25 Settembre 2024, mercoledì
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Sporca, abbandonata, morta. I turisti dicono addio alla città

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«La mia famiglia e io amiamo Montesilvano e il popolo abruzzese, in quanto accoglienti, generosi, eccezionali. Ma la sporcizia, i topi, l’illuminazione povera del lungomare, le poche attrazioni e le prostitute fanno scappare i turisti». Nelle parole di Peo, un milanese che da 13 anni passa ogni sua vacanza nella città adriatica, c’è la fotografia di una realtà sconcertante. Come meta turistica, Montesilvano è stata bocciata in pieno. A far allontanare i villeggianti, le aree verdi pressoché inesistenti e il paesaggio deturpato dall’ondata di palazzi che si affacciano sulla riviera. Le strade sporche e scarsamente illuminate. I collegamenti mancanti con la città. Le scarse attrazioni e i negozi chiusi la sera mentre spiaggia e lungomare sono invasi da commercianti ambulanti. Lo sa bene Massimiliano D’Andrea, titolare del hotel Duca degli Abruzzi, che vede fuggire anche vecchi clienti per ragioni che nulla hanno a che vedere con l’accoglienza e i servizi offerti dalla sua struttura. Insoddisfatta la signora Vanda: due settimane passate perlopiù rinchiusa nella stanza perché non c’era un bus navetta per visitare la città. Come lei anche la signora Rosa, certa di non fare più ritorno qui. Il motivo: marciapiedi rotti e sporchi, poche aree verdi. Tra i tanti turisti inappagati anche Max, a causa dei pochi negozi, della sporcizia delle strade e soprattutto «dall’accesso in spiaggia limitato dalla puzza della spazzatura di altri alberghi». Decisa a non tornare anche Giulia, alla quale non sono piaciuti «il mare sporco e l’incuria nei dintorni». Rosario, in vacanza con la famiglia, lamenta la scarsità dei servizi sanitari, l’assenza di giostre per i bambini, le strade sporche e puzzolenti dei grandi alberghi, «una periferia disastrosa al posto di un potenziale fiore all’occhiello della città». Altrettanto scoraggianti le recensioni presenti su TripAdvisor. Il milanese Fegime ha passato una pessima vacanza: «Lungomare sporco e vecchio, senza panchine per sedersi, alberi non tagliati, erbacce, bagni chiusi e orribili». Dello stesso avviso Osantonicola di Modena. «Una cittadina davvero triste. Accettabile solo se si va per il mare. Se si cerca qualcosa in più, meglio puntare ad altre mete». Che in Abruzzo ci siano destinazioni più interessanti, lo pensa anche Ucci D.: «Lungomare carino di giorno. Di sera perde fascino: stabilimenti chiusi, negozi inesistenti. Meglio Silvi Marina, Alba Adriatica o Pescara». «Una zona con poche attrazioni – racconta l’utente che si fa chiamare m21-13 – d’inverno la città è deserta, ci vorrebbero più locali di animazione». Brutto impatto nella sua prima volta a Montesilvano per il trevigiano Gianfiorello. «Passeggiando verso Pescara si notano questi brutti condomini sul lungomare, scatoloni con molti appartamenti in vendita che nessuno si sogna di comprare. Deludente».

I 50 insospettabili che compravano orologi di lusso e gioielli rubati

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Adesso c’è ancora qualcuno che trema per l’operazione «Oro puro», effettuata dai carabinieri della Compagnia di Venaria. Che, oltre ad aver arrestato 19 persone per ricettazione e furto, fino alla detenzione di esplosivi, ne hanno denunciato un’altra cinquantina. Qualcuno pure insospettabile. Altri border-line. Ma tutti pronti a fare affari con gli zingari rom di Strada Aeroporto o con i grandi ricettatori torinesi. Tra i soggetti finiti nei guai ci sono professionisti, impiegati, commercianti, operai, disoccupati, altri zingari. Gente che non si faceva problemi ad acquistare o smerciare orologi e gioielli provenienti da furti.

