28 Settembre 2024, sabato
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La formazione dell’avvocato-mediatore, chi saranno gli enti coinvolti

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La recente decisione assunta dal Consiglio nazionale forense nel disciplinare la formazione dell’avvocato che intenda svolgere l’attività di mediatore ha suscitato – come era prevedibile – un ampio dibattito che affonda le sue radici nella più ampia questione della formazione del mediatore e della qualità della mediazione.

Secondo la delibera assunta il 21 febbraio scorso (e tuttora in attesa di pubblicazione), per gli avvocati che intendano cimentarsi con il ruolo di mediatore sarà sufficiente un mini-corso della durata complessiva di 15 ore, oltre che la partecipazione a due procedimenti di mediazione nella qualità di uditore.

Si deve ricordare che in precedenza gli avvocati, come tutti gli altri professionisti, per acquisire il medesimo titolo, dovevano frequentare un corso della durata non inferiore a 50 ore (4 delle quali dedicate alla valutazione finale). La diversa disciplina trae fonte dalla riforma attuata dal legislatore nel 2013, che ha riconosciuto agli avvocati la qualifica di mediatori “di diritto” pur richiedendo agli stessi una adeguata formazione. Ciò ha consentito di creare un doppio binario di formazione dei mediatori: da un lato gli avvocati, dall’altro tutti gli altri professionisti (siano essi commercialisti, medici, ingegneri, o laureati in altre discipline, o anche non laureati purché professionisti iscritti presso un Collegio.

Il ruolo del CTU nel processo amministrativo

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Il TAR Liguria – Genova – sez. II – con la sentenza n. 137 del 24 gennaio 2014 chiarisce qual è il compito del CTU nel processo amministrativo, dove sono possibili le consulenze tecniche deducenti ma non quelle percipienti.
Il Collegio, chiamato a pronunciarsi sul ricorso presentato dalla società ricorrente, che impugna l’aggiudicazione della fornitura di suture chirurgiche, innanzitutto chiarisce che compito del giudice amministrativo è la verifica in concreto della corretta applicazione del metodo che l’amministrazione s’è data (autovincolandosi) negli atti di gara per individuare – nel caso in esame – la qualità dell’offerta, non già il controllo in astratto della validità scientifica del metodo impiegato e dei suoi risultati pratici.
Il Collegio censura l’operato del CTU che non ha verificato la corrispondenza del metodo come disciplinato nella lex specialis rispetto alle linee guida impartite dall’AVCP.
Detta censura deriva dal fatto che il Collegio ritiene che, facendo ricorso a quelle stesse categorie giuridiche che governano il processo civile (cfr., Cass. sez. un., 30 dicembre 2011 n. 30175; Cass. 13 marzo 2009 n. 6155), in quello amministrativo non sono consentite le consulenze tecniche c.d. percipienti: quelle in cui il consulente, fatto ovviamente salvo il controllo immanente del giudice peritus peritorum, è chiamato ad accertare direttamente i fatti mediante l’ausilio di specifiche competenze tecniche.
Sono invece ammesse nel processo amministrativo, ex art. 67 c.p.a., le consulenze tecniche c.d. deducenti, volte a valutare i fatti accertati e dati per esistenti, come già definitivamente acquisiti nel corso nel procedimento amministrativo, che obbedisce alla lex specialis, ed i cui atti, soprattutto quelli contenenti manifestazioni di giudizi, sono espressione di valutazione tecnico-discrezionale riservata.
“In altri termini, – conclude il Collegio – il compito del CTU è circoscritto a valutare il fondamento razionale ed epistemico del metodo applicato dall’amministrazione, non quello di sostituirsi ad essa per individuare il metodo tecnico più adeguato per raggiungere gli obiettivi avuti di mira, accertando la corrispondenza del metodo in concreto applicato dalla Commissione alle norme tecniche che ne disciplinano l’utilizzo e valutando successivamente l’attendibilità del metodo come in concreto utilizzato dalla stazione appaltante.”

Invecchiamento attivo: il rovescio della medaglia delle riforme pensionistiche

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“Live longer, work longer”, ossia “Vivi più a lungo, lavori di più”: questo era lo slogan del rapporto Ocse del 2006, che rappresenta la dura realtà che i lavoratori dovranno fronteggiare d’ora in poi in tutto il mondo occidentale. In questo rapporto si pone l’accento sulle implicazioni dell’invecchiamento demografico della popolazione; ed è stato a partire da questa presa d’atto che è emersa la necessità di riformare i sistemi pensionistici statali al fine di aumentare l’età effettiva di pensionamento, legando l’età pensionabile all’aspettativa di vita, per rendere i sistemi pensionistici e di welfare sostenibili nel tempo.

Anche l’Italia, come altri Paesi europei, è intervenuta con molteplici riforme che hanno determinato l’innalzamento continuo dell’età pensionabile e l’introduzione dei requisiti dinamici legati all’aspettativa di vita, così se fino a poco tempo fa a 57 anni si poteva godere la tanto agognata pensione, nei prossimi anni bisognerà aspettarne quasi altri 10.

Questo determina delle importanti conseguenze. Come diceva Charles Darwin, “Non è la specie più intelligente a sopravvivere e nemmeno quella più forte. È quella più esposta ai cambiamenti”.

