29 Settembre 2024, domenica
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Multe illegali se sfori il tempo sulle strisce blu

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Se vi fanno la multa per aver sforato il tempo di sosta sulle strisce blu, non pagatela! Correte al Prefetto entro 60 giorni o al giudice di pace entro 30 giorni e presentate regolare ricorso: non avete infatti violato nessuna specifica norma del Codice, bensì siete responsabili di una banalissima “inadempienza contrattuale“. Sintetizzando, significa che il Comune è autorizzato a chiedervi di completare il pagamento, con le eventuali penali, ma non a multarvi.
A dare speranza agli automobilisti in pena con le colonnine del parchimetro è lo stesso ministero dei Trasporti che in un parere espresso il 22 marzo 2010 “in materia di parcheggi a pagamento”, ha di fatto sdoganato le soste prolungate a sbafo. Si legge sul parere:

“A parere di questo Ufficio in caso di omessa corresponsione delle ulteriori somme dovute, l’ipotesi prospettate da codesto Comune, di applicare la sanzione di cui all’art. 7 comma 15 del Codicenon è giuridicamente giustificabile in quanto l’eventuale evasione tariffaria non configura violazione alle norme del Codice, bensì una inadempienza contrattuale, da perseguire secondo le procedure jure privatorum a tutela del diritto patrimoniale dell’ente proprietario o concessionario”.

In pratica, se esponete il biglietto di sosta non siete considerati “evasori” e poco importa se magari avete pagato soltanto un’ora ma tardate quei 5 minuti o un’intero pomeriggio: il Comune può al massimo chiedervi di integrare le ore.

Attenzione però ai parcheggi in cui il tempo di sosta è espressamente limitato:

“Nei luoghi ove la sosta è permessa per un tempo limitato è fatto obbligo ai conducenti di segnalare, in modo chiaramente visibile, l’orario in cui la sosta ha avuto inizio. Ove esiste il dispositivo di controllo della durata della sosta è fatto obbligo di porlo in funzione”

Il prezzo finale, laddove vi venga richiesto di integrare il ticket, potrebbe però essere leggermente maggiorato per le eventuali penali stabilite da apposito regolamento comunale, ai sensi dell’art. 17 c. 132 della legge n. 127/1997.

In ogni caso, se decidete di fare ricorso, è bene sapere che esistono diversi disincentivi a procedere. Bisogna pagare subito 37 euro di contributo unificato. Più l’eventuale onorario del vostro avvocato di fiducia che dovrà redigere l’atto. Soldi che una volta vinto il ricorso vi saranno restituiti. Ma, si sa, i tempi della giustizia possono essere piuttosto lunghi.

Sanità, fatture fornitori: Asl paga, ma a Catanzaro ci vogliono 1260 giorni…

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Per vedere il saldo di una fattura sanitaria a Catanzaro da parte della Asl dovrai aspettare in media 1260 giorni. A Cosenza invece il saldo arriva in media entro 1177 giorni, mentre per le più veloci a pagare sono le Asl della provincia di Pavia, dove si attendono in media 48 giorni, e quella del Friuli, dove l’attesa è di 56 giorni. Questi i tempi medi che le ditte che forniscono pace-maker, defibrillatori, protesi e altri dispositivi medici devono aspettare per vedersi pagata una fattura dalle Asl.
I debiti della Sanità vengono saldati però sempre in ritardo e secondo le stime della Banca d’Italia i pagamenti arretrati ammontano a gennaio 2014 a quasi 4 milioni di euro. Se il tempo stabilito dall’Unione europea per il pagamento di una fattura da parte di un ente pubblico sanitario è di massimo 60 giorni, nella realtà dei fatti sono appena 3 le Asl in cui il termine è rispettato.

Luigi Offeddu sul Corriere della Sera scrive:

“In Italia, in un giorno qualsiasi, un’Asl – Azienda sanitaria locale – può richiederne un’intera fornitura alla ditta o alle ditte private che producono questi materiali: consegna d’urgenza. Le norme Ue dicono che la fattura va pagata in 60 giorni al massimo. Ma se quella Asl è, mettiamo, la «Mater Domini» di Catanzaro, per pagare il suo debito impiegherà in media circa 3 anni e mezzo, per l’esattezza 1.337 giorni (calcolo aggiornato al dicembre 2013); o un po’ di meno, 3 anni e 4 mesi (1.260 giorni), se si aggiorna il calcolo a questi ultimi giorni, nel 2014″.