 

Passione Rolex

È il legale che difende Nikola Stojanovic, 43 anni, domiciliato nell’accampamento di Strada Aeroporto, considerato uno dei capi del sodalizio criminale. Un penalista quarantenne di Torino che, nonostante la sua professione, non si fa problemi a trattare con gli zingari rom. Gli inquirenti lo hanno intercettato più volte. Nikola Stojanovic lo chiama sul suo telefonino cellulare: «Ascolta, ma ti interesserebbero due Rolex?». L’avvocato: «Belli?». Stojanovic: «Uno in oro testa… e uno solo… tutto acciaio. Poi c’è un Tiffany per tua donna che gli faresti un regalo. Poi c’è un Omega, fatto strano, tipo nuovo». Risposta: «Umh!». Stojanovic: «Puoi passare domani?». Avvocato: «Eh! Domani mattina passo a vedere». Ma questa non è la sola conversazione. Ce ne sono altre, dove il rom propone al legale altri tipi di orologi e di gioielli.

 

L’architetto disinvolto

È un altro grande professionista di Torino, che finisce coinvolto nel restyling della discoteca Hennessy, di via Pomba 7, ora in amministrazione controllata. Ma su di lui gli accertamenti degli inquirenti non sono ancora terminati. Tratta con gli zingari e non si fa problemi. I lavori all’interno del locale sfiorano i 250 mila euro tra materiale e manodopera. Un mucchio di soldi. Che gli investigatori del nucleo operativo di Venaria, coordinati dal capitano Roberto Capriolo, devono capire se siano provento della vendita delle refurtiva. Chilogrammi di oro ogni settimana, che garantivano un introito di migliaia di euro alla banda.

 

Gli altri indagati

Sono una miriade di persone attratte dall’acquisto facile. Orologi di marca e gioielli a prezzi stracciati. Ma c’è anche chi acquistava dagli zingari i preziosi e poi li rivendeva in giro. Nei guai, però, sono finiti anche dei Compro Oro e degli artigiani orafi che non si sono mai fatti problemi a scucire soldi contanti per pagare l’oro a Gabriele Benazzi o al conte Cesare Maria Gaschi di Bourget (entrambi grandi ricettatori con alle spalle anni di detenzione in carcere) senza farsi il minimo dubbio sulla sua provenienza.

I taxisti: “Troppi clienti in fuga senza pagare”

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Prendi la corsa e scappa. A sentire i racconti dei tassisti, soprattutto quelli che lavorano di notte, ci sarebbero tanti episodi da scrivere un libro. L’ultima faccia della crisi è prendere il taxi e poi darsela a gambe una volta a destinazione. Con le scuse più assurde. Ovviamente rischiando una bella denuncia.

