28 Settembre 2024, sabato
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Ucraina, Russia: “Non vogliamo la guerra e Pechino è dalla nostra parte”

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“La Russia non vuole la guerra con l’Ucraina”. Grigori Karasin, viceministro degli Esteri russo e nominato nei giorni scorsi rappresentante di Vladimir Putin al Senato per l’ok alla richiesta di invio di truppe russe in Ucraina, sottolinea che Mosca non ha intenzione di entrare in guerra, nonostante l’occupazione armata della Crimea del 28 febbraio abbia generato un clima da “guerra fredda“. E intanto la Cina, storica alleata della Russia nella politica estera, si schiera con Mosca.
“Sono assolutamente convinto che nessuno in Russia vuole una guerra”, ha rimarcato Karasin parlando in televisione:

“Siamo contro l’uso di tale terminologia nella discussione delle nostre relazioni con l’Ucraina, che ci è vicina. Sosterremo tutte le forze favorevoli al rafforzamento delle relazioni bilaterali, in particolare perchè la stabilità europea dipende da queste relazioni. Gli uomini politici occidentali che ci stanno duramente criticando dovrebbero capirlo”.
Anche Valentina Matvienko, presidente del Senato russo che sabato ha autorizzato l’intervento armato, ha escluso un conflitto militare, partecipando alla stessa trasmissione:
“Non ci sarà mai guerra tra noi. Siamo popoli fratelli”.
A sottolineare lo schieramento di Pechino con Mosca è Serghiei Lavrov, ministro degli Esteri russo, che dopo una telefonata con il collega cinese Wang Yi ha ribadito la “larga concordanza delle posizioni sull’attuale situazione dentro e intorno all’Ucraina”.
Il 3 marzo Lavrov incontrerà anche Ban Ki Moon, segretario generale della Nazioni Unite, a Ginevra dove entrambi partecipano al Consiglio dei diritti dell’uomo, sullo sfondo della crisi in Ucraina.
E il clima teso fa crollare la Borsa di Mosca, con l’indice Micex che in apertura perde oltre il 10%, segnando così il calo più basso dal 2008. L’effetto Ucraina si fa sentire però anche sui mercati europei, con le borse che aprono in rosso: Francoforte (-2,55%) è la peggiore dietro a Parigi e Madrid (-1,8% entrambe), mentre Milano (-1,76%) riduce il calo e Londra lo limita all’1,33%.

Mistero web tax rispuntata nella delega fiscale. Al suo posto tassa smart-phone?

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Mistero web tax rispuntata nella delega fiscale. Al suo posto tassa smart-phone? Si infittisce il mistero della web tax: introdotta nella legge di stabilità dal Parlamento, sospesa dal governo Letta e poi cancellata dal governo Renzi nel decreto salva Roma, rispunta nella delega fiscale, a sua volta approvata definitivamente dalla Camera giovedì scorso. La norma, introdotta a settembre in uno dei passaggi parlamentari, fa comunque riferimento a “decisioni in sede Ue”. La norma non è comunque direttamente operativa, perché la delega fiscale è una legge che, appunto, delega l’esecutivo a varare entro un anno una serie di decreti legislativi che attuano i principi indicati.
La rinuncia al miliardo di euro annui che il governo Letta aveva calcolato nell’approntare il provvedimento, rende maggiore il rischio che il governo, invece, dia il via libera a un altro tributo, la cosiddetta “tassa sugli smartphone”, che potenzialmente consentirebbe un recupero fiscale di 200 milioni di euro. Si tratta di un’imposta fino a 5,20 euro per i nuovi smartphone e tablet e di 40 euro per i decoder con memoria interna (il servizio My-Sky per intendersi). E che tecnicamente si chiama “rideterminazione dei compensi per copia privata”. Un tributo che paghiamo già, con importi sugli smartphone pari a 90 centesimi di euro.

Equitalia pignora la pensione a un ex imprenditore disabile

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“Equitalia mi ha pignorato la pensione” denuncia un ex imprenditore disabile di Imperia che si è visto pignorare da Equitalia la pensione di invalidità pari a 919 euro mensili per un vecchio debito dal valore totale di un milione di vecchie lire.

