30 Settembre 2024, lunedì
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Il benessere del minore tra salvaguardia del legame e capacità genitoriale

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Stato di abbandono e e dichiarazione di adottabilità: il primo è implicito nel giudizio negativo sulla capacità genitoriale; la struttura di personalità può impedire lo svolgimento di un adeguato ruolo genitoriale; l’indadeguatezza della capacità di accudimento, la totale assenza della funzione normativa e la incomprensione dei bisogni del figlio generano l’inadeguatezza genitoriale; l’irrisolvibilità di questa in tempi brevi, porta alla dichiarazione di adottabilità.

Con la Sentenza del 5 marzo 2014, la nr. 5095 la Prima Sezione della Corte di Cassazione ha inteso rigettare, contrariamente al parere del PM, le richieste di modifica in danno della Sentenza della Corte di Appello di Brescia del 12.11.12, con la quale si dichiarava lo “stato di adottabilità” di un minore, posta la conferma della condizione di stato di abbandono del piccolo in precedenza dichiarata, per “conclamata” inadeguatezza della madre, non superata in alcun modo.

La Sentenza in esame affronta, ancora una volta, la delicata questione della comparazione, tutta incentrata sul benessere del minore, tra l’interesse di quest’ultimo, a mantenere il legame con la propria madre naturale, ed il diverso esito di “conquistare” una nuova famiglia, con la rescissione definitiva di ogni legame con la prima.

I giudici del Supremo Collegio, nel rigettare il ricorso, hanno ripercorso l’iter logico-giuridico seguito dalla Corte territoriale, trovandolo esente da sincopi logiche e motivazionali.

Ed infatti, ben lungi dall’essere, il dichiarato “stato di abbandono”, fondato su emergenze legate all’indigenza della madre (circostanza che la ricorrente intendeva superare adducendo la circostanza di aver trovato una stabile occupazione) la Corte di Appello di Brescia aveva rilevato come, il giudizio negativo sulla “capacità genioriale” della madre, fosse legato ad una valutazione, immune dal vizi, relativa all’instabilità della stessa.

La Corte nella pronuncia in esame, mette in luce come nella formazione della sentenza di secondo grado, sia intervenuta con molta precisione la ricostruzione delle condizioni materne, così come operata dall’opera consulenziale dell’ausiliario, che ha steso una completa relazione psicoforense sulla “capacità genitoriale”.

Questo è il motivo per il quale il Supremo Collegio, nel determinarsi per il rigetto del ricorso, attinge a piene mani, agli elementi valutativi Psico-forensi che costituiscono ovviamente il presupposto primo, per poter pervenire ad una determinazione di tal fatta.

Ed infatti, posto in evidenza l’elemento del superiore interesse del minore a mantenere uno stabilie legame con la propria famiglia di origine, interesse tutelato dall’art. 1 della legge 184 /83, la Corte ricorda, con forza, come il limite di questo si debba ricercare “solo fino a quando ciò non comporti un’incidenza, grave ed irreparabile, sul piano dello sviluppo psicofisico” del minore stesso, ovvero sino a quando al figlio sia assicurato, un minimo di cura e di assistenza per una crescita equilibrata.

Posto il canone dello stato di abbandono, come delineato dall’art. 8 della medesima norma, ne consegue che, laddove si sia in presenza di una “mancanza di assistenza materiale e morale”, che può esistere a “prescindere dagli intendimenti dei genitori”, quando la “vita offerta al figlio sia inadeguata al suo normale sviluppo psico-fisico … la rescissione del legame familiare è l’unico strumento che possa evitargli un più grave pregiudizio” e la messa in stato di adozione, diviene l’uinica via per “assicurargli assistenza e stabilità affettiva”.

La valutazione dell’inadeguatezza deve essere assolutamente attenta, risolvendosi il rimedio in una soluzione definita estrema dagli stessi Giudici del Supremo Collegio : sempre in tale ottica, d’altra parte, le “mere espressioni di volontà da parte dei genitori sono irrilevanti” (come per altro confermato dalla Cassazione 16795 del 2008).