I termini dei 60 giorni, spiega ancor Offeddu, vengono rispettati solo da 5 Als:

“Asl Provincia di Pavia (48 giorni), AsL 4 Medio Friuli (56), Asl Città di Milano (59) I.R.C.C.S. Burlo Garofalo di Trieste (60); Azienda provinciale per i servizi sanitari di Trento (61). Le maglie nere spettano invece alla già citata Mater Domini di Catanzaro (3 anni e 4 mesi), all’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza (3 anni e 2 mesi, 1.177 giorni), all’Asl Napoli 1 Centro (2 anni e 9 mesi, 1.086 giorni), all’Azienda sanitaria regionale Campobasso (2 anni e 5 mesi, 916 giorni), e all’Azienda provinciale di Reggio Calabria (2 anni e 4 mesi, 905 giorni)”.

E il confronto con l’Europa è duro da affrontare:

“In Regioni come la Calabria, il tempo medio di pagamento dei dispositivi medici è di 833 giorni (con uno scoperto di 384,7 milioni), e in Campania di 440 (con uno scoperto di oltre 562 milioni). In Austria, da un’ingiunzione di pagamento al pagamento effettivo di una fattura sanitaria passano in media 80-90 giorni; in Francia, 240- 360; in Germania, 140-160; e in Italia, 410-460. Inutile aggiungere che due, tre anni di ritardo nei pagamenti per un piccolo-medio fornitore possono significare una forma di eutanasia finanziaria”.

Alfano, gaffe su Sky: “Prenderemo il killer di Lecco”. Ma il caso era già risolto

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Da quando Angelino Alfano è entrato nel cono d’ombra di Silvio Berlusconi, o almeno così vogliono farci credere, Il Giornale non perde occasione per bastonarlo. In questo caso è Luca Fazzo a sottolineare la gaffe del Ministro dell’Interno, che la mattina di domenica 9 marzo ai microfoni di Sky aveva annunciato una caccia serrata e una punizione implacabile all’omicida delle tre sorelline di Lecco.
Peccato che nel frattempo era già chiaro che l’assassino da cacciare senza tregua e implacabilmente punire era la madre delle tre piccole vittime, Edlira Dobrushi. Solo nel pomeriggio, ore 17, Alfano ha mutato registro, twittando: “Arrestata dai carabinieri la madre delle tre sorelline uccise a Lecco. Ge­sto di follia scatenato da separa­zione dal padre. Enorme tristez­za“. Scrive Fazzo sul Giornale:

In mattina, in diretta televisiva, il responsabile del Viminale era stato di tutt’altro avviso: «Mi sento di dire da cittadino di questo Paese e ministro dell’In­terno che noi non daremo scampo a chi ha compiuto que­st­o gesto efferato ed ignobile, in­seguiremo l’assassino fino a quando non lo avremo preso e quando lo avremo preso lo fare­mo stare in carcere fino alla fine dei suoi giorni perché la morte di questi tre bambini non può restare impunita», aveva affermato, annunciando che «subi­to dopo la fine di questa trasmis­sione» avrebbe convocato im­mediatamente i vertici della po­lizia. La giornalista aveva cerca­to di frenarlo, ricordando che spesso questi delitti «sono drammi familiari», ma Alfano aveva continuato sullo stesso tono, «l’Italia non può limitarsi a piangere ma deve urgente­mente dare la caccia e trovare chi è stato. Noi ci riusciremo».
La gaffe scoperchia un’inefficienza del sistema di comunicazione fra ministro dell’Interno, Viminale e forze dell’ordine:
Al momento in cui andava in onda Alfano, la ricostruzione del delitto cominciava già ad avere forme precise: già il pri­mo flash, quello dell’agenzia di stampa Lapresse delle 9,36, era ti­tolato «Lecco, madre uccide i suoi tre figli». Le notizie succes­sive erano più caute, ma alle 10,40 un altro flash della Adnkronos scriveva esplicita­mente «l’ipotesi che sembra prevalere tra i carabinieri è che si possa trattare di una tragedia familiare a cui ha fatto seguito un tentativo di suicidio». In­somma, praticamente fin dal­l’inizio il contesto era abbastan­za chiaro.
Resta da capire cosa non abbia funzionato. La prassi è che tutti i casi d’omicidio vengano se­gnalati immediatamente alla «sala situazioni» del diparti­mento di Polizia: direttamente dalle questure, quando a inda­gare è la polizia, o tramite la sa­la operativa del comando gene­rale quando il caso è in mano ai carabinieri. Le prime segnala­zioni avvengono in modo tele­grafico e si limitano alla crona­ca secca, ma successivamente vengono forniti aggiornamenti in tempo reale in modo da con­sentire al ministro di prendere decisioni che a volte devono es­sere urgenti.

