24 Settembre 2024, martedì
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Rete imprese Italia, 60mila a Roma: Renzi, abbassa le tasse o moriamo

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Piazza del Popolo, stracolma di commercianti e artigiani, arrivati da tutta Italia. In sessantamila, secondo gli organizzatori la più grande manifestazione di imprese della storia d’Italia,  portati a Roma da Rete Imprese Italia, per protestare contro una politica economica che continua a penalizzare le piccole e medie imprese e quindi  limita la possibilità di rilancio del paese. “’Senza impresa non c’è Italia”, è il titolo della manifestazione organizzata da RII, che riunisce Confcommercio, Cassartigiani, Cna, Confesercenti e Confartigianato e nel corso della quale sono intervenuti Marco Venturi (portavoce di Rete Imprese Italia e presidente di Confesercenti), Daniele Vaccarino (presidente della Cna), Carlo Sangalli (presidente di Confcommercio), Giacomo Basso (presidente di Cassartigiani) e Giorgio Merletti (presidente di Confartigianato). “Gli imprenditori non vogliono più essere usati come un bancomat e dicono basta a un Fisco che soffoca e opprime. Diciamo basta alla scorciatoia fiscale, basta  usarci come  una cassa continua da cui prelevare ogni volta che c’è bisogno. Il sistema fiscale e tributario ci soffoca e ci opprime”, ha sottolineato ancora Venturi, che ha sottolineato come siano state  372mila le aziende che hanno chiuso i battenti nel 2013. “Tanti, troppi nostri colleghi hanno perso tutto. Ben 372mila imprese hanno chiuso nel 2013. Una enormità”, ha sottolineato il presidente di Rete Imprese Italia. “Il nuovo presidente del consiglio ci deve convocare, noi non molleremo. Saremo dialoganti ma pronti a tornare in piazza, in tutte le piazze italiane, se non avremo concrete e rapide risposte dalle nostre istituzioni”.  “Non abbiamo perso la speranza, non abbiamo perso la pazienza, non siamo sereni, siamo incazzati, ha detto il  presidente di Cna, Daniele Vaccarino. “Gli invisibili oggi sono tornati visibili perché le ragioni dell’impresa diventino le ragioni del paese”.  “Siamo stanchi, stanchi: chiediamo rispetto, meritiamo più rispetto”, ha attaccato il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli. “Oggi qualcosa è cambiato,  la politica non può fare finta di niente. Se non avremo risposte ci riproveremo ancora e saremo più numerosi e più determinati”. Sangalli ha spiegato che la crisi “ha lasciato e continua a lasciare cicatrici aperte” ma gli imprenditori nonostante tutto vogliono “riprendersi il futuro e non si faranno rubare la speranza. Come dobbiamo dirlo che non c’è più tempo, come dobbiamo spiegare che è a rischio la pace sociale”? Rivolto ai politici ha detto: “Fate il governo, le riforme istituzionali, la riforma elettorale, ma trovate il modo di metterci le riforme che servono alle imprese e al paese. Se non avremo risposte, ci ritroveremo ancora e saremo ancora più numerosi e determinati”. Giacomo Basso, presidente di Casartigiani, ha sottolineato “la grande partecipazione, una partecipazione storica, tanto che oggi piazza del Popolo diventa piazza del Popolo degli imprenditori italiani”. Mentre Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato ha dichiarato: “Non ne posso piu’ come imprenditore e come cittadino di essere soffocato da tasse e burocrazia”. Poi rivolto al premier incaricato: “Matteo stai preoccupato, se non abbasserai le tasse alle piccole imprese ti faremo nero”. Una protesta forte, insomma, che ha visto come spettatori interessati proprio quei politici che gli imprenditori ormai contestano apertamente. In piazza del Popolo, per esempio, si è fatto vedere l’ex viceministro dell’Economia, Stefano Fassina (Pd), che a proposito della manifestazione è stato chiaro:  “Siamo qui per ascoltare e dare risposte ad una piazza che rappresenta anche il nostro popolo, rappresenta il tessuto produttivo di questo paese che è comprensibilmente esasperato, ha bisogno di risposte e il passaggio di governo deve servire a mettere più energia sulle risposte che deve dare al paese”.  Maurizio Sacconi, Ncd, ha osservato come “il governo, la politica tutta  abbiano il dovere di ascoltare le legittime ragioni di chi segnala il pericolo di crollo di una parte così rilevante della nostra economia. E ciò significa far ripartire il mercato interno, l’edilizia in particolare, i consumi più in generale, liberando la vitalità e la fiducia”. Anche  il M5S ha fatto sentire la sua voce attraverso una nota che attribuisce al Movimento la richiesta di abolire l’Irap e denuncia la mancata adesione di Forza Italia e Pd alla mozione parlamentare che intendeva cancellare l’imposta. E non potevano mancare Forza Italia e Lega Nord, che hanno sottolineato come nei rispettivi programmi l’abbattimento delle tasse e la liberazione dai vincoli di una burocrazia soffocante abbiano da sempre un posto centrale.

