24 Settembre 2024, martedì
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Dichiarata illegittima la legge Fini Giovanardi

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Era prevista per oggi l’udienza davanti alla Consulta in ordine alla legittimità della legge Fini Giovanardi che, come è noto, aveva equiparato le droghe leggere e pesanti.

La questione di legittimità era stata sollevata dalla Corte di Cassazione per violazione dell’articolo 77 della Costituzione, in quanto nel 2006 nella legge di conversione del decreto furono inseriti molti emendamenti che, secondo la Corte, erano in realtà estranei all’oggetto e alla finalità del testo di partenza.

Ecco il comunicato ufficiale reso noto tramite il sito internet della Corte Costituzionale al termine dell’udienza:

Trattamento sanzionatorio in materia di sostanze stupefacenti

La Corte costituzionale, nella odierna Camera di consiglio, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale – per violazione dell’art. 77, secondo comma, della Costituzione, che regola la procedura di conversione dei decreti-legge – degli artt. 4-bis e 4-vicies ter del d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, come convertito con modificazioni dall’art. 1 della legge 21 febbraio 2006, n. 49, così rimuovendo le modifiche apportate con le norme dichiarate illegittime agli articoli 73, 13 e 14 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico in materia di stupefacenti).

Qualche settimana fa avevamo parlato dell’appello proposto da La Società della Ragione ONLUS affinché venisse dichiarata l’incostituzionalità della legge Fini – Giovanardi; l’appello è stato predisposto da Stefano Anastasia (Presidente de La Società della Ragione), Franco Corleone (Garante dei diritti dei detenuti per la Regione Toscana) e Luigi Saraceni (Avvocato) e ha visto come estensore e primo firmatario Andrea Pugiotto (Università di Ferrara); è stato poi sottoscritto da numerosi giuristi, tra cui Stefano Rodotà (Università La Sapienza di Roma), Ombretta Di Giovine (Università di Foggia), Carlo Fiorio (Università di Perugia), Carlo Ruga Riva (Università Milano-Bicocca) e Luigi Ferrajoli (Università di Roma Tre).

Si torna, pertanto, alla precedente distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere.

Pur mancando dati ufficiali, si stima che la decisione della Consulta avrà effetto su circa 10 mila detenuti (su un totale di circa 24 mila detenuti per reati legati agli stupefacenti).

Caso Abu Omar: la Corte Costituzionale annulla la condanna della Cassazione

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Sono state depositate il 13 febbraio 2014 le motivazioni della sentenza n. 24 della Corte Costituzionale relativa al sequesto dell’ex ex imam di Milano Abu Omar.

E’ questa – per ora – l’ultima tappa della nota vicenda giudiziaria: la Corte Costituzionale ha accolto i ricorsi presentati dalla Presidenza del Consiglio contro la Corte di Cassazione (che il 19 settembre 2012 aveva annullato con rinvio il proscioglimento di alcuni imputati) e contro la Corte di Appello di Milano annullando i relativi atti e facendo retrocedere il processo penale davanti alla Suprema Corte.

Nel dare ragione alla Presidenza del Consiglio circa la apposizione del segreto di stato, la Corte ha osservato come sarebbe del tutto arbitrario – e dunque invasivo delle prerogative del ricorrente – l’assunto secondo il quale il vincolo del segreto dovrebbe intendersi circoscritto alle sole operazioni che avessero coinvolto ufficialmente i Servizi nazionali e stranieri, legittimamente approvate dai vertici dei Servizi italiani: una simile affermazione – fondata esclusivamente su una nota dell’11 novembre 2005, con la quale era stata affermata la assoluta estraneità del Governo italiano e del Servizio al sequestro di Abu Omar – finirebbe per incidere direttamente sul potere di determinazione di quale fosse il reale ambito dei fatti e delle notizie coperte dal segreto, da parte di un organo diverso da quello cui è riservato detto compito.

La disciplina del segreto di stato – proseguono i giudici – involge il supremo interesse della sicurezza dello Stato-comunità alla propria integrità ed alla propria indipendenza, interesse che trova espressione nell’art. 52 della Costituzione in relazione agli artt. 1 e 5 della medesima Carta.

Appare quindi arduo negare che la copertura del segreto – il cui effettivo ambito non può, evidentemente, che essere tracciato dalla stessa autorità che lo ha apposto e confermato e che è titolare del relativo munus – si proietti su tutti i fatti, notizie e documenti concernenti le eventuali direttive operative, gli interna corporis di carattere organizzativo e operativo, nonché i rapporti con i Servizi stranieri, anche se riguardanti le renditions ed il sequestro di Abu Omar. Ciò, ovviamente, a condizione che gli atti e i comportamenti degli agenti siano oggettivamente orientati alla tutela della sicurezza dello Stato.

