27 Settembre 2024, venerdì
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Dall’Europa nessuna cambiale in bianco

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Non c’è dubbio che in Europa si stiano seguendo con un misto di interesse e curiosità, ma anche di disponibilità e apertura, le recenti vicende italiane che hanno portato alla formazione di un nuovo governo, presieduto dal Segretario del Partito democratico, Matteo Renzi.

Sarebbe illusorio pensare che il nuovo governo possa fare affidamento, in Europa, su una sorta di cambiale in bianco, solo perché si presenta con nuovi protagonisti e con una nuova compagine. Ci sarà quindi molta attenzione a Bruxelles e nelle capitali europee per le prime mosse e i primi annunci del governo italiano.

Mantenere gli impegni
Proprio per questo sarebbe un grave errore pensare di poter rimettere in discussione l’impianto complessivo delle regole definite in questi anni sia in materia di controllo delle politiche fiscali e dei bilanci pubblici degli stati membri che in materia di coordinamento delle politiche economiche nazionali.

Sarebbe un altrettanto grave errore presentarsi in Europa con una richiesta di revisione degli impegni assunti dai precedenti governi in materia di riduzione del deficit e in prospettiva del debito, o di rinegoziazione degli strumenti di controllo dei bilanci nazionali.

La situazione italiana è nota in Italia e in Europa. Abbiamo realizzato un significativo consolidamento delle finanze pubbliche (grazie anche a misure che hanno avuto un impatto negativo sulle prospettive di crescita); e possiamo fare affidamento su un avanzo primario che ci qualifica tra i primi della classe in Europa sul fronte del deficit. Continuiamo però a far registrare un debito consolidato, secondo solo a quello della Grecia.

I mercati finanziari manifestano fiducia nei confronti dell’Italia e della sostenibilità del nostro debito pubblico, come testimoniato dall’andamento degli spread di questi ultimi giorni. Continuiamo però a essere il fanalino di coda in termini di crescita.

Rimaniamo infatti il paese dell’Eurozona che fatica di più ad agganciare i pur timidi accenni di ripresa prevista per il 2014 e 2015. E soprattutto, siamo agli ultimi posti in Europa per competitività, produttività, attrazione degli investimenti e altri importanti indicatori che segnalano lo stato di salute dell’economia di un paese.

Sfida credibilità
Per il governo che si insedierà nei prossimi giorni si riproporrà quindi la sfida della credibilità, in primis in Europa e con l’Europa, che è stata al centro delle preoccupazioni dei due governi precedenti.

E la sfida della credibilità si può vincere non tanto sbattendo i pugni sul tavolo di Bruxelles o chiedendo improbabili deroghe sui target per deficit e debito, quanto avviando in maniera convinta, e fin dai primi giorni, un programma di misure di riforma di rapida attuazione e destinate ad accrescere la competitività del sistema Paese.

La lista delle cose da fare è nota: una seria riduzione del cuneo fiscale e una riforma più generale del fisco che consenta di alleggerire il carico fiscale sul lavoro; una riforma del mercato del lavoro che semplifichi le tipologie dei contratti e introduca ulteriori elementi di flessibilità in entrata e in uscita, accompagnata da una riforma dei sussidi disoccupazione; un programma serio di semplificazioni amministrative con impatto immediato sul sistema delle imprese e delle famiglie; una revisione della spesa pubblica che consenta di liberare risorse per investimenti produttivi; uno programma di ulteriori privatizzazioni non solo di immobili ma anche di società pubbliche; una riforma della giustizia che consenta di velocizzare i processi civili; ulteriori interventi mirati a ridurre i fenomeni di corruzione nella pubblica amministrazione a tutti i livelli.

A queste riforme con impatto diretto sulla competitività del sistema paese si dovrebbero accompagnare anche riforme istituzionali destinate a modernizzare l’apparato dello stato e a ridurre i costi della politica.

Flessibilità
Un governo che si presenti in Europa con un programma ambizioso, ma credibile di riforme avrebbe sicuramente buone chance di negoziare con successo margini di flessibilità con la Commissione, ma anche con i maggiori partner, non tanto sul livello del deficit quanto sulla riduzione del debito, sfruttando in maniera costruttiva quegli elementi di flessibilità che sono già previsti dagli strumenti comuni di controllo dei bilanci nazionali, anche nella loro versione più aggiornata.