Vediamo meglio, ora, quali siano i richiami testuali sottolineati dai Giudici della Prima Sezione per confermare in toto la pronunicia del giudice dell’Appello di Brescia : l’arresto più rilevante è senz’altro quello in forza del quale la “permanenza” dello stato di abbandono è implicita nel conferma, all’attualità, del giudizio negativo sulle capaictà genitoriali della madre : “il suo modo di vivere, i tanti lavori e luoghi lasciati, dimostrano che la sua struttura di personalità le impedisce di svolgere il ruolo genitoriale, non essendo capace di satbilire condizioni di vita
serene ed idonee alla vita di un minore che ha bisogno di mettere radici stabili in un ambiente sicuro”.

Vi è poi il richiamo all’ipotesi di “recuperabilità” di una condizioni d’idoneità genitoriale: questa secondo la costante giurisprudenza della Corte sul punto (Cass. n. 9769/12 e n. 1839/11) deve dimostrarsi compatibile con la necessità del minore a godere di uno stabile contesto familiare, ed in questo senso laddove i tempi del recupero e quelli della privazione di un contesto stabile non combacino, la “recuperabilità” viene esclusa.

In merito, i giudici della Prima Sezione hanno infatti rilevato come la Corte di Appello abbia correttamente “fondato il suo giudizio sulle risultanze peritali, deponenti nel senso della inadeguatezza della capacità di accudimento e della capacità comunicativa, della totale assenza della funzione normativa, dell’incomprensione dei bisogni del figlio e infine dell’incapacità, per la bassa autostima, di mettere in campo le sue risorse”.

L’evidenza e la permanenza di una tale situazione ha convinto i Giudici di come, in questo caso “la sua inidoneità genitoriale non possa mutare in tempi ragionevoli, rapportati alla vita del minore, il quale è stato per troppo tempo deprivato di una famiglia, e tale inidoneità possa pertanto ritenersi irreversibile”.

La richiamata valutazione sulla tempistica travolge, infine, anche l’ipotizzata superabilità del “legame ambivalente” esistente tra madre e figlio, così come definito dalla CTU : questo infatti non può considerarsi, giusta la prospettazione materna, un mero “meccanismo difensivo attivato dal figlio” ma deve valutarsi come circostanza che prema affinchè si dia “primazia dell’interesse del minore ad ottenere, nell’ambiente più idoneo, un sano sviluppo sul piano psico-fisico, interesse che trascende e nei casi estremi comporta la recisione dei legami biologici, nonché il supermento delle relazioni affettive che non siano compatibili con un armonioso sviluppo psico-fisico del minore stesso” come affermato dalle ultime sentenze di Cassazione in merito : la n. 10721 del 8 maggio 2013 e la n. 1837 del 26 gennaio 2011 .

L’attenzione mostrata, dalla sentenza in commento, alla tipologia dei legami di attaccamento, potrà e dovrà, quindi, avere importanti applicazioni anche in tutte quelle ulteriori questioni del processo della famiglia: ben potendosi citare il principio espresso, ovunque sia in gioco l’adeguatezza delle modalità di svolgimento delle competenze genitoriali.

Contratto transitorio per sconfiggere l’emergenza abitativa a vantaggio delle famiglie

