24 Settembre 2024, martedì
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Perugina mette in cassa integrazione 867 persone. E’ sciopero

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Cassa integrazione per tutti gli 867 dipendenti a tempo pieno della Perugina Nestlè di San Sisto, a Perugia, la fabbrica dei Baci. Questa la richiesta dell’azienda “unilateralmente” decisa e comunicata ai lavoratori che al termine delle assemblee di fabbrica hanno affidato ai sindacati un pacchetto di otto ore di sciopero, oltre alla proposta di contratti solidarietà, al posto della Cig.
Da subito, parte anche lo stato di agitazione permanente nello stabilimento perugino. Secondo fonti sindacali, la richiesta di cassa integrazione andrebbe da zero ore a una riduzione di orario, ma non è ancora chiara la sua distribuzione sull’organico. I sindacati non temono comunque al momento un blocco della produzione, ma “l’esame congiunto”, già richiesto all’azienda dalle organizzazioni, deve ancora cominciare.

La mancanza della “parte strategia” perché l’ammortizzatore “non sia fine a sé stesso” è ciò che preoccupa di più secondo Michele Greco, coordinatore della rsu della Perugina.
“Siamo consapevoli della gravità della crisi in essere – riferiscono, in una nota congiunta, Flai-Cgil, Fai-Cisl, Uila-Uil e rsu – ma siamo altrettanto consapevoli che i suoi effetti sono amplificati oltremodo dalla mancata reazione, attraverso scelte industriali coraggiose ed investimenti, da parte del management italiano. Per questo non riteniamo accettabile scaricare in modo superficiale le conseguenze di questa situazione esclusivamente sul salario dei lavoratori, attraverso l’utilizzo di un ammortizzatore passivo e difensivo quale è la cassa integrazione”.
Secondo sindacati e lavoratori, il contratto di solidarietà (applicato anche lo scorso anno), al contrario presuppone un accordo su un piano industriale “che deve dare una prospettiva seria”.
“L’atteggiamento di Nestlé e la mancanza di un guida forte a livello di direzione azienda – concludono i sindacati – non offrono al momento queste garanzie”.

Il presidente del Parmigiano in affari con il parmigiano tarocco?

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Il presidente del Parmigiano in affari con il parmigiano tarocco? Il presidente del Consorzio di Tutela del Parmigiano Reggiano, Giuseppe Alai (è anche presidente della Confcooperative di Reggio Emilia), intrattiene affari con un gruppo alimentare ungherese che intende produrre parmigiano tarocco, cioè surrogherà l’alta qualità garantita dallo storico marchio con un prodotto in similgrana. Una “tresca incredibile persino nella patria degli svergognati professionali: il Parmigiano Capo che sovvenziona il nemico intenzionato a distruggerlo” commenta Massimo Gramellini nel suo consueto corsivo de La Stampa.

Al di là degli accertamenti giudiziari, le giustificazioni addotte da Allai suonano ancora più inquietanti e riassumibili nel classico non sapevo e comunque se sapevo si trattava di operazioni finanziarie. Cioè non sapeva, come denuncia la Coldiretti, che

solo nell’ultimo anno le importazioni di formaggi similgrana dall’Ungheria hanno raggiunto ben 2,7 milioni di kg, pari al 10% del totale delle importazioni, e che proprio in Ungheria opera la Magyar, industria casearia di proprietà di una società italiana, a sua volta partecipata da Itaca Società Cooperativa, il cui presidente è stato fino all’inizio dell’anno scorso proprio Giuseppe Alai, presidente del Consorzio Parmigiano che si è dimesso dopo la denuncia di Coldiretti. (Coldiretti, Ansa)

Senza contare, a proposito di trasparenza ai vertici del Consorzio, il nuovo arresto del direttore del Consorzio del Parmigiano Reggiano, Riccardo Deserti. Quanto al presunto guadagno immediato ottenuto con una spregiudicata operazione finanziaria, Allai conferma l’autolesionismo di una certa “visione crepuscolare del capitalismo”, secondo la quale

i soldi non servono a nient’altro che a fare soldi. L’idea che servano a fare cose – e che queste cose abbiano una funzione economica e sociale che non le rende tutte fungibili fra loro – viene considerata un vezzo retrò.