Lo si potrebbe fare avviando da subito un’interlocuzione con la Commissione sul piano bilaterale per esplorare un percorso che ci consenta di utilizzare questa flessibilità (soprattutto sulla riduzione del debito ed eventualmente sui tempi per la riduzione del deficit) già da quest’anno e ancor più per l’anno prossimo (il primo anno di applicazione della cosiddetta regola del debito).

Ma lo si dovrebbe fare anche su un piano più generale, rilanciando il negoziato sui contratti/partenariati per la crescita che erano stati concordati in linea di principio al Consiglio europeo dello scorso dicembre, ma che dovranno essere definiti in maniera compiuta entro il prossimo ottobre (sotto presidenza italiana della Ue).

Questi contratti offrono infatti un’opportunità da non perdere per realizzare uno strumento più efficace di coordinamento delle politiche nazionali per la crescita in un quadro comune, a condizione che si applichino a tutti i membri dell’Eurozona e che siano accompagnati da convincenti incentivi.

In attesa di poter costruire nel medio termine una autonoma capacità di bilancio dell’Eurozona, l’idea di margini di flessibilità sul debito (ed eventualmente anche sul deficit) in cambio delle riforme si presenta un “trade-off” sicuramente proponibile, probabilmente praticabile e di verosimile interesse anche per altri Paesi dell’Eurozona.

Enti locali, buste paga in salvo

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Le regioni e gli enti locali che hanno sforato i vincoli alla contrattazione integrativa dovranno recuperare le risorse erogate in eccesso dai fondi che verranno stanziati quando sarà chiuso il prossimo Ccnl. Non ci sarà dunque nessun rischio di prelievo in busta paga per il personale (dirigenziale e non) che ha ricevuto le somme extra, ma solo un «graduale riassorbimento delle stesse, con quote annuali e per un numero massimo di annualità corrispondenti a quelle in cui si è verificato il supermamento dei vincoli». Gli enti spendaccioni dovranno poi ridurre le spese per il personale fino ad arrivare a un taglio di almeno il 20% dei dirigenti e del 10% dei dipendenti da attuare attraverso piani di snellimento delle strutture amministrative e accorpamento di uffici. La cura draconiana contro la lunga sfilza di enti locali, soprattutto comuni, che in questi anni hanno largheggiato nell’erogazione di risorse (gli accertamenti della Ragioneria sono ancora in corso, ma la lista annovera nomi illustri come Roma, Reggio Calabria, Messina, Venezia), è contenuta nel disegno di legge che recupera tutti gli emendamenti al dl Salva Roma bis (dl 151/2013) approvati dalla commissione bilancio del senato e poi cassati in aula dal presidente Pietro Grasso.

M5S nel caos tra espulsioni e rischio di scissione

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Precipita nel caos il Movimento 5 Stelle. Dopo una lunga assemblea dai toni concitati, all’una di notte i parlamentari 5 stelle hanno votato a favore dell’espulsione dei quattro senatori dissidenti Luis Alberto Orellana, Francesco Campanella, Fabrizio Bocchino e Lorenzo Battista. Ma come prevede il regolamento, l’ultima parola l’ha detta la Rete nel tardo pomeriggio di ieri. E Il risultato della consultazione on line degli attivisti, pubblicato sul sito Beppegrillo.it, è netto: “Hanno partecipato alla votazione 43.368 iscritti certificati. 29.883 hanno votato per ratificare la delibera di espulsione. 13.485 hanno votato contro”. Un verdetto netto nei numeri della Rete, ma che ha davvero certificato la spaccatura completa del M5S. Non soltanto perché nell corso del’assemblea notturna la decisione votata a maggioranza da deputati e senatori M5S si era conclusa con 73 sì, 35 no e 11 astenuti per l’espulsione di Battista; 67 sì, 30 no e 13 astenuti per quella di Bocchino; 70 sì, 35 no e 9 astenuti per l’espulsione di Orellana e infine 77 sì, 33 no e 11 astenuti per la ‘cacciata’ di Campanella. Ma anche e soprattutto perché dopo la conferma del verdetto da parte dei militanti in rete, i quattro si sono detti pronti a rassegnare le dimissioni da senatori e si sono riuniti con altri cinque colleghi pronti a rassegnare le dimisioni, in contemporanea con la riunione del gruppo per così dire ufficiale del M5S. Mentre il deputato Alessio Tacconi ha annunciato: “Esco dal gruppo dei 5 Stelle alla camera e con me ci sono altri cinque deputati”.
Insomma, una scissione in piena regola, con ujna ventina di parlamentari pronti a lasciare tra lacrime, accuse reciproche e lancio dell’epiteto “fascisti” da parte dei dissidenti costretti a uscire all’indirizzo di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Addirittura alcuni deputati e senatori hanno denunciato la falsità delle proprie firme apposte sulle mozioni di sfiducia individuali presentate oggi dal M5S al senato nei confronti dei ministri del lavoro e dello Sviluppo economico Giuliano Poletti e Federica Guidi.

