25 Settembre 2024, mercoledì
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Festival di Sanremo: Arisa vince con “Controvento”

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Arisa con la canzone “Controvento” vince l’edizione del Festival di Sanremo numero 64. Raphael Gualazzi e The bloody beetroots con “Liberi o no”, e Renzo Rubino con “Ora”, gli altri due artisti sul podio.
Cristiano De Andrè con la canzone “Invisibili” è invece il vincitore del Premio della Critica Mia Martini, nella sezione Campioni. Hanno votato 112 giornalisti accreditati al Festival. Voti validi 104, schede nulle 8. De Andrè ha ottenuto 42 voti, i Perturbazione con “L’unica” 15 voti e 8 Renzo Rubino con “Ora”.

Il premio Miglior Testo è stato assegnato dalla Giuria di qualità SEMPRE al brano “Invisibili” di Cristiano De André. Nel consegnare il premio, Fabio Fazio ha ricordato anche Gianni Borgna recentemente scomparso.
I Perturbazione hanno poi vinto con 31 voti il premio della Sala Stampa Radio-tv-web “Lucio Dalla”. Dodici voti anche per Arisa, 10 per Noemi e Renzo Rubino, 9 per Raphael Gualazzi e The Bloody Beetroots, 8 per Cristiano De André e Francesco Renga, 4 per Antonella Ruggiero, 3 per Frankie hi-nrg mc e Ron. Due voti anche per Giusy Ferreri, Giuliano Palma e Francesco Sarcina, 1 per Riccardo Sinigallia. Una scheda bianca.

Sanremo Giovani, vince Rocco Hunt. Il rapper che canta la Terra dei Fuochi

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Rocco Hunt, vincitore tra le Nuove Proposte con la canzone Nu juorno buono, dedicata alla Terra dei Fuochi, è il più giovane artista in gara al 64/o Festival di Sanremo.
Classe 1994, voce del rap campano, affonda le radici nel tessuto sociale e urbano da cui proviene, le case popolari della Zona Orientale di Salerno. Fin da piccolissimo la musica è la sua più grande passione e ben presto diventa il suo strumento più efficace per trasmettere e cercare di realizzare i sogni e le speranze di un bambino di periferia: “A’ music’ è speranz” (La musica è speranza) come celebra nella sua prima autoproduzione targata 2010.
Un po’ scugnizzo e un po’ intellettuale, come si definisce lui stesso, Rocco fonda saggezza popolare e argomenti di attualità, cultura di strada e riferimenti culturali, con rime sia in dialetto che in italiano. Dopo la pubblicazione di un primo EP, nel novembre 2011 pubblica il suo primo street album interamente auto prodotto, “Spiraglio di Periferia”, che si rivelerà un successo per la scena Hip Hop italiana.
Da qui comincia una lunga serie di date in giro per l’Italia che lo vedranno incendiare oltre 90 palchi, suonando dal vivo con artisti come Marracash, Co’Sang, Ensi, Salmo, Noyz Narcos, Clementino, Bassi Maestro, La Famiglia e molti altri e collabora musicalmente anche con DonJoe, Dj Shablo, Fritz The Cat e con una lunga serie di rappers e produttori più o meno underground della vecchia e della nuova scuola tra cui spicca Fabio Musta, beat maker Hip Hop di fama mondiale.
A giugno 2013 esce “Poeta urbano“, album caratterizzato da testi maturi e al tempo stesso freschissimi che descrivono il quotidiano visto con gli occhi di un giovane del sud, fortemente legato alle proprie origini e con un enorme senso di responsabilità. “Poeta urbano” vede la partecipazione di grandi nomi del genere come Clementino ed Ensi che duettano con Rocco Hunt – oltre ai giovani e promettenti Zoa e Nazo – ma anche Dj Shablo e Friz The Cat, entrambi veterani ad oggi presenti nelle più grosse e importanti produzioni di genere, Reverendo, Fabio Musta, producer di fama internazionale che da sempre accompagna Rocco nelle sue produzioni, coadiuvati dai giovani Denny The Cool e Valerio Nazo.
Eccolo emozionatissimo sul palco dell’Ariston, Quando ha ricevuto il premio ha detto: “Ha vinto la gente”.