Serve un approccio preventivo
La questione dell’invecchiamento attivo è stata affrontata finora con un approccio curativo, ossia si è posta la questione di come tenere al lavoro in modo motivante coloro che erano sul punto di andare in pensione e che in seguito alle riforme pensionistiche sono stati trattenuti al lavoro.
Ma d’ora in poi l’approccio dovrà essere preventivo ossia vi sarà la necessità di trattenere, qualificare e mantenere performante la forza lavoro, anche quella di età più avanzata al fine di garantire la capacità competitiva al sistema.
I governi e i datori di lavoro devono prendere misure che promuovano l’invecchiamento attivo e vite lavorative più lunghe, sane e produttive a tutte le età, attraverso lo sviluppo e l’applicazione di strategie c.d. di age management al lavoro. È, quindi, importante, “fare cultura” sul tema dell’active ageing e approcciare, con urgenza, nuove forme di “gestione del fattore età” al lavoro (in virtù appunto della transizione demografica in corso).
Poiché, dunque, sta tramontando la cultura del pensionamento precoce dei lavoratori anziani, ricercato fino a pochi anni fa in tutti gli Stati membri dell’Unione europea, si deve passare ora ad una cultura della loro integrazione.

Strategie motivazionali
Vediamo cosa può fare un’organizzazione per mantenere motivato un lavoratore anziano; in base alla definizione data dalla Strategia europea per l’occupazione, è considerato tale il lavoratore nella fascia anagrafica 55-64 anni, suddivisi nelle due sotto-classi dei 55-59enni e dei 60-64enni.
Per riuscire a motivare un lavoratore anziano, un’organizzazione dovrebbe garantire: flessibilità, formazione, adattamento del design e dell’organizzazione del lavoro, miglioramento dell’ambiente professionale e delle condizioni di salute dei lavoratori, scambio intergenerazionale, gestire la mobilità e superare gli stereotipi.
Per flessibilità si intende la possibilità di usufruire di riduzioni graduali del lavoro in vista del pensionamento attraverso l’accesso al part time o al job sharing, il passaggio ad occupazioni con minor livello di responsabilità o gravosità, la concessione di periodi sabbatici. Altre iniziative riguardano l’adattamento delle condizioni lavorative alle esigenze dei lavoratori anziani, attraverso l’implementazione di modelli ergonomici; il design fisico dei luoghi e dei processi di lavoro può massimizzare il potenziale di una forza di lavoro che invecchia, adattando l’ambiente sulla base di valutazioni ergonomiche, per evitare e prevenire attivamente i possibili danni alla salute fisica e mentale dei lavoratori. Ad esempio, i cambiamenti cardiovascolari e respiratori associati all’invecchiamento possono rendere difficile eseguire alcuni compiti, se il processo lavorativo richiede in modo consistente un’elevata attività fisica. I lavoratori più anziani possono, quindi, avere bisogno di una maggiore flessibilità e varietà nel ritmo di lavoro e nelle ore lavorative, con pause addizionali per avere tempo per recuperare dai compiti gravosi.
Per quanto riguarda poi il miglioramento dell’ambiente professionale e delle condizioni di salute dei lavoratori, è opportuno che i datori di lavoro prestino attenzione alla progettazione ergonomica dell’attrezzatura e dei processi lavorativi, promuovano il benessere fisico, mentale e sociale dei lavoratori, attraverso, ad esempio, programmi di promozione della salute che mirino a prevenire il manifestarsi di patologie, e, particolarmente quelli che richiedono un esercizio fisico, debbono essere ideati in modo specifico per tenere in conto dei bisogni mutevoli degli individui mentre essi invecchiano, considerato che processi “normali” di invecchiamento avvengono con ritmi variabili.
Attraverso la mobilità professionale e la formazione, poi, si può puntare a risviluppare il lavoratore anziano, cercando di valorizzare le competenze e l’esperienza in una nuova attività all’interno della medesima organizzazione.

Osservazioni conclusive
Infine, si pone l’accento sul fatto che è importante superare gli stereotipi che riguardano i lavoratori anziani. Nell’opinione comune, è abbastanza diffusa l’idea che essi presentino una chiusura al cambiamento e all’innovazione (soprattutto tecnologica), una scarsa adattabilità e un insufficiente impegno verso compiti particolarmente sfidanti.
In realtà, la condivisione di informazioni, conoscenze e competenze è oggi ritenuta sempre più necessaria per le organizzazioni. In questo senso si sottolinea il ruolo della diversity come ricchezza e come potenziale risorsa conoscitiva realizzabile attraverso un dialogo costruttivo tra persone appartenenti a diverse classi anagrafiche. I lavoratori anziani sono in molti casi forieri di affidabilità ed esperienza, in misura maggiore rispetto ai loro colleghi più giovani che hanno invece competenze formali molto più elevate. Va, pertanto, incoraggiato il mentoring, ovvero il processo di trasferimento delle conoscenze prodotto dall’affiancamento dei giovani neoassunti (o comunque bisognosi di formazione on the job) ai lavoratori più anziani; in questo modo, i lavoratori più anziani possono avere un ruolo importante nell’organizzazione, superando così ogni stereotipo.
Ecco la sfida futura: riuscire a tenere motivati e attivi i lavoratori più anziani senza compromettere l’assunzione di giovani lavoratori!