Ne deriva che non spettava alla Corte di Cassazione annullare il proscioglimento degli imputati nonché annullare le ordinanze pronunciate il 22 ed il 26 ottobre 2010, con le quali la Corte d’appello di Milano aveva ritenuto inutilizzabili le dichiarazioni rese dagli indagati nel corso delle indagini preliminari; così come non spettava alla Corte d’appello di Milano, in sede di giudizio di rinvio, affermare – in ottemperanza ai dicta della sentenza di annullamento pronunciata dalla Corte di cassazione – la penale responsabilità degli imputati in relazione al sequestro di Abu Omar. A questa dichiarazione di non spettanza consegue l’annullamento, in parte qua, dei corrispondenti atti giurisdizionali, menomativi delle attribuzioni del ricorrente Presidente del Consiglio dei ministri in materia di apposizione del segreto di Stato.

In conclusione, i giudici costituzionali hanno dichiarato che:

non spettava alla Corte di Cassazione annullare – con la sentenza n. 46340/12 del 19 settembre 2012 – il proscioglimento degli imputati Pollari Nicolò, Ciorra Giuseppe, Di Troia Raffaele, Di Gregori Luciano e Mancini Marco, nonché le ordinanze emesse il 22 ed il 26 ottobre 2010, con le quali la Corte d’appello di Milano aveva ritenuto inutilizzabili le dichiarazioni rese dagli indagati nel corso delle indagini preliminari, sul presupposto che il segreto di Stato apposto in relazione alla vicenda del sequestro Abu Omar concernerebbe solo i rapporti tra il Servizio italiano e la CIA, nonché gli interna corporis che hanno tratto ad operazioni autorizzate dal Servizio, e non anche al fatto storico del sequestro in questione;
non spettava alla Corte d’appello di Milano, quale giudice del rinvio, ammettere – con l’ordinanza del 28 gennaio 2013 – la produzione, da parte della Procura generale della Repubblica presso la medesima Corte, dei verbali relativi agli interrogatori resi nel corso delle indagini da Mancini, Ciorra, Di Troia e Di Gregori – atti dei quali era stata disposta la restituzione al Procuratore generale da parte della stessa Corte d’appello con le ordinanze del 22 e 26 ottobre 2010, poi annullate dalla Corte di cassazione con la sentenza innanzi indicata;
non spettava alla Corte d’appello di Milano – in riferimento alla ordinanza pronunciata il 4 febbraio 2013 – omettere l’interpello del Presidente del Consiglio dei ministri ai fini della conferma del segreto di Stato opposto dagli imputati Pollari, Mancini, Ciorra, Di Troia e Di Gregori nel corso della udienza dello stesso 4 febbraio 2013, invitando il Procuratore generale a concludere e a svolgere la sua requisitoria con l’utilizzo di fonti di prova coperte da segreto di Stato;
non spettava alla Corte d’appello di Milano – in relazione alla sentenza n. 985 del 12 febbraio 2013 – affermare la penale responsabilità degli imputati Pollari Nicolò, Di Troia Raffaele, Ciorra Giuseppe, Mancini Marco e Di Gregori Luciano, in ordine al fatto-reato costituito dal sequestro di Abu Omar, sul presupposto che il segreto di Stato apposto dal Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione alla relativa vicenda, concernerebbe solo i rapporti tra il Servizio italiano e la CIA, nonché gli interna corporis che hanno tratto ad operazioni autorizzate dal Servizio, e non anche quelli che attengono comunque al fatto storico del sequestro in questione;
non spettava alla Corte d’appello di Milano emettere la sentenza innanzi indicata sulla base dell’utilizzazione dei verbali relativi agli interrogatori resi dagli imputati nel corso delle indagini preliminari – di cui era stata disposta la restituzione al Procuratore generale da parte della stessa Corte d’appello con le ricordate ordinanze del 22 e 26 ottobre 2010 – senza che si fosse dato corso all’interpello del Presidente del Consiglio dei ministri ai fini della conferma del segreto di Stato opposto dagli anzidetti imputati nel corso della udienza del 4 febbraio 2013, essendosi invitato il Procuratore generale a concludere, in modo tale da consentirgli di svolgere la sua requisitoria utilizzando fonti di prova coperte dal segreto di Stato;
spettava alla Corte d’appello di Milano non sospendere il procedimento penale a carico degli imputati Pollari, Mancini, Ciorra, Di Troia e Di Gregori in pendenza del giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.

UniCredit rompe il muro sui mutui: plafond per la casa a 4,5 miliardi. Che faranno gli altri? Lo spread scenderà al 2% entro fine anno?

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Dal mercato dei mutui, in contrazione da quattro anni, continuano ad arrivare segnali che il 2014 sarà l’anno dell’inversione di marcia. Dopo la ripartenza del mercato delle surroghe (primo segnale), la lenta normalizzazione dei tassi interbancari Euribor (secondo segnale) arrivano anche le dichiarazioni di Gabriele Piccini,country chairman per l’Italia di UniCredit che ha recentemente dichiarato alla Reuters: «Abbiamo un obiettivo molto importante e cioè passare da 1,8 miliardi di mutui nel 2013 a 4,5 miliardi nel 2014». Se la più grande banca italiana (per capitalizzazione di Borsa) decide di aumentare di 2,5 volte le erogazioni in un anno il messaggio che arriva al mercato è chiaro: il mercato procede nel percorso di normalizzazione.