Renzi parte veloce: vuole tagliare Irpef, spesa pubblica e tasse sul lavoro

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Abbassare l’Irap del 10% per dare ossigeno alle imprese sul fronte del costo del lavoro e ridurre l’Irpef ai redditi fino a 15 mila euro. Sarà questa la prima, immediata, e tanto ardua missione che il governo Renzi vuole intraprendere.
Il neo titolare dell’Economia, Pier Carlo Padoan, dovrà tradurre il tutto in una legge, coperta con i fondi in cassa e con la spending review, da approvare al primo consiglio dei ministri operativo dopo quello di martedì dedicato ai sottosegretari.

Una riduzione di Irap e Irpef per fare intascare ai meno abbienti un bonus annuale di 500 euro, o in forma di detrazioni o in forma di assegno per gli incapienti, quelli che non pagano tasse perché guadagnano troppo poco.
Ma Renzi punta ovviamente anche ad un netto taglio alla spesa, anche perchè come ha detto lui stesso “soldi in cassa non ce ne stanno, è inutile che ci prendiamo in giro. E i risultati della spending review rischiano di arrivare tardi rispetto alla data che ci chiedeva l’Europa”. Il presidente del Consiglio ha infatti due obiettivi chiari in mente: “Abbassare le tasse sul lavoro e contenere la spesa pubblica. Anzi, se è possibile abbatterla”.
Maria Teresa Meli per il Corriere della Sera scrive:
L’uomo è fatto così, non accuserebbe mai direttamente Enrico Letta di aver tardato e di non aver rispettato i tempi dettati dell’Europa, anche se così è, e se questo rinvio secondo il premier si abbatterà sul suo governo e non su quello precedente. Però non vuole deflettere dal suo obiettivo. Si è dato delle scadenze, di cui ha avuto modo di parlare con Pier Carlo Padoan solo velocemente per telefono, e vuole arrivare fino in fondo. Con i suoi Renzi non riesce a nascondere la verità. Non può far finta che la situazione ereditata dal governo precedente non esista.
«Perché dovrei fare un esercizio di masochismo puro?», è la domanda provocatoria che si rivolge in questi giorni e che, soprattutto, rivolge a quelle corporazioni che non ha mai amato e con cui, prima o poi, sarà costretto a confrontarsi. I soldi, secondo il presidente del Consiglio «non si trovano certo aumentando la pressione fiscale». E il fatto che Padoan «non sia un rigorista» non gli dispiace affatto. I fondi, secondo il premier, bisogna trovarli dalle «riforme che l’Europa ci chiede». Anzi, che «ci ha gia chiesto e di fronte alla quali non «possiamo più indugiare». Solo quelle che ci daranno «l’energia per andare avanti, altrimenti….». Altrimenti il rischio è che tutta l’imprenditoria italiana si ritiri e si allontani. «Perciò – dice e ridice Renzi – bisogna fare presto, prima che arrivi lo tsunami. Questa è la ragione per cui dobbiamo fare sul serio».

Governo Renzi: fiducia in 2 giorni, nottata al Senato e poi si corre alla Camera

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Il Senato sarà il primo ramo del Parlamento al quale il governo presieduto da Matteo Renzi chiederà il voto di fiducia. Rispettando la regola della “culla” secondo la quale, per un principio di alternanza, l’esecutivo deve nascere in una Camera diversa rispetto a quella in cui ha preso il via il precedente governo, stavolta è il turno di Palazzo Madama.
Il calendario dei “lavori” è piuttosto serrato: si comincerà lunedì 24 febbraio alle 14 con le comunicazioni del presidente Pietro Grasso. Il dibattito prenderà il via alle 15.30 e lo spazio per le repliche e la dichiarazione di voto si aprirà alle 20. Alle 22 inizierà la prima chiama per il voto di fiducia la cui conclusione è prevista in serata.