Il Post di Grillo contro i dissidenti

Dopo l’assemblea Beppe Grillo aveva lanciato sul suo blog il referendum tra gli iscritti che avrebbero dovuto decidere se confermare o meno la decisione dei parlamentari. “Dopo svariate segnalazioni dal territorio di ragazzi, di attivisti, che ci dicevano che i 4 senatori Battista, Bocchino, Campanella e Orellana si vedevano poco e male – scrive Grillo – i parlamentari del M5S hanno fatto un’assemblea congiunta decidendo l`espulsione dei suddetti senatori”. “A me dispiace – confessa il comico genovese – perché in fondo non c`è niente di drammatico, però non sono più in sintonia con il MoVimento: ‘fate alleanze …perché non ha fatto alleanze con Letta … perché non fate’. Tutte persone che sul palco quando c`ero io dicevano esattamente il contrario, dicevano: ‘a casa tutti’, facevano degli olà che fulminavano. Sono cambiati, si cambia, non è mica detto. Si terranno tutto lo stipendio, 20.000 euro al mese fanno comodo, capisco anche quello. Non capisco le motivazioni ideologiche: ‘Grillo non si fa mai vedere, Grillo dall`alto, il blog di Casaleggio’. Queste sono cazzate, non sono motivazioni ideologiche”. “Adesso – prosegue Grillo – deciderà la rete, spero che deciderà e confermerà il verdetto della assemblea, così noi siamo un pochino meno ma molto, molto più coesi e forti. Abbiamo una battaglia: dobbiamo vincere le europee e le vinceremo. Daremo il sangue per le europee. Daremo il sangue sulle strade: molti di voi andranno sui palchi di tutti i comuni. 4 mila comuni e due regioni vanno alle elezioni, abbiamo le europee. Non ci possiamo permettere ancora di parlare di gente che bisbiglia ai giornali, dopo 5 minuti che hai parlato sei sul giornale con il titolone.
Basta queste cose qui, se vogliono fare un partito con il Corriere, la Repubblica, Libero e l`Unità se lo facciano… e i talk show… che vadano pure ai talk show! Avranno adesso una grande trasparenza sui media, benissimo! E attraverso loro i media arriveranno forse a scalare ancora qualche posizione sulla libertà di stampa, siamo al settantesimo e magari con loro andremo al settantunesimo. Noi andiamo avanti, con cuore.
Coraggio e vinceremo! Grazie a tutti”.

