24 Settembre 2024, martedì
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Le fabbriche? Negli Usa

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Il presidente della Foxconn spera di poter ridimensionare il suo ruolo all’interno dell’azienda. Terry Gou, presidente della Foxconn, ha trascorso l’ultima mattinata di celebrazioni per il nuovo anno lunare pregando per la prosperità in affari con bastoncini di incenso tenuti sopra un banchetto di frutta e altre offerte.
Questo è in parte il motivo per cui lo scorso venerdì il capo della più grande azienda produttrice di componenti elettrici ed elettronici è apparso più contemplativo del solito durante le tre ore di conferenza stampa sul futuro della sua azienda, improvvisata all’interno di un magazzino.

Gou ha delineato i prossimi interventi mirati all’espansione negli Stati Uniti e alla produzione di televisori da 120 pollici. Ha inoltre parlato della speranza di scorporare il suo enorme impero di elettronica e passare quindi il comando a leader più giovani di lui. Ha affermato infatti che le sue aspirazioni si sono spinte ben oltre la produzione di apparecchiature, e adesso comprendono anche l’aiuto a giovani imprenditori di Taiwan per la creazione di posti di lavoro di alto valore.

«Credo di poter essere attivo ancora per un decennio, ma anche se sarà così mi voglio occupare d’altro», ha affermato il presidente sessantatreenne, e ha aggiunto che non si ritirerà ma dedicherà più tempo alla ricerca medica e ai servizi pubblici. «Sto cercando di limitare l’importanza di Terry Gou alla Foxconn».

A riprova di ciò ha chiesto a vari dirigenti, tutti in abito blu scuro e giacca della Foxconn come lui, di intervenire uno alla volta, anche se poi li ha interrotti spesso. La conferenza stampa è stata particolare sotto molti punti di vista, tenuta nel magazzino non riscaldato e con le pareti di metallo corrugato che ospitava la fiera annuale di scienza interna all’azienda, in cui i vari dipartimenti hanno esposto i loro migliori prodotti, come un’ingegnosa motocicletta smart che invia i dati di guida e percorrenza al cloud e un ricaricatore senza fili di smartphone, pronti per essere lanciati a breve nel mercato di Taiwan dai clienti di Foxconn secondo quanto affermano gli stessi dirigenti.

Ma l’esposizione di apparecchi tecnologici all’avanguardia, tenuta in un freddo magazzino, è perfetta per la Foxconn, azienda ancora considerata relativamente a basso profitto ma con enormi ambizioni.

Occupandosi soprattutto della produzione di iPhone e di altri dispositivi per i colossi Usa e asiatici, la Foxconn si è ingrandita in maniera considerevole e ora spazia dalla telefonia al software. L’azienda è anche sempre più decisa ad aprire stabilimenti altamente automatizzati non in Cina, ma gomito a gomito con gli stessi clienti della Foxconn. «Stiamo costruendo fabbriche negli Usa e in Indonesia perché vogliamo soddisfare i bisogni dei clienti che abbiamo là», ha affermato Gou. Il presidente ha anche affermato che la conversazione avvenuta lo scorso novembre con un rappresentante di SelectUsa, agenzia per la promozione di investimenti, lo ha spinto a investire negli Stati Uniti oltre allo stabilimento di Harrisburg Pennsylvania, già annunciato in precedenza. «Abbiamo grandi progetti negli Usa», ha affermato, «per esempio non è possibile fabbricare i nostri televisori da 120 pollici a Taiwan e poi spedirli in America, devono essere fabbricati in loco». Gou ha precedentemente detto che l’azienda sta studiando la possibilità di creare negli Stati Uniti uno stabilimento per la produzione di pannelli per maxischermi: la Foxconn darà avvio alla sua produzione di massa di televisori da 120 pollici per conto di Vizio nell’ultimo trimestre di quest’anno, anche se non è stato specificato dove. Gou ha anche detto di essere convinto che un forte settore manifatturiero è un sostegno fondamentale all’economia di un Paese. «La classe media americana sta scomparendo», ha affermato, «perché il settore manifatturiero non esiste più. Non sono d’accordo con gli economisti che dicono che un aumento del settore dei servizi è sempre meglio». Gou Ha poi aggiunto che quest’anno l’azienda è alla ricerca di 15 mila nuovi ingegneri a Taiwan: «Il problema è che non ne riusciamo a trovare così tanti».