Martedì 25 sarà il turno di Montecitorio. Un orario preciso ancora non è stato fissato visto che il compito di stilare un calendario definitivo toccherà alla Conferenza dei capigruppo convocata per lunedì pomeriggio. Ma Renzi alla Camera verrà comunque lunedì, anche se solo per consegnare le dichiarazioni programmatiche che avrà già illustrato al Senato. Poi vi farà ritorno il giorno successivo, martedì, per chiedere, anche qui, il voto di fiducia per il suo governo. In attesa che la Conferenza dei capigruppo di Montecitorio fissi un calendario preciso, si sa che martedì mattina dovrebbe esserci la discussione generale. Seguita dalla replica del premier, dalle dichiarazioni di voto e dal voto. L’intenzione, anche in questo caso, è di concludere tutto in giornata. Al massimo nel tardo pomeriggio.
Una fiducia in due giorni, così com’è stato anche per i governi Letta e Monti. Una volta incassato il “via libera” dal Parlamento, al governo Renzi toccherà un’ altra gravosa incombenza: quella dei sottosegretari. Secondo fonti parlamentari della maggioranza, l’idea era quella di nominarli già in questa prima riunione del Consiglio dei ministri, ma poi si sarebbe preferito aspettare il voto di fiducia del Parlamento. Esponenti del governo assicurano che un’eventuale loro nomina potrebbe avvenire il giorno immediatamente successivo. Da un punto di vista programmatico, invece, il ministro Maurizio Lupi assicura che si rimetteranno subito in pista le riforme costituzionali, che dovranno andare di pari passo con la legge elettorale.
Ma l’elenco delle priorità indicate dal’esecutivo Renzi è lungo e ambizioso: provvedimenti per rilanciare il lavoro (a marzo), riforma e snellimento della Pubblica amministrazione (ad aprile), misure su fisco (a maggio) e riforma della Giustizia (a luglio).

Creme al mercurio per sbiancare la pelle: made in China, sono nocive

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Fabbricate per lo più in Cina, ma spesso con finto marchio italiano, transitate in Africa e poi importate illegalmente nel nostro Paese. Centinaia di migliaia di confezioni di creme per schiarire la pelle, di ben 36 marchi diversi, ogni anno, entrano in Italia per essere rivendute nei negozi etnici e utilizzate da ben il 40% delle giovani immigrate subsahariane. Ma sotto la maschera di ‘innocuo prodotto estetico’, in realtà nascondono sostanze farmaceutiche utilizzate senza alcun controllo. La denuncia viene dall’Agenzia del Farmaco Italiana (Aifa) che identifica le principali destinatarie di queste creme depigmentanti in donne senegalesi, nigeriane e della Costa d’Avorio.
“I numeri della diffusione di questi prodotti tra donne immigrate sono impressionanti. Secondo dati di uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità, il 40% di quelle sotto i 35 anni e 36% sopra quell’età ne fa uso. E spesso cospargendo tutto il corpo e regolarmente per anni”, spiega il direttore del reparto Contraffazione dell’Aifa, Domenico Di Giorgio. Ottenere ”maggiore accettazione sociale e più facilità nel trovare lavoro”, spiega Di Giorgio, sono le ragioni che spingono donne di colore colpite da questa sorta di ‘sindrome di Michael Jackson‘, che non possono accedere a interventi chirurgici, a fare incetta di questi mix a base di cortisonici e mercurio “che causano danni alla pelle e all’intero organismo”. Motivo per il quale, negli ultimi 12 mesi sono stati intensificati i controlli alle dogane aeroportuali e navali e sono cresciuti esponenzialmente i sequestri: “Se ne registrano almeno tre a settimana solo all’Aeroporto di Fiumicino, uno dei più attivi”, aggiunge Di Giorgio. Si va da piccoli stock di circa 100 pezzi nascosti tra i vestiti, in valigia, a maxi sequestri come quello avvenuto un mese fa ad opera della Guardia di Finanza al porto di Ancona, dove sono state ritrovate 46.200 confezioni illegalmente importate.

Venezuela, studenti accusano: “Polizia ci violenta con i fucili”.