Il rapporto Ocse in sintesi
Live Longer, Work Longer: a synthesis report
In an era of rapid population ageing, many employment and social policies, practices and attitudes that discourage work at an older age have passed their sell-by date and need to be overhauled. They not only deny older workers choice about when and how to retire but are costly for business, the economy and society. If nothing is done to promote better employment prospects for older workers, the number of retirees per worker in OECD countries will double over the next five decades. This will threaten living standards and put enormous pressure on the financing of social protection systems. To help meet these daunting challenges, work needs to be made a more attractive and rewarding proposition for older workers.

Conto Termico, dal 31 marzo 2014 gli incentivi per impianti a biomassa e pompe di calore

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E’ stato pubblicato il bando per l’accesso agli incentivi previsti dal Conto Energia Termico, per l’anno 2014, riservati a chi sostituisce gli impianti di riscaldamento da 500 a 1000 kW con pompe di calore o biomassa.
Le richieste di accesso agli incentivi devono essere inoltrati, esclusivamente attraverso le procedure telematiche del Portale termico G.S.E., dalle ore 9.00 del 31 marzo 2014 fino alle ore 21.00 del 29 maggio 2014.

Di seguito gli interventi ammissibili:

  • sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di pompe di calore, elettriche o a gas, ad energia aerotermica, geotermica o idrotermica;
  • sostituzione di impianti di climatizzazione invernale o di riscaldamento delle serre esistenti e dei fabbricati rurali esistenti con impianti di climatizzazione invernale dotati di generatore di calore alimentato da biomassa.

La dotazione finanziaria per l’attuazione della misura è pari a 6,91 milioni di euro per gli interventi promosse dalle Amministrazioni Pubbliche e 22,81 milioni di euro per gli interventi realizzati dai soggetti privati.

 

L’8 Marzo a Napoli festeggia la Festa della Donna

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premiocittafuturoUna giornata che si tinge di verde, senza l’uso di mimose, all’ingresso della Villa comunale di Napoli, dal lato dello stazionamento dei tram. Uso dei mezzi pubblici e godimento di ville e parchi: uomini, donne, bambini, immigrati, anziani e coloro che hanno abilità diverse verso le aree verdi piuttosto che l’inverso, tramite la vendita del profumatissimo fiore, sebbene il comparto florovivaistico rappresenti una fetta importante dell’indotto italiano generato dalll’omonima industria. È questa la proposta dell’8 Marzo del Comitato Organizzatore Volla Music Festival, presieduto da Lidia Ianuario, il cui scopo è la trasmissione del “diverso” a cinque categorie di soggetti, le cosiddette “fasce deboli o protette” (sopra menzionate) e del portale ecosostenibile NeWage, presentato alla Camera dei deputati lo scorso novembre, il primo accessibile a ciechi, ipovedenti e sordomuti – tradotto in quattro lingue (inglese, russo, cinese, giapponese) e con un trimestrale in Braille. “Non casuale la scelta del colore verde, da sempre simbolo della speranza – afferma la vesuviana ed esplosiva direttrice editoriale, Lidia Ianuario – sia per evitare che la Festa delle Donne sia identificata con le lotte di genere, che a mio avviso poco hanno a che vedere con la vasta e variegata compagine sociale, dove nella realtà si assiste sempre più ad una non netta demarcazione dei ruoli tra uomo e donna, indipendentemente dal loro orientamento sessuale , sia per riprendere i toni e colori, spesso sbiaditi, delle nostre grigie città, prive di un sufficiente numero di spazi aperti e verdi, nonostante l’Italia sia una delle penisole con il più vasto patrimonio artististico e paesaggistico, tanto da poter vivere esclusivamente di turismo”.  Hard core dell’intera manifestazione, “Inventa la tua città ecocompatibile, I edizione”, Premio Città-Futuro (n.d.r.: qui il bando integrale: https://www.facebook.com/events/1433026780252186/?fref=ts) un concorso che unisce disabilità a sostenibilità ambientale, in quanto l’elaborato (sono circa dieci le sezioni del concorso, dalle arti visivie allo sviluppo architettonico sostenibile al Food&Beverage) è aperto a tutte le scuole di ogni ordine e grado e tutti i liberi professionisti.

Obiettivi elevati, coraggiosi, per qualche temerario azzardati, ma non per tutti i partner dell’evento, che hanno deciso di non rimandare l’evento, nonostante i vari meteorologi abbiano previsto piogge e temporali. Una determinazione necessaria, come quella delle due testimonial nella loro carriera, la scrittrice Veronica Famà, con la messa a disposizione gratuita (l’intero ricavato della vendita verrà devoluto a favore dei progetti sociali del comitato campano) del libro “Mi piaci tu”, scritto a quattro mani con il famoso giornalista sportivo Antonio Petrazzuolo, e di Inés Trocchia, la giovane ed intelligente modella, rispettivamente contro l’anoressia e a favore del made in Italy. A testimoniarlo, noti marchi, come la sartoria artigianale Doron, con un momento ludico (n.d.r.: dimostrazioni pratiche di come annodare la cravatta anche di spalle!) e l’elegante Luisa D’Ambrosio, con il suo atelier anche per taglie “forti” o “comode”, come gentilmente usa definirle qualcuno. Una carineria, questa, che fa sorridere l’attrice trevigiana Samantha Silvestri, testimonial di Premio Città-Futuro contro gli stereotipi della moda.