Siamo lontanissimi dal periodo pre-crisi, quando si erogavano più di 40 miliardi l’anno di mutui (contro i 24 stimati a fine 2013 e i 26 erogati nel 2012). Quando gli spread applicati dalle banche erano anche inferiori all’1% (nelle migliori offerte) e mediamente intorno all’1,5%.

Ma la mossa della banca di Piazza Cordusio è volta a riconquistare quote in un mercato dove tra il 2000 e il 2007 era assoluta protagonista per poi scendere su un livello residuale del 5-6%, è netta. Mettendo sul piatto 4,5 miliardi l’istituto punta quindi circa al 20% del mercato italiano.

Lo stesso Piccini, sempre secondo quanto riporta la Reuters, ha anche illustrato un progetto di sostegno al settore immobiliare che ha visto una prima fase con 50 cantieri su tutto il territorio nazionale, con un’esposizione di 600 milioni. Prevista una seconda tranche con 65 cantieri per 230 milioni. A cui seguirà una fase “regionale” con 327 cantieri più piccoli per un’esposizione di 445 milioni.

«L’azione di UniCredit potrebbe spingere anche altri istituti ad aumentare il plafond per il 2014 anche se non è ancora chiaro come potrebbero muoversi perché la mossa potrebbe aver colto di sorpresa altre banche». Di solito, infatti, le migliori offerte sono pronte per la primavera quando le banche puntano a mettere in cascina la gran parte delle domande di mutui dell’anno. Ma UniCredit si è mossa in anticipo con un’offerta che ha portato lo spread al 2,5% (ma solo per bassi loan to value, ovvero solo per chi chiede un mutuo non superiore al 60% del valore dell’immobile, ecco la tabella delle migliori offerte di mutuo parametrate sul loan to value) inaugurando una nuova fase di mercato, quella in cui le offerte standard cedono il passo a quelle personalizzate sulla base della liquidità già in possesso dell’aspirante mutuatario.

Quindi, per chi è intenzionato a chiedere a breve giro un mutuo è bene sintonizzare le antenne perché questa è una “fase calda” in cui altri istituti potrebbero rivedere al ribasso gli spread in un mercato che sta tornando finalmente più competitivo e si sta allontanando dalla fase di congelamento verso l’alto degli spread che ha caratterizzato gli ultimi due anni con punte superiori al 6% e una media del 3-3,5%.

«Se tutto procede a questo ritmo e nell’ipotesi più ottimistica si potrebbe assistere a una ulteriore discesa degli spread, magari con un picco al ribasso verso il 2-2,1% entro fine anno», spiega Roberto Anedda, direttore marketing di MutuiOnline.it. Il segnale che il mercato sarà definitivamente rientrato su livelli pre-crisi lo si avrà quando lo spread sui mutui (che in un certo senso può essere considerato come il vero termometro dell’andamento economico reale, più dello spread finanziario tra BTp e Bund) tornerà in media all’1,5%. «Questo potrebbe accadere nel giro dei prossimi 2-3 anni posto che il Fiscal compact (dal 2016 l’Italia sarà chiamata a una riduzione del debito/Pil di un ventesimo e ci sono dubbi su dove potrebbe reperire le risorse per farlo) e l’austerità programmata che ne seguirà non compromettano la ripartenza sperata.

Nel frattempo il mercato interbancario (sintetizzato dall’andamento degli indici Euribor) conferma un nuovo trend di fondo. L’Euribor a 3 mesi in questo momento è leggermente più caro del tasso Bce (0,28% contro 0,25%). Un piccolo scarto che sta a simboleggiare la ripresa degli scambi di denaro tra le banche (che potrebbe accentuarsi qualora la Bce decida di portare sotto zero il tasso sui depositi come si vocifera). Per cui, a parità di spread, in questo momento un mutuo variabile agganciato al tasso Bce potrebbe essere preferibile rispetto a un prestito agganciato all’Euribor a 3 mesi. Mentre si conferma leggermente più basso (e di conseguenza preferibile a parità di spread) l’Euribor a 1 mesi.

La ripartenza dei mutui – che quest’anno secondo Anedda potrebbero crescere ma difficilmente oltre il 10% – la si legge anche in un altro segnale (il quarto). I margini per le banche nell’acquisto di titoli di Stato a breve termine grazie ai soldi agevolati presi in prestito dalla Bce si stanno affievolendo con la discesa dei tassi (i BoT a 12 mesi sono al minimo storico dello 0,67% e anche i BTp a 3 anni volano basso, a quota 1,2%). Questo significa che agli istituti adesso conviene un po’ di più prestare soldi all’economia reale piuttosto che raccogliere facili e agevole plusvalenze dalla porta della finanza.