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Il progetto “Pronto casa”. In concomitanza con la presentazione al Consiglio dei ministri del nuovo Piano Casa, Confedilizia ha presentato il progetto “Pronto casa” nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno preso parte il Presidente Sforza Fogliani e il Segretario generale Spaziani Testa. Lo scopo è quello di consentire ai Comuni l’acquisizione in locazione da privati di unità immobiliari da destinare a nuclei familiari in difficoltà. L’assegnazione alle famiglie che necessitano di un alloggio potrà seguire procedure amministrative o di diritto civile.
Contratto transitorio. Basandosi sulla normativa della legge n. 431/1998, Confedilizia ha predisposto un contratto tipo di locazione. Questo tipo di procedura permette che, per gli immobili tolti in locazione dai Comuni, il contenuto dei contratti possa essere adattato per i suoi vari aspetti (durata, canone ecc.) alle esigenze delle singole fattispecie. Per quanto attiene agli oneri accessori, il contratto tipo predisposto dalla Confedilizia prevede l’applicazione della Tabella oneri accessori allegata al D.M. 30 dicembre 2002. Con il nuovo contratto-tipo gli enti locali saranno gli “attori” principali. Infatti, secondo alcuni calcoli tale strumento potrebbe consentire ai Comuni risparmi fino al 50-60% della attuale spesa.
Vantaggi. Il Presidente confederale Sforza Fogliani ha dichiarato che la piena flessibilità contrattuale che caratterizza il progetto è perfettamente coerente con la normativa locatizia in vigore. Oltre ad essere flessibile, il progetto si presenta anche molto semplice nell’applicazione e nei tempi per rispondere tempestivamente all’emergenza abitativa. Sforza Fogliani sottolinea, inoltre, che grazie a “Pronto casa”, i Comuni, in totale trasparenza, potranno arrivare a risparmiare fino al 50-60% della loro spesa attuale soprattutto se si tiene in considerazione che spesso essi ricorrono a strutture alberghiere. L’auspicio è che i Prefetti interessati dalle situazioni locali a questa problematica controlleranno quanti Comuni utilizzeranno questa opzione per la lotta all’emergenza.
La situazione attuale. Il Segretario generale Spaziani Testa, a sua volta, ha evidenziato che il Comune di Roma spende più di ventunomila euro all’anno per ogni famiglia per la quale debba provvedere a trovare una sistemazione alloggiativa. Oltre quarantamila case popolari, in Italia, sono occupate abusivamente e la morosità, che raggiunge livelli impensabili, è spesso persino tollerata. Spaziani Testa fa ancora notare come in molte città sia la malavita a gestire le assegnazioni degli alloggi: basta uscire di casa per fare la spesa e l’inquilino non può più rientrarvi perché intanto l’immobile gli è stato “espropriato”.

Vendita occasionale di un immobile strumentale: inapplicabile il pro-rata Iva

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D: Nell’anno 2013 una Srl esercente attività di impiantistica elettrica vende con fattura esente art. 10 un immobile A/10 costruito in economia nell’anno 2002. La vendita può considerarsi occasionale e quindi non dar luogo al pro-rata Iva per l’anno 2013?

R: L’applicazione del regime di esenzione IVA nelle cessioni di immobili determina un duplice effetto sul sistema della detrazione dell’imposta: (i) la rettifica dell’IVA, in ossequio all’art. 19-bis2 del D.P.R. n. 633/1972; (ii) la determinazione del pro-rata di detraibilità, a norma dell’art. 19, quinto comma del medesimo decreto. Quest’ultimo articolo stabilisce che, nel caso in cui il contribuente effettui anche operazioni esenti ai fini IVA, il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alle operazioni che conferiscono tale facoltà, ed il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di cui al successivo art. 19-bis, D.P.R. 633/1972, ovvero in base al rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto alla detrazione, effettuate nell’anno, e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell’anno medesimo. Tuttavia, l’Agenzia dell’Entrate ha chiarito che il procedimento del pro-rata non deve essere applicato in alcuni specifici casi come l’occasionale effettuazione di operazioni esenti da parte di un contribuente che svolge essenzialmente un’attività soggetta ad IVA (come pure l’occasionale effettuazione di operazioni imponibili, da parte di un soggetto che svolge essenzialmente un’attività esente)

Un’altra “creazione” di Silvio Craia

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Ha immortalatolo SPOLETO MEETING ART nella serie dei “Fumicotti”, una manifestazione  tradizionale maceratese che prende origine dalla lavorazione del “mosto cotto”.