Un evento che ben si sposa con le aspettative, probabilmente deluse ieri, dall’atteso accordo non siglato a Città della Scienza, partner dell’intera manifestazione “Inventa la tua città ecocompatibile, Premio Città-Futuro, I edizione”. Non solo la ricostruzione dell’intero polo museale annesso, ma anche la costituzione di comitati locali dell’Osservatorio Nazionale Amianto, col Presidente Ezio Bonanni, la creazione di una web tv per sordomuti e una web radio per ciechi, http://www.spreaker.com/user/intovicstreet anche contro la dispersione scolastica, i tre progetti principali da sostenere e supportare. A sostenerne l’elevato valore morale, il deputato Michela Rostan ed Annella Prisco Saggiomo, rispettivamente patron e testimonial della kermesse, in rappresentanza della presenza della Camera dei deputati e della Regione Campania, considerato che la stessa è in attesa di conferma dei vari patrocini morali da ogni regione italiana, tra cui l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica. Accanto ad essi tanti desideri ed auspici, dalla lotta al femminicidio a quella per ogni forma di violenza ed abuso, dal bullismo alla dipendenza dai Social Network, come testimonia la giovanissima minorenne, Laura De Rosa, attrice supportata dall’inseparabile madre Floriana, donna ed imprenditrice dalla personalità forte nonché esempio di genitore da emulare.

Il momento centrale dell’intera mezza giornata sarà un Flash Mob, alle ore 12.00, a cui hanno aderito vari musicisti, come Diego Petruz, artisti, scuole di ballo, coreografi e colleghi, tra cui Lara Lana, con vari test rapper, tra cui Federico Dueffe Tueffe, testimonial contro il femminicidio, e una poesia, ritmata, e reintrepretata, scritta da Lidia Ianuario, Direttrice Editoriale di NeWage nonché Responsabile dell’Ufficio Stampa dell’ONA, dal titolo “Acerra è la mia terra”, con una coreografia gentilmente offerta dall’Animal Kingdom di Casalnuovo a Cercola alla presenza delle colorate bici elettriche offerte dalla BAD BIKE di Agnano, con un modello che unisce madri e figli!

Per concludere: trattamenti shiatsu, grazie ad Angiolino Ferraro, della Federazione italiana Shiatsu Insegnanti e Operatori, Sezione Regionale Campania; brevissimi seminari di esperti sul rapporto tra alimentazione, benessere, salute e sport tenuti da vari esperti; interventi della sociologa professionista Bianca Baraini, col suo progetto “Il sociologo del territorio”, socia ANS, altro partner della manifestazione; reading di “A piedi nudi su una nuvola di plexiglass” e “Tina e Frida: Creaciòn y Vida” scritti rispettivamente da Daniela Baldassarra e Annarita Romit, editi da FaLvision Editore s.a.s., casa editrice specializzatasi in Braille; nozioni sul consumo di bevande analcoliche, intagli, decorazioni da parte dell’A.I.B.E.S. (Associazione Italiana Barman e Soci Sostenitori) e elementi di difesa personale coi Maestri di Wing Chung Paolo Pagnano e Antonello Parisi, gadget di tutte le aziende partner, in particolare dell’Aboca e dell’Ambiente S.r.l., piattaforma ecologica CONAI.

Ufficio Stampa

Premio Città-Futuro

L’8 MARZO LA GIORNATA E’ DEDICATA ALLA PREVENZIONE “AL MASCHILE”: IL CAMPER PROSUD TORNA A PIAZZA VANVITELLI

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CAMPER2In occasione della giornata dedicata alla donna, l’unità urologica mobile della fondazione Prosud, che porta gratis “in piazza” la prevenzione nei confronti del tumore alla prostata, torna a Piazza Vanvitelli a Napoli.

L’8 marzo, Il Camper Prosud, l’Unità Urologica Mobile della Fondazione presieduta dal Prof. Mirone,  torna a Napoli a Piazza Vanvitelli.  Numerose infatti sono state le richieste di nuove tappe  nel Capolouogo, pervenute in Fondazione;  per questo motivo,  i Vertici di Prosud hanno deciso di  invitare il pubblico maschile a fare prevenzione con visite e screenings gratuiti alla prostata nella  giornata notoriamente dedicata alle donne. Ma questo puo’ essere anche un modo importante di “festeggiare”  la coppia, visto che la prevenzione del tumore alla prostata puo’ aiutare molto  una sana vita sessuale.

Gli specialisti della Fondazione Prosud  saranno  a disposizione di quanti vorranno visitarsi dalle 10.00 alle 18.00.  Non occorre alcuna prenotazione. Informazioni su www.fondazioneprosud.it o info@fondazioneprosud.it.