 

Animali in condominio: quando il padrone del cane può essere sanzionato

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Condominio pet-friendly? Sempre più persone convivono con un animale domestico nella propria casa. La presenza di questi animali, di solito, non comporta nessun inconveniente ma quando, invece, i proprietari degli animali non si preoccupano o non riescono ad impedire che i loro animali infastidiscano in vario modo i vicini, esplode spesso una reazione di questi ultimi, provocando litigi ed incomprensione che spesso diventano insanabili ed irrimediabili. A conferma di quanto detto i Giudici hanno emesso diverse sentenze in tema di mantenimento di una pacifica convivenza in ambito condominiale. I protagonisti sono, tanto per cambiare, i cani ovvero il miglior amico dell’uomo. I numeri parlano chiaro. Dai dati divulgati in questi giorni dall’Aidaa (tribunale degli per la tutela legale degli animali) ogni 17,5 minuti scoppia una lite in condominio causata dalla detenzione di un animale. Dati in forte aumento rispetto all’anno 2012 quando le richieste per liti in condominio per animali erano “solo” 23mila. Quindi abbiamo assistito ad un incremento del 23.4%. Nel 2013 sono state registrare 30mila liti. Le consulenze prestate relativamente alle liti di condominio legate alla presenza di animali dall’Aidaa hanno riguardato prevalentemente i cani, per i quali ci si lamenta in particolare dell’abbaio, dell’uso continuato e quasi esclusivo per loro degli spazi comuni, di problemi legati all’uso dell’ascensore. In particolare, 19.000 delle 30.000 richieste di consulenza hanno riguardato cani, 8.900 gatti, 1.800 volatili ed altri animali.

La vicenda. Brevemente il caso in oggetto si sostanzia in questi termini: il Tribunale di Foggia aveva condannato una coppia di inquilini con una ammenda di 300 euro per aver arrecato disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone non avendo impedito il latrato del cane durante le ore del giorno e della notte.

La decisione. La Prima sezione penale della Cassazione con sentenza 6685, emessa in data 12-02-2014 invece, ribalta completamente il verdetto: la sentenza deve essere annullata per insussistenza del fatto. Secondo i giudici di legittimità vi è la mancanza di uno degli elementi costitutivi del predetto reato. Infatti, per concretizzare una rilevanza penale, la condotta produttiva di rumori, censurati come fonte di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, deve necessariamente incidere sulla tranquillità pubblica, in quanto “l’interesse tutelato dal legislatore è la pubblica quiete, sicché i rumori devono avere una tale diffusività che l’evento di disturbo sia potenzialmente idoneo a essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare”. Se i latrati del cane non pregiudicano la quiete pubblica e non arrecano disturbo ad un numero indeterminato di persone ma ai soli denuncianti, il padrone del cane non può essere condannato (cfr. come già disposto dalla stessa Corte nella sentenza n.47298 del 29.11.2011). Nel caso di specie la casa in cui il cane veniva accudito era in aperta campagna e, per tali ragioni, i latrati non potevano disturbare un numero indefinito di abitanti.

Alcune considerazioni sulla sentenza. La motivazione utilizzata dalla Cassazione ruota intorno ad una interpretazione letterale dell’art. 659 c.p acclamando un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato da tempo. Infatti, secondo l’orientamento giurisprudenziale maggioritario per erogare la contravvenzione prevista dal comma 1 dell’art. 659 c.p. è sufficiente la dimostrazione che la condotta posta in essere dall’agente sia tale da poter disturbare il riposo e le occupazioni di un numero indeterminato di persone indipendentemente dal fatto che una sola di esse si sia in concreto lamentata (Cass. 05-07- 2006, n. 23130). La Cassazione inoltre che qualifica il reato ex art. 659 c.p. come reato di pericolo presunto, diretto a tutelare la tranquillità pubblica o privata (Cass. 13-02- 1997, n. 1284; Cass. 23-06-1989; Cass. 03-03-1993; Cass.-10-2004, n. 40393). Per cui, secondo questo orientamento, ai fini della sua configurabilità, non è necessaria la prova dell’effettivo disturbo di più persone, ma è sufficiente l’idoneità del fatto a disturbare un numero indeterminato di persone (Cass., 14 -10- 2004, n. 40393).

Transfer Pricing

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D: Nell’Unico 2013 ho dimenticato di segnalare il possesso della Documentazione Nazionale. Posso trasmettere un Unico integrativo?

R: Sul punto, pur nel silenzio delle Entrate, si può considerare valida la comunicazione esercitata mediante una dichiarazione rettificativa presentata entro 90 giorni dalla scadenza del termine ordinario, ai sensi dell’articolo 2, comma 7, del Dpr 322/98 (dichiarazione “tardiva”). La dichiarazione tardiva è infatti equiparata ex lege alla dichiarazione presentata nei termini. Più articolata la possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi entro il termine per la dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo, in base all’art. 2, comma 8-bis, del Dpr 322/1998 (integrativa “a favore”) il regime di oneri documentali potrebbe esser ricondotto tra i regimi fiscali opzionali e quindi potrebbe fruire della possibilità di ravvedimento con la presentazione di un modello integrativo entro il termine della dichiarazione successiva. Sarebbe auspicabile un’apertura delle Entrate in tal senso, coerentemente con lo spirito dell’art. 26 del Dl 78/2010 volto a premiare i comportamenti collaborativi e trasparenti da parte delle imprese, e in base a una lettura sostanziale della norma accolta dalla giurisprudenza di merito. In conclusione si ritiene che la comunicazione potrebbe essere effettuata con una dichiarazione integrativa e ravvedere la mancata comunicazione in base all’art. 2 del Dl 16/2012, per il quale l’accesso a regimi fiscali opzionali, subordinati alla preventiva comunicazione, non è precluso se si effettua la comunicazione entro la prima dichiarazione utile. Si evidenzia tuttavia che tale possibilità non è stata considerata dalla circolare 38/E/2012.