L’imprenditore afferma di aver saputo del provvedimento soltanto quando è andato alle Poste per ritirarla. Ma la sorpresa non si è fermata alla constatazione del pignoramento della pensione. Equitalia, oltre al pignoramento immediato della pensione, gli avrebbe bloccato anche i 15 mila euro che rappresentavano il rimborso dei mesi nei quali la pensione, per un contenzioso con l’Inps, non era stata pagata. La società incaricata della riscossione dei tributi su tutto il territorio nazionale ha fatto sapere che si attiverà immediatamente per «capire la situazione: in queste situazioni invitiamo i contribuenti a prendere contatto con i nostri uffici altrimenti non possiamo conoscere le loro condizioni di difficoltà personale». Ma una cosa è certa: Equitalia non può pignorare l’intera pensione. Per legge si può pignorare una pensione nei limiti di 1/10 se l’importo non supera i 2.500 euro mensili, di 1/7 se la pensione è tra i 2.500 e i 5 mila euro e di 1/5 se la pensione supera i 5 mila euro.

Luce e Gas, verso la bolletta unica: tutte le informazioni in una pagina

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Una bolletta unica per luce e gas. Soprattutto una bolletta chiara e sintetica: un unico foglio formato A4 con una infografica che spieghi chiaramente quanto bisogna pagare e quanto incidono le singole voci sul totale. Tutto al posto delle bollette separate, ognuna composta da 4-5 fogli spesso incomprensibili.
Ci lavora e punta ad arrivarci nel giro di qualche anno l’Autorità per l’Energia. Tutto nel nome della chiarezza, visto che la nuova bolletta unica dovrà contenere anche le informazioni per il cambio di gestore.

L’idea guida della nuova bolletta 2.0 è soprattutto la chiarezza. Spiega sul Corriere della Sera Stefano Agnoli che il progetto riguarderà anche l’acqua e che tutto è fatto puntando a sintesi e semplicità, non disdegnando consigli ai consumatori.
un solo, sintetico e possibilmente chiaro foglio in formato A4, che conterrà tutto l’essenziale (anagrafiche, spesa e dati per poter cambiare operatore) in una o due facciate. In parallelo si metteranno in movimento altri «cantieri»: quello per avviare comunque l’installazione nelle abitazioni dei contatori «intelligenti» per il gas (i «cugini» di quelli per l’elettricità già installati); un altro per riformare la tariffa sui servizi di rete in vigore dagli Anni 70, in modo da incentivare l’utilizzo di tecnologie efficienti come le cosiddette «pompe di calore» al posto delle tradizionali caldaie (e si parla anche delle cucine a induzione); infine la nuova tariffa per l’acqua, passata forse sotto silenzio, ma scattata dal primo gennaio scorso. Sono già due anni che l’Autorità per l’energia ha anche la competenza sull’acqua. Ora, con il nuovo sistema tariffario, l’obiettivo di contenere gli sprechi e di rilanciare gli investimenti per rimettere in sesto una rete conciata male, sembra essere a portata.
L’obiettivo si chiama Stati Uniti. Là la bolletta intelligente è già prassi. Da noi manca la chiarezza e la paragonabilità delle tariffe. Si lavora per arrivarci.

Debito pubblico 2013 record: 132,6%. Pil in picchiata sotto il livello del 2000

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Debito pubblico record al 132.6% del Pil, rapporto deficit Pil al 3% e prodotto interno lordo giù dell’1.9% rispetto ad un anno prima, con livello più basso di quelo del 2000. Dal rapporto Istat sul 2013 arrivano cifre inquietanti, appena lenite da quelle relative al calo della pressione fiscale, che non possono non preoccupare Matteo Renzi e il suo governo.
Rispetto al 2012 il rapporto debito-Pil italiano nel 2013 ha raggiunto il 132,6%. Si tratta, spiega l’Istat, del livello più alto dal 1990, anno di inizio delle serie storiche confrontabili. Nel 2012 il debito era al 127,0% del Pil.