Cologno Monzese, Raffaele Cantalupo e Maurizio Diaco arrestati per tangenti

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Raffaele Cantalupo e Maurizio Diaco sono stati arrestati la mattina del 18 febbraio a Cologno Monzese, in provincia di Milano. Cantalupo è vicesindaco e assessore all’ambiente del Comune, mentre Diaco è assessore all’edilizia. L’accusa per i due politici è di aver intascato tangenti per pilotare l’appalto per lo smaltimento rifiuti.
Agli arresti domiciliari sono finiti anche Michele De Girolamo di “Area Sud” Milano Spa, attuale affidataria del servizio di igiene urbana a Cologno, e Fortunato Deleidi, dipendente della Sangalli.

Cantalupo e Diaco, secondo le indagini della Finanza di Monza, avrebbero pattuito con la “Sangalli & C.”, azienda sotto inchiesta per corruzione negli appalti in Lombardia, Lazio e Puglia, una tangente da 300.000 euro per affidare a Sangalli un appalto da oltre 28 milioni. I soldi sarebbero serviti per far invalidare un appalto, rifare la gara e far vincere “Sangalli & C”.
A tutti viene contestato di essere complici di un preciso piano, insieme al vicesindaco Cantalupo, l’assessore Diaco e Giorgio Sangalli: riuscire ad annullare la gara per l’affidamento del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti bandito dal Comune di Cologno Monzese, indirne una nuova, per un valore superiore, favorendo la vittoria della Sangalli. Il meccanismo era prossimo alla riuscita. Coinvolta, secondo quanto si è appreso, anche la San Germano srl di Pianezza (Torino).

Ferrari marchio più forte e influente del mondo. Davanti a Coca Cola e Google

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Ferrari è il marchio più forte e influente del mondo secondo la classifica stilata da “The brand Finance Global 500″ davanti anche a colossi come Coca Cola, Google, solo quinto. Secondo Brand-finance “il Cavallino rampante su sfondo giallo è immediatamente riconoscibile in tutto il mondo anche dove non ci sono ancora le strade. Nel suo paese natale e tra i suoi molti ammiratori in tutto il mondo la Ferrari ispira molto più della lealtà al brand, più di un culto e una devozione quasi religiosa”.
“È un riconoscimento che ci fa grande piacere”, ha commentato il presidente della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo, durante l’inaugurazione a Modena del nuovo museo Enzo Ferrari.

Commercianti e artigiani in piazza a Roma. “Basta tasse e burocrazia”

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Gli artigiani e i commercianti italiani scendono in piazza. Dopo la “marcia dei 40mila” piccoli imprenditori di Confindustria, la settimana scorsa, martedì 18 febbraio a Roma è il giorno della “marcia dei 60mila” artigiani e commercianti di Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna e Casartigiani.
A mezzogiorno, puntuali, si sono ritrovati in Piazza del Popolo, nel centro di Roma, e ben più numerosi delle aspettative: 60mila, secondo le stime delle associazioni.
Sono arrivati nella capitale con 400 pullman, 7.000 posti in treno e 2.000 in aereo ”per chiedere con forza una svolta concreta nella politica economica del Paese”.
Una manifestazione pacifica contro la crisi e le tasse, resa possibile dalla riunione al Cinema Capranica, a due passi da Montecitorio, nel lontano 30 ottobre del 2006. Allora le associazioni protestavano contro la politica fiscale di Romano Prodi e Vincenzo Visco. Da quella protesta nacque Rete Imprese Italia, una sorta di alleanza del ceto medio produttivo italiano.
I manifestanti sfilano sotto lo slogan “Senza l’impresa non c’è Italia. Riprendiamoci il futuro”.
La protesta erra stata organizzata durante il governo Letta, ma le richieste non cambiano anche se il premier è un altro, come sottolinea all’Eco di Bergamo il presidente dell’Associazione artigiani Angelo Carrara:
“La sburocratizzazione del Paese; poi bisogna dare un taglio netto a sprechi e sperperi che assorbono tante risorse e cancellare il finanziamento dei partiti; e quindi – ma è ovvio che non può essere un processo rapido – si dovranno abbassare le tasse. Al nuovo governo noi chiediamo un gesto importante: un segnale di fiducia dall’alto che consenta di ripartire con una visione strategica del futuro”.
Il presidente di turno e portavoce di Rete Imprese Italia, Marco Venturi, dalla manifestazione si è rivolto al premier incaricato Matteo Renzi:
“Il prossimo governo ed il Parlamento devono prendere atto di questa grande forza, dell’enorme malessere, delle difficoltà che vivono le nostre imprese e devono cambiare registro”.