Ordinativo informatico locale (Oil). Nuova circolare dell’AgID sul colloquio telematico tra enti locali e banca tesoriera

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L’Agenzia per l’Italia digitale con determina del direttore generale, in qualità di commissario straordinario, ha emanato la circolare n. 64/2014, “Ordinativo informatico locale – Revisione e normalizzazione del protocollo sulle regole tecniche ed obbligatorietà dell’utilizzo nei servizi di tesoreria e di cassa”.
L’Ordinativo informatico locale (Oil) è il complesso di procedure informatiche che permettono di integrare il sistema di contabilità finanziaria degli enti con le procedure del cassiere per consentire fra le stesse un colloquio automatizzato bidirezionale. L’evidenza elettronica che si ottiene è dotata di validità amministrativa e contabile e sostituisce a tutti gli effetti, i documenti cartacei. Tale garanzia è data dall’uso della firma digitale che permette in modo inequivocabile l’identificazione del sottoscrittore e l’integrità del documento.
La circolare, redatta in collaborazione con le amministrazioni locali e l’Associazione bancaria italiana, contiene l’adeguamento delle regole tecniche dell’Oil, già a suo tempo pubblicate sui quaderni Cnipa n. 29 e n. 37, agli ulteriori aggiornamenti degli standard europei della Single euro payment area (Sepa), alla riforma degli ordinamenti contabili pubblici Arconet e alle specifiche per l’estensione al giornale di cassa delle tecniche di scambio informatico dell’Ordinativo informatico locale.
Al riguardo, il comma 1 dell’art. 213 del Tuel prevede che “… il servizio di tesoreria può essere gestito con modalità e criteri informatici e con l’uso di ordinativi di pagamento e di riscossione informatici …” qualora l’organizzazione dell’ente e del tesoriere lo consentano.
La discrezionalità circa l’organizzazione interna dell’ente viene ad oggi superata dalle modifiche apportate al Cad (Codice dell’amministrazione digitale) dal Dlgs n. 235/2010: in particolare ci si riferisce all’art. 5-bis del Cad ed al successivo Dpcm 22 luglio 2011, che ne ha stabilito le modalità di attuazione, prescrivendo all’art. 1 che, a decorrere dal 1° luglio 2013, “… la presentazione di istanze, dichiarazioni, dati e lo scambio di informazioni e documenti, anche a fini statistici, tra le imprese e le amministrazioni pubbliche avvengono esclusivamente in via telematica …”. Nella fattispecie indicata per imprese si intendono anche gli istituti tesorieri o cassieri dell’ente pubblico, ancorché interessati come fornitori di servizi.
Tale indirizzo prescrittivo è stato successivamente riconfermato e rafforzato con l’emanazione del Dl n. 201/2011 che – all’art. 12, comma 2 – ha confermato l’obbligo per la pubblica amministrazione di avviare il processo di superamento di sistemi basati sull’uso di supporti cartacei e di adozione dell’Oil.
La data del 6 febbraio 2012, indicata da tale norma per “avviare il processo di superamento di sistemi basati sull’uso di supporti cartacei”, è già ampiamente trascorsa, così come è già stata superata la data limite fissata dal citato Dpcm 22 luglio 2011 relativo all’attuazione dell’art. 5-bis del Cad.
Con la circolare viene ribadita agli enti locali in indirizzo – stante la più volte espressa volontà del legislatore di superare l’utilizzo di sistemi basati sull’uso di supporti cartacei e di adozione dell’Oil – l’inderogabilità dell’attuazione della normativa in argomento e la conseguente necessità di avvalersi delle procedure messe in atto per l’Ordinativo informatico locale, in quanto la mancata adozione di tale strumento comporta la non conformità dell’amministrazione alla normativa di riferimento.
La circolare riporta, nell’Allegato 1, il nuovo “Protocollo sulle regole tecniche e lo standard per l’emissione dei documenti informatici relativi alla gestione dei servizi di tesoreria e di cassa degli enti del comparto pubblico” contenente il tracciato dell’OIL e il tracciato del giornale di cassa concordati con Abi. Esso costituisce l’unico schema utilizzabile a livello nazionale e sarà applicabile sin da subito sulla base di accordi bilaterali tra ente e istituto tesoriere o cassiere.
Viene altresì allegato alla circolare un nuovo documento (Allegato 2), contenente le Linee guida sull’Ordinativo informatico, predisposto dall’Associazione bancaria italiana, che costituisce un importante valore aggiunto quale ausilio nella corretta ed uniforme compilazione dei campi previsti nei tracciati, a tutto vantaggio di una agevole utilizzazione dell’ordinativo informatico e della sua più ampia diffusione presso gli enti pubblici.
Da ultimo, viene allegato il documento “Normalizzazione del tracciato Oil ex d.lgs. 118/2011” (Allegato 3) che rappresenta l’elaborazione dei contributi prodotti dalle amministrazioni partecipanti alla Task Force.
Tutta la documentazione sull’argomento, nonché gli schemi Xsd che devono essere utilizzati per la diagnostica (sia a cura degli enti sia delle banche) è disponibile in formato elettronico sia sul sito istituzionale dell’AgID, sia sul sito istituzionale dell’Associazione bancaria.
L’Abi con circolare serie tecnica n. 36 del 30 dicembre 2013 ha provveduto a dare le stesse istruzioni alle proprie associate per garantire una offerta standardizzata di servizi di tesoreria e di cassa.
Con tali disposizioni, a partire dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, tutte le amministrazioni interessate sono tenute ad adottare tale standard nel colloquio telematico con la propria banca tesoriera o cassiera. Al fine di consentire ai soggetti interessati l’aggiornamento delle proprie procedure informatiche, gli schemi Oil oggi in uso potranno essere impiegati sino e non oltre il 31 dicembre 2014.