Stabile, invece, rispetto al 2012 il rapporto deficit Pil che rimane inchiodato al 3%, soglia oltre cui scatta la procedura di infrazione Ue da cui l’Italia è appena uscita.
Il fattore decisivo, nei numeri critici dell’Italia, è il prodotto interno lordo che continua la sua discesa. Il Pil nel 2013 è diminuito dell’1,9%. Con la caduta dell’ultimo anno, spiega l’Istat, il Pil è sceso leggermente sotto i livelli del 2000. L’ultima stima ufficiale del governo prevedeva un calo dell’1,7%. Nel 2012 si era registrato un ribasso del 2,4% (dato rivisto).
Unico indice in qualche modo positivo è quello relativo alla pressione fiscale complessiva che nel 2013 è risultata pari al 43,8%, in diminuzione di 0,2 punti percentuali rispetto al 2012.

 

 

“La Grande Bellezza” su Canale 5: scippo ai cinema, offesa al Fellini anti-spot

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“Grande Bellezza” su Canale 5: scippo ai cinema, offesa al Fellini anti-spot. A dispetto della prassi che consente a un film di passare gratuitamente sulla tv in chiaro dopo 24 mesi dalla sua prima uscita nelle sale, il trionfo agli Oscar de “La Grande Bellezza” ha indotto Mediaset che l’ha prodotto a programmarlo questa sera (4 marzo) su Canale 5 in prima serata. Tutte le associazioni cinematografiche, insorte all’annuncio, si sentono penalizzate, proprio in ragione delle regole e soprattutto dopo la vittoria per il miglior film straniero. L’eccezionale ricaduta promozionale dell’Oscar avrebbe allungato la vita cinematografica del film nel suo luogo naturale, oltre allo sfruttamento commerciale su dvd e pay per view.
L’azzimato dandy Jep Gambardella in giacca gialla interpretato da Toni Servillo è già diventato un trend setter, le sue frasi cult spopolano. “Non volevo essere semplicemente un mondano, volevo diventare il re dei mondani. Io non volevo solo partecipare alla feste, io volevo avere il potere di farle fallire” lo si sente pontificare cinico. E, dopo il regalo che Mediaset ha voluto fare ai telespettatori in occasione del giorno del grande orgoglio italiano, il pensiero va alle sale cinematografiche che davvero chiudono, senza metafore.

Paolo Sorrentino, emozionato il giusto e che scaramanticamente non aveva preparato ringraziamenti, ha improvvisato omaggi e pensieri pieni di gratitudine da Scorsese ai Talking Heads a Maradona, passando per Federico Fellini, riferimento obbligato per chi ritenga “La Grande Bellezza” almeno nipote de “La dolce vita”. Chissà cosa avrebbe pensato il Grande Maestro della Grande Opera deturpata da tanti piccoli spot. Fu la sua ultima battaglia per difendere l’integrità del lavoro artistico contro l’invadenza della tv commerciale. Era il 1989 quando ancora un giudice della Corte d’Appello poteva dar ragione alle richieste di un artista: un arcobaleno prima del diluvio finale. Fellini poteva ancora sperare:
Penso che gli spot in un film sono un’ aggressione, un atto di inciviltà, un reato, un’ offesa, un vero e proprio sacrilegio. Ecco perché una sentenza come quella di Roma mi rincuora: vuol dire che in fondo in fondo c’ è un po’ di giustizia in questo mondo dove non si capisce più niente. Siamo l’ unico paese d’Europa in cui gli autori vengono così aggrediti, mortificati, insultati, scippati letteralmente di un proprio diritto.