Ufficio Stampa

IMMA GIULIANI CHIUDE LA SETTIMANA DELLA DONNA A ROCCAMONFINA

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congli-occhi-immaVenerdì 7 marzo ore 11 – Scuola Media di Roccamonfina

Imma Giuliani chiude la settimana di incontri che l’Amministrazione comunale di Roccamonfina ha orgnaizzato per le donne in vista dell’8 marzo. L’appuntamento è per venerdì 7, ore 11,00, presso la scuola media locale per parlare di femminicidio. Un argomento che, secondo il sindaco Letizia Tari, va “assolutamente trattato con i bambini e le bambine al fine di scongiurare spiacevoli comportamenti futuri”.

In più di una realtà sociale la donna riveste un ruolo che l’allontana sempre più dalla sua dimensione, talvolta svilendo la figura maschile, mentre, in altri contesti, essa è ancora vittima di violenze e costretta ad un’umiliante sottomissione.

Imma Giuliani, laureata in psicologia dei processi cognitivi, esperta in scienze forensi, è consulente della redazione di “Chi L’ha Visto” e coautrice dei libri “Il Mostro di Firenze: Uno, Qualcuno, Centomila” e ” La Voce de i Vinti”.

“In questa settimana – fa sapere il Sindaco Letizia Tari –  auspichiamo che ciascuna/o cittadina/o si metta in gioco, sollevando quesiti, proponendo soluzioni e, perché no, ritrovi il gusto di scambiarsi un’idea, di stringersi la mano e di cantare insieme, “uniti nella diversità”, nel pieno rispetto dei ruoli”.

Cripezzi: “I giovani hanno bisogno di spazi di creatività e di relazione”

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exedHanno preso i sogni di una generazione e li hanno chiusi in un cassetto.

I giovani hanno bisogno di spazi di creatività e di relazione. E di intraprendenza.

Ci sono giovani che hanno capacità straordinarie. Queste persone non possono essere trattate con la pacca sulla spalla: ‘tanto sei giovane’.

La svolta generazionale ci sarà quando una generazione potrà autodeterminarsi, respirare senza ansimare, vivere la propria vita senza la fragilità di chi non ha diritti.

Non sprechiamo un’altra occasione, non ora: è il momento di diventare grandi, prima di diventare vecchi.

Giovedi 6 marzo alle 21,30 ne parleremo presso la nostra sede a Fucecchio in Via Nelli 2 (ex libreria Martin Eden).

Non mancate!

Riprendiamoci la città…insieme!

 Emanuele Cripezzi

“Fabrica Comune Fucecchio”

I tagli di Angelino umiliano la polizia

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Due pesi e due misure. È bastato che gli insegnanti protestassero per il blocco degli scatti economici, che il governo Letta – su stimolo dei renziani – ha subito individuato le risorse per onorare gli impegni e non trattenere gli scatti economici maturati.

Alle forze dell’ordine ed Armate ciò non succede. Solo la Polizia stima che i mancati scatti abbiano raggiunto la cifra di 1,8 miliardi di euro.

Ma non è finita. Gli ultimi quattro ministri dell’Economia si sono sempre opposti allo strumento dei tagli orizzontali ai bilanci dei ministeri. E per evitarli hanno creato un commissario alla spending review con un compito preciso: introdurre risparmi selezionati di spesa.

In realtà, in passato il meccanismo previsto non ha funzionato alla perfezione. Così, il consiglio dei ministri ha finito per approvare (di solito, all’unanimità) riduzioni orizzontali di spesa, con il beneplacito dei ministri interessati.

Tra i tanti tagli alla spesa (orizzontali), ne sta emergendo uno che rischia di creare problemi sul fronte della sicurezza: come se non fosse possibile recuperare risparmi da altre voci di Bilancio. Piero Giarda, quand’era consulente di Giulio Tremonti all’Economia, aveva elaborato uno studio di riduzione della spesa che prevedeva di eliminare «doppioni» di caserme. Vale a dire, se in un comune c’erano stazioni di Polizia, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, ne doveva restare soltanto una. Quello studio, rimasto nel cassetto per anni (per evidenti ragioni di opportunità), ora sta diventando realtà. E molto probabilmente, il tema è stato al centro dell’incontro di ieri mattina al Quirinale tra il presidente della Repubblica ed il capo della Polizia.

L’iniziativa muove i passi dal Viminale. Lunedì scorso il ministero dell’Interno diffonde una circolare a tutti i questori che punta a coinvolgerli nel progetto di «una razionalizzazione della dislocazione dei presidi di polizia sul territorio», in chiave sia di carenza d’organico sia di congiuntura economica.

Lo studio diventa «un’ipotesi progettuale» che gli uomini di Alfano vogliono condividere con i questori. La circolare spiega che quest’«ipotesi progettuale» va in due direzioni. La prima. Di concerto con i Carabinieri, viene definita «una rivisitazione della dislocazione dei commissariati di Ps, delle stazioni CC e di quelle Forze speciali a carattere sussidiario (forse la Guardia di Finanza) concentrate in alcune sedi e non razionalmente distribuite sul territorio». Insomma, l’obbiettivo è eliminare i doppioni. Un’eventualità il cui rischio era stato già velatamente paventato in Parlamento anche dal Comandante generale dei Carabinieri, Leonardo Gallitelli.
La seconda direzione della circolare è più interna al Viminale. E punta ad adeguare la “rete” alle nuove esigenze, con l’obbiettivo di «ottimizzare» i presidi nelle quattro specialità della Ps: stradale, ferroviaria, postale, di frontiera.