Il rimescolamento nella maggioranza

Certo è che la probabile scissione e la formazione di gruppi parlamentari distinti finirà per rimescolare in qualche modo il panorama politico e soprattutto cambierà le carte in tavola della maggioranza di governo. Non è un caso che i giornnali vicini a Silvio Berlusconi abbiano attaccato il M5S, con titoli come “Gli utili idioti”, sottinteso, di Renzi) e che alltri come il Fatto Quotidianoabbiano parlato di “Tre maggioranze” per il premier: la prima, naturalmente, è quella che sostiene l’esecutivo, con nove partiti. Poi la seconda per le riforme istituzionali, con Pd e Forza Italia alleati. La terza, appunto, quella che Renzi potrebbe ritrovarsi se i fuoriusciti da M5S guardassero a sinistra, siavvicinassero a Sel e ai Civatiani del Pd e contribuissero appunto alla nascita di una nuova ala sinistra disposta a sostenere l’esecutivo e quindi a neutralizzare l’importanza e il peso specifico di Ncd. Un quadro comunque dai contorni ancora indistinti e che il Pd osserva con prudenza, come ha detto il capogruppo al senato Luigi Zanda: “Un confronto con i dissidenti non è solo possibile, ma necessario”, ha detto il presidente dei senatori democrat. “Se i Cinque Stelle fossero collaborativi sulle regole del gioco dovremmo cercare un’intesa anche con loro, la Costituzione si cambia tutti insieme”. Anche Roberto Giachetti, considerato da Renzi il possibile ambasciatore del Pd nel confronto con il M5S, dopo avere chiarito che nello scambio di biglietti tra Renzi e e il vicepresidente di M5S Luigi di Maio, in cui veniva fatto il suo nome come possibile interlocutore non c’è nessun inciucio, è “tutto alla luce del sole”, ha spiegato: “Sono interlocutori politici anche se stanno all’opposizione e credo che loro apprezzino che mai una volta ho cercato di fare scouting “, ha sototlineato. Mi è capitato di difenderli come di attaccarli ma non ho mai l’atteggiamento del professore con gli scolari che hanno un po’ tutti”. Certo, ammette, “è difficile dialogare con loro, c’e’ troppo bullismo”

I comuni si parleranno solo on line

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Dal prossimo anno novità in arrivo per le comunicazioni tra comuni in materia elettorale, anagrafica e di stato civile, nonchè per le comunicazioni trasmesse dai notai alle amministrazioni comunali relative alle convenzioni matrimoniali. L’inoltro cartaceo, infatti, cederà il posto all’informatica, in quanto i documenti saranno trasmessi esclusivamente per via telematica con notevole risparmio di costi e con maggiore sicurezza delle informazioni scambiate. E’ quanto si prevede nel testo del Decreto del Ministero dell’Interno 12.2.2014, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale di ieri, emanato in attuazione dell’articolo 6, comma 1, del decreto-legge n.5/2012 (meglio noto come decreto semplificazioni). Una decisa spinta verso la completa dematerializzazione è quella che prevede che gli atti e i documenti in materia elettorale dovranno essere sostituiti da un nuovo modello (allegato al Dm in osservazione) la cui trasmissione dovrà avvenire per posta elettronica istituzionale. A dare il sigillo dell’ufficialità alla trasmissione, occorrerà prendere alcune precauzioni, nel rispetto delle prescrizioni indicate al codice dell’amministrazione digitale. Infatti, per essere sicura, la trasmissione dei documenti dovrà essere accompagnata da uno dei seguenti requisiti. Su tutti, la firma digitale o un altro tipo di firma elettronica qualificata, la segnatura di protocollo prevista dall’art.55 del Dpr n.445/2000, ovvero l’inoltro per il tramite di una casella di posta elettronica certificata (PEC).