Al Bano Carrisi, confessione choc: “Ho pensato di suicidarmi”

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Qualcuno ripeteva ad Al Bano di suicidarsi, di farsi del male. Dopo più di 20 anni, Al Bano Carrisi torna a parlare di una pagina dolorosa della sua vita e lo fa attraverso le pagine del settimanale “Gente”.

Un matrimonio all’inizio idilliaco, consacrato da quella canzone, “Felicità“, che portò lui e la moglie Romina Power all’apice del successo. 4 figli, tantissimi successi nazionali ed internazionali.

Poi, il buio. La drammatica scomparsa della figlia Ylenia nel 1994 e la dolorosa separazione con Romina.

Quegli anni hanno segnato per sempre la vita di Al Bano e di Romina Power e per il cantante è stato uno dei periodi più drammatici della propria vita, tanto che nell’intervista a “Gente” ha parlato di “diavolo” e “suicidio” senza troppo girarci intorno:

“Quando Romina mi ha lasciato ero preda di demoni che mi dicevano di uccidermi”.

Una vera e propria crisi interiore quella affrontata da Al Bano:

“Quando mia moglie pronunciò la parola divorzio, nel mio cuore si scatenò l’inferno”

Una voce che ripeteva ad Al Bano di farsi del male:

“Il diavolo mi spingeva a farmi del male… ma io pregavo e ripetevo, maligno, tu non vincerai”.

Ora, dopo 20 anni da quei terribili fatti, Al Bano ha ritrovato la serenità e solo qualche mese fa è riuscito a incontrarsi di nuovo con Romina su un palco, nel gelo della Russia, per cantare di nuovo con la donna che gli ha fatto battere il cuore per tanto tempo quella canzone che, per tutti, era davvero la “Felicità”.

Kazakhstan: “Vietate mutandine di pizzo”. Donne protestano

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Le mutandine di pizzo sono dannose per la salute. Questo il motivo con cui la Russia, il Kazakhstan e la Bierlorussia hanno deciso di bandire il pizzo sintetico. A partire da giugno infatti sarà “reato” produrre e vendere biancheria intima in pizzo. Una decisione che ha scatenato le proteste delle donne, che sono scese in piazza ed arrestate ad Almaty, la capitale del Kazakhstan.

“La cosa ha sollevato più proteste di certe gravi violazioni dei diritti umani. Sette donne sono state arrestate in una piazza di Almaty, capitale del Kazakhstan. Sventolavano davanti ai poliziotti la loro biancheria e urlavano slogan contro il governo. Proteste si preparano anche a Mosca dove quello dell’intimo femminile è un mercato in inarrestabile crescita, per un fatturato di quasi 6 miliardi di euro”.
In un mondo postsovietico, dove sono in vigore leggi contro i gay e si contenuti sessuali vengono censurati nei film, i governi spiegano che la legge che bandisce l’intimo in pizzo non ha motivi di morale, ma di salute:
“I responsabili dell’Unione Doganale si rivolgono, nelle intenzioni, alla salute delle consumatrici. Il pizzo sintetico è fonte di allergie, dermatiti, infezioni dell’apparato genitale. Il divieto si riferisce infatti a tutte le fibre sintetiche che contengano oltre l’85 per cento di poliammide e che non garantiscano più del 6 percento di traspirazione.
Il problema è che le fabbriche delle repubbliche ex sovietiche vanno giù pesante con il sintetico e che anche le produzioni occidentali (italiane e francesi in testa) avrebbero aumentato la percentuale di sostanze tossiche. Risultato: il 90 per cento della biancheria intima femminile immagazzinata in Russia sarà presto invendibile. È cominciata la corsa alle scorte con l’inevitabile impennata dei prezzi. E qualcuno sul web la butta in politica: “Ecco perché gli ucraini protestano per entrare nella Ue”.