I sindacati
Il Coordinamento Sindacale Tassisti Torinesi lancia l’allarme: «In due anni è raddoppiato il fenomeno. Capita almeno due o tre volte a settimana ad ognuno di noi, in particolare ai colleghi del notturno, di trovarsi di fronte a clienti che non hanno i soldi per saldare il conto, o peggio fuggono», spiega il segretario, Nicola Gasperoni. Spesso «persone insospettabili – continua –. Noi non siamo autorizzati a chiedere documenti, l’unica cosa che possiamo fare è chiamare le forze dell’ordine». C’è da dire che i casi di rapine, furti dell’auto, aggressioni violente sono diminuiti da quando le vetture bianche sono collegate con le forze di polizia. Diminuiti, ma non azzerati. Mercoledì scorso, di notte in piazza Rivoli, un diverbio tra un tassista e un ragazzo peruviano è finito in una rissa. Il giovane non aveva i soldi e ha cominciato a inveire contro il guidatore.
L’identikit
Non c’è un identikit preciso del «portoghese» del tassì. Il panorama raduna casi molto diversi, dai giovanissimi agili ad aprire la portiera e sparire, a clienti adulti, «che scendono di fronte a case tutt’altro che popolari», commenta Massimiliano T., a bordo della sua Multipla bianca. La più bella è capitata a lui: «Succede ormai di frequente di portare la signora 35-40enne, accompagnata in belle villette in periferia, che invece di pagare propone servizi alternativi». Diciamo così. Insomma, di pagare in natura. I giovani sono i più squattrinati e ingegnosi: «Carico un cliente in piazza Vittorio, venuto a piedi, avrà avuto 25 anni – prosegue Massimiliano –. Arrivati al confine con Moncalieri mi chiede di aspettare. Sarebbe salito a casa a chiedere denaro alla mamma. Ha avuto la decenza di tornare spiegandomi che la mamma non era a casa». Giuseppe De Francesco, «taxi driver» di notte da 11 anni, non crede ancora a quel che gli è capitato martedì sera. «Ero in piazza Madama, un ragazzo ubriaco mi chiede di andare in via Negarville. Mister, fa 20 euro, gli ho detto, svegliandolo all’arrivo. Non voleva pagare, ho rimesso in moto, si è lanciato già dall’auto ai 30 all’ora». Qualcuno, preso da rimorsi di coscienza, propone di lasciare il cellulare di poco valore in pegno, di scambiarsi numeri per recuperare il credito.
La fiducia
E’ tutta questione di fiducia, la corsa in taxi con il cliente, perché quasi nessuno chiede il pagamento anticipato. Una delle tattiche più diffuse tra i «portoghesi» è inventare un indirizzo lontano, poi farsi trasportare ben più vicino, chiedere di attendere sotto il portone: «Devo andare a prendere le chiavi di casa da un parente». Una volta entrati nel palazzo, buonanotte. Nessuno li rivede più. Come quella signora che da piazza Massaua, «uscita dal Bingo, mi ha fatto andare fino a Brandizzo. Zoppicava. Arrivata a destinazione è scesa e si è messa a correre. Fare denuncia ai Carabinieri? Perdi la nottata, e i soldi non li rivedi più».