Parliamo di… nuove professioni

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Attività professionale: è una Guida Ambientale Escursionistica- GAE chi per attività professionale, accompagna in sicurezza, a piedi o con altro mezzo di locomozione non a motore (fatto salvo l’uso degli stessi per raggiungere i luoghi di visita), persone singole o gruppi in ambienti naturali, anche innevati, assicurando anche la necessaria assistenza tecnica e svolgendo attività di didattica, educazione, interpretazione e divulgazione ambientale ed educazione alla sostenibilità.
Competenze: L’attività professionale della GAE prevede la descrizione, la spiegazione e l’illustrazione degli aspetti ambientali e culturali del territorio, conducendo in visita ad ambienti montani, collinari, di pianura e acquatici, anche antropizzati, compresi parchi ed aree protette, ivi compresi ambienti o strutture espositive di carattere naturalistico ed eco museali, oltre alla progettazione, programmazione e svolgimento di laboratori ed iniziative di didattica ambientale.
Numeri in Italia: 2000 professionisti che operano su tutto il territorio nazionale, in ambito terreste ed acquatico, con oltre 100 aziende collegate, sedi in ogni regione d’Italia mediante suddivisioni in Coordinamenti Regionali.
Associazioni CoLAP di riferimento: AIGAE – Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche – www.aigae.org

Assistenza sanitaria integrativa: Assidai – CoLAP siglano una convenzione per il 2014

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Una partnership per tutelare secondo standard di qualità in materia sanitaria i propri associati e offrire l’eccellenza dei propri servizi a un numero sempre più ampio di professionisti: con questo obiettivo CoLAP ha siglato per il 2014 una convenzione con Assidai, fondo di assistenza sanitaria integrativa.

Con una base di oltre 50 mila nuclei familiari, per un totale di oltre 110 mila persone assistite, Assidai è oggi punto di riferimento non solo degli individui e dei loro cari, ma anche per le oltre 1.500 aziende che hanno scelto di sottoscrivere un piano sanitario da offrire alle proprie risorse umane.

Forte della sua esperienza pluriventennale, Assidai è in grado di fornire assistenza, prevenzione e servizi sanitari dal carattere innovativo e di soddisfare le esigenze professionali, personali e familiari di manager, quadri ed alte professionalità.

La stretta collaborazione con prestigiose università italiane, l’ampia base di iscritti, ricerche commissionate ad hoc, diventano preziosi strumenti che permettono inoltre ad Assidai di porsi come interlocutore privilegiato dei bisogni dei propri assistiti e offrire quindi piani sanitari sempre più personalizzati e aggiornati secondo le necessità emergenti.

Il Fondo ha natura giuridica di ente no profit e basa la propria gestione su principi e valori distintivi di mutualità e solidarietà. Questo fa sì che l’accesso e la permanenza in Assidai siano consentiti senza limiti di età per i propri iscritti. L’assenza di selezione del rischio unita all’impossibilità di recesso della copertura da parte del Fondo, garantiscono inoltre la tutela degli aderenti durante l’intero arco della loro vita.

Assidai, inoltre, è forte di una governance che permette al Fondo di operare secondo elevati standard di efficienza e trasparenza. Il suo approccio mutualistico e solidaristico consente infatti di adottare economie di scala che si traducono in servizi di top quality.

L’accordo, rientrante nel protocollo d’intesa sottoscritto tra CoLAP e Federmanager, consentirà ai professionisti iscritti e alle associazioni parte del CoLAP, di accedere alla gamma dei piani sanitari che Assidai mette a disposizione dei propri aderenti.

E’ possibile consultare le schede riepilogative dei Piani Sanitari 2014 e per ricevere maggiori informazioni sui Piani Sanitari ASSIDAI e relativi costi è sufficiente contattare:
Ufficio Iscrizioni Assidai: Tel. 06.44070600 – dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle 13.00.