Per le questure, il risultato di questa ottimizzazione sarà la chiusura di 11 commissariati. Per la Polizia stradale, la soppressione di 2 compartimenti, 27 presidi minori e l’accorpamento di 6 presidi. Per la Polizia ferroviaria, gli effetti saranno la soppressione di 73 posizioni tra sottosezioni e posti Polfer. La Polizia postale chiuderà 73 sezioni provinciali; mentre quella di Frontiera sopprimerà 2 zone di competenza e 10 presidi minori. La circolare prevede anche la soppressione «di tutte le 50 squadre nautiche, di 4 squadre sommozzatori, di 11 squadre a cavallo e di 4 nuclei artificieri». Nonché «della scuola per i servizi di Polizia a cavallo di Foresta Burgos». La circolare si chiude: «prefetti informati».

La Grande Ipocrisia del nostro cinema marcio: i partiti

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Il film è stato prodotto da un importante rampollo della dinastia Letta, il cugino dell’ex premier. Si chiama Giampaolo Letta, è uno dei quattro baroni del cinema italiano (lui è il più importante, non a caso è un altro dei nipotini) il cui compito principale consiste nell’impedire che in Italia esista e si manifesti il libero mercato multimediale, mantenendo un capillare controllo partitico dittatoriale sull’industria cinematografica. E’ l’amministratore delegato della Medusa film, il cui 100% delle azioni appartiene a Mediaset. Il vero oscar, quindi (in Usa conta il produttore, essendo il padre del film) lo ha vinto Silvio Berlusconi, al quale va tutto il merito per aver condotto in porto questo business nostrano. Ma nessuno in Italia lo ha detto. E’ un prodotto Pdl-Pd-Lega Nord tutti insieme appassionatamente.

In teoria (ma soltanto in teoria) è stato prodotto da Nicola Giuliano e Francesca Cima (quota Pd di stretta marca burocratica di scuola veltroniana) Giampaolo Letta e Paolo Sorrentinoper conto della Indigo Film, i quali – senza Berlusconi – non sarebbero stati in grado neppure di pagarsi le spese dell’ufficio, dato che su 9 milioni di euro di budget, il buon Berluska ne ha messi 6,5. E’ stata buttata dentro anche la Lega Nord, che ha partecipato con la Banca Popolare di Vicenza (500 mila euro come favore amicale) e con la sponsorizzazione del Biscottificio Verona (in tutto il film non si vede neppure una volta qualcuno mangiare uno dei suoi biscotti), entrambe le aziende vogliose di entrare nel grande giro (sono bastate due telefonate per convincerli).

Grazie alla malleverie politiche, attraverso fondazioni di partito hanno ottenuto altri 2 milioni di euro incrociati: il Pd se li è fatti dare grazie al solerte lavoro di relazioni europee attraverso il “programma Media Europa” (650 mila euro) mentre Renata Polverini ha partecipato alla produzione dando 500 mila euro per conto della presidenza della Regione Lazio attraverso il “fondo per il cinema e audiovisivi per il rilancio delle attività cinematografiche dei Renata Polverinigiovani” (soldi che ha dato a Giampaolo Letta, sulla carta lui sarebbe “il giovane” che andava aiutato).

Nicola Giuliano ha messo su la squadra partitica. In teoria fa il produttore, ma fa anche il docente, il consulente.Ha la cattedra al corso di produzione della Scuola nazionale di cinema di Roma, ma allo stesso tempo ha anche la cattedra di docente di produzione cinematografica presso l’Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, oltre che docente di “low cost production” a San Antonio De los Banos nell’isola di Cuba e consulente per la Rai. E’ un funzionario tuttofare che mette su pacchetti partitici, il che poco ha a che fare con il cinema, ma molto ha a che vedere con l’idea italiana di come si fa il cinema. O meglio: molto ha a che fare con l’idea di come si uccide e si annienta una cinematografia.

Secondo gli esaltatori di questo “prodotto Italia”, il film vincente aprirebbe la strada a investimenti, stimolando i giovani autori e lanciando il nuovo cinema italiano; mentre, invece, l’unico risultato che otterrà sarà quello di far capire a tutti, come severo ammonimento, che “o prendete la tessera di Forza Italia/Pd oppure non lavorate”, chiarendo a chiunque intenda investire anche 1 euro nel cinema che bisogna però passare attraverso la griglia dell’italianità partitica, il che metterà in fuga chi di cinema si occupa e attirerà invece squali Berlusconidi diversa natura il cui unico obiettivo consiste nel fare affari lucrosi in Italia con Berlusconi e il Pd, in tutt’altri lidi.

I giovani autori, i cineasti italiani in erba, le giovani produzioni speranzose, il cinema indipendente, ricevono da questo premio un danno colossale perchè il segnale che viene dato loro è quella della contundente italianità, quella della Grande Ipocrisia, la vera cifra di questo paese che si rifiuta di aprire il mercato ai meritevoli, ai competenti, a quelli senza tessera. Il film ha vinto esattamente nello stesso modo in cui aveva vinto “Nuovo cinema Paradiso” nel 1990.