Colzate, Loredana Ghilardi risarcita: masso le uccise marito e figli 12 anni fa

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Schiacciati da un masso che si staccò dalla montagna nel comune di Colzate, in provincia di Bergamo. Morirono così Roberto Bonfanti e i due figli Fabio e Andrea l’11 maggio di 12 anni fa. Bonfanti, 39 anni, era a bordo della sua auto quando un masso di 15 tonnellate si staccò e la travolse. A bordo anche i figli di 10 e 6 anni. Una famiglia distrutta, ma ora il giudice ha disposto per Loredana Ghilardi, moglie e madre delle vittime, un risarcimento da 902mila euro più il pagamento delle spese legali di 40mila euro.
A pagare non sarà il Comune di Colzate, ma la Milano Assicurazioni, e per Loredana ora arriva il momento di voltare pagina, spiega Giuliana Ubbiali sul Corriere della Sera – Edizione Bergamo:

“Lei dice che ora può voltare pagina «nel senso che questa storia è finita. Ho aspettato 12 anni per avere una risposta. Resta però il fatto che mio marito e i miei figli non li ho più e nessuna somma potrà mai restituire loro la vita. Ho pensato più volte di lasciar perdere tutto, ma ho tenuto duro perché si facesse giustizia. Lo dovevo a loro».
Intanto la donna si è risposata ed ha avuto un terzo figlio:
“«Luca, un miracolo che lo scorso ottobre ha compiuto 9 anni, il mio terzo figlio. Terzo, sì, perché ho tre figli. Quando chi non mi conosce me lo chiede, rispondo proprio così, che ne ho altri due, uno di 23 e uno di 18 anni. Lo so che quella tragedia me li ha portati via, ma per me ci sono ancora. Sa, quando vedo in giro i coetanei di Fabio con le loro fidanzatine mi chiedo come sarebbe stata la vita di mio figlio»”.
La tragedia si consuma nel 2002:
“Tre vite spezzate per quella che la giustizia penale, tra il 2006 e il 2007, chiuse come tragica fatalità. Papà e due figli che viaggiavano sulla loro Y10 lungo la strada che collega Colzate con Bondo e un macigno di 15 tonnellate che si staccò dal versante della montagna proprio nell’istante in cui passavano. Una bomba che piombò sull’auto e la colpì in pieno senza concedere loro scampo. E come se non bastasse lei, mamma e moglie che arrivò poco dopo dietro di loro e si trovò quella scena che non sparirà mai dai suoi occhi”.
Nonostante il Comune di Colzate e l’assicurazione hanno portato avanti la causa, sostenendo che non vi fossero responsabilità ma che di triste fatalità si sia trattato, la custodia della strada comunale è stata decisiva per la sentenza del giudice. Ma ora che la causa è giunta al termine, l’amarezza e il dolore della perdita rimangono:
“«La ruota ha girato per anni contro di me. Questa sentenza ha salvato la mia opinione della giustizia. Non cambia un dato di fatto. Il mio primo pensiero al mattino va a Fabio e Andrea. Poi guardo Luca e dico: eccolo qua. È un mix dell’uno e dell’altro per caratteristiche fisiche e carattere». Sa tutto della precedente famiglia della mamma: «Quando è nato, prima di portalo a casa l’ho portato dai fratelli». Lui è il bambino che di recente è stato ricoverato e l’ha vista brutta: «Una volta a casa ha preso due palloncini, li ha legati insieme e gli ha lasciati volare. Sopra ha scritto una frase. Sa che cosa mi ha detto ? “So che loro mi hanno aiutato”»”.

“Santo Graal”, la pizza (quasi) immortale. Può resistere fino a 3 anni

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Si mantiene commestibile fino a tre anni senza bisogno di frigo. Ecco la pizza (quasi) immortale. L’hanno ribattezzata Santo Graal e, dopo anni di sperimentazioni, finalmente un laboratorio militare del Massachusetts è riuscito a creare la pizza più resistente di sempre.
Era dal lontano 1981 che i soldati americani indicavano la pizza come il rancio che più avrebbero preferito mangiare in guerra. Sogno realizzato, ora i soldati, tra una scatoletta e l’altra, potranno portarsi dietro anche la pizza.