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Studenti antigovernativi che sono stati arrestati in questi giorni in Venezuela, accusano la polizia denunciando: “Gli agenti ci violentano con i fucili”. E soltanto l’ultima notizia diffusa a riguardo delle violenze in corso in Venezuela. Mentre tutto il mondo si concentra sulle violenze in corso in Ucraina, anche nel paese sudamericano la tensione non accenna a scendere. Qui, sono in corso da circa otto giorni proteste e scontri in strada tra forze di sicurezza e manifestanti antigovernativi che chiedono le dimissioni del presidente socialista Nicolas Maduro.
In mezzo ci sono anche i sostenitori chiavisti che appoggiano il governo partecipando agli scontri. Uno di loro oggi 21 febbraio è stato ucciso. È la sesta vittima in poco più di una settimana. In questi otto giorni di scontri e rivolte, si sono registrate decine di feriti e di arresti.
Leggi anche: “Venezuela, morta Genesis Carmona: miss antichavista ferita in un corteo”

Come spiega il Corriere
“Si tratta della più grave crisi da quando Maduro è stato eletto nell’aprile scorso. L’attenzione mediatica sugli scontri è salita da quando due tre manifestanti sono stati uccisi. E la situazione rischia di degenerare, sia per il tentativo dell’opposizione oltranzista a Maduro di prendere il controllo delle rivolte studentesche, sia del presidente di girare la situazione a suo vantaggio e approfittare delle tensioni per mettere il bavaglio a dissidenti e stampa”.
“Giovedì gli scontri più duri si sono registrati negli stati andini di Tachira e Merida, mentre mercoledì notte è stata Caracas a vedere uno dei peggiori picchi di violenza dall’inizio delle rivolte. Alcuni manifestanti denunciano violenze terribili da parte della polizia. Due ragazzi, di 21 e 25 anni, hanno raccontato al El Mundo di essere stati trattenuti dalla polizia per 60 ore prima di comparire davanti al giudice. I due hanno riferito di essere stati pestati più volte e di essere stati violentati con le canne dei fucili. I riflettori sono però puntati per lo più sul leader dei ribelli Leopoldo Lopez, che dopo cinque giorni di latitanza si è arreso alle guardie e che rischia 10 anni di carcere, con l’accusa di terrorismo e di omicidio. Lopez è detenuto nel carcere fuori Caracas, controllato dai militari. D’altro canto i sostenitori di Maduro accusano una parte dell’opposizione di star manovrando gli studenti e di aver lanciato una campagna terroristica di ‘matrice fascista’”.

Scuola da 11.800 bidelli a 24.000 esterni, cioè in 57 per 6 aule a 1.000 al mese

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In 57 per pulire 6 aule, chiaramente con stipendi da fame , la miseria di mille euro al mese. Ma moltiplica miseria per il doppio degli stipendi da pagare e hai un costo enorme rispetto a prima. La tremenda vicenda degli addetti alla pulizia delle scuole che oggi molte scuole occupano impedendo loro di funzionare è questo groviglio contorto in cui nessuno ha in mano il filo “buono”, nessuno ha tessuto solo la tela delle buone ragioni o quella del torto marcio.
Fino al 1999 per garantire la pulizia degli istituti scolastici c’erano poco meno di 12 mila addetti. Oggi sono diventati 24 mila. Il problema non è quindi, o almeno non solo, quello dei fondi destinati alla scuola e dei relativi tagli. Il problema sono i numeri. Gli addetti sono troppi, distribuiti male e con stipendi troppo bassi. Una situazione che logica vorrebbe non si risolvesse solo aumentando i fondi, ipotesi tra l’altro difficile da realizzare visto che i soldi non ci sono, ma che avrebbe bisogno di un approccio differente.