L’internet provider si fa la sua nuvola

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Da internet service provider cittadino per Cremona a fornitore di servizi di telecomunicazioni e cloud a 360 gradi, andando a pescare clienti in tutto il sud della Lombardia. È il percorso che in parte ha già compiuto e in parte sta compiendo Linea Com, società tlc del gruppo Lgh, multiutility costituita dalle aziende municipalizzate di Cremona, Pavia, Lodi, Rovato e Crema.
Linea Com nel tempo ha potenziato il proprio datacenter di Cremona rendendolo capace di offrire servizi di backup su piattaforma cloud grazie a nuove soluzioni storage di Emc, mentre usa un altro datacenter a Milano per il disaster recovery. C’è da dire che Linea Com è il risultato della fusione, avvenuta lo scorso mese, fra due aziende del gruppo Lgh: la ex Aemcom, a cui in particolare si fa riferimento in questo articolo, e la Linea Com originaria, un’azienda più piccola della precedente e concentrata soprattutto sui servizi alla pubblica amministrazione operante nei comuni della Franciacorta e di Pavia, mentre Aemcom si è dedicata anche alle imprese e ai consumatori finali.

Linea Com-Aemcom ha una rete in fibra da 220 chilometri a Cremona e 35 chilometri nell’hinterland, che permettono di servire gli attuali 5,5 mila clienti con questa tecnologia arrivando a casa degli utenti. Poi c’è la copertura wireless di 115 comuni della provincia con sistema Hyperlink 2. Al momento i servizi cloud sono offerti ai clienti raggiunti da connessione in fibra, ma l’azienda sta lavorando per poter ampliare anche agli altri l’accesso alla nuvola.

«L’interesse dei nostri clienti nelle tecnologie legate al cloud ci ha spinto a implementare servizi di questo tipo», ha raccontato Cesare Bagarelli, responsabile area tecnica di Linea Com, «per centralizzare il backup o altro nel data center. Il vantaggio che abbiamo rispetto a fornitori di connettività più grossi di noi è la vicinanza ai nostri clienti e la capacità di banda su fibra. Abbiamo quindi investito sul datacenter, nello storage e su tutto quel mondo di servizi legati all’evoluzione del backup che portano al disaster recovery». In questo progetto Linea Com è stata aiutata da Sinergy, partner di Emc, e oggi si trova a operare con il datacenter primario di Cremona e con quello di disaster recovery a Milano (di proprietà di Infracom, che ha una piccola quota nella società), collegati in fibra ad alta velocità ed entrambi dotati di ambiente virtualizzato VMware. Lo storage è quello di nuova generazione Emc Vnx, mentre il software per il disaster recovery utilizzato è Emc RecoverPoint.

«Che si parli di grandi provider o di realtà più piccole», ha spiegato Sandro Martini, account manager di Synergy, «ormai i temi sono sempre gli stessi: affidabilità e continuità di servizio. Nel caso di Linea Com, un mercato locale ha sicuramente sue peculiarità, cambiano le dimensioni ma la tecnologia di base è sempre quella e Emc ci ha dato la garanzia di avere un unico vendor per tutti gli aspetti».

«Restiamo principalmente un internet service provider», ha specificato Bagarelli, «ma ci siamo evoluti». Per altro l’anno scorso l’ormai ex Aemcom ha realizzato un anello di fibra ottica di oltre 400 chilometri per collegare ad alta velocità i territori di Cremona, Crema, Brescia, Lodi, Pavia, Milano e Rovato, e proprio a Pavia e Rovato il neonato gruppo possiede altri due datacenter.

La soluzione di Emc per il back up adottata da Linea Com è Avamar, che ha la particolarità di deduplicare i dati, evitando quindi di conservare copie identiche degli stessi file collocati in posizioni differenti. In questo modo, si possono fare backup quotidiani riducendo drasticamente l’utilizzo della banda. Dal momento che la soluzione si installa anche sull’hardware del cliente, si può optare per effettuare l’operazione di deduplica direttamente alla fonte.