Un’alleanza per il buon lavoro

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La qualità del lavoro, la possibilità che questo rappresenti un’occasione di realizzazione e crescita per la persona non può essere tema ancillare all’interno di una riflessione sul lavoro. Il concetto di qualità del lavoro, infatti, racchiude in sè sia il valore del riconoscimento e della prospettiva professionale di ogni persona ma anche la condizione principale e prioritaria per garantire serie capacità di competizione economica al nostro paese all’interno della società della conoscenza.
In 10 anni (1995/2005) sono passati dal 29% al 42% i lavoratori della conoscenza in Italia (Butera – 2008) e, soprattutto per le limitate dimensioni d’impresa, sono oltre l’80% le competenze tecnico professionali reperite “all’esterno” delle imprese (Rullani – 2004).
Probabilmente per l’intero sistema economico rendere più produttivo e regolare il knowledge work sarà il grande compito di questo secolo, proprio come quello di rendere produttivo e tutelare il lavoro manuale fu il compito del secolo scorso.
La possibilità di svolgere il proprio lavoro con un margine di autonomia, l’incoraggiamento e la valorizzazione dell’iniziativa dei singoli, così come una modalità di svolgimento della prestazione che permetta la coscienza del progetto complessivo e che valorizzi i saperi dei lavoratori possono rendere il lavoro più umano e insieme efficace. Si tratta di temi che attengono ad un’organizzazione del lavoro sempre più articolata e diversificata tra esterno ed interno: una questione dirimente che deve diventare oggetto di contrattazione fra le parti sociali e tra queste lo stato e il sistema delle autonomie.
In questo quadro è essenziale un forte aggiornamento delle regole e delle tutele sociali interne ed esterne al lavoro. Si dovrà aprire una nuova stagione di regolazione dei riconoscimenti professionali, degli strumenti di certificazione delle competenze acquisite sul lavoro, della protezione dei diritti d’autore dei brevetti e delle invenzioni, di progressione di carriera legata a meriti e aggiornamenti professionali.
Serviranno nuove regole di protezione del lavoro soprattutto dei giovani professionisti legate anche, ad esempio, all’accesso al credito, a percorsi formativi e di aggiornamento, alla certificazione delle competenze, alla regolazione dei tempi di pagamento e al sostegno nella fase di start up. Così come, in questo quadro, dovranno necessariamente essere corretti i comportamenti delle parti sociali se si vorrà ancora avere una regolazione collettiva del lavoro in questo nostro paese con una definizione di compensi equi che non mortifichino e penalizzino il lavoro intellettuale o che consentano di svolgere correttamente la propria attività in modo autonomo oppure, ancora, con tutele sociali universali in caso di malattia, maternità, infortuni, perdita del lavoro.
Per raggiungere questi obbiettivi diventa essenziale l’alleanza tra lavoratori con caratteristiche professionali elevate e fortemente identitarie, come i professionisti e i lavoratori della conoscenza, i lavoratori del terziario tradizionale e del settore pubblico, i lavoratori delle piccole imprese e quelli delle filiere e del lavoro subordinato tradizionale, è un obiettivo primario per valorizzare le aggregazioni costruite sull’identità professionale, per la trasformazione dei modelli contrattuali e la valorizzazione del lavoro, delle competenze comunque si esprimano.
Per questo, a partire dalla Consulta del Lavoro Professionale e dall’indicazione di una contrattazione inclusiva, la CGIL sta provando convintamente a recuperare i ritardi e a modificare i propri comportamenti con alcuni successi ed esempi sia contrattuali che organizzativi già realizzati.
Consegno, quindi, alla riflessione alcune delle proposte concrete che abbiamo elaborato insieme ai lavoratori interessati e alle loro Associazioni e che abbiamo chiamato “decalogo dei diritti dei professionisti” con l’obiettivo di migliorare la condizione di lavoro e valorizzare le professionalità presenti in questo mondo e garantire le tutele sociali a tutti i lavoratori indipendentemente dalle loro modalità di lavoro.
La prima indicazione riguarda il compito prioritario del sindacato che è quello della negoziazione collettiva senza appoggiarsi unicamente all’azione legislativa. La CGIL vuole, infatti, affidare alla contrattazione un ruolo decisivo per affrontare questa emergenza facendosi carico della ricerca delle possibili soluzioni.