“Finalmente si può prendere la pizza confezionata, lasciarla su un bancone e dopo tre anni trovarla ancora commestibile” spiega Michelle Richardson, scienziata al U.S. Army Natick Soldier Research, Development and Engineering Center.
“La ricetta riproduce il gusto della pizza classica che ognuno potrebbe fare a casa con il forno o in padella. La sola cosa che manca è che questa non è calda, ma rimane a temperatura ambiente”.
“Abbiamo impiegato anni prima di trovare la ricetta perfetta – ha continuato Michelle Richardson – La mozzarella e il pomodoro penetrano nelle pasta della pizza e producono muffe e batteri”

Tinder, la app per trovare uno/una per una notte

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Corteggiamento addio: per trovare qualcuno con cui trascorrere una notte basta una app, Tinder. Sono sufficienti una connessione ad internet e uno smartphone e il gioco è fatto: addio fiori, inviti a cena e prologhi poetici (roba di secoli fa anche prima dell’arrivo di Tinder).
L’applicazione è gratuita, ed è una sorta di versione eterosessuale della app usata per gli incontri omosessuali “Grindr”. La si attiva agganciandola al proprio profilo Facebook. Poi lei usa il Gps per mettere in contatto persone tra loro vicine, unite alle passioni comuni, tanto che ai Giochi Olimpici di Sochi è usatissima dagli atleti. A quel punto mostra i volti degli utenti, e quando si trova qualcuno che ci piace basta cliccare sul cuoricino rosso che appare sul display e scorrere il dito verso destra. Altrimenti si clicca sulla X e si scorre il dito verso sinistra.

Se la persona prescelta ricambia il giudizio si apre una finestra per chattare. E di solito porta in breve tempo all’obiettivo principale di chi usa questa app: una notte di sesso. Anche se i vertici di Tinder ci tengono a far sapere che ci sono coppie che si sono conosciute così e poi si sono sposate.
In Italia la si usa ma non lo si dice, perché si teme quello che negli Stati Uniti è ormai realtà: vedersi appiccicare l’etichetta (ovviamente declinata solo al femminile) di “Tinderslut”, cioè “puttana di Tinder”. Questo nonostante un utente su dieci abbia meno di 18 anni, uno su due tra i 18 e i 24 e solo uno su tre tra i 25 e i 34. A quell’età, forse, ci si aspetta ancora il corteggiamento.

Castellammare. “Tenetevi i rifiuti in casa una settimana”: lo ordina il sindaco

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“Tenetevi i rifiuti in casa per una settimana”. Nicola Cuomo, sindaco di Castellammare di Stabia, lo ha ordinato ai suoi cittadini dopo il fallimento della società che gestisce i rifiuti della città. Il divieto di gettare i rifiuti vale per i 65mila abitanti della città, tra privati cittadini, ristoratori, istituti scolastici, uffici e commercianti.
Il Corriere della Sera spiega:

” La decisione arriva in seguito alla dichiarazione di fallimento e messa in liquidazione della società «Multiservizi» che gestiva il servizio di raccolta e di smaltimento dei rifiuti per il Comune stabiese. Da ieri, e fino alla mezzanotte di lunedì della prossima settimana, il sindaco e la giunta si sono impegnati a espletare una gara di conferimento dell’incarico a un’altra impresa, ma nel frattempo non c’è a Castellammare nessun operatore per la raccolta dei rifiuti e la pulizia delle strade. Finché il servizio non sarà ripristinato, la città intera dovrà trattenere nei luoghi di lavoro, nelle abitazioni e nelle scuole tutti i rifiuti: dall’umido, al secco, all’indifferenziato. A causa del rischio igienico, non è esclusa la chiusura delle scuole e l’impossibilità di lavorare per alberghi e ristoratori”.

Processo marò, ventiseiesimo rinvio. Italia richiama ambasciatore. “Ora basta”

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Processo ai marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, ancora un rinvio: il numero 26 da quando, due anni fa, è iniziato il procedimento per l’uccisione di due pescatori indiani al largo delle coste del Kerala. Troppo per Roma, che ha deciso di ritirare l’ambasciatore italiano in India.
In Italia, invece, il segretario generale del Ministero degli Esteri, Michele Valensise, ha convocato con urgenza alla Farnesina l’Ambasciatore dell’India, Basant Kumar Gupta, per esprimere lo sconcerto e la profonda delusione del governo italiano per l’ennesimo rinvio da parte della Corte Suprema.