I sette gadget hi-tech destinati a estinguersi

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Nella corsa a velocità massima della tecnologia, tanti oggetti si perdono per strada, scavalcati da novità che li rendono obsoleti. Già è capitato a lettori di musicassette o videoregistratori, soppiantati da alternative moderne che li hanno cancellati dalla geografia del nostro quotidiano. Succederà inevitabilmente, nei prossimi anni, ad altri gadget. Alcuni già sulla strada del tramonto, altri che sembrano in salute e indispensabili, ma che presto o tardi finiranno vittime di un carnefice la cui sagoma già si vede all’orizzonte.
La vittima – Il fax
Il carnefice – La posta elettronica e il fax virtuale
Per quanto la carta mantenga sempre intatto quel suo fascino di tangibilità, di materialità, il fax è un dispositivo che ormai appartiene a un’altra era. Sembra il retaggio di un’epoca impregnata di ritardi e burocrazia. Non che le cose oggi vadano chissà quanto meglio, ma illudiamoci che sia così e prepariamo a lasciarci la sua lentezza alle spalle. Basta un allegato in una mail per pensionarlo oppure un numero virtuale. Il fax che uccide se stesso, o almeno la versione digitale che rimpiazza quella analogica. Un copione in fondo già visto.
La vittima – Il telefono fisso
Il carnefice – Lo smartphone
Sotto lo strapotere dei servizi di messaggistica gratuita e istantanea, il traffico voce fatica e arranca sulla rete mobile, figuriamoci quanto soffra e latiti sulla rete fissa. Ognuno di noi ha uno, due, persino tre cellulari, ma sente sempre meno il bisogno di un duplicato attaccato a un filo o cordless. Gli operatori stessi se ne sono accorti da tempo e puntano soprattutto sulle connessioni al web per fare cassa. Tutto il resto è mobile.
La vittima – L’iPod e gli altri lettori
Il carnefice – Lo smartphone, di nuovo
Dopo anni di onorata e intonata carriera, anche lo storico, iconico iPod ha dato segni di cedimento, di perdita di terreno. Gli smartphone sono lettori di file audio perfetti, le cuffie già disponibili di serie non sono più quelle mezze schifezze da discount di un tempo, inoltre accelerometri e sensori vari inglobati dai chip dei cellulari rilevano le nostre performance fisiche e le calorie consumate. Perché mai dovremmo utilizzare un dispositivo a sé per sentire la musica?
La vittima – Le chiavette Usb
Il carnefice – I servizi cloud
Ora si sentono indispensabili ostentando tagli sempre più generosi, giga su giga, ma finiremo per fare a meno anche di loro. Perché sono troppe, dispersive, frustranti: rischiamo di non trovare quel file che cerchiamo proprio nel momento in cui ci serve di più. Meglio un bel servizio cloud, magari gratuito, con tutti i documenti organizzati e a portata di motore di ricerca. Certo, per foto e video è difficile. Ma quando la rete mobile offrirà velocità degne , addio chiavette.
La vittima – I lettori di dvd
Il carnefice – I servizi in streaming
Il ragionamento non fa una piega: perché dovrei tenere in casa decine, centinaia di titoli nella loro custodia di plastica – occupando spazio e non facendo esattamente un favore all’ambiente – se premendo un paio di pulsanti posso accedere a un catalogo di migliaia di titoli, per giunta spendendo pochi euro al mese? Velleità decorative a parte, comunque compensabili con qualsiasi oggetto di designer, i lettori di dvd (e a ruota di Blu-ray, rete permettendo), sono come i treni: hanno la strada segnata. Verso l’oblio.
La vittima – I proiettori delle pellicole
Il carnefice – I proiettori digitali
Niente più pizze, niente più fascino dell’immagine vagamente sporca ai bordi. Per la pellicola di celluloide è l’ora di fare l’inchino e congedarsi. Con i proiettori digitali, migliore qualità a parte (che per i nostalgici e i puristi può rimanere opinabile), la logistica del cinema si ottimizza ed è possibile adattare l’offerta dei titoli alle domande del mercato. Logiche da multisala, vero. Ma resteranno di sicuro schermi di nicchia per gli appassionati che non volteranno le spalle al vecchio sistema, almeno per i titoli della storia della settima arte.
La vittima – Le console dei videogiochi
Il carnefice – Smartphone, tablet e il cloud
Magari può sembrare un’eresia visto che sono appena arrivate sul mercato le console nuove di zecca, la Xbox One e la PS4. Ma è la maggioranza degli analisti a sostenere che una volta esaurito il loro ciclo di vita, in un arco tra i sei e gli otto anni, non verranno più prodotte. Non solo a causa della concorrenza agguerrita di smartphone e tablet, ma perché in futuro per giocare in salotto basteranno una connessione a internet e un joystick. La potenza di calcolo sarà tutta nella nuvola . Saranno felici i fan degli arredi minimali e chi non sopporta un bosco di fili dietro la tv. Meno, e vale per tanti oggetti in questa rassegna, chi all’intangibile del virtuale preferisce il conforto anche visivo della fisicità.

Eutanasia, ecco quali sono i Paesi europei in cui la «dolce morte» è legale

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Il percorso dell’eutanasia, accidentato e contestato, ha attraversato in questi anni l’Europa e l’ha spaccata in due tracciando una linea tra Paesi che ne hanno riconosciuto la validità e Paesi che hanno continuato a bandirla come omicidio. È stata l’Olanda, il primo aprile del 2002, a legalizzare – primo Paese al mondo – l’eutanasia diretta, seguita a pochi mesi di distanza proprio dal Belgio che, nel settembre dello stesso anno, autorizzò dopo un acceso dibattito il suicidio assistito e che ha appena esteso la legge anche ai minori. In dieci anni migliaia di malati terminali sono ricorsi all’aiuto di farmaci e medici per porre fine a quelle che la legislazione ha definito «sofferenze insopportabili e interminabili». Da allora, secondo dati della Società reale di medicina olandese, circa 4.000 persone l’anno sono state aiutate a morire: in particolare malati terminali di tumore, ma anche pazienti colpiti dalla malattia di Alzheimer in stadio avanzato.