Ucraina, Kiev verso la guerra civile: vittime tra i manifestanti, uccisi sei poliziotti. Nato e Ue: «Molto preoccupati»

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Kiev scivola verso la guerra civile. La situazione è precipitata allo scadere di un ultimatum rivolto ai manifestanti: il Maidan Nezaleshnosti, la Piazza dell’Indipendenza divenuta in questi mesi il quartier generale e il simbolo della rivolta contro il presidente Viktor Yanukovich, avrebbe dovuto essere sgomberato entro le 18 di martedì pomeriggio, le 17 in Italia. In caso contrario, l’ordine sarebbe stato ripristinato con la forza: «Gli estremisti dell’opposizione hanno passato il limite», hanno annunciato i servizi di sicurezza.

Diverse ore dopo la scadenza del termine, il bilancio degli scontri tra polizia e manifestanti a Kiev conta almeno 13 vittime. Lo riporta il ministero dell’Interno ucraino, specificando che secondo un bilancio aggiornato tra le persone che hanno perso la vita ci sono sei poliziotti e sette civili (fra sostenitori dell’opposizione e del partito di governo). Vitaly Klitschko, il campione di boxe divenuto leader dell’opposizione, ha invitato le donne e i bambini a lasciare il Maidan. Tutte le stazioni del metrò sono state chiuse, un incendio è scoppiato nei locali del Municipio.

Esprimendo preoccupazione per la nuova grave escalation e per le vittime delle violenze l’Unione Europea, la Nato e gli Stati Uniti hanno lanciato un monito a Yanukovich, invitando le parti a riprendere la via del dialogo. L’ambasciatore americano è tornato a parlare di sanzioni. Ma dopo un barlume di tregua acceso lunedì, quando i dimostranti hanno sgomberato parte degli edifici occupati e, dall’altra parte, le autorità hanno fatto cadere le accuse nei confronti di chi era stato arrestato nelle settimane precedenti, Yanukovich ha cambiato rotta. Una svolta coincisa con un annuncio da Mosca, lunedì sera: la Russia, che aveva sospeso l’erogazione degli aiuti promessi in dicembre – 15 miliardi di dollari per tenere a galla il governo – ha riaperto i rubinetti. Una tranche degli acquisti di titoli ucraini, per 2 miliardi di dollari, scatterà entro la fine della settimana. Probabilmente Yanukovich era riuscito a convincere il Cremlino che avrebbe ripreso il controllo della situazione.

Così, martedì mattina, la polizia ammassata intorno agli edifici amministrativi ha subito reagito quando i dimostranti si sono messi in marcia, per fare pressione sulla Verkhovna Rada – il Parlamento ucraino – che avrebbe dovuto esaminare le richieste di emendamenti costituzionali volti a ridurre i poteri del presidente.

Per respingere i dimostranti, diverse migliaia, le forze dell’ordine hanno risposto con lacrimogeni e granate stordenti poi, secondo le testimonianze raccolte dai media locali, con proiettili di gomma e di acciaio. I manifestanti rispondevano con lanci di sassi ed esplosivi, ma ormai tra loro ci sono anche gruppi estremisti ben armati. I dimostranti hanno poi fatto irruzione e saccheggiato la sede del Partito delle Regioni, che fa capo a Yanukovich. Dall’interno del Parlamento, Klitschko esortava il presidente a richiamare gli agenti dalle strade, per evitare «ulteriori conflitti nella società». «Faccio appello al presidente – ha detto Klitschko -. Richiami i Berkut (la polizia anti-sommossa, ndr) e le forze del ministero degli Interni. Lo faccia e noi troveremo una via d’uscita. Sarà la decisione di un vero uomo. Non parliamo più di ore ma di minuti». Secondo il leader del Parlamento, Volodymyr Rybak, Yanukovich avrebbe accettato di parlare ai leader della protesta mercoledì. Ma dopo tre mesi di confronto, nato dal rifiuto del presidente di firmare un accordo di associazione alla Ue, la via di una soluzione senza ulteriori violenze sembra ormai perduta.