Guidi: non sono in conflitto di interessi

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Non c’è nessun conflitto di interessi, né dal punto di vista tecnico, né sotto il profilo delle opportunità”. Lo ribadisce, in un’intervista a Repubblica, il neo ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, aggiungendo che “l’Italia rappresenta per la Ducati Energia meno di 20 mln di euro di fatturato su un totale consolidato di 147 mln. E in Italia ha clienti come Enel o Ferrovie ma anche privati”.  A proposito delle polemiche sui suoi rapporti con Silvio Berlusconi, Guidi ribadisce di non essere “mai stata ad Arcore” e spiega che “quando ero presidente dei Giovani ho incontrato tutti. Tra questi anche Berlusconi. Che avrò visto una decina di volte, non di più”. Sulla delega alle Comunicazioni, Guidi dice che “deciderà il Consiglio dei ministri” e aggiunge, a proposito dell’incarico di governo: “Sento il peso della sfida ma ho accettato istintivamente di seguire Renzi”, di cui apprezza “la capacita’ di semplificare, di sdrammatizzare”. “L’Italia”, ha aggiunto, “rappresenta per la Ducati Energia meno di 20 milioni di euro di fatturato su un totale consolidato di 147 milioni. E in Italia ha clienti come Ente Ferrovie ma anche privati. La Ducati vende le stesse tecnologie all’Enel come al Mev che è un ente elettrico del Kuwait. Partecipa alle gare internazionali dove ci sono concorrenti di tutto il mondo. Non c’è alcuna connessione. E poi, mi sono dimessa da tutti gli incarichi”. Guidi, intervenendo sulla delocalizzazione dell’azienda ha detto che “è stata una multilocalizzazione”, e che “se non avessimo accettato la sfida della globalizzazione, noi come altri, avremmo rischiato di morire”. Il Ministro ha detto di aver ricevuto la chiamata di Berlusconi dopo la sua nomina: “mi ha chiamato come tanti altri per dirmi ‘in bocca al lupo’ e sulla presunta frase del cavaliere: ‘ho un ministro pur stando all’opposizione’, Federica Guidi taglia corto:”non mi interessa quello che avrebbe detto”. In ultimo, un giudizio su Matteo Renzi: “mi pare un politico diverso da quelli che ho incontrato nella mia precedente attività.

Taddei: 500 euro in più in busta paga (e più tasse sulle rendite)

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Filippo Taddei, responsabile economico del Pd, intervistato da Radio Capital, spiega che il governo vuole che “i lavoratori trovino in busta paga un po’ di conforto, non miracoli. Pensiamo a un taglio del costo del lavoro per 8-10 miliardi. Un taglio del 10% dell’Irap, per due miliardi e mezzo. Il resto con la diminuzione dell’Irpef. Per i redditi medio-bassi si tratterebbe di un taglio del 10% del carico fiscale che va poi a decrescere quando cresce il reddito. Per un lavoratore che guadagna 1500 euro netti per tredici mensilità si avrebbe un guadagno di 500 euro netti all’anno in busta paga”.

“Le risorse – aggiunge Taddei – arrivano in gran parte dalla revisione della spesa e dalla riduzione delle spese correnti. Non vogliamo fare il tipico giochino di abbassare le tasse senza trovare coperture solide. La bozza del commissario Cottarelli non è ancora stata presentata, per ora ci sono i numeri del documento ‘Impegno per l’Italia’. Siamo fiduciosi che nell’arco di 12 mesi siano attivabili risparmi per 6-7 miliardi. La parte rimanente verrà dalla rimodulazione delle rendite finanziarie. Stiamo lavorando su diverse ipotesi. L’Italia è l’unico grande paese europeo dove ci sono aliquote diverse su titoli di Stato che sono tassati al 12,5% e il resto delle rendite finanziarie. Noi pensiamo a una armonizzazione”. Quindi sui Bot saliranno le aliquote? “Armonizzare significa che alcune possono salire altre possono scendere ma non è il gioco delle tre carte, l’obiettivo è ridurre la tasse per chi lavora”.

Con le ultime previsioni al ribasso per il Pil presentate dall’Ue ci saranno problemi di aggiustamento del deficit? “A questo adesso penseremo – risponde il responsabile economico Pd – noi abbiamo l’ambizione di andare a Bruxelles a parlare di cooperazione”. Infine sul “gigantesco piano per l’edilizia scolastica” annunciato da Renzi, Taddei commenta: “comprendo l’ironia generale del paese verso promesse mirabolanti del Presidente del Consiglio ma dico che queste sono basate su numeri controllati con attenzione. Ci sono 500 milioni già stanziati per l’edilizia scolastica, è il momento di spenderli”. Quindi l’ipotesi di un piano da 2 miliardi? “E’ una cifra abbondante, per ora spendiamo quei 500 milioni”

Contratti, in attesa di rinnovo due lavoratori su tre

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Due lavoratori su tre sono in attesa del rinnovo contrattuale, la quota più elevata dal 2008. Alla fine di gennaio, afferma l’Istat, la quota dei dipendenti in attesa di rinnovo è del 66,2% nel totale dell’economia e del 56,3% nel settore privato. Una percentuale così alta non si raggiungeva dal gennaio di sei anni fa, quando i lavoratori che aspettavano il rinnovo erano il 73,2%.