Nel vicino Lussemburgo, nel marzo del 2009 è stata legalizzata l’eutanasia che vale tuttavia solo per adulti e pazienti in condizioni di salute considerate «senza via d’uscita». Vi sono poi Paesi come la Svizzera che prevede sia l’eutanasia attiva indiretta (assunzione di sostanze i cui effetti secondari possono ridurre la durata della vita), sia quella passiva (interruzioni dei dispositivi di cura e di mantenimento in vita), sia il suicidio assistito; o come la Francia, che ha introdotto con la legge Leonetti del 2005 il concetto di diritto al «lasciar morire», che favorisce le cure palliative.

E ancora la Gran Bretagna, dove l’interruzione delle cure a certe condizioni è autorizzata dal 2002 e si è introdotto anche il concetto dell’aiuto al suicidio «per compassione», che dal 2010 è sanzionato in modo meno duro che in passato. La Svezia ha legalizzato l’eutanasia passiva nel 2010, tollerata anche in Germania e in Austria su richiesta del paziente.

In altri Paesi, come Danimarca, Norvegia, Ungheria, Spagna e Repubblica Ceca ciascun malato può rifiutare le cure o comunque l’accanimento terapeutico, mentre in Portogallo sono condannate eutanasia passiva e attiva ma è consentito a un comitato etico di interrompere le cure in «casi disperati». La «buona morte» è infine ancora vietata e considerata un reato in Italia.

Olanda, ciò che faceva Hitler ora lo fa lo stato

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“La legge sull’eutanasia in Olanda sta deragliando”. Non lo ha detto un cardinale dell’Aia o Utrecht, ma niente meno che il dottor Boudewijn Chabot, lo psichiatra che nel 1994 per primo fornì in Olanda un farmaco letale per il suicidio assistito a una sua paziente con problemi mentali. Riconosciuto colpevole, Chabot non è stato condannato dai giudici, che hanno invece ritenuto la sua azione “amorevole”, e sul suo caso è stata poi costruita la legge sull’eutanasia approvata nel 2001. Adesso, sul quotidiano olandese Nrc Handelsblad, il padre della legge sull’eutanasia Chabot denuncia l’anarchia eutanasica nei Paesi Bassi, dove tra l’altro la federazione dei medici ha autorizzato i camici bianchi a togliere la vita a bimbi nati con gravi malformazioni, una norma, che entrerà in vigore dal 2014 e che, stando al giornale Volkskrant, riguarda trecento bambini l’anno.
Il pioniere dell’eutanasia olandese dice di non sentirsi più a suo agio con questa legge, che ha troppi “difetti”, e di essere rimasto “sorpreso dai recenti sviluppi”.

Gli sviluppi recenti sono quelli esposti dal ministro della Sanità, Edith Schippers, che due giorni fa è andata in Parlamento a rendere conto della situazione della “dolce morte”. Il dato più drammatico riguarda i malati di mente, i disabili psichiatrici, i folli e i dementi: 42 olandesi che soffrivano di patologie psichiatriche non terminali sono stati messi a morte nel 2013. Erano stati 14 nel 2012. Un aumento del trecentoventi per cento. Il giornale degli specialisti di malattie mentali, Tijdschrift voor Psychiatrie, parla della morte come “emancipazione” del paziente psichiatrico.
Il boom di disabili psichiatrici messi a morte si deve in gran parte al programma “Levenseinde”, fine vita, quindici unità eutanasiche mobili che uccidono i pazienti a domicilio. E’ il primo esperimento al mondo di eutanasia porta a porta e ha già una lista di attesa di duecento persone. Contattare il “servizio” è molto semplice, è sufficiente una telefonata o una e-mail e, nel giro di due giorni, l’équipe della morte è da te con la “medicina”.

Ad approvare il programma di “eutanasia ambulante” è stato proprio il ministro della Sanità Schippers. Ha richiesto e ottenuto l’eutanasia anche chi aveva “depressioni croniche” o “soffriva di demenza”, come l’Alzheimer. Un sondaggio pubblicato dal New England Journal of Medicine rivela che il 64 per cento degli psichiatri olandesi accetta l’eutanasia attiva per i pazienti che soffrono di malattie mentali. Queste unità si chiamano “Levenseindekliniek”, clinica della dolce morte. Ne fa parte anche la psichiatra Gerty Casteelen, che ha appena messo a morte una donna che soffriva di disturbi della personalità e di mania compulsiva. Lo scorso ottobre una donna ha chiesto e ottenuto che le venisse praticata l’eutanasia solo perché cieca, causa di “insopportabili e continuative” sofferenze.
Un altro caso si distingue per la crudezza: una donna che aveva sofferto di anoressia per trent’anni. Trattata senza risultati con tutti i metodi sanitari conosciuti, dopo cinque anni ha chiesto di morire. Nel momento in cui gli specialisti non erano in grado di offrirgli niente di più, il suo psichiatra le ha dato il consenso per l’eutanasia.