BONINO: “MANIFESTA INCAPACITA’ INDIANA” – ”Il governo italiano ha disposto l’immediato richiamo a Roma per consultazioni dell’Ambasciatore a New Delhi, Daniele Mancini“, ha annunciato la ministro degli Esteri, Emma Bonino, dopo l’ennesimo rinvio dell’udienza al processo per i due marò. ”Non possiamo andarli a prendere manu militari, ma devono tornare a casa”.
“L’obiettivo principale dell’Italia resta quello di ottenere il rientro quanto più tempestivo in Patria dei due fucilieri. A fronte dell’ulteriore, inaccettabile rinvio deliberato questa mattina dalla Corte Suprema indiana dell’esame del caso dei fucilieri di Marina Latorre e Girone e della manifesta incapacità indiana di gestire la vicenda, l’Italia proseguirà e intensificherà il suo impegno per il riconoscimento dei propri diritti di Stato sovrano in conformità con il diritto internazionale. L’obiettivo principale dell’Italia resta quello di ottenere il rientro quanto più tempestivo in Patria dei due Fucilieri”.
MAURO: “LA MISURA E’ COLMA” – “La misura è colma ed ancora più grande è lo sdegno che investe tutta la nazione e che non può non propagarsi all’intera comunità internazionale. Su questo caso non c’è giustizia: siamo di fronte ad un comportamento ambiguo ed inaffidabile delle autorità indiane”, ha detto il ministro della Difesa sul nuovo rinvio indiano sui marò. ”La decisione del Governo italiano di richiamare l’Ambasciatore in Italia è, non solo giustificata, ma ineludibile e riflette il sentimento del nostro popolo”.
IL RINVIO – A scatenare la reazione della Farnesina è stata, martedì mattina, 18 febbraio, la decisione della Corte Suprema di New Delhi di rimandare l’udienza a lunedì 24 febbraio alle 14 (le 9,30 in Italia), ancora in attesa di una risposta scritta del governo sull’applicabilità o meno per questo caso della legge per la repressione della pirateria(Sua Act).
La questione dell’applicabilità o meno della legge per la repressione della pirateria (Sua Act) al caso dei marò è in mano al ministero della giustizia indiano. Su Delhi pesano le pressioni internazionali, in particolare dell’Unione Europea.
Lapidario l’inviato del governo Staffan de Mistura: “Ad un ulteriore rinvio noi opponiamo un ulteriore ultimatum. Comunque sarà Roma che deciderà nelle prossime ore la linea da prendere davanti a questa situazione. Non è che con questa tattica dilatoria e qualche minima concessione l’India riuscirà a calmare il nostro sdegno”. L’avvocato dei due marò ha chiesto che finché la situazione non si sbloccherà i due fucilieri della Marina siano autorizzati a tornare temporaneamente in Italia.
LA CRONACA DELL’UDIENZA – All’inizio dell’udienza, martedì 18 febbraio, c’è stato un ritardo di 20 minuti per l’assenza del procuratore generale G.E. Vahanvati. Risolto il problema, il procuratore ha ribadito che il governo indiano sta riesaminando l‘applicabilità del Sua Act, affidando al ministero della Giustizia il compito di dare una opinione definitiva al riguardo. Anche perché, ha aggiunto, ci sono state forti proteste internazionali contro l’utilizzo della legge anti terrorismo.
L’avvocato dei marò, Mukul Rohatgi, ha ricordato che nell’ultimo anno il governo ha cambiato posizione per sei volte e che la vicenda va avanti da ben due anni senza una formulazione dei capi di accusa.
Durante l’intervento del legale indiano, l’inviato governativo Staffan de Mistura si è alzato in piedi per dare simbolicamente maggiore peso al passaggio in cui Rohatgi ha ripetuto che “l’Italia non può accettare di essere assimilata a uno Stato terrorista”.
Rivolgendosi al rappresentante del governo, il giudice B.S Chauhan ha sostenuto che non si può continuare con i rinvii ed ha fissato il termine di lunedì per presentare un’opinione scritta con la “soluzione” offerta dal governo per processare i marò.
All’uscita dall’udienza, De Mistura non ha escluso che il documento della Procura possa essere depositato già venerdì e quindi visionato anche dai legali di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.
L’avvocato Rohatgi, inoltre, ha insistito con la richiesta che, in attesa che si sblocchi la situazione e inizi il processo, i due fucilieri siano autorizzati a tornare temporaneamente in Italia.