L’indicazione è che si definisca, quando possibile, nei CCNL o in appositi protocolli tra le parti, una area/sezione per il lavoro autonomo e parasubordinato.
A livello contrattuale andranno quindi definiti, per i lavoratori autonomi e parasubordinati, i diritti, i compensi equi in base alle loro professionalità, le corrette modalità d’impiego, le tutele sociali. Tutele e regole definite in modo specifico senza cedere alla tentazione di riprodurre le stesse modalità di protezione dei dipendenti ma riequilibrando la possibilità di contrattazione individuale e di autonomia dentro un quadro di regole e di protezioni sociali dovute a tutti i lavoratori. Non solo. Tutele e regole condivise e definite su specifico mandato dei diretti interessati e/o in collaborazione con le loro associazioni professionali ove presenti.
In ambito previdenziale le partite iva individuali “esclusive” (coloro che versano solo alla Gestione Separata e non sono in Pensione), circa 200 mila persone attualmente iscritte alla Gestione Separata Inps, versano da sole il 27% del loro reddito, più di ogni altro contribuente autonomo.
Queste lavoratrici e lavoratori non godono di compensi equi garantiti che evitino, come avviene attualmente, di scaricare unicamente sui lavoratori tutto il costo previdenziale riducendo ulteriormente il loro reddito netto già poco consistente.
Un ulteriore aumento dell’aliquota porterebbe a favorire, paradossalmente, i tentativi di fuoriuscita dal sistema previdenziale pubblico con evidenti danni a tutto il sistema previdenziale.
In questa condizione, inoltre, non hanno una rivalsa obbligatoria che renda effettiva la possibilità di ripartire il peso contributivo con i committenti e, infine, non c’è equità delle prestazioni rispetto agli altri lavoratori.
Abbiamo chiesto e continuiamo a chiedere, assieme a tutte le principali associazioni dei professionisti, di bloccare anche per i prossimi anni l’aumento previsto e di fermare al 27% i contributi Inps per la suddetta platea perché sarebbe, politicamente e materialmente, un gesto importante di giustizia sociale e di attenzione verso lavoratori e lavoratrici altamente professionalizzati che contribuiscono fortemente all’equilibrio del sistema Inps (con oltre un miliardo di contributi versati ogni anno), che non hanno compensi equi.
Per questo chiediamo al Governo e al Parlamento di impedire questa ingiustizia ai danni di questa parte del lavoro autonomo e di approvare al più presto norme organiche di sostegno sociale e fiscale a favore di una parte molto importante del nostro mondo del lavoro.
L’indennità di Malattia, la maternità, i congedi parentali e l’indennità di disoccupazione vanno estese a tutti lavoratori e rese effettive rivedendo le modalità d’attuazione e di verifica dell’INPS che oggi scoraggiano o impediscono l’accesso a queste prestazioni sociali prevedendo, ad esempio, modalità come quelle usate per le lavoratrici autonome artigiane e commercianti in caso di maternità.
Sul piano fiscale è necessario ripristinare il regime dei contribuenti minimi introdotto dal Governo Prodi e poi ridotto fortemente da Tremonti estendendolo anche dopo i primi 5 anni. Si è passati, infatti, dagli oltre 600 mila contribuenti minimi del 2010, ai 57 mila circa a regime.
Questa sola misura, servirebbe ad aiutare almeno 500 mila persone a non chiudere l’attività e per molti a riaprirla. In questo caso, si riuscirebbe a dare un segnale alla parte più giovane e a quella più in sofferenza del lavoro autonomo facendo capire chiaramente, e con costi limitati, che si pensa anche a questa fascia del lavoro.
Vanno inoltre introdotti miglioramenti nella Legge 4 del 2013, vanno condivisi gli standard e le modalità di attestazione delle competenze all’interno del repertorio nazionale e regionale delle competenze, vanno inseriti meccanismi di protezione del lavoro professionale nelle gare d’appalto, vanno approvate leggi regionali sulle professioni sul modello già sperimentato in Toscana e Friuli.
Credo quindi che un’alleanza del lavoro possa, ognuno all’interno del proprio ruolo e nella propria autonomia, affrontare sfide e ottenere risultati importanti sia per valorizzare il lavoro professionale sia per innovare e rendere più giusto e più competitivo il lavoro del nostro paese.