Pc in calo in Europa, ma diminuiscono la caduta

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Le vendite di pc in Europa occidentale sono diminuite del 4,4% nel quarto trimestre del 2013 su base annua a 14,7 milioni di unità secondo i dati elaborati dalla società di ricerca Gartner. Il calo ha interessato tutti i segmenti, sebbene con valori sensibilmente differenti: i pc portatili sono infatti diminuiti del 6,5% mentre quelli desktop hanno limitato la flessione allo 0,3%. Differenze sostanziali anche tra il segmento consumer, crollato del 7% proprio nella stagione natalizia tradizionalmente favorevole, e quello business, sceso solo dell’1,7%. «Le consegne di pc tradizionali (desktop e pc portatili) nel 2013 sono diminuite del 14% ma il tasso di declino è diminuito in tutte le aree geografiche, il che potrebbe indicare che l’impatto della cannibalizzazione da parte dei tablet sta perdendo forza», ha affermato Meike Escherich, principal research analyst di Gartner, «inoltre, esiste un gran numero di pc professionali in cui è ancora in uso Windows, e il mercato corporate ha quindi evidenziato un ruolo più dinamico rispetto a quello consumer». HP ha mantenuto la leadership davanti a Lenovo e Asus, che hanno rafforzato le loro posizioni nel mercato dei pc a spese di Samsung e Toshiba. Molto combattuta la battaglia per il quinto posto, con Apple e Dell molto vicini in termini di volume sebbene i Mac abbiano vinto la quinta posizione grazie a una crescita a doppia cifra favorita dalle festività natalizie.

Startup innovative? Renzi rottami la burocrazia

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Se si desidera capire perché il Pil italiano è incatenato alla decrescita e, soprattutto, perché la rottamazione della cultura burocratico-leguleia della pubblica amministrazione debba essere rottamata senza se e senza ma, basta provare a costituire una startup innovativa. Chi si illude che tutto possa filare liscio come negli Usa o a Londra, con una semplice visita a uno studio professionale, è destinato a un brusco risveglio al ritorno alla realtà del Belpaese, fatta di codicilli e adempimenti à gogo.

Ecco quello che devono fare due giovani imprenditori solo per aprire una startup innovativa. Prenotare un notaio, dopo aver concordato con lui oggetto sociale e statuto della startup, che devono essere speciali, e recarsi al suo studio per la costituzione della società. Almeno 1.500 euro, oltre a tanto tempo prezioso, sono già andati in fumo. Per iscrivere, o meglio perché il notaio possa iscriverla alla sezione speciale della camera di commercio competente, servono la posta elettronica certificata e la firma digitale del rappresentante legale che vanno, quindi, comprate. Poi va compilato un questionario dove vanno indicati brevetti eventualmente posseduti, quanta ricerca è stata già fatta, i curricula dei soci e molto altro ancora. Contestualmente la startup deve ottenere la partita Iva ed essere registrata a Inps e Inail (non era più semplice esentarle per il primo biennio?), che solitamente fanno perdere tempo. L’Inps, in un caso da me seguito, ha bloccato la pratica di iscrizione per quasi due mesi perché, a suo dire, il rappresentante legale che risultava dall’atto pubblico notarile non era lo stesso che poteva procedere con la richiesta di iscrizione, ma non chiariva chi poteva firmare secondo l’esegesi degli uffici.

Insomma, burocrazia folle e inutile che rende illogicamente costoso e lungo il processo di costituzione di una startup innovativa. Il tutto andrebbe fatto in pochi minuti e a costo zero, invece la cultura italica fatta di bolli, registri, depositi è riuscita a intrappolare anche l’idea di voler creare con le startup innovative una forma societaria nuova e snella al servizio dell’innovazione giovanile.

Ma l’esempio della burocratizzazione del processo di creazione di una startup deve servire anche a capire come la vera priorità oggi sia la rottamazione di una cultura amministrativa che non è in alcun modo al passo con la globalizzazione e le sollecitazioni dell’eurozona. Il nuovo premier, Matteo Renzi, ha promesso fin dalla sua prima apparizione sulla scena politica nazionale di voler rottamare il passato. Il consiglio è quello di concentrare le energie nella rottamazione della pubblica amministrazione, soprattutto se davvero si vuole che l’Italia possa avere tante nuove startup competitive.

Artrosi, tutta colpa dell’accumulo di zinco nelle cartilagini. Scoperta la cura

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Artrosi? Tutta colpa dello zinco che si accumula nelle cartilagini. Con la scoperta fatta da un team di ricercatori coreani del Gwangju Institute of Science and Technology, presto arriverà anche la cura che debellerà definitivamente la malattia.
Lo zinco, introdotto attraverso l’alimentazione, è un metallo il cui accumulo può causare dolori articolari e arrivare a distruggere la cartilagine fini a compromettere la funzionalità delle ossa. L’equipè coreana, coordinata da Jang-Soo Chun, ha scoperto che la cartilagine viene attaccata da enzimi prodotti dalla stessa cartilagine in un processo distruttivo che culmina con l’interazione con lo zinco.