Gb. La pausa sigaretta costa alle imprese 10 miliardi di euro l’anno

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La pausa sigaretta non fa male solo alla salute ma anche alla produttività. Secondo una ricerca della British Heart Foundation (Bhf), quei 10 minuti di ‘break’ che i fumatori britannici si prendono in ufficio, assentandosi in media quattro volte al giorno, alla fine incidono a livello nazionale per 8,4 miliardi di sterline l’anno (circa 10 miliardi di euro), equivalenti allo 0,5% del Pil nazionale.
Questo a causa del calo di produttività rappresentato dai tanti ‘stop’ nel corso della giornata. I conti si fanno in fretta, considerando che un lavoratore su cinque è amante delle sigarette. E il ‘vizio’ incide anche sulla loro salute. I fumatori in media prendono più giorni di malattia rispetto a quelli che non fumano.

 

Principesse saudite figlie di re Abdullah prigioniere da 13 anni chiedono aiuto

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Sono prigioniere nella loro sfarzosa villa reale da 13 anni. E’ quello che sostengono due principesse saudite, figlie di re Abdullah, che per denunciare la loro condizione e chiedere aiuto hanno contattato con e-mail e telefonate il Sunday Times. Le principesse Sahar, di 42 anni, e Jawaher di 38, spiegano di vivere una condizione di vera e propria prigionia, completamente isolate nella loro villa di Jeddah, tagliate fuori dal mondo.

”Passiamo i nostri giorni tentando di rimanere a galla. Facciamo lavori in casa, ci prendiamo cura dei nostri animali domestici, cuciniamo, leggiamo”, scrivono le due donne nella email, mentre Sahar spiega inoltre che il re, che ha almeno 38 figli da diverse mogli, ha dato mandato a tre dei loro fratellastri di controllarle.

Il giornale britannico riferisce anche come la madre delle due donne, Alanoud Alfayez, che ha divorziato dal sovrano saudita e vive a Londra, si e’ rivolta all’Onu per far presente la condizione delle figlie, parlando anche della sofferenza di Hala e Maha, altre due sorelle di 39 e 41 anni, che vivono a loro volta isolate in altre due ville, sottolineando che Hala soffre anche di anoressia e problemi psicologici e che e’ riuscita a contattare la madre dopo due anni di silenzio.

Bari, Luigi Abatantuono tenta di rapinare una banca e muore di infarto

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Muore di infarto mentre tentava di rapinare una banca. Succede a Bari dove un rapinatore armato con cacciavite è entrato in una banca. La vittima è Luigi Abatantuono, di 37 anni, di Bari, separato e padre di tre figli.
L’uomo è morto presumibilmente per un infarto durante una colluttazione che avrebbe avuto o con un dipendente della banca o con un addetto alla sicurezza.

L’episodio è accaduto in via Napoli, nel rione Libertà.
A quanto si apprende dagli investigatori, aveva precedenti specifici per rapina. La banca che stava tentando di rapinare è la filiale di via Napoli della Banca Popolare di Puglia e Basilicata.

Oscar Pistorius vomita in aula durante lettura autopsia di Reeva Steenkamp

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Oscar Pistorius ha vomitato in aula quando il medico legale ha descritto lo stato del cranio della fidanzata Reeva Steenkamp fracassato da un proiettile.
Prostrato, con un fazzoletto in mano per asciugarsi le lacrime occhi, durante la lettura dell’autopsia Pistorius ha avuto un attacco di nausea, ha nascosto la testa tra le gambe e poi ha vomitato.

Marijuana terapeutica? Non si fuma, costa tanto, non si compra in farmacia

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L’Italia non sarà nel futuro prossimo il Paese dello spinello libero, neanche dopo che il governo ha deciso di non impugnare la legge regionale abruzzese che apre ai farmaci a base di cannabis.
Innanzitutto perché la marijuana terapeutica, così come si sta inserendo nella legislazione italiana, non si fuma, costa tanto, si può acquistare solo nelle farmacie ospedaliere, e bisogna aspettare almeno sei mesi dalla prescrizione del medico al banco della farmacia – quella dell’ospedale, non quella vicino a casa.