Nelle nuove linee guida della Royal Dutch Medical Association si può includere nell’eutanasia chi ha “disturbi mentali e psico-sociali”, come “perdita di funzionalità, la solitudine e la perdita di autonomia “come criteri accettabili per l’eutanasia”. Il documento conclude sostenendo che il “concetto di sofferenza” è “ampio” rispetto alla sua interpretazione ed esso dovrebbe includere anche “disturbi della vista, dell’udito e della mobilità, cadute, confinamento a letto, affaticamento, stanchezza e perdita di fitness”.

Accadde vent’anni fa, nel 1993, che il tribunale di Assen, nel nord dell’Olanda, prosciolse uno psichiatra che aveva aiutato a morire una disabile mentale. La Corte riconobbe che anche la “sofferenza morale” giustifica l’iniezione letale.

Allora il capo della Federazione dei medici olandesi, il compianto Karel Gunning, denunciò quanto stava accadendo con queste parole: “Tutti gridano all’omicidio quando si parla delle esperienze della Germania nazista, ma secondo me quello che si vorrebbe fare in Olanda è peggio. Quello che Hitler faceva in segreto in nome della ‘purezza della razza’, noi lo faremo alla luce del sole con la benedizione di una legge dello stato”.

Vent’anni dopo, a quarantacinque disabili mentali è stata somministrata la “Laatstwilpil”, ovvero l’“ultima pillola volontaria”.

Dall’aborto ai profilattici, tutti i no dei cattolici alla morale della Chiesa

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I fedeli contro la dottrina ufficiale. La maggior parte dei cattolici di tutto il mondo non condivide le posizioni del Vaticano su temi decisivi per la famiglia. E non è una contraddizione.

Ad esempio in materia di divorzio, aborto, contraccettivi. Non solo. Ma la maggioranza dei credenti di Europa, America Latina e Stati Uniti è in totale disaccordo con le politiche che non ammettono il matrimonio dei preti o il sacerdozio per le donne.

Questi risultati sorprendenti emergono da un sondaggio condotto per Univision, la principale tv degli Stati Uniti in lingua spagnola, dall’azienda internazionale di consulenza Bendixen & Amandi, che in passato ha lavorato per Nazioni Unite, Banca Mondiale e Casa Bianca. Presi insieme, e analizzati, questi dati rivelano una straordinaria discrepanza fra gli insegnamenti della Chiesa su temi fondamentali come la famiglia e invece la visione reale che ne ha il miliardo di cattolici nel mondo.

È, dovrebbe essere, un campanello d’allarme per il Vaticano. Perché più rilevante appare il fatto che le generazioni di giovani cattolici hanno su questo tipo di argomenti posizioni ancora più radicali e contrarie alla dottrina guardata come tale. Con un’eccezione. Esiste infatti una sola area in cui il sentimento pubblico si mostra quasi allineato con gli insegnamenti tradizionali, ed è il matrimonio gay. Difatti, con l’esclusione di Stati Uniti e Spagna, la maggior parte dei cattolici nel mondo si oppone all’unione fra due persone dello stesso sesso, con un margine di 2 a 1.

Questa indagine anticipatoria arriva nell’anno in cui in Vaticano si svolgerà, a ottobre, l’importante Sinodo sulla famiglia. Non più tardi di due giorni fa, lo stesso Papa Francesco ha parlato del nucleo famigliare come della “cellula fondamentale della società”. E a proposito del nuovo Pontefice, il sondaggio di B&A conferma il pieno successo che raccoglie Francesco su scala internazionale, a quasi un anno dalla sua elezione nel Conclave del 13 marzo 2013. Il rating di gradimento di Jorge Mario Bergoglio è altissimo: ben superiore all’80 per cento, con segni di non gradimento solo sotto il 5 per cento.