DIRETTIVA 2013/55/CE sul riconoscimento delle qualifiche professionali: l’Italia si esercita alla trasparenza

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Con la direttiva 2013/55/CE, approvata lo scorso Gennaio, sono entrate ufficialmente in vigore le norme europee sul riconoscimento delle qualifiche professionali, modificando così la precedente direttiva 2005/36/CE.
Le nuove norme puntano in particolare a rendere più efficace il sistema di riconoscimento delle qualifiche professionali, in modo da favorire una maggiore mobilità dei professionisti all’interno dell’Unione Europea.
Molte le innovazioni previste dalla revisione, tra le principali l’abolizione dell’articolo relativo alle piattaforme comuni in favore dell’introduzione dei Quadri Comuni di Formazione, un insieme comune di conoscenze, capacità e competenze necessarie per l’esercizio di una specifica professione, l’inserimento della Tessera Professionale Europea rilasciata da apposita autorità competente nazionale che consentirà al possessore di poter circolare liberamente in Europa grazie ad una procedura di riconoscimento più breve e infine l’attivazione dell’Esercizio di Trasparenza.
Vorrei soffermarmi proprio su quest’ultima novità introdotta, perché ritengo che l’Esercizio di Trasparenza rappresenti un provvedimento che cambierà lo scenario italiano delle professioni in quanto richiede formalmente ai Paesi membri di avviare un processo di trasparenza delle forme di regolamentazione, per poi procedere ad una loro valutazione ed eventuale revisione.
Da questa attività l’Italia quindi sarà costretta a rivedere il sistema regolatorio e a liberalizzare alcune attività professionali ingiustificatamente e /o erroneamente riservate.
L’Esercizio di Trasparenza, all’art. 59 della Direttiva in questione, inciderà positivamente sulla mobilità professionale europea; gli strumenti di riconoscimento reciproco delle qualifiche sicuramente facilitano la libera circolazione, ma per intervenire sulla mobilità è sicuramente più efficace rimuovere gli ostacoli laddove possono essere considerati non afferenti ad interessi generali.
L’art. 59 prevede in primis una mappatura delle professioni.
La mappatura deve mettere in evidenza e facilitare l’accesso ad una serie di informazioni relative alle professioni regolamentate nel paese: autorità competente, normativa nazionale e/o regionale di riferimento, livello di studio rapportato ai livelli stabiliti dalla normativa (art. 11), breve descrizione dell’attività, e definizione delle attività riservate previste da legge (nazionale o regionale), tipo di regolamentazione, durata della formazione necessaria.
La seconda fase prevede uno screening e una valutazione delle professioni già divise in due gruppi: gruppo 1 (servizi all’imprese, costruzioni, industria, settore immobiliare, trasporto, commercio al dettaglio e all’ingrosso), gruppo 2 (educazione, intrattenimento, salute e servizi sociali, servizi PA, turismo e altre attività non comprese nel gruppo 1). Entro Giugno 2016, alla luce dei piani nazionali di valutazione e di intervento presentati dagli Stati membri, verranno proposte azioni utili a migliorare il contesto normativo.

Questa strutturata attività è molto utile in un paese come l’Italia dove le regolamentazioni spuntano come funghi e spesso senza una vera motivazione legata all’interesse generale piuttosto all’interesse dei pochi.
Abbiamo aperto un dialogo costruttivo con il Ministero delle Politiche Comunitarie perché vogliamo contribuire a questa importante ricognizione che necessariamente andrà a ridisegnare il sistema di riserve italiano.
Gli effetti prevedibili saranno almeno due:
uno riguarderà la revisione delle attività riservate molte delle quali in Italia non si riferiscono ad interessi generali e comunque non sono chiare e interpretabili univocamente (penso per esempio alle riserve dello psicologo o del commercialista, larghe blande e poco chiare);
l’altro riaprirà il dibattito sulle diverse derive che le Regioni hanno intrapreso in termini di regolamentazione. Nella nostra esperienza abbiamo riscontrato, soprattutto a livello regionale, una molteplicità di norme e di prescrizioni del tutto arbitrarie tese a chiudere o controllare l’accesso alle professioni; tutto questo è necessario metterlo in luce e rivederlo.
L’esercizio che ci propone l’Europa quindi farà bene al nostro Paese, iniziamo a fare trasparenza sulle professioni e poi allarghiamo questo approccio a tutti i settori produttivi, sociali e rappresentativi del nostro Paese.