Insomma bisogna cancellare l’immagine – vista più volte in film e serie tv americani – del malato che dimentica il dolore e sorride dopo aver tirato ampie boccate da una “canna terapeutica”.
La cannabis curativa, così come prevista dalle leggi di Abruzzo, Toscana, Marche, Friuli, Puglia, Umbria e Veneto è un farmaco, un farmaco costoso, e non una bustina di erba. E l’iter per acquistarlo è complicato. Quindi produrlo e venderlo non è un grande affare. Dall’aprile del 2013, mese in cui l’Aifa ha autorizzato il primo spray alla cannabis, solo un altro prodotto ha fatto richiesta di commercializzazione.
La legge dell’Abruzzo, ultima in ordine di tempo, prevede che “i medicinali cannabinoidi possono essere prescritti” con costi a carico della Regione, anche dai medici di famiglia “sulla base di un piano terapeutico redatto dal medico specialista” e solo dopo che la terapia è stata avviata in una struttura ospedaliera.
Quindi non sorprende che il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, del Nuovo Centrodestra, abbia deciso di non opporsi alla legge abruzzese, e che addirittura il proibizionista dei proibizionisti, Carlo Giovanardi (Ncd, come la Lorenzin) abbia dichiarato che la decisione del governo “assolutamente corretta perché in Italia è già legale l’uso terapeutico dei cannabinoidi”.
Siamo lontanissimi dalla legalizzazione dell’utilizzo “ricreativo” della cannabis, e anche l’uso terapeutico così configurato non ha nulla di “ricreativo”: per modalità di assunzione, per i costi, per le lunghe attese e il complicato iter, più che in zona “riduzione del dolore” siamo in zona “aumento del fastidio”.

Gennaro Castiello (Pdl) a domiciliari. Accusa: voto di scambio. E non fu eletto

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Gennaro Castiello (Pdl), consigliere comunale di Napoli, e il consigliere municipale, Mario Maggio, sono indagati per sospetto voto di scambio. I due sono tra i destinatari delle ordinanze agli arresti domiciliari eseguite dai carabinieri nell’ambito dell’inchiesta sul voto di scambio nel 2013. Castiello è stato candidato alla Camera dei Deputati nella lista del Mir di Samorì anche non se fu eletto e avrebbe in quella veste compiuto il reato del quale oggi è accusato.
In totale nell’operazione sono state arrestate quattro persone. I quattro, posti agli arresti domiciliari, sono accusati di aver procacciato voti a favore di Castiello.

Tre degli arrestati sono accusati di aver procacciato voti. Al quarto indagato si contesta di aver dato o promesso denaro a altre utilità ai primi tre. Con queste stesse modalità – sempre secondo l’accusa – i primi tre avrebbero tentato di condizionare gli elettori.
“Gennaro Castiello ha dato un mazzo di soldi a quello che abbiamo salutato, a quello che stavamo salutando nelle scale”: così Ciro Manna, una delle quattro persone arrestate, parlava il 20 febbraio del 2013. Anche Mario Maggio, nelle sue conversazioni, faceva riferimento al pagamento degli elettori: “A parecchi di loro li ha pagati e già questo è un buon segno”.
Le cifre comunque erano irrisorie: anche meno di 50 euro. “Giova rimarcare – scrive nell’ordinanza il gip Tommaso Miranda – come tutti i soggetti contattati per la ricerca dei voti operino nei quartieri più degradati della città, connotati da elevata povertà, ove la ricerca del consenso dietro corresponsione di denaro è evidentemente più agevole”.

Pmi: “Matteo Renzi esci dai social network. Basta annunci, subito taglio tasse”

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Renzi, esci da questo social network: così, volendo “esorcizzare” la stessa battuta che Matteo Renzi fece a Beppe Grillo in sede di consultazioni, le piccole e medie imprese dicono “Basta alla politica degli annunci” e chiedono al premier “subito il taglio delle tasse”.
Lo ha detto, senza tergiversare, il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi:

“Quando il governo guidato da Matteo Renzi si è insediato non abbiamo indugiato sia nel dare il nostro convinto sostegno sia nell’offrire la nostra collaborazione al fine di individuare le vere emergenze delle micro, piccole e medie imprese. Dopo diverse settimane, però, è evidente che, come già visto in passato, sta prevalendo la logica dell’effetto annuncio e si sta abusando delle chiacchiere sui social network. Noi chiediamo che si smetta di annunciare e commentare sul web perché il Paese non può più aspettare le misure per uscire dalla crisi”.
E a nulla sono valse le rassicurazioni da Fazio, quando Renzi ha promesso “mercoledì taglio le tasse“. Secondo il presidente dell’associazione,
“Chi ha promesso con convinzione il taglio del cuneo fiscale ora non può mostrare incertezza. Il premier Renzi, nel suo discorso in Parlamento per ottenere la fiducia, disse che il suo esecutivo non avrebbe avuto alibi. Siamo d’accordo. Ora aspettiamo i fatti: la prima, indispensabile riduzione del peso delle tasse che grava sulle imprese”.