’attività commerciale con decorrenza 01/01/2014 (così è stabilito nell’atto). Non potendo optare per il regime fiscale di vantaggio, in quanto l’attività acquistata è iniziata a giugno 2013 ed ha conseguito ricavi maggiori ad € 20.000,00; premesso il valore dell’attività acquistata è pari ad € 5.500,00, che per il locale si paga un fitto pari ad € 250,00 mensili; si chiede se per l’anno 2014 non si dovessero superano ricavi per € 30.000,00, dal 2015 il contribuente può avvalersi del regime fiscale di vantaggio? Se sì per quanto tempo?

R: Dal quesito, sembra di capire che il contribuente abbia iniziato l’attività senza optare per il regime dei c.d. superminimi previsto dall’art. 27, commi 1 e 2 del D.L. n. 98/2011, rimanendo così nel regime ordinario. Chi ha iniziato l’attività successivamente al 2008 può accedere al regime fiscale di vantaggio appena citato anche se, in precedenza, abbia adottato altri regimi. Tuttavia, nel caso in cui abbia optato per la contabilità ordinaria, deve rispettare il vincolo triennale di applicazione (Provvedimento Direttoriale n. 185820/2011, punto 2.3, reperibile su http://www.agenziaentrate.gov.it). Pertanto, se il contribuente, nel 2013, ha adottato la contabilità ordinaria, dovrà rimanere in questo regime per tre anni prima di poter accedere a quello dei superminimi (e, comunque, potrà rimanere in tale ultimo regime per i periodi di imposta residui al completamento del quinquennio, da computarsi a partire dalla data di effettivo inizio dell’attività).

Tari-Tasi, bollettini a casa addio, gli importi te li dovrai calcolare da te

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Tari-Tasi, bollettini a casa addio, gli importi te li dovrai calcolare da te. Nella girandola di provvedimenti fiscali per il pagamento delle tasse sulla casa (Iuc è l’ultimo acronimo, comprensivo di Imu, Tasi e Tari, servizi e rifiuti) e la relativa complicazione a danno dei contribuenti quanto a scadenze, importi, aliquote comunali, si poteva contare almeno su un punto fermo, normato ai sensi della legge: il bollettino pre-compilato inviato a casa dai Comuni.
In sede di attuazione del decreto anche questa certezza è evaporata: sta alla discrezionalità dei sindaci approfittare del contributo di Poste nel fornire bollettini già compilati. Questo significa che una quota significativa di Comuni non lo farà perché non dispone di tutte le informazioni necessarie. Gli importi, in questo caso, li dovremo calcolare da soli.

Il comma 689 della Legge di Stabilità prevede (a questo punto solo in teoria) modalità vincolanti per il versamento della imposta unica comunale (Iuc): obiettivo di fondo è la semplificazione degli obblighi fiscali, in particolare con “l’invio di modelli di pagamento preventivamente compilati da parte degli enti impositori”.
Nella bozza di decreto attuativo preparato dal ministero dell’Economia e dall’Agenzia delle Entrate, relativo al bollettino di conto corrente postale, si legge invece che “il Comune può richiedere a Poste Italiane l’integrazione dei bollettini di conto corrente postale prestampando l’importo del tributo”. Il diavolo sta nei dettagli e un “può chiedere” al posto di “chiede” cambia le carte in tavola, con buona pace dei diritti del contribuente.

La “repubblica” degli scimpanzé: costruiscono tane a terra e utensili

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Tane costruite in terra, utensili e caccia ai leopardi. Non si tratta di un nuovo ominide vissuto anni fa, ma della “repubblica” degli scimpanzé scoperta nella foresta del Congo dai ricercatori del Max Planck Institute di Lipsia. Nessun contatto con l’uomo per queste scimmie che vivono nella foresta incontaminata dell‘Africa, una razza mai osservata prima.
Enrico Franceschini su La Repubblica spiega:

“Una leggenda delle tribù indigene delle aree più vicine sosteneva che fossero scimmie giganti che uccidono i leoni e ululano alla luna. Ora la prima spedizione scientifica che si è avventurata nella zona ha scoperto la verità dietro il mito: sono primati insolitamente alti e robusti per la famiglia degli scimpanzé, che danno la caccia ai leopardi, fanno tane a terra anziché sugli alberi, mettono i maschi più forti a fare la guardia attorno al proprio accampamento per difendersi dall’assalto di bestie feroci, insegnano ai piccoli a usare utensili rudimentali per scacciare gli insetti e sono golosi di lumache, di cui rompono il guscio spaccandolo sulle rocce”.
Questi scimpanzé particolarmente evoluti e intelligenti sono stati studiati dai ricercatori tedeschi e inglesi del Max Plank Institute di Lipsia guidati dal primatologo Cleve Hicks dal 2007 e i loro risultati sono stati pubblicati sulla rivista Biological Conservation. Gli scienziati hanno percorso centinaia di chilometri nella foresta africana per piazzare telecamere e recuperarle, così da osservare le scimmie nella loro quotidianità.
Nonostante la popolazione di scimpanzé in Africa sia stata decimata dall’uomo, passando da milioni di esemplari a poche centinaia di migliaia, la comunità di Bili-Uele è incontaminata e rara:
“Nel profondo di quella foresta, gli scimpanzé hanno potuto evolversi per milioni di anni come se davvero abitassero su un altro pianeta: così sono scesi dagli alberi, sono cresciuti di statura, hanno iniziato a usare bastoni, a cacciare e difendersi in gruppo, insomma a usare sempre di più il cervello. Ora, avvertono gli scienziati che li hanno scoperti, il rischio è che l’area sia invasa progressivamente dall’uomo, che li caccia, li cattura e li stermina, sebbene siano ufficialmente una specie protetta”.

Vaticano: Chiesa “povera” di Papa Francesco, milioni in consulenti americani

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La Chiesa povera di Papa Francesco spende milioni e milioni di euro in consulenze, avvalendosi del meglio e certamente del più costoso che c’è disponibile al mondo:
McKinsey, Promontory, Ernst & Young, KPMG, Pricewaterhouse, Coopers, Deloitte.