In particolare una proteina chiamata Zip8 sarebbe causa dell’accumulo di zinco nelle cellule che compongono la membrana della cartilagine. Lo zinco, a sua volta, attiva la Mft1 (metal-regulatory transcription factor), un’altra proteina che causa l’aumento patologico degli enzimi responsabili della distruzione della cartilagine.
Finora per curare l’artrosi si interveniva principalmente con analgesici e terapie del dolore, in grado di tenere a bada le infiammazioni ma non di risolvere il problema.
La nuova terapia farmacologica sulla quale il dottor Jang-Soo Chun sta lavorando sarà a a base di farmaci che agiscono sulla proteina Zip8. La malattia fortemente invalidante sarà finalmente debellata, mettendo alle sofferenze di milioni di persone: circa il 10% della popolazione adulta generale e il 50% delle persone che hanno superato i 60 anni.

Onu, inchiesta. Nordcorea colpevole di gravissimi crimini contro l’umanità

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La Corea del Nord si è resa colpevole di gravissimi crimini contro l’umanità, di ogni genere di violazioni dei diritti umani, fra cui il sequestro di persone e la tortura, fino allo sterminio e alla riduzione alla fame del proprio popolo. E’ questa la conclusione del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, che nell’arco di un anno ha condotto una lunga, dettagliata inchiesta che propone il deferimento di Pyongyang alla Corte Penale Internazionale (Cpi) dell’Aja. Il rapporto conclusivo sarà pubblicato lunedi a Ginevra, ma alcuni media, fra cui il quotidiano britannico Guardian, hanno ottenuto delle anticipazioni.
L’inchiesta, condotta da un’apposita commissione di tre persone presieduta dal giudice australiano in pensione Michael Kirby, denuncia che dalle “dolorose” e spesso “commosse” audizioni pubbliche di testimoni tenute a Seul, Tokyo, Londra e Washington emergono “sufficienti elementi da giustificare un’indagine criminale da parte di un organo di giustizia competente nazionale o internazionale”. Le testimonianze sono state rese dalle persone che sono riuscite a fuggire all’estero. E ce ne sono di agghiaccianti, come quella di una madre costretta ad annegare il suo bimbo appena nato o di celle con soffitti alti 50 centimetri.

“Ci sono elementi oggettivi incontestabili, per esempio che in Corea del Nord un terzo dei bambini fino a 5 anni d’età cresce con malformazioni” a causa della malnutrizione”, dice il giudice Kirby al Guardian. Vengono inoltre citati diversi casi di cittadini giapponesi o sudcoreani rapiti. La commissione era chiamata a decidere se i vertici politici di Pyongyang, compreso il leader Kim Jong-un, fossero perseguibili dalla Cpi. Non essendo la Corea del Nord firmataria del trattato che istituì la Corte dell’Aja, il giudice Kirby aveva già fatto presente che il Consiglio di sicurezza dell’Onu potrebbe estendere la giurisdizione del tribunale in alcuni casi eccezionali.
Un’opzione, questa, che tuttavia s’infrangerebbe quasi certamente contro il veto della Cina, alleato storico del regime comunista di Pyongyang. Pechino – ricorda il Guardian – mantiene inoltre fede alla sua politica di rispedire in patria i transfughi nordcoreani: un aspetto che secondo la commissione – citata dal Guardian – potrebbe esporre la stessa Cina a una possibile citazione. Per velleitarie che possano apparire le raccomandazioni finali, per lo meno l’inchiesta potrà riportare i riflettori sulle violazioni dei diritti umani e la natura crudelmente dittatoriale di un Paese isolato e chiuso, che pure ha lanciato in questi giorni i primi segni di distensione da anni con la Corea del Sud.
Kirby di recente ha lamentato come negli ultimi tempi a prevalere siano le piccole curiosità divulgate sulla vita privata di Kim Jong-un, o del compleanno del defunto padre, Kim Jong-il, che cade domenica. Oppure la discussa visita della star del basket Nba Dennis Rodman, nei giorni in cui il mondo rabbrividiva per la notizia che Kim aveva fatto giustiziare lo zio, accusato di complotto, e tutti i suoi familiari. Secondo notizie filtrate da Seul, sarebbero stati fatti divorare vivi da cani affamati.