Barbie in costume su Sports Illustrated, ma alle mamme non piace

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Barbie “cover girl” in costume da bagno per la rivista Sports Illustrated, e negli Usa scoppia la polemica. Il celebre numero “swimsuit” (costume da bagno appunto) della rivista americana che usualmente espone le grazie di bellezze emergenti in succinti bikini, stavolta ha scelto la 55enne creatura di plastica della Mattel per la sua copertina. Sia Barbie che Sports Illustrated sono icone e, nel rispettivo settore, bersaglio da decenni di accuse per il loro contributo a trasformare la donna in oggetto. Stavolta per il magazine l’annuale numero “in costume da bagno” intendeva essere la celebrazione del 50esimo anniversario dell’iniziativa. Ecco dunque la scelta della 55enne, ma sempre inossidabile, bambola della Mattel, con indosso lo stesso costume a strisce bianche e nere che la copriva quando venne presentata al mondo nel 1959. A scattare le foto è stato Walter Iooss, mago dell’obiettivo responsabile delle foto del numero “swimsuit” per ben quattro decenni.

L’alleanza tra i due brand, era inevitabile, ha scatenato un dibattito online. Dopo che la notizia del gemellaggio Mattel-Sports Illustrated è comparsa sui siti specializzati in pubblicità, il blog Mommyish ha sparato a zero: “Sport Illustrated mette in copertina Barbie in costume, così anche tua figlia può sentirsi brutta”. Non è piaciuto neanche lo slogan della campagna: Unapologetic”, “impenitente”. “Non mi pare che sia la parola adatta a un giocattolo”, ha commentato una donna su Twitter. Barbie non è comunque l’unica icona pop ad aver sfruttato l’aggettivo “impenitente” per auto-promozione: la cantante Rihanna, anche lei parafulmine di critiche per il suo stile da “cattiva ragazza”, ha intitolato “Unapologetic” il suo ultimo album uscito a novembre ed usa spesso questa parola come hashtag sui social network: “Sono campagne non collegate, ma evocano un messaggio simile”, ha commentato Michelle Chidoni, una portavoce di Mattel. Dove l’idea portante è quella, e non da oggi, di aggiornare continuamente l’immagine della bambola per renderla rilevante a un pubblico contemporaneo. Nel caso del gemellaggio con Sports Illustrated l’obiettivo, ha spiegato la vice presidente del marketing Lisa McKnight, era quella di equipararla a icone storiche del numero “swimsuit” come Tyra Banks, Christie Brinkley, Kathy Ireland e Heidi Klum: top model esaltate non solo per la loro bellezza, ma anche per i loro successi di donne imprenditrici e in carriera.

Reggio Emilia: lui 27 anni, lei 25, da 2 anni vivono insieme in auto

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Vivono in un parcheggio da due anni, dormono sui sedili abbassati della macchina e cucinano con un piccolo fornelletto a gas. E’ la storia di due giovani, 25 e 27 anni, due giovani fidanzati, che, contro le rispettive famiglie, hanno deciso di vivere insieme. Senza lavoro, senza casa la coppia ha deciso di mettere radici in questo parcheggio a due passi dal centro, come racconta la Gazzetta di Reggio, “e un idrante dal quale sgorga acqua gelida è l’unico rubinetto che hanno per cercare lavarsi, di pulirsi”.
Senza voler pubblicare i loro nomi la Gazzetta di Reggio ha raccontato la loro storia:

“Mio padre non voleva che lo frequentassi. Un giorno mi ha detto: se lo vuoi tanto, vattene con lui. E io me ne sono andata. Forse, pensava che mi sarei stancata e sarei tornata indietro. Invece, sono ancora qui” racconta la ragazza. “In estate ci laviamo con l’idrante, anche se sappiamo che non si può – confida – Adesso, facciamo come possiamo: a volte nel bagno di qualche bar riusciamo a lavarci a pezzi, a volte andiamo in quelli dell’ospedale”.
“Quando riusciamo a racimolare qualche soldo, facciamo la spesa. Ogni tanto il signore che viene a pulire, un rumeno, ci porta una sportina di spesa. Un aiuto ce lo dà un altro che qui gioca a tennis contro il muro” spiega invece lui.
“Per qualche tempo, ho consegnato pizze. Un lavoro in nero, che ora non ho più. Ma che almeno ci dava 100 euro la settimana. Adesso, raccolgo lattine e le vado a rivendere. Ci facciamo 75 centesimi al chilo. Troppo poco… Eppure, ho lavorato per otto anni come operaio. Mi fa rabbia pensare che quanto ero più giovane avevo sempre uno stipendio. E, ora che ne avrei bisogno, non trovo niente…”
“A noi basterebbe una stanza, con un bagno. E un lavoro di qualsiasi genere. Anche perché forse presto potremmo essere in tre…” dice alla fine la ragazza, “sciogliendosi – conclude la Gazzetta di Reggio – in un sorriso in cui gioia e preoccupazione si mescolano”.