A quanto ammonterà il conto nessuno lo sa, perché, scrive Sandro Magister nel suo blog “Settimo Cielo” e nel sito Chiesa.it,
“a dispetto della decantata trasparenza nulla si sa dei costi di questi aiuti esterni, costi che si presumono ingenti, in particolare quelli a carico dello IOR”
che, come non bastasse il nuovo carico di consulenti,
“ha dovuto coprire con 3,6 milioni di euro una parte del debito di 28,3 milioni, della giornata mondiale della gioventù di Rio de Janeiro; e con una decina di milioni di euro ha dovuto colmare metà della voragine lasciata nella diocesi di Terni dal suo ex vescovo Vincenzo Paglia, attuale presidente del pontificio consiglio per la famiglia”.
Per quanto riguarda il solo contratto con Promontory, il presidente dello IOR Ernst von Freyberg ha comunque detto al “Financial Times” che il costo è “well above seven digits”, ben sopra le sette cifre, cioè da 10 milioni di euro in su.
“ Sarà pure “povera e per i poveri” la Chiesa sognata da papa Francesco. Intanto però il Vaticano sta diventando il Paese di Bengodi delle più pregiate e costose fabbriche al mondo di sistemi organizzativi e finanziari”,
ha notato Sandro Magister il 17 gennaio su Chiesa.it.
Anche in altri due post su Settimo Cielo Sandro Magister affronta alcuni aspetti della riforma vaticana e non lo fa da acritico propalatore di retorica altrui ma da giornalista che da decenni segue gli intimi e a volte sconnessi percorsi della Chiesa.
Commentando l’intervista,
”la prima ad ampio raggio, data dal segretario di Stato vaticano Pietro Parolin a Stefania Falasca, su “Avvenire” di domenica 9 febbraio”
Sandro Magister nota un “intenzionale” silenzio nella risposta di Parolin quando l’intervistatrice gli chiede, a proposito della riforma della curia:
“Un ruolo rilevante sembra essere stato assunto dalle commissioni che hanno interpellato anche società di consulenza esterne. A quali criteri risponde e a quali obiettivi mira il contributo di questi organismi?”.
La risposta di Parolin, riporta Sandro Magister, è la seguente:
“Le commissioni sono due:
1. la pontificia commissione referente di studio e di indirizzo sull’organizzazione della struttura economico-amministrativa della Santa Sede [a cui appartiene la strana coppia composta da mons. Lucio Vallejo Balda e da Francesca Immacolata Chaouqui],
2. la pontificia commissione referente sull’Istituto per le Opere di Religione.
I loro ruoli e le loro funzioni sono quelli definiti a suo tempo nel documento con cui sono state istituite. Da parte mia, rilevo che tali commissioni hanno un mandato limitato nel tempo e un carattere ‘referente’, cioè la loro finalità consiste nel sottoporre al papa e al consiglio degli otto cardinali suggerimenti e proposte nell’ambito della loro competenza”.
Annota Sandro Magister:
“Stop. Poche parole gelide, se non per ricordare che le due commissioni sono a tempo limitato e sono puramente “referenti”.
“E silenzio assoluto, a dispetto della domanda, sulle “società di consulenza esterne” tipo Promontory, McKinsey, Ernst & Young, KPMG, Deloitte, PricewaterhouseCoopers, che in effetti sono uno degli aspetti più sconcertanti e costosi di questa fase di riassetto della curia romana”.
Suona strano che la Chiesa, dopo duemila anni, senta il bisogno di ricorrere a dei consulenti al di fuori dello Spirito Santo. Le società di consulenza prosperano nel grande mondo delle aziende, per una serie di ragioni: sono il braccio secolare dei capi azienda che vogliono imporre cambiamenti attribuendone l’origine a consiglieri esterni, autonomi e indipendenti; sono utilizzate da dirigenti che non si fidano dei loro sottoposti per lavori di analisi della struttura; i dirigenti capaci in realtà diffidano delle società di consulenza, che raramente conoscono il tema, sfruttano il know how aziendale e poi fatturano salate idee che un buon capo azienda dovrebbe elaborare da solo.
Ma le società di consulenza, da cui sono usciti personaggi di indubbio valore come Vittorio Colao, Corrado Passera, Alessandro Profumo, costituiscono anche un network potentissimo per il collocamento e il riciclo dei manager.
Ci furono dirigenti di livello intermedio che cercarono di sfruttare i risultati di un consulente per denigrare il loro diretto superiore e poi, forti del credito acquisito, cercarono anche di farsi aiutare nella ricerca di posti migliori.
Tutto questo non c’è negli articoli di Sandro Magister, ma c’è lo stupore per il potenziale rischio di conflitto di interesse in cui potrebbe dibattersi Francesca Immacolata Chaouqui, che della Ernst&Young è addetta alle relazioni esterne e è anche componente della commissione che si avvale di quella consulenza. Ma si sa che le vie del Signore sono infinite.
Già il 31 gennaio Sandro Magister aveva già toccato il tema delle consulenze milionarie, scrivendo:
“Le quattro maggiori società al mondo di revisione di bilancio e di consulenza legale e fiscale sono nell’ordine la PricewaterhouseCoopers (PwC), la Ernst & Young, la Deloitte e la KPMG.
“Fino a ieri il Vaticano aveva chiamato in soccorso due di esse, la Ernst & Young e la KPMG, incaricate la prima di ammodernare le attività economiche e di gestione del governatorato e la seconda di allineare agli standard internazionali la contabilità di tutti gli istituti ed uffici con sede entro le mura leonine.
A queste si deve aggiungere la McKinsey che ha
“l’incarico di sfornare “un piano integrato per rendere l’organizzazione dei mezzi di comunicazione della Santa Sede maggiormente funzionale, efficace e moderna”. Quanto basta per seminare il panico tra gli addetti ai lavori, che negli ultimi tempi in Vaticano non sono diminuiti ma aumentati, in un crescendo di confusione”.
Poi c’è il Promontory Financial Group,
“con sede centrale a Washington. Da maggio, una dozzina di suoi operatori si sono installati nei locali dello IOR e passano al setaccio ad uno ad uno i conti dell’istituto, in caccia di operazioni illecite. Altrettanto fanno con i conti dell’APSA, l’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica.
Non solo. Dirigenti di spicco di Promontory fanno parte ormai in pianta stabile del vertice dello IOR. Era di Promontory Rodolfo Marranci, il nuovo direttore generale della “banca” vaticana. E sono divenuti senior adviser dello IOR Elizabeth McCaul e Raffaele Cosimo, capi rispettivamente delle sedi di New York e per l’Europa di Promontory. Da oltre Atlantico viene anche Antonio Montaresi, chiamato a dirigere l’ufficio rischi, un ruolo che nello IOR prima non esisteva”.
“Dal 31 gennaio il Vaticano ha scritturato scritturato altre due società.
“Alla PricewaterhouseCoopers ha affidato la “due diligence” dei processi economici, amministrativi e gestionali dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.
“Alla Deloitte – già di casa in Vaticano fino al 2011 come revisore dei conti dello IOR – ha dato mandato per la “due diligence” della Fondazione Casa Sollievo della Sofferenza, l’ospedale fondato da padre Pio.
“Per entrambe le società l’obiettivo è di “migliorare i modelli di gestione e garantire trasparenza ed efficienza”.
“La PwC e la Deloitte sono state scelte tra altre società con procedura di gara, su iniziativa della pontificia commissione referente di studio e di indirizzo sull’organizzazione della struttura economica ed amministrativa della Santa Sede, la commissione di cui è segretario e factotum il sacerdote dell’Opus Dei Lucio Vallejo Balda e di cui fa parte l’ineffabile Francesca Immacolata Chaouqui, che è anche addetta stampa della Ernst & Young”.
Nell’articolo del 17 gennaio, Chiesa.it aveva descritto il turbinio di riorganizzazione che agita il Vaticano e il dilagare in Vaticano delle grandi società di consulenza finanziaria e gestionale:
“La curia di Francesco, paradiso della multinazionali“:
“A padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa e portavoce ufficiale, è stato aggiunto un “senior communications adviser” nella persona del giornalista americano Greg Burke, membro dell’Opus Dei, con un ufficio in segreteria di Stato.
Per non dire dei due addetti stampa che il presidente dell’Istituto per le Opere di Religione, Ior, Ernst von Freyberg, si è portato a Roma la scorsa primavera dalla sua Germania, Max Hohenberg e Markus Wieser, entrambi della Communications & Network Consulting.
Poi c’è la Radio Vaticana diretta dallo stesso Lombardi, con 30 milioni di dollari di passivo annuo e con tanti giornalisti quanti ne servivano una volta per trasmettere in onde corte nelle lingue e nelle regioni più remote del globo, ma ora in sovrannumero.
C’è “L’Osservatore Romano”, altra voragine di costi con le poche migliaia di copie giornaliere della sua edizione principale.
C’è il Centro Televisivo Vaticano, che fa buoni incassi grazie all’esclusiva mondiale delle immagini del papa ma deve fronteggiare spese proibitive con la Sony e altre grandi firme per la modernizzazione delle tecnologie.
E poi ancora c’è il pontificio consiglio per le comunicazioni sociali, un carrozzone burocratico che avrebbe dovuto fare lui il lavoro ora affidato alla McKinsey, ma evidentemente non ne è stato ritenuto capace.
[…]
Un’analoga moltiplicazione dei ruoli e del personale interessa in Vaticano anche l’Autorità di Informazione Finanziaria, creata alla fine del 2010 da Benedetto XVI, oggi diretta dallo svizzero René Brülhart, costosa star internazionale in materia, e prossima a raddoppiare il suo staff.
A certificare i bilanci dello IOR c’è la Ernst & Young, alla quale il Vaticano ha ora affidato anche la verifica e l’ammodernamento delle attività economiche e della gestione del governatorato del piccolo Stato.
E a un’altra blasonata multinazionale, la KPMG, è stato chiesto di allineare agli standard internazionali la contabilità di tutti gli istituti ed uffici con sede nella Città del Vaticano”.