Mauro Moretti ministro? Sindaco Viareggio a Renzi: “Schiaffo a vittime strage”

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L’amministratore delegato di Trenitalia Mauro Moretti è “incompatibile con la carica di ministro. E’ stato rinviato a giudizio per la strage di Viareggio del 2o giugno 2009. La sua presenza nel governo Renzi sarebbe uno schiaffo ad una città che ancora piange i suoi morti ed i suoi feriti”: il sindaco renziano di Viareggio (Lucca), Leonardo Betti, si rivolge con una lettera al neo-premier incaricato Matteo Renzi per chiedere che non si realizzi quello che alcuni giornali hanno anticipato. Cioè la nomina di Moretti a ministro.
“Caro Matteo, ti prego, pensa a quell’eventuale nomina e, da toscano, riflettici molto. E se fosse realmente in cantiere cerca di evitarla. A chiedertelo non è solo un amico ma un’intera città. Sarebbe uno schiaffo ad una città che ancora piange i suoi morti ed i suoi feriti e per utilizzare le identiche, quanto mai inaccettabili, parole con cui lo stesso Moretti definì la strage di Viareggio in una audizione al Senato nel febbraio 2010, la sua nomina a Ministro sarebbe ben di più che uno ’spiacevole episodio’. Per quella strage Moretti è stato rinviato a giudizio e la notizia di una sua possibile nomina nel nuovo governo ha creato disagio in città e tra le vittime della tragedia”.

Anche l’associazione dei familiari delle vittime, “Il mondo che vorrei”, ha avuto parole chiarissime sull’eventuale nomina a Moretti.
“Moretti è stato rinviato a giudizio e dunque il suo nome non è e non può essere compatibile con una nomina di governo. Caro Matteo, io non capisco come sia possibile legare una persona a un processo in un ministro, tutti noi non riusciamo a comprendere come questo nome non sia stato smentito o ritirato da te che sei un toscano. Spero che siano solo voci e questa nomina resti nel cassetto”.
Betti, avvocato e consigliere comunale prima di essere sindaco, la sera del 20 giugno 2009 era insieme agli altri viareggini a dare una mano ai feriti dopo il deragliamento con esplosione del treno, costata la vita a 32 persone. Poi ha seguito udienza dopo udienza il processo.
Nella lettera aggiunge anche che lui e la sua città accetteranno
“qualunque sentenza, quando questa arriverà, perché abbiamo profondo rispetto della magistratura, ma deve essere chiaro a tutti che questa nomina per la nostra città sarebbe quanto mai inopportuna, tanto più in un governo dal quale, invece, ci attendiamo forte discontinuità, impegno sul fronte del lavoro e degli investimenti ed una forte attenzione alle esigenze degli enti locali”.

Toto-ministri Renzi: Moretti-Lavoro, Pomodoro-Giustizia, Franceschini-Cultura

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Il toto-ministri del governo guidato da Matteo Renzi, segretario Pd e premier in carica, è iniziato ormai da giorni. I nomi cambiano, tra smentite e rifiuti da parte degli interessati. Tra i “no” c’è quello dello scrittore Alessandro Baricco, ipotetico ministero della Cultura, mentre tra i “forse” c’è il nome di Lucrezia Reichlin, che erediterebbe il ministero dell’Economia da Fabrizio Saccomanni. Salta anche il nome di Luca Cordero Di Montezemolo alle Attività produttive: “non disponibile”.
Intanto Renzi e Graziano Delrio continuano a fare liste di nomi, liste sempre in evoluzione, scrive il Corriere della Sera, che riporta il nuovo toto-ministri:

1 – Ministero del Lavoro – Mauro Moretti, ad di Trenitalia:

“al Lavoro c’è Mauro Moretti di Trenitalia, per cui il neopremier ha simpatia perché «è una delle poche persone che mi ha fregato», promettendo per mesi di realizzare a Firenze una stazione sotterranea poco invasiva, mentre andava preparando la nuova gigantesca stazione (poi hanno fatto pace, anche perché Trenitalia ha comprato l’Ataf, l’azienda dei trasporti locali)”.