Marò, cosa dice la Convenzione di Roma a proposito di lotta al terrorismo in mare

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La Corte Suprema dell’India dovrà a breve pronunciarsi sulla legittimità della scelta di accusare i due fucilieri di Marina italiani sulla base del c.d. SUA Act, la legge di ratifica indiana della Convenzione per la repressione dei reati diretti contro la sicurezza della navigazione marittima sottoscritta a Roma nel 1988, in vigore dal 1992. Questa Convenzione, ratificata sia dall’Italia che dall’India, si configura come un trattato internazionale multilaterale volto alla repressione di tutti e solo quegli atti illeciti compiuti contro la sicurezza della navigazione marittima e connotati da una matrice terroristica in ambito marittimo. La Convenzione di Roma trae origine dalla vicenda dell’Achille Lauro, in cui erano apparse chiare le lacune giuridiche sovranazionali in tema di tutela della sicurezza marittima. Difatti le distinte norme internazionali sulla repressione della pirateria, racchiuse nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, apparivano non assimilabili e inadeguate. La Convenzione di Roma si configura dunque come positivo esito settoriale di codificazione del diritto internazionale. Oggi l’importanza della Convenzione del 1988 è stata ribadita dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che, attraverso varie risoluzioni, nel contesto del contrasto internazionale alla risorta pirateria marittima, ha ritenuto legittimo il suo utilizzo purché solo nei confronti di atti terroristici violenti in mare e tali da porre in pericolo la sicurezza della navigazione o l’incolumità delle persone imbarcate. Questa precisazione è importante perché ne limita in maniera chiara il ricorso, a livello giuridico internazionale. La Convenzione di Roma impone dei doveri agli Stati firmatari tra cui l’obbligo giuridico, vincolante a livello internazionale, di individuare le pene più adeguate agli illeciti in essa previsti, tenuto conto della loro gravità. Le condotte illecite previste nella Convenzione del 1988 sono descritte nel suo articolo 3. Tra le varie fattispecie da incriminare si prevede che sia punito chiunque, illecitamente e intenzionalmente (quali prerequisiti indispensabili), commetta, tramite violenza, un atto violento nei confronti di una persona che si trovi a bordo di una nave, ove questo atto sia di natura tale da pregiudicare la sua sicurezza. Dovrà essere punito inoltre chiunque ferisca o uccida una persona, qualora tale fatto sia attuato commettendo una delle fattispecie previste nell’articolo in esame. In relazione all’obbligo internazionale per ogni Stato firmatario della Convenzione di Roma di recepire, con pene adeguate, nel proprio sistema penale interno gli illeciti in essa previsti, il legislatore indiano attraverso il c.d. SUA Act, la già ricordata legge interna di ratifica della Convenzione per la repressione dei reati diretti contro la sicurezza della navigazione marittima, ha previsto in particolare nell’art. 3, c. 1, lett. g), par. i) la pena capitale per chiunque causi la morte di una persona a bordo di un’imbarcazione. A questa norma ha fatto riferimento la pubblica accusa indiana nell’imputazione prevista per i due soldati italiani, prediligendo tuttavia la scelta di derubricare l’incriminazione, in base a quanto previsto nella diversa lett. a) del medesimo articolo, in cui si prevede una pena fino a 10 anni di carcere per chi commetta un atto di violenza contro una persona a bordo di una nave. Su un piano di stretto diritto quindi la scelta indiana di applicare la Convenzione per la repressione dei reati diretti contro la sicurezza della navigazione marittima, come trasposta nel proprio ordinamento interno, appare dubbia. L’opzione più efficace rimane quella di ricorrere al Tribunale internazionale del diritto del mare o a un arbitrato internazionale, in modo da garantire una maggiore imparzialità.