Addio Shirley Temple, la baby star più famosa è morta a 85 anni

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Shirley Temple è morta all’età di 85 anni il 10 febbraio 2014 a Woodside, negli Stati Uniti. La notizia è stata diffusa dalla famiglia: “Le rendiamo omaggio per una vita di notevoli successi come attrice, come diplomatica e come nostra amata madre, nonna e bisnonna” ha dichiarato la famiglia in un comunicato pubblicato dalla Bbc, che per prima ha diffuso la notizia del decesso.
La Temple è stata la baby star più famosa di tutti i tempi. Attrice, ballerina e cantante ha iniziato la sua carriera nello spettacolo ad appena 3 anni. Tra le sue interpretazioni più note Riccioli d’oro (1935), Shirley Aviatrice (1936), Zoccoletti olandesi (1937) e Rondine senza nido (1938).
Nata a Santa Monica, Los Angeles, la sua carriera di fronte alla telecamera iniziò all’età di soli cinque anni quando Charles Lamont, direttore della Educational Pictures, la scelse durante una visita nella sua scuola.
Il suo viso d’angelo e il suo sorriso le spalancarono presto le porte del grande cinema e film come “La mascotte all’aeroporto” (1934), pellicola che le valse una sorta di Oscar giovanile, riconoscimento “inventato” appositamente per lei, “Heidi” (1934), “Riccioli d’oro” (1935), film che le diede poi il soprannome conosciuto in tutto il mondo. Tutto le riusciva facile.
Sul grande schermo impersonò con straordinaria efficacia personaggi di bambine dolci e leziose e però dotate anche di una sensibilità e di una saggezza davvero impressionanti per la loro età. E ancora Shirley Aviatrice (1936), Zoccoletti olandesi (1937), Rondine senza nido (1938), La piccola principessa (1939). Da adulta si è dedicata alla carriera di ambasciatrice, usando il nome da sposata, Shirley Temple Black.

Epatite C: guarisce al 100% in 12 settimane, 1.000 dollari a pillola

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Guarire definitivamente dall’epatite C in tre mesi. E’ possibile, ma costa 84mila dollari, mille dollari a pillola. Tanto costa il Sofosbuvir di Gilead Sciences, farmaco attivo contro il virus l’Hcv (cioè il virus dell’epatite C) genotipo 2. Ed è solo uno dei quattro super-medicinali messi a punto dalla ricerca americana contro l’epatite, pericolosa non solo in se stessa, ma anche, soprattutto, perché spesso sfocia in cirrosi epatica o tumore: i quattro sono Sofosbuvir di Gilead Sciences, Faldaprevir di Boehringer Ingelheim, Daclatasvir di Bristol-Myers Squibb, “3D” di AbbVie.
I quattro farmaci, scrive Arnaldo D’Amico su Repubblica, verranno messi in commercio nei prossimi mesi. Sono tutti cosiddetti “inibitori della proteasi di seconda generazione”, agiscono rapidamente e con più efficacia rispetto ai farmaci precedenti, il tasso di guarigione può arrivare anche al 100%, a seconda del tipo di malato, del ceppo virale e della precocità della terapia. La somministrazione non dura più diversi anni ma solo tre mesi, e avviene per bocca, non più per endovena.

Peccato solo per i costi, anche se, ricorda D’Amico, quelli per curare cancro o cirrosi sono ovviamente più elevati. Per non parlare del trapianto di fegato.
I nuovi farmaci sono arrivati grazie alla ricerca per combattere l’Aids: il virus dell’Hiv è molto simile a quello dell’Hcv, con bersagli molecolari simili. Con la differenza che quello dell’Hcv se colpito muore.
Come per l’Aids, però, anche per l’epatite il rischio è che si riproponga il problema delle diseguaglianze tra ricchi e poveri per l’accesso alle cure, considerati i costi.

Lotteria anti-evasione a Lisbona: “Porta gli scontrini, ti regaliamo un’auto”

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Lotteria anti-evasione in Portogallo: con gli scontrini si può vincere una delle 60 auto di lusso in palio. E’ l’idea di Lisbona per frenare l‘evasione fiscale. Per la verità un’idea già usata in Cina, Taiwan, Brasile, Colombia, Puerto Rico, Argentina e Slovacchia.
Da aprile in Portogallo chi andrà dal parrucchiere o al bar, al ristorante o in cartoleria, sarà incentivato a chiedere lo scontrino, visto il premio in palio.

L’obiettivo di queste lotterie, spiega il Financial Times, è di ottenere l’aiuto dei cittadini nella lotta all’evasione fiscale e alla concorrenza sleale, oltre che nel far riaffiorare l’economia sommersa, che riguarda quasi un quinto della produzione totale del Paese.
Per Paulo Nuncio, segretario di Stato per gli affari fiscali, in questo modo aumenteranno del 50% gli acquisti dichiarati, portando 2 miliardi di guadagni in più a conoscenza del Fisco.
Il governo è stato però anche criticato da chi ritiene indegno di un Paese democratico affidare le sorti del gettito a una lotteria. E potrebbe anche essere inutile: quando un idraulico o un elettricista non rilascia ricevuta fiscale anche il cliente risparmia sull‘Iva (aumentata al 23%). Con i soldi risparmiati può permettersi anche più di un biglietto di una normale lotteria.