2 – Ministero della Giustizia – Livia Pomodoro, giurista italiana e presidente del tribunale di Milano;

3 – Ministero della Cultura – Dario Franceschini,ex ministro dei Rapporti con il Parlamento del governo Letta;

4 – Ministero della Difesa – Roberta Pinotti, già sottosegretario al ministero della Difesa del governo Letta;

5 – Ministero delle Politiche comunitarie – Federica Mogherini, già responsabile per l’Europa della segreteria Pd guidata da Renzi;

6 – Ministero agli Affari Regionali – Lorenzo Dellai, eletto nella lista di Scelta Civica e ora capogruppo di Per l’Italia:

“anche se Casini spinge per D’Alia”;

7 – Ministero della Pubblica Istruzione –  Stefania Giannini o Gianni Cuperlo.

8 – Ministero dell’Interno – Angelino Alfano, leader di Ncd e già ministro del governo Letta;

9 – Ministero degli Esteri – Emma Bonino, già ministro del governo Letta;

10 – Ministero dell’Economia – Renzi assicura di non averlo mai offerto a Fabrizio Barca

“In qualche casella ci sarà di sicuro una sorpresa”.

Renzi, lavoro, burocrazia, Fisco: no art. 18, pubblico equiparato al privato

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Renzi, lavoro, burocrazia, Fisco: no art. 18, pubblico equiparato al privato. Non appena ricevuto l’incarico, Matteo Renzi ha annunciato una svolta immediata, uno schock programmatico che da subito affronti e rimuova gli ostacoli più grandi per rilanciare economia e occupazione e al tempo stesso definisca il profilo riformatore, politico del nuovo Governo. A parte la legge elettorale, per la quale Renzi cerca lo sprint per terminare la corsa già entro la fine di febbraio, su Lavoro, Pubblica Amministrazione e Fisco (in quest’ordine di priorità) il premier in pectore ha individuato le criticità da risolvere e scadenzato un’agenda rapida che da marzo a maggio fornisca le soluzioni previste.
Lavoro a marzo: stop art. 18 nei primi tre anni. E’ il banco di prova più importante: aumentare sensibilmente i posti di lavoro, invertire il disastroso trend occupazionale e riformare gli ammortizzatori sociali. Come? Primo, incentivando l’occupazione nei settori ad alto tasso di innovazione e ricerca: il principio (cui si è ispirato anche Obama) è quello per cui ogni posto guadagnato nella ricerca e nell’innovazione ne produce 5 nei servizi. La parola d’ordine è defiscalizzare le assunzioni dei giovani sotto i trenta: di più in ragione del tasso di innovazione, per niente nel caso di assunzioni “di comodo”, che seguano magari licenziamenti. Alle imprese rimarrebbero da versare solo i contributi previdenziali.

Il provvedimento più importante (più sensibile, politicamente) è l’introduzione del contratto a tutele progressive: nei primi tre anni di nuova occupazione verrebbe sterilizzato l’articolo 18, con facoltà per le imprese di licenziare in cambio di indennizzi crescenti a seconda del numero di ore lavorate. Il taglio alle imprese del 10% secco dell’Irap, infine, libererebbe 2 miliardi e mezzo l’anno per le assunzioni. Il Governo dovrà garantire politiche per l’impiego più efficaci attraverso la messa in rete del collocamento pubblico e privato. La riforma degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione solo per quelle aziende che non siano decotte) permetterà di sottrarre un po’ di risorse dalla grande industria e distribuirne a chi finora è rimasto escluso. Per cui, senza cassa integrazione, i lavoratori senza lavoro beneficeranno di sussidi accompagnati a corsi di formazione e riqualificazione professionale e ove non trovassero ancora lavoro l’assistenza fornita dall’Aspi prevista dall’ex ministro Fornero. Chi non accetta i nuovi lavori perde il sussidio.
Burocrazia a aprile: dipendenti (e manager) pubblici come i privati. Il principio che ispira una riforma per rendere meno complicata e più efficiente la Pubblica Amministrazione (sciogliendo i lacci di una burocrazia opprimente) è l’equiparazione dei dipendenti pubblici a quelli privati. Infrangendo il tabù dell’intoccabilità dello statale. Le regole saranno uguali per tutti per quanto riguarda mobilità, flessibilità, orario di lavoro. Anche gli ammortizzatori sociali saranno gli stessi. Sulle controversie dipendenti pubblici e privati ricorreranno entrambi al giudice ordinario, il Tar se non verrà abolito sarà di molto ridimensionato.
I dirigenti pubblici saranno sottoposti agli stessi criteri meritocratici dei privati: se non vanno possono essere licenziati. Dopo 6 anni, in ogni caso, ogni incarico dirigenziale deve ruotare: questo è importante anche per i criteri di nomina dei manager delle aziende pubbliche. Ai magistrati verrà imposta l’esclusiva sul loro lavoro: fine delle consulenze e degli incarichi extragiudiziali nei vari organismi, enti, authorities ecc..
Fisco a maggio: meno Irap alle imprese, meno Irpef alle famiglie. Il taglio di un punto di Irpef sui primi due scaglioni (27% oltre 8 mila euro, 28% da 15 mila a 28 mila euro) non funziona perché il costo di 5 miliardi non vale la candela: vantaggi troppo distribuiti da non essere avvertiti. Si punta allora a sviluppare una manovra di aumento selettivo delle detrazioni fiscali, in particolari per i dipendenti pubblici (per i privati c’è il taglio Irap): il risparmio fiscale per le famiglie del primo scaglione (tra 8 e 15 mila euro) potrebbe arrivare a 450 euro l’anno.
Essa restituirebbe inoltre una maggiore articolazione alla curva dell’Irpef che oggi, a causa dell’effetto distorsivo delle detrazioni, nonostante veda formalmente 5 aliquote (23, 27, 38, 41 e 43%) si riduce, di fatto, a due aliquote, del 30% tra 8 e 28 mila euro e del 40% sopra. (Sergio Rizzo, Corriere della Sera)
La copertura finanziaria per questi provvedimenti (meno Irap, più detrazioni Irpef alle famiglie) è stata individuata in un aumento della tassazione sulle rendite: forse anche sui titoli di Stato, o, in alternativa, facendo pagare di più i grandi patrimoni. Il grosso, però dovrà avvenire dalla spending review: il lavoro del “potatore” Cottarelli pare sia a buon punto (avrebbe individuato 3 miliardi da liberare già per il 2014) e dovrebbe continuare con il nuovo presidente del Consiglio.