Maria Musitano ritrovata cadavere nel congelatore. Il figlio: “Volevo pensione”

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L’hanno trovata nel congelatore della sua casa a Delianuova, in provincia di Reggio Calabria. L’anziana, Maria Musitano, aveva 94 anni: a fare la macabra scoperta sono stati i carabinieri intervenuti in seguito ad una segnalazione anonima. La donna viveva col figlio di 51 anni in una piccola abitazione situata nel centro storico. I vicini di casa non la vedevano da circa un anno.
La donna sarebbe morta per cause naturali ed il figlio avrebbe nascosto il cadavere per continuare ad incassare la pensione. Almeno secondo il racconto riportato dallo stesso figlio agli inquirenti.

Fatti che troverebbero poi riscontro anche nelle prime ispezioni cadaveriche, effettuate da due medici legali dell’Università di Catanzaro. Secondo i primi rilievi infatti, nonostante il cadavere fosse completamente congelato, sul corpo non erano presenti segni di violenza. Ma sarà l’autopsia, disposta dalla Procura della Repubblica di Palmi, ad accertare le esatte cause della morte dell’anziana.
Al momento le ipotesi di reato per le quali si procede sono di occultamento di cadavere e truffa. Il corpo della donna è stato rimosso dal congelatore e portato nell’obitorio. I carabinieri stanno ultimando gli ultimi accertamenti all’interno dell’abitazione.
Il figlio, un artigiano di 51 anni, dopo il ritrovamento del cadavere è stato portato dai carabinieri in caserma per essere interrogato in modo da chiarire i contorni della vicenda. Altri due figli della vittima sono stati contattati, vivono uno al nord e l’altro sempre in provincia di Reggio Calabria.

Genova, parla clochard bastonato: “Coprivo mia moglie, loro picchiavano”

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“Io coprivo mia moglie Alice e loro picchiavano”, sempre più forte. Questo il ricordo di Bobak Yan, uno dei quattro senzatetto aggrediti a sprangate la notte del 25 gennaio a Genova. Al Corriere della Sera ricorda di quella notte in cui sono arrivati in silenzio, incappucciati e con le mani armate di tubi rubati in un cantiere poco distante. Hanno cominciato a picchiare e hanno massacrato due coppie di clochard. Un minuto di ultraviolenza immortalato nelle immagini shock delle telecamere di un negozio sotto i portici di piazza Piccapietra.
Bobak, badante per 5 anni a Taranto, da dicembre vive in strada a Genova con la moglie. Ora ha una placca di ferro in testa. “Non riconosco nessuno, non so, non capisco…”, dice riguardando le immagini pubblicate sul Corriere Mercantile. “So solo che io ero lì sotto con Alice e che fuori fra gli scatoloni c’erano mio cognato e sua moglie”.
Jonas, suo cognato, fa il mimo e suona la chitarra mentre la moglie raccoglie le offerte col cappello. Gli hanno spezzato la mano e forse non potrà più suonare: “È preoccupato perché ora non sa come guadagnarsi da vivere”, racconta ancora Bobak.
La procura indaga ma si inizia ad escludere la pista xenofoba. Ci sono alcuni iscritti al registro degli indagati con l’accusa di tentato omicidio. Sono italiani, uno con un precedente per ricettazione: sul profilo Facebook sventola la bandiera della Sampdoria. Gli investigatori stanno verificando il traffico telefonico e attendono i risultati del Dna su un passamontagna trovato vicino al luogo del pestaggio.
Il procuratore Michele Di Lecce spiega:
“Non sappiamo ancora esattamente quale sia stato il movente ma dagli elementi raccolti direi che si sta allontanando l’azione di un gruppo xenofobo”.
Bobak e Alice, Koloman e Susanna, vivono ora ospiti di una parrocchia del centro accuditi dai volontari di Sant’Egidio. Koloman e Susanna sono arrivati sei anni fa in Italia, con una chitarra e una maschera da mimo. Bobak e sua moglie avevano invece scelto Taranto, dove assistevano una persona anziana che poi è venuta a mancare. Hanno perciò dovuto raggiungere i parenti a Genova e adattarsi alla vita da senzatetto. Ma Bobak sogna ancora: “Vorrei fare l’agricoltore, avere una casetta, anche piccolina, e portarci Alice”.