Già lo scorso ottobre il Vaticano aveva lanciato un proprio sondaggio alle diocesi di tutto il mondo, inviato per raccogliere informazioni e opinioni utili a preparare i cosiddetti “lineamenta” del Sinodo. Una sfida complessa, perché è un tentativo di trovare elementi basso per costruire la Chiesa di domani. Ora, lentamente, le prime risposte di quell’indagine ufficiale cominciano ad affluire. Secondo quanto anticipa il Sir (Servizio Informazione Religiosa) su questo ampio rilevamento vaticano, vi si legge già l’esigenza di una Chiesa “più aperta”. Dove una questione particolarmente avvertita, ad esempio dai cattolici belgi, è quella che “riguarda le persone omosessuali e i divorziati”. Oppure, nella Conferenza episcopale tedesca, “l’esclusione dai sacramenti dei divorziati risposati” è addirittura percepita come “una discriminazione ingiustificata e una crudeltà”.

Come si vede, si tratta di elementi che collimano con il rilevamento operato invece dalla B&A, il cui spirito è quello di tentare di anticipare, interpretare e comprendere quei dati. Un’indagine svolta in 12 Paesi che rappresentano Africa, Asia, Europa, America Latina e Nord America. Per il Vecchio continente sono stati scelti Francia, Spagna, Polonia e Italia.

Per quanto riguarda i dati disaggregati che riguardano solo il territorio italiano, alla domanda “come giudica il lavoro che sta facendo Papa Francesco?”, il 74% risponde “eccellente”, e il 25% “buono”, mentre solo l’1% replica “mediocre”, e lo 0% “male”. Sul tema del divorzio, al quesito se si è d’accordo o meno con la politica della Chiesa secondo cui “una persona che ha divorziato e si è risposata vive nel peccato e non può ricevere la comunione”, il disaccordo raggiunge il 79%, e solo il 16 si dice d’accordo. Sul fatto poi se i preti possano sposarsi il 57% degli italiani risponde sì, e il 38 no. E sulle donne sacerdote la replica è a favore con il 59%, con un 35% di contrari. Aborto: il 15% afferma che la necessità dell’intervento dovrebbe essere permessa in tutti i casi, il 68% in casi particolari dove ad esempio la vita della madre sia in pericolo, e solo il 13% risponde negativamente. Per i contraccettivi, la stragrande maggioranza è favorevole: 84%, con solo il 12% contrario. Sul matrimonio fra omosessuali, il 30% lo sostiene, mentre il 66% vi si oppone. Gli italiani intervistati nel sondaggio vanno in maggioranza a messa di frequente (il 65%, ogni settimana o almeno un paio di volte al mese). Chi va in chiesa solo a Natale o quasi è invece il 34%.

Dati che appaiono piuttosto significativi. Interessante, in fondo, è capire se chi si chiama fuori dalla dottrina della Chiesa lo faccia per ragioni proprie, oppure se in disaccordo con gli insegnamenti ufficiali. Davvero un punto di riflessione per il Vaticano. Molto utile per l’opera riformista che Francesco vuole imprimere al suo pontificato.

Eroina e droghe sintetiche, è boom tra i giovani

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Nuove droghe e vecchi “sempreverdi” come l’eroina: il mercato degli stupefacenti resta fiorente e questi sono i due filoni più in “voga” del momento. In particolare tra i consumatori giovani, che secondo i dati dell’osservatorio del Sert stanno aumentando sino a superare gli over 25 come numero complessivo.

Lo sa bene anche la polizia genovese che ha messo recentemente a segno un colpo non da poco con l’arresto di tre pusher personal trainer (il nome d’arte di uno di loro era “Massi choc”) anche per lo smercio di una nuova droga sintetica dagli effetti simili all’ecstasy e dal nome impronunciabile (diidrobenzofurano 6-apdb e 5-apdb). Una sostanza conosciuta nel mondo dei rave e solo recentemente finita nella lista nera della polizia.