“La scuola che vive di emergenze e proroghe deve affrontare l’ultima crisi: la sporcizia in aula e nelle palestre. La questione è semplice anche se antica. I tagli del governo Monti, e la scelta dell’ex ministro Profumo di affidare i bandi delle pulizie alla centrale Consip, hanno ridotto progressivamente i finanziamenti di Stato: 640 milioni di euro elargiti nel 1999, 390 milioni nel 2011, solo 290 milioni per la stagione in corso. Il ragionamento del governo Monti — non smentito da Letta e dalla Carrozza — è stato: prima del 1999 la pulizia nelle scuole si faceva con 11.800 bidelli, oggi il costo di quel servizio deve corrispondere al costo di 11.800 bidelli assunti. Il taglio successivo, quindi, è stato più che lineare, violento: meno 48%. Oggi a pulire le scuole italiane ci sono 24 mila esterni, il doppio dei bidelli: sono ex Lsu (lavoratori socialmente utili) e i cosiddetti ‘appalti storici’. Le prime analisi del Miur hanno verificato casi con 57 lavoratori impegnati a pulire sei aule, ma in altre realtà il personale è sottodimensionato. Soprattutto, ci sono 11 mila lavoratori che — avendo le loro coop e le loro aziende iscritte a Confindustria introitato la metà — rischiano di perdere il posto di lavoro o di veder dimezzato lo stipendio (oggi di 850 euro al mese)”.
Con circa 500 euro al mese ovviamente non si vive. E su questo punto sono quindi più che comprensibili e condivisibili le proteste e soprattutto le preoccupazioni di chi teme di dover fare i conti con il taglio dello stipendio. Ma è anche vero che, per anni, molti di questi lavoratori sono stati pagati, poco, per fare altrettanto o meno. Sono in molti casi lavoratori che hanno avuto più che una retribuzione una sorta di elemosina, con tutte le caratteristiche del termine. Elemosina nel senso che il loro stipendio era al limite, anzi forse sotto, la sopravvivenza, ed elemosina nel senso che veniva data senza chiedere in sostanza nulla in cambio.
Come è vero che, numeri alla mano, 24 mila addetti sono uno sproposito per la scuola italiana. Pur volendo credere che i 12 mila lavoratori di fine anni ’90 fossero pochi, si può ipotizzare un ragionevole aumento nella misura del 10/20%. Passare però da 12 a 24 mila, raddoppiando il numero degli addetti, appare evidentemente come un’esagerazione. Tanto più che non risulta ci sia stato un nuovo baby-boom nel decennio passato che configuri un successivo boom di alunni nelle scuole.
Non si può, o quantomeno non dovrebbe lo Stato ignorare le difficoltà dei soggetti coinvolti in questa vicenda ma, a prescindere dalle richieste avanzate da questi, non può lo stesso Stato continuare a mantenere, anche attraverso appalti esterni, un servizio scadente e degli stipendi ridicoli. Oltretutto con il rischio che nelle scuole non venga garantita la pulizia e si arrivi alla chiusura, come già in qualche realtà è accaduto, degli istituti.

Letta-Renzi, il gelo al passaggio delle consegne

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C’è una piccola cerimonia che avviene a ogni passaggio di consegne a palazzo Chigi. E’ la cerimonia della campanella, il premier uscente consegna una simbolica campana al nuovo presidente che ha appena giurato al Quirinale. E’ successo a palazzo Chigi anche con Letta e Renzi. Inusuale, però, il gelo tra i due. Tra Enrico Letta, di fatto “cacciato” e sfiduciato dal suo ruolo, e Matteo Renzi, colui che con qualche forzatura ne ha assunto il ruolo, neanche uno sguardo.
Letta arriva al centro della saletta davanti ai fotografi, scuro in volto. Renzi gli si avvicina con sorriso impacciato. Enrico non lo guarda, gli consegna la campanella, non stira un sorriso nemmeno nella stretta di mano di prassi. Appena si svincola dalla stretta esce quasi di corsa. Una scena irrituale, considerando che i due sono anche compagni di partito. Berlusconi nel 2011 non mancò di sorridere e trattenersi qualche secondo con Mario Monti. Stavolta nulla di tutto ciò.
Letta qualche minuto dopo pubblica un tweet sibillino. “Lascio#Chigi.Grazie Napolitano e tutti quelli che mi hanno sostentuto! Ora uno stacco via da Roma per prendere le migliori decisioni.#Futuro”. Decisioni migliori per il futuro…una sfida lanciata a Renzi, non sul terreno del governo, ma evidentemente su quella del partito. Non è detto che Letta continuerà a rimanere nel Pd, lascia presagire questo tweet.