 

Della Valle: “Elkann è un imbecille. Propongo referendum se tenerlo in Italia”

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“Quel poveretto di Jaki non perde mai tempo di ricordare agli italiani che è un imbecille”. Prosegue lo scontro a distanza tra il leader della Tod’s, Diego Della Valle e il presidente della Fiat, John Elkann. Della Valle intercettato a Firenze dai giornalisi, davanti a Palazzo Vecchio, ha commentato così le dichiarazioni di Elkann sui giovani italiani che “non hanno un lavoro perché stanno bene a casa“. “Dovremmo fare un referendum – ha detto Della Valle – e chiederci se lo vogliamo ancora in Italia”.
Della Valle si riferiva a quanto detto a Sondrio dal presidente della Fiat in un incontro con gli studenti delle scuole superiori:

”Il lavoro c’è ma i giovani non sono così determinati a cercarlo”. ”Se guardo a molte iniziative che ci sono, non vedo in loro la voglia di cogliere queste opportunità – aveva aggiunto – perché da un lato non c’è una situazione di bisogno oppure non c’è l’ambizione a fare certe cose”. Secondo Elkann ”ci sono tantissimi lavori nel settore alberghiero ma c’è tantissima domanda di lavoro ma c’è poca offerta perché i giovani o stanno bene a casa o non hanno ambizione”.
Tornando sull’argomento Diego Della Valle, a Firenze per assistere alla partita Fiorentina-Inter, ha ribaltato contro la Fiat il discorso sulla mancanza di lavoro per i giovani:
”John Elkann è uno che appartiene ad una famiglia che ha distrutto una quantità industriale di posti di lavoro e, di conseguenza, anche le speranze di molti giovani”.
Osservando anche che è ”una vergogna che uno degli Agnelli dica che oggi in Italia i giovani hanno i posti di lavoro”.
“Uno che si permette di dire che i ragazzi stanno a casa perché non hanno voglia di lavorare, perché il lavoro c’è, è un imbecille – ha continuato – lo tengano a casa, lo tengano un po’ a riposo, vada a sciare”.
Ma questo è solo l’ultimo capitolo di una guerra che va avanti da tempo. Nei giorni scorsi, la lite si era concentrata su Rcs. “Non posso pensare che Della Valle abbia preoccupazioni su Rcs, penso che la Tod’s lo preoccupi – aveva detto Elkann dopo le minacce di Della Valle di azioni legali sul gruppo del Corriere della Sera – La Tod’s va male, è giù del 20 da inizio anno. Rispetto ai suoi concorrenti Prada, Armani, Lvmh e Kering è un nano. Un’azienda di dimensioni piccole e non sta andando bene”.
Immediata la replica del numero uno della Tod’s con l’accusa nei confronti della Fiat di di essere scappata dall’Italia, perché ”chi si comporta così non merita nessun rispetto” e un invito sarcastico a visitare la propria azienda.
”Potrebbe anche rimanere per uno stage – ha detto -, visto che ha molto tempo libero, così potrà imparare cosa vuol dire lavorare per davvero”.

Fiom irrompe ad incontro di Susanna Camusso (Cgil): insulti e calci

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E’ ormai scontro plateale tra la Cgil di Susanna Camusso e la Fiom di Maurizio Landini. Plateale letteralmente: la segretaria generale è stata duramente contestata al Teatro Franco Parenti di Milano da alcuni esponenti del ramo metalmeccanico della Cgil. Sono volati insulti e spintoni, persino qualche calcio.
Giorgio Cremaschi, storico esponente della Fiom, ha fatto irruzione in sala insieme a una decina di altri esponenti della categoria.
“A questa assemblea non è stata invitata la Fiom, è un’assemblea assurda di coloro che sono per il sì”, ha detto Cremaschi, facendo riferimento all’accordo sulla rappresentanza. “Volevamo che un nostro delegato potesse formalmente intervenire e hanno reagito con la violenza fisica per cui presenteremo denuncia alla Procura della Repubblica”.
Ha detto ancora Cremaschi:
“Noi contestiamo l’accordo sulla rappresentanza e abbiamo presentato un volantino che ricorda che oggi è il trentesimo anniversario del decreto Craxi che abolì la scala mobile, riteniamo che l’accordo del 10 gennaio sia altrettanto grave. A questa assemblea non è stata invitata la Fiom ed è un’assemblea assurda di coloro che sono per il sì. Volevamo che un nostro delegato potesse formalmente intervenire, hanno reagito con violenza fisica per impedire le nostre richieste di intervento. Anche la Camusso è responsabile perché è venuta da noi, le abbiamo chiesto di intervenire ma non ha fatto nulla”.
A margine dell’incotrno la segretaria della Cgil ha provato a stemperare l’atmosfera:
”Io penso che non ci sia nessuna scissione né vicina né lontana. Non c’è mai stato il tema della scissione”. Secondo Susanna Camusso il gruppo che ha contestato non appartiene alla Fiom.