Perché nel mondo delle “nuove” droghe sintetiche l’aggiornamento è fondamentale visto che gli investigatori si trovano sempre a rincorrere: secondo l’ultimo rapporto del Dipartimento per le politiche antidroga del Ministero dell’Interno in tanti comprano gli stupefacenti su internet, dove i siti che offrono sostanze o ne promuovono l’uso hanno abbondantemente superato le 800.000 unità.

L’indagine ha inoltre rilevato l’esistenza di un nuovo mercato in espansione (quasi esclusivamente gestito via internet), con oltre 250 nuove molecole in entrata sul territorio italiano ed europeo come i cannabinoidi sintetici, catinoni, fenetilamine, piperazine e metossietamine. In collaborazione con il Ministero della Salute, queste nuove droghe sintetiche sono state tabellate e quindi rese illecite.

Dal Sert genovese arriva l’allarme su un tipo di hashish sintetico dal maggiore livello allucinogeno: «Stiamo assistendo a episodi di ricoveri in psichiatria e cambiamenti comportamentali dovuti agli alti livelli di questo tipo di hashish che dà uno “sballo” molto più forte», spiega il direttore del servizio dipendenze Asl3 di Ponente Giorgio Schiappacasse.

A fianco alle ultime novità, però, purtroppo a riprendere quota è anche la “vecchia” eroina. Che è arrivata a costare pochissimo, intorno ai dieci euro a dose. La scoperta di un “tappeto” di siringhe ieri nei giardini di plastica è significativa: non tutte erano rimaste lì dagli anni’80. «Purtroppo la paura del “buco” è andata scemando con l’affievolirsi delle campagne contro l’Aids: chi si buca oggi sono soprattutto i giovani nati negli anni ‘90 che non hanno vissuto la paranoia dell’Aids».

FRANCIA: QUASI UN ADOLESCENTE SU CINQUE HA TENTATO DI SUICIDARSI

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Quasi un adolescente francese su cinque (20,9 per cento) e l’8,8 per cento dei ragazzi di 15 anni confessano di aver tentato il suicidio.franciascuola

Lo rivela un sondaggio pubblicato questa settimana dal quotidiano Le Monde e dalla rivista medica Le Concours Médical nel suo numero di gennaio, e che è stato condotto nel giugno 2012 su 1.817 individui in 171 scuole delle regioni di Poitou-Charentes (ovest) e Alsazia (nord-est).

Gli adolescenti hanno compilato un questionario di 88 domande, che comprendevano quesiti del tipo “hai cercato di suicidarti negli ultimi due mesi?”, oppure “quante volte hai cercato di suicidarti?”. Nelle due regioni sono stati registrati risultati simili.

Nel 1993, ricorda Le Monde, il numero di adolescenti che hanno confessato il tentato suicidio si situava intorno al 9 per per cento per le ragazze e al 4 per cento per i ragazzi, percentuali salite rispettivamente fino al 14,6 per cento e all’8,8 per cento nel 1999.

Led tarocchi e nocivi sequestrati negli stadi: cinesi, ma piazzati da ditte bresciane

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Pannelli led nocivi e anche tarocchi, ovvero con delle schede preassemblate in Cina. La Guardia di finanza di Brescia ha infatti sequestrato in diversi stadi di calcio di serie A e B i pannelli led che durante le partite trasmettono messaggi pubblicitari e che sono ritenuti non conformi agli standard di sicurezza.
I moduli led bordocampo – che non rispetterebbero le norme europee sulla compatibilità elettromagnetica – sono stati realizzati, riferisce la Guardia di Finanza, da aziende bresciane fra il 2010 e il 2012 utilizzando schede preassemblate prodotte in Cina.

Secondo la Gdf mancano però le necessarie certificazioni di conformità alla direttiva europea sulla compatibilità elettromagnetica. Sono cioè taroccati e quindi potenzialmente pericolosi per la salute, un po’ come succede per certi giocattoli o dolciumi made in Cina.