Fotovoltaico sul tetto? Per il Fisco vale come una stanza in più e va accatastato

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Non tutti sanno che l’impianto fotovoltaico sul tetto di casa, se ha una potenza superiore a 3 kiloWatt, potrebbe far aumentare la rendita catastale, e quindi l’Imu, la Tasi e le altre imposte che hanno come base il valore catastale (ad esempio, il registro in caso di compravendita). Installati per abbattere i costi in bolletta e per incassare gli incentivi pubblici sull’energia prodotta – secondo la tesi del Fisco – i moduli fotovoltaici vanno considerati come una “appendice” dell’abitazione che aumenta il suo valore. A chiarirlo è una circolare dell’agenzia delle Entrate (n. 36/E del 19 dicembre 2013) che ha esentato dall’obbligo gli impianti “minori” e definito nel dettaglio le circostanze in cui i pannelli vanno registrati al Catasto.

Gli edifici a rischio La questione è delicata, perché in genere un impianto di 3 kW è esattamente quello che serve per coprire i consumi di una famiglia-tipo. Fino a qualche anno fa, però, gli incentivi erano così ricchi che molti proprietari hanno scelto di installare impianti un po’ più potenti, così da massimizzare l’incasso delle “tariffe incentivanti”: quando il tetto di casa era abbastanza spazioso, molti hanno scelto moduli da 4, 6 o anche 10 kW di potenza (in media, 1 kW richiede circa 7 metri quadrati di superficie). Sono proprio queste le situazioni in cui bisogna verificare se la rendita catastale dell’unità immobiliare va aggiornata o no. Secondo gli ultimi dati del Gse – aggiornati al 31 gennaio scorso – in Italia ci sono 176mila impianti i cui titolari possono stare tranquilli, perché hanno una potenza inferiore a 3 kW, mentre ce ne sono 312mila a rischio, con una potenza compresa tra 3 a 20 kW.

Il criterio per l’accatastamento Quando il fotovoltaico è al servizio di un’unità immobiliare già accatastata, la circolare delle Entrate ribadisce che la variazione catastale è obbligatoria solamente quando il valore dell’impianto supera il 15% della rendita catastale. Piccolo problema: per il proprietario è impossibile valutare da solo se il rapporto viene superato o no. Anche perché il risultato finale dipende dalla rendita di partenza, che può essere molto diversa a seconda della categoria catastale: molte villette, ad esempio, non sono iscritte in Catasto come A/7 (villini), ma come A/2 (abitazioni civili), e proprio per questo valgono meno agli occhi del fisco. In questi casi, arrivare all’obbligo di di aggiornamento catastale potrebbe essere più facile. Al contrario, sulle abitazioni di recente costruzione (o dove la rendita catastale è stata aggiornata per grandi lavori di ristrutturazione) sarà più difficile che il valore dell’impianto fotovoltaico sul tetto incida per oltre il 15 per cento. La conclusione comunque è una sola: per fare una valutazione corretta bisogna coinvolgere un professionista abilitato, come un geometra, perché valuti se è necessario aggiornare la rendita. Di quanto? Impossibile generalizzare, perché di fatto l’impianto farà salire la rendita di una o più “classi”, ma si può ipotizzare che su una villetta con una rendita di 1.200 euro l’incremento sarà – almeno – di 250 euro.

 

Governo Renzi, Delrio: «Pronti entro fine settimana». Alfano: «Ok alla stessa maggioranza che ha sostenuto Letta»

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Il presidente del Consiglio incaricato Matteo Renzi ha concluso la prima giornata di consultazioni per la formazione del nuovo governo. Nella Sala del Cavaliere di Palazzo Montecitorio, il segretario del Pd ha incontrato prima i rappresentanti del Centro democratico, del Maie, la Minoranza linguistica Val d’Aosta, il Psi, Pli, Fratelli d’Italia (la delegazione ha annunciato un’opposizione «non pregiudiziale»), Gal e Per l’Italia (Popolari per l’Italia, Udc). A sorpresa da Gal (gruppo in cui convergono 11 senatori provenienti dall’exPdl, da Grande sud e dalla Lega), finora all’opposizione, è arrivata un’apertura di credito. È possibile che una parte del gruppo voterà la fiducia a Renzi.