Chi è Marianna Madia, nuovo ministro della Pubblica amministrazione

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Una donna con un bambino piccolo, in attesa del secondo, e che si occupa da sempre di lavoro: ”Un segnale importante in un Paese nel quale si firmano dimissioni in bianco”. Così Matteo Renzi aveva commentato la decisione di affidare a Marianna Madia la responsabilità del settore lavoro nella segreteria del Pd. E oggi conferma questa fiducia affidandole però la guida di un ministero senza portafoglio, quello della Semplificazione e della pubblica amministrazione.
Nata nel 1980, giovanissima (ma non il ministro più giovane nella storia della Repubblica, primato che appartiene ad Enrico Letta, appena trentaduenne la prima volta che fu nominato), liceo francese e laurea in Scienze politiche a Roma con una tesi in economia del lavoro, Madia ha collaborato con l’Arel, l’Agenzia di ricerche e legislazione fondata da Nino Andreatta, ed è entrata in Parlamento a soli 28 anni, nel 2008, sotto l’ala di Walter Veltroni.

L’allora leader del Pd decise infatti di presentarla come capolista nel collegio Lazio1 inaugurando così la sua carriera politica e la sua presenza alla Camera, confermata nel 2013 dopo aver ottenuto circa 5.000 preferenze alle primarie del Pd. Impegnata fin dall’inizio sui temi del lavoro, ha curato il volume ”Un welfare anziano. Invecchiamento della popolazione o ringiovanimento sociale?” e ha pubblicato nel 2011 ”Precari. Storie di un’Italia che lavora” con la prefazione di Susanna Camusso.
Quello dei precari è del resto un problema storico della pubblica amministrazione e sarà quindi, insieme al rinnovo del contratto di settore inevitabilmente una delle sfide che Madia si troverà ad affrontare. Come quella della semplificazione, di cui il ministero prende non a caso il nome. Nonostante gli sforzi dei passati governi nella direzione di uno snellimento burocratico, il rapporto con cittadini e imprese resta infatti una delle noti dolenti della pubblica amministrazione italiana. Resta inoltre tutta da scrivere l’ampia pagina della spending review alla quale sta lavorando il commissario Carlo Cottarelli e che avrà nel nuovo ministro un necessario interlocutore. Auto blu a parte, il taglio della spesa non può infatti che passare per ministeri, uffici, enti locali, partecipate che della pubblica amministrazione sono parte integrante.

Chi è Federica Mogherini, nuovo ministro degli Esteri

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Chi è Federica Mogherini, nominata dal premier Matteo Renzi nuovo ministro degli Esteri, al posto di Emma Bonino?

Nata a Roma il 16 giugno 1973 è stata eletta deputata del Partito Democratico per la prima volta alle politiche del 2008, nella XVI Legislatura. Poi è stata rieletta alle politiche 2013, nella XVII Legislatura. Fra i più assidui alla Camera, dal marzo 2013 ha totalizzato il 98,20% delle presenze.
Ha studiato Scienze Politiche all’Università La Sapienza di Roma, dove si è laureata con una tesi di filosofia politica sul rapporto tra religione e politica nell’Islam, fatta durante l’Erasmus a Aix-en-Provence, in Francia.
Nel 1996 si è iscritta alla Sinistra giovanile. Nel 2001 è entrata nel Consiglio Nazionale dei Ds, successivamente nella Direzione Nazionale e nel Comitato Politico. Nel 2003 ha iniziato a lavorare al Dipartimento Esteri dei Ds, prima come responsabile del rapporto con i movimenti, poi come coordinatrice del Dipartimento, e da ultimo come responsabile delle Relazioni Internazionali. Ha seguito in particolare i dossier relativi all’Iraq, l’Afghanistan, il processo di pace in Medio Oriente. Ha tenuto le relazioni con il Partito Socialista Europeo, l’Internazionale Socialista, ed i partiti che ne fanno parte. Ha curato in particolare i rapporti con i Democratici americani.
È stata nell’esecutivo del Partito Democratico dalla sua nascita fino all’aprile 2008, e poi dal febbraio al novembre 2009.
Dal 24 febbraio 2009 il Segretario del Pd Dario Franceschini (già Vicesegretario di Veltroni nominato leader del Pd dopo le sue dimissioni dalla Segreteria nazionale) la nomina Responsabile nazionale Pari Opportunità nella nuova segreteria.
Il 9 dicembre 2013 è stata nominata dal nuovo segretario Matteo Renzi membro della segreteria nazionale del Partito Democratico, con il ruolo di responsabile per l’Europa. Ha un blog, BlogMog, dove scrive: “E poi, BellaCiao è la più bella ninna nanna del mondo”.