Due parole tecniche per spiegarvi come funziona il meccanismo di votazione dell’oscar. Per votare bisogna essere iscritti al Mpaa (Motion Pictures Academy of Art) e bisogna essere sindacalizzati; dal 1960 vale anche il principio per cui chi è disoccupato non vota, nel senso che bisogna dimostrare con documenti alla mano che “si sta lavorando” da almeno gli ultimi 24 mesi ininterrottamente, garantendosi in tal modo il voto di chi sta veramente dentro al mercato. Perchè per gli americani l’unica cosa che conta per davvero è il mercato, per questo Woody Allen (autore indipendente) detesta Hollywood e non ci va mai, la considera una truffa. I votanti sono all’incirca 6.000 e sono presenti tutte le categorie dei lavoratori (si chiamano industry workers): produttori, registi, sceneggiatori, direttori di fotografia, macchinisti, tecnici del suono, delle luci, scenografi, sarti, guardarobiere, guardie di sicurezza, perfino i gestori degli appalti per gestire i catering sul set, ecc. Ogni voto vale uno, il che vuol dire che il voto di Steven Spielberg vale quanto quello di un ragazzino il cui lavoro consiste nel tenere l’asta del Edgar Hoovermicrofono in direzione della bocca del divo di turno nel corso delle riprese, purché lo faccia da almeno due anni e paghi i contributi.

Quando si avvicina il giorno della votazione scattano i cosiddetti “pacchetti” e a Los Angeles la lotta è furibonda e comincia la caccia già verso i primi di novembre, con i responsabili marketing degli “studios” (sarebbero le grandi majors) che minacciano, ricattano, assumono, licenziano, per convincere chi ha bisogno di lavorare a votare per chi dicono loro. Per ciò che riguarda i film stranieri la procedura è la stessa ma su un altro binario: vale il cosiddetto “principio Hoover” lanciato dal capo del Fbi alla fine degli anni ‘50: vince la nazione che più di ogni altra in assoluto farà fare affari alle sei grosse produzioni che contano, acquistando i suoi prodotti. E’ il motivo per cui l’Italia è la nazione al mondo che ha collezionato più oscar di tutti (la più serva e deferente) e la Russia e il Giappone quelle che ne hanno presi di meno.

Quando l’Italia, per motivi politici (o di affari) ha bisogno dell’oscar, allora costruisce un poderoso business (per la serie: vi compro questi quattro telefilm che nessuno al mondo vuole e ve li pago tre volte il suo valore) e lo va a proporre a società di intermediazione di Los Angeles collegate ai due sindacati più potenti californiani, da 40 anni gestiti da famiglie calabresi e siciliane, quelli che danno lavoro alla manovalanza tecnica e gestiscono i pacchetti, dato che controllano il 65% dei voti complessivi. Per i film stranieri bisogna avere un forte “endorsement”, ovvero un sostegno di persona nota nell’industria che garantisce a nome dei sindacati, come è avvenuto Martin Scorsesequest’anno con Martin Scorsese che si è fatto il giro presso la comunità di amici degli amici a Brooklyn.

Nel 1989 accadde la stessa cosa: Berlusconi doveva entrare nel mercato americano per mettere su un gigantesco business (quello per il quale è stato definitivamente condannato dalla Cassazione, il cosiddetto “processo media-trade”); doveva entrare a Hollywood dalla porta principale con la Pentafilm. Ma non c’erano film italiani che valessero, era già piombata la mannaia dei partiti, tanto è vero che perfino il compianto Fellini girava a vuoto da un produttore all’altro ed era disoccupato, motivo per cui finì per ammalarsi. Alla fine, l’abile Berlusconi riuscì a convincere il più intelligente e bravo produttore di quei tempi (che se la passava maluccio) Franco Cristaldi, a dargli un prodotto perchè lui doveva vincere comunque. Cristaldi era disperato e non sapeva che cosa fare perchè non poteva fare delle figuracce con gli americani che conoscono il buon cinema e non è facile ingannarli, ma si fece venire in mente un’idea geniale. Aveva fatto una marchetta con RaiTre e aveva prodotto un film, “Nuovo Cinema Paradiso”, che era stato un flop clamoroso, sia alla tivvù, con indici di ascolto minimi, che al cinema, dove era uscito e dopo dieci giorni era stato ritirato per mancanza di pubblico. Il film durava 155 minuti ed era francamente inguardabile, di una noia mortale. Senza dire nulla al regista, Cristaldi ci lavorò da solo – letteralmente – per tre mesi. Rimontò totalmente il film, tagliò e buttò via 72 minuti e usando dei filtri cambiò anche le luci, riuscendo anche a modificare dei dialoghi. Lo fece uscire in Usa dove Franco Cristaldiottenne un buon successo di critica, sufficiente per passare.