Risparmi, pronto il piano Cottarelli da 10 miliardi

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Sarebbero stati individuati i 10 miliardi di risparmi di spesa, da destinare al taglio del cuneo fiscale fortemente voluto dal premier Matteo Renzi. Il piano d’intervento del commissario straordinario della spending review Carlo Cottarelli, secondo quanto apprende l’Agi, e’ infatti pronto da alcune settimane, e ieri e’ stato fatto un primo giro di tavolo col Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan per poi essere, a breve, presentato al premier Renzi. Secondo fonti ministeriali vicine al dossier, il volume dei risparmi che si potrebbero ottenere razionalizzando la sola voce degli acquisti di beni e servizi e’ di ulteriori 10 miliardi all’anno a regime, vale a dire nel giro di un paio d’anni, come stimato recentemente dal Centro studi Confindustria, che si aggiungono a quelli gia’ ottenuti dalla Consip filtrando ad oggi acquisti per circa 30 miliardi. Per ottenere in tempi piu’ brevi i risparmi attesi sarebbe necessario intervenire pero’ anche sulle forniture in essere, senza comunque poter rinegoziare i contratti in vigore, cosa proibita dalla normativa europea. Ma l’Autorita’ per per la vigilanza sui contratti pubblici ha rilevato che le forniture, aggiudicate con gara, sono state finora in Italia una netta minoranza. La sfida e’ infatti proprio quella di vedere se sara’ possibile una revisione dei prezzi. Nel documento di Cottarelli un capitolo corposo sarebbe poi dedicato anche alla razionalizzazione delle cosiddette “stazioni appaltanti”, cioe’ degli enti pubblici che effettuano acquisti direttamente, senza passare dalla Consip ne’ da nessun’altra struttura specializzata: si tratta, ad oggi, di un esercito di ben 32 mila entita’, a fronte di poco meno di 10 mila enti pubblici, con scarsa competenza tecnica, considerata fonte di numerosi sprechi. Cottarelli proporra’ di concentrare le stazioni appaltanti e di sviluppare le gare on-line, del genere di quelle gestite dalla Consip e dalle altre centrali acquisti qualificate, come Arca, InterCentER, che ne mutuano le metodiche.

Numero imprese certificate, Italia seconda nel mondo dopo la Cina

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In Italia sono oltre 83 mila le aziende dotate di un sistema di gestione della qualità secondo gli standard Uni En Iso 9001: siamo il secondo paese al mondo per numero di certificazioni dopo la Cina. E’ quanto rivela il secondo Rapporto Accrelia-Censis “qualità, crescita, innovazione” secondo cui il sistema produttivo italiano evidenzia fenomeni di protenzione all’innovazione e di crescita abbastanza intensi, anche se ha subito un deterioramento “che non lascia pensare a una robusta capacità di ripresa”. L’Italia resta comunque il secondo paese esportatore d’Europa, spiega lo studio, e il settimo a livello mondiale: “La crisi economica, seppure grave, non è stata tale da travolgere le caratteristiche intrinseche del modello produttivo italiano, le sue specificità e i suoi elementi di forza”. La classifica stilata dal Rapporto sull’indicatore sintetico di qualità del sistema produttivo vede al primo posto la Lombardia, seguita dal Piemonte, dall’Emilia Romagna, dal Trentino Alto Adige e dal Veneto. Se il valore massimo dell’indicatore pari a 100 è assegnato alla Lombardia, la media italiana è di 71,5 con agli ultimi posti Basilicata (42) e Puglia (43). Confrontando gli indici di bilancio di un campione di mille aziende certificate Iso 9001 con altrettante non certificate risultano dallo studio migliori le performance delle prime; tra i principali fattori di crescita c’è il controllo di qualità delle fasi a monte e a valle del processo produttivo. Nelle certificazioni ambientali l’Italia risulta quarta dopo Cina, Usa e Spagna. La regione più virtuosa in base all’indicatore relativo alla qualità dell’ambiente è la Valle d’Aosta, seguita a poca distanza dal Trentino Alto Adige e da una considerevole distanza dalla Basilicata, dalla Sardegna e dal Friuli Venezia Giulia. L’indicatore relativo alla qualità dell’offerta dei servizi pubblici vede al primo posto il Friuli Venezia Giulia, seguito dall’Emilia Romagna, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta e Lombardia. Tanto nel campo ambientale quanto in quello dei servizi pubblici bisogna fare di più: secondo lo studio vi è un ritardo rispetto a pratiche ottimali per quanto riguarda l’ambiente e persino un andamento decrescente nei servizi pubblici, pur essendoci anche delle situazioni di eccellenza.