Poi le consultazioni sono riprese con Svp (Sudtiroler Volkspartei) e Patt (Partito autonomista Trentino tirolese) che hanno ribadito appoggio a un governo Renzi, mentre la Lega ha annunciato voto contrario. Scelta Civica, che entrerà nella compagine governativa, ha fatto sapere che ci sarà un patto di coalzione. Sel ha promesso un’opposizione «non faziosa». Il leader Ncd Alfano ha commentato positivamente la maggioranza che si profila senza Sel. E ha annunciato un vertice di maggioranza domani sul programma. Accanto a Renzi, i fedelissimi Graziano Delrio e Lorenzo Guerini. Le consultazioni si chiuderanno domani con Fi (presente Berlusconi) e Pd. I Cinque Stelle sono orientati a non partecipare alle consultazioni. L’ultima parola la dirà il referendum, riservato agli iscritti, lanciato oggi sul blog da Beppe Grillo (dalle 15.30 alle 22).

Le giornate di giovedì e venerdì saranno dedicate da Renzi alla definizione della squadra. Forse sabato il giuramento, fiducia alle Camere all’inizio della prossima settimana. A confermare questa tabella di marcia, il ministro Delrio. Domanda: Matteo Renzi riuscirà a formare il suo governo? Risposta: «Stiamo lavorando sul programma», che «sarà pronto per il fine settimana». Resta da sciogliere il nodo Economia. Una casella per la quale si fa il nome dello stesso Delrio che però replica secco: «Non è una cosa che commento». Ecco la cronaca della giornata.

Ore 21.00. Renzi ai suoi: tutto marcia spedito Al termine della prima giornata di consultazioni Renzi si è mostrato ottimista, soprattutto dopo l’incontro con la delegazione del Ncd. «Il clima è stato tranquillo, si è parlato solo di programma e non c’è stato nessun accenno a problemi, né ci sono stati diktat», ha detto il segretario del Pd ai suoi al termine del colloquio. «Tutto marcia spedito», ha assicurato.

Ore 20.05. Alfano: mai la patrimoniale, domani vertice sul programma «No ad un governo di sinistra o di centro sinistra. Noi vogliamo che nasca con la stessa maggioranza che ha sostenuto il governo di Enrico Letta. È emerso chiaramente che Vendola non c’è’, il primo scoglio è superato». Così il leader Ncd Angelino Alfano al termine dell’incontro con il presidente del consiglio incaricato Matteo Renzi. Sui contenuti Alfano dice: «Mai la patrimoniale». E detta le priorità: fisco («più detrazioni per le famiglie»), sburocratizzazione e lavoro («Più si smonta la legge Fornero e più avremo posti di lavoro»). Alfano annuncia un incontro domani pomeriggio una riunione tra le forze politiche di maggioranza per definire la la «compatibilità» dei programmi. Quanto ai ministri, al di là dei nomi, Alfano, chiede un «garantista come Guardasigilli». Mentre all’Economia serve una personalità con idee «compatibili con il programma del centrodestra». Restano i nodi. Ncd reclama tre ministeri, l’abbassamento delle soglie di sbarramento previste dalla nuova legge elettorale e il vincolo dell’entrata in vigore dell’Italicum con l’abolizione del Senato elettivo.

Farmaci da banco con un clic

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Per acquistare i farmaci da banco basterà un clic. I medicinali arriveranno direttamente a casa e ad inviarli saranno farmacie e parafarmacie online, contrassegnate però da una sorta di “bollino di qualità” rilasciato dal Ministero della salute a garanzia dei cittadini. Il Consiglio dei ministri dello scorso 14 febbraio ha, infatti, approvato, in via definitiva, il recepimento della direttiva europea 2011/62/UE sui medicinali ad uso umano che, finalizzata ad impedire l’ingresso di farmaci falsificati nella catena di distribuzione, prevede anche la regolamentazione della vendita in rete. L’obiettivo, dunque, è innanzitutto attuare una stretta contro i siti illegali che in 7 casi su 10, secondo dati recenti, vendono farmaci che risultano contraffatti e potenzialmente pericolosi.

Per questa ragione, i siti di vendita online, dovranno essere autorizzati e saranno contrassegnati da un logo comune che li renderà identificabili e, dunque, sicuri. “Con la nuova normativa”, ha spiegato Domenico Di Giorgio dell’Unità prevenzione e contrasto contraffazione medicinali dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), “è finalmente regolamentata la vendita online dei farmaci in Italia, in linea con quanto avviene già in altri Paesi d’Europa. Sarà possibile acquistare farmaci senza prescrizione medica da operatori autorizzati, che saranno abilitati a gestire un sito internet. Le farmacie autorizzate alla vendita online”, ha chiarito Di Giorgio, “saranno gestite da operatori già autorizzati alla vendita sul territorio in Italia. I loro siti riporteranno un logo specifico definito secondo i criteri della Commissione Ue e declinato poi nelle diverse forme dagli Stati membri con un link all’elenco delle farmacie autorizzate a vendere online, che sarà gestito dal Ministero della Salute”.

I cittadini potranno così rivolgersi a quelle farmacie che hanno il logo e che compaiono perciò nella lista degli operatori autorizzati. E’ anche prevista una task-force nazionale anti-falsificazione per rafforzare i controlli e contrastare la vendita da siti illegali.