Contratto di programma Anas, il Cipe dà parere favorevole

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Il Cipe ha espresso parere favorevole sul contratto di programma 2014 di Anas che stanzia 1.073,5 milioni di euro per lo sviluppo, la manutenzione e la gestione della rete stradale e autostradale gestita dalla società. Ne ha dato notizia il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi: “Con il contratto di Programma 2014 si torna, dopo alcuni anni, a investire sullo sviluppo delle infrastrutture stradali”. In particolare, un importo di 588 milioni è destinato alle esigenze connesse alle attività di esercizio della rete (manutenzione, sicurezza, vigilanza, monitoraggio e l‘infomobilità) che si estende per oltre 25 mila km sull’intero territorio nazionale. E’ previsto lo stanziamento di 485 milioni di euro che consente la realizzazione di nuove opere del valore di oltre 600 milioni di euro oltre all’ultimazione di diversi importanti interventi in corso. I nuovi investimenti riguardano numerose regioni e si riferiscono a opere che sarà possibile cantierare già nell’anno in corso. Di particolare rilevanza è inoltre lo stanziamento di circa 8 milioni di euro per l’attività di progettazione di nuove opere propedeutica all’avvio, a partire dal 2015, di interventi infrastrutturali per circa 2 miliardi di euro.

Incidenti stradali, stop ai testimoni di comodo

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Stop a testimoni di comodo nei processi per incidenti stradali. Vanno indicati subito nel CID e nella richiesta di risarcimento danni. Altrimenti non possono essere sentiti dal giudice. A meno che non siano identificati dalla polizia che ha rilevato il sinistro. Il decreto legge “destinazione Italia” (n. 145/2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 23 dicembre 2013 n. 300) modifica il codice delle assicurazioni private (d. lgs.209/2005) con alcune norme anti-frode. In particolare il governo vuole arginare il fenomeno dei testi subornati, con alcune rigide disposizioni di sbarramento. Attenzione le disposizioni sono già attualmente vigenti e se ne deve fare applicazione. Tra le novità, viene inserito un comma (il terzo) all’articolo 135 del codice delle assicurazioni. In base alla nuova norma l’identificazione  di  eventuali  testimoni  oculari, presenti sul  luogo  di accadimento dell’incidente, “deve risultare dalla denuncia di  sinistro prevista dall’articolo 143, nonchè dalla richiesta  di  risarcimento presentata all’impresa di assicurazione ai sensi degli articoli 148 e 149”. Stando alla lettera della disposizione l’obbligo di indicare i nomi dei testimoni raddoppia. I nomi dei testi oculari devono essere scritti sia nel modulo CID sia nella richiesta di risarcimento danni.