Berlusconi fu contento ma non gli diede ciò che era stato pattuito. Il giorno in cui Tornatore prese l’oscar, nel 1990, accadde un fatto inaudito per la comunità hollywoodiana. La statuetta venne data al regista e all’improvviso Franco Cristaldi fece un salto sul palco, si avvicinò, strappò di mano la statuetta a Tornatore, prese il microfono in mano e disse «questo oscar è mio, questo premio l’ho vinto io, questo è il mio film, questo è un film del produttore». Fu l’inizio della fine della sua carriera in Italia, perchè il giorno dopo l’intera critica statunitense (in Italia non venne mai fatta neppure menzione degli eventi) lo volle intervistare e lui raccontò come i partiti stessero distruggendo quella che un tempo era stata una delle più importanti industrie cinematografiche del mondo. Lo scaricarono tutti in Italia e finì per lavorare all’estero. Di lì a qualche anno morì.

Fu in quell’occasione che Tornatore, in una intervista, spiegò come si faceva il regista in Italia: «Bisogna occuparsi di politica, quella è la strada. Io mi sono iscritto al Pci e poi sono riuscito a farmi eleggere alle elezioni comunali in un piccolo paesino della Calabria dove sono diventato assessore. Mi davano da firmare delle carte e io firmavo senza neppure leggerle, dovevo fare soltanto quello. Dopo un po’ di tempo mi hanno detto che potevo anche dimettermi e andare a Roma a fare i film». Aveva ragione lui: in Italia funziona così; 24 anni dopo è la stessa cosa, con l’aggravante del tempo trascorso. “La Grande Bellezza” appartiene a questo filone dell’italianità e il solo fatto di accostarlo a Giuseppe TornatoreFellini o a De Sica è un insulto all’intelligenza collettiva della nazione: è una marchetta politica.

E si vede, si sente, lo si capisce; nell’arte non si riesce a mentire perchè l’arte è basata su uno squisito paradosso: poichè è finzione totale – e quindi menzogna pura – chi la produce non può darla ad intendere perchè la verità sottostante salta sempre fuori. E’ la cartolina di un piccolo-borghese costruita (a tavolino) per venire incontro agli stereotipi degli americani votanti, attraverso un’operazione intellettualistica che non regala emozioni, ma soltanto suggestioni di provenienza pubblicitaria marketing negativa. In maniera ingegnosa e diabolicamente perversa propone delle maschere in un paese dove la verità artistica passa, invece, nella necessità dello smascheramento, cioè nel suo opposto. E’ la quintessenza del paradosso italiano trasformato nel consueto ossimoro: un brutto film che si pone e si qualifica come la Grande Bellezza; proprio come Mario Monti che lanciò il decreto “salva Italia” che ha affondato il paese e Letta (Enrico) che lanciò il “governo del fare” licenziato dopo pochi mesi perchè non è riuscito a fare nulla.

Il film, davvero noioso e privo di spessore, è un prodotto subliminare, promosso dai partiti politici italiani al governo solo e soltanto dopo che i due protagonisti, Toni Servillo e Paolo Sorrentino, si sono messi pubblicamente a disposizione della famiglia Letta. Il film, infatti, doveva uscire a settembre del 2013, ma hanno anticipato l’uscita a giugno perchè era il momento in cui era assolutamente necessario usare ogni mezzo per poter azzannare l’opposizione. Il 7 giugno del 2013, Servillo e Sorrentino vengono invitati da Lilli Gruber nella sua trasmissione “8 e 1/2” per l’emittente La7. L’intervista dura 32 minuti. I primi 20 minuti sono noiosi e si parla del film che, si capisce da come andava l’intervista, nessuno avrebbe mai visto. Dal 21esimo minuto in poi, avviene la svolta, fino alla fine. L’attore e il regista, ben imboccati dalla Gruber, si lanciano in un attacco politico personale contro Beppe Grillo e il M5s. Un fatto che non aveva alcun senso, dato che si trattava di un film che Servillo nello studio di Lilli Grubernulla – per nessun motivo – aveva a che fare con la vita politica italiana e con il dibattito in corso.

Servillo fu durissimo nel sostenere a un certo punto che «mi faccio dei nemici ma me li faccio volentieri», spiegando ai telespettatori (che pensavano di ascoltare un attore che parlava di cinema) come «Grillo ripropone un’immagine di leader vecchio che passa da Masaniello a Berlusconi» – cioè il suo produttore – «e usa un linguaggio violento…. ». Sorrentino gli andò dietro e insieme, per dei motivi incomprensibili a chiunque si occupi di cinema in qualunque parte del mondo (tranne che in Italia) spiegavano che il M5s «è un movimento che vuole togliere la sovranità al Parlamento». Da quel momento i due sono andati in giro a promuovere il loro film in ambito politico nazionale allertando la popolazione sul pericolo rappresentato dal M5s, e così l’establishment nazionale l’ha imposto come moda propagandandolo in maniera esorbitante. Riguardando quell’intervista, ho scoperto, pertanto, che Toni Servillo ha stabilito che io sono un suo nemico. Non lo sapevo. Ieri sera, la Gruber, sempre attenta nel rispettare i codici della rappresentanza che conta, ha dedicato un’altra intervista al film, ma in questo caso ha invitato Walter Veltroni. Forse c’è stato qualche telespettatore che si sarà chiesto «ma che cosa c’entra con questo film?». Appunto.