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Equitalia in stand by se l’accordo è in corso

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La procedura amichevole blocca la riscossione del credito fiscale oltre confine. Se è in corso una Map (mutual agreement procedure), la cooperazione amministrativa per il recupero delle somme per conto di un altro stato membro finirà in stand-by, in attesa che la controversia venga definita dalle autorità competenti dei paesi coinvolti. È quanto prevede il decreto Mef 28 febbraio 2014, pubblicato sulla G.U. n. 56 dell’8 marzo scorso. Il provvedimento dà attuazione ad alcune norme contenute nel dlgs n. 149/2012, che detta la disciplina in materia di assistenza reciproca sul recupero dei crediti risultanti da dazi e imposte (si veda ItaliaOggi del 1° settembre 2012). Per quanto riguarda l’Italia, il “braccio” sarà Equitalia, ma la “mente” saranno gli uffici di collegamento delle diverse amministrazioni: il Dipartimento delle finanze sarà competente per dazi e tributi locali; l’Agenzia delle entrate per Iva, Ires, Irpef, imposte su successioni, donazioni, assicurazioni e immobili; l’Agenzia delle dogane e dei monopoli per dazi doganali, accise, restituzioni, risorse Feaga o Feasr, nonché contributi dell’Ocm zucchero.

Niente Pec nel processo penale

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No all’utilizzo della posta elettronica certificata nel processo penale. In quanto a differenza di quello civile, nel processo penale per la parte privata (avvocato), non c’è alcuna legge che consente l’uso di tale mezzo informatico di trasmissione quale forma di comunicazione. Questo è quanto si legge nella sentenza 10 febbraio 2014 n. 7058 della terza sezione penale della Cassazione. Gli ermellini ricordano che nel processo civile l’art. 366 cpc, comma 2 ha introdotto espressamente la Pec quale strumento utile per le notifiche degli avvocati autorizzati. In tale contesto assume rilevanza la disposizione di cui all’art. 4 del dm n. 44 del 2011 che prevede l’adozione di un servizio di posta elettronica certificata da parte del ministero della giustizia in quanto ai sensi di quanto disposto dalla legge n. 24 del 2010 nel processo civile e nel processo penale, tutte le comunicazioni e notificazioni per via telematica devono effettuarsi, mediante posta elettronica certificata. Quest’ultima disposizione è stata rinnovata anche dal dl 179/2012 convertito con modificazioni dalla legge 221/2012 (decreto Crescitalia 2.0.

Rimborsi Iva, tutto dipende dal risk score

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Rimborsi Iva con l’acceleratore. Meno documenti e controlli più veloci se il risk score è basso. Questo il contenuto della Circolare 5/E pubblicata oggi sul sito dell’Agenzia delle entrate. Nel dettaglio, l’amministrazione finanziaria spiega come l’attenzione sia rivolta in particolar modo sulle posizioni a più alto rischio e, in quest’ottica, è dettata la “nuova tabella di marcia per consentire agli uffici di continuare a dedicare maggiori risorse alla liquidazione dei rimborsi e liberare così in tempi brevi liquidità per le aziende”.

La circolare fornisce, inoltre, le linee guida per la razionalizzazione delle attività di verifica sui rimborsi. In particolare, viene introdotta una misura del livello del rischio (risk score) per ogni istanza di rimborso, vengono standardizzati sia i documenti richiesti, sia l’attività di controllo preliminare al pagamento del rimborso graduata, ora, sulla base del livello di rischio. Così facendo, l’Amministrazione si prepara a fare a meno sia dei riscontri non strettamente necessari, sia di eventuali documenti già in suo possesso. Per evitare una duplicazione dei controlli restano, inoltre, fuori dall’analisi del rischio le istanze presentate dai grandi contribuenti, per i quali sono previste apposite forme di tutoraggio.

Nel dettaglio, il risk score è determinato sulla base di parametri predefiniti, come, per esempio, la continuità aziendale, la regolarità delle dichiarazioni e dei versamenti, l’assenza di accertamenti e verifiche, l’assenza di frodi e violazioni penali tributarie, la conoscenza del soggetto da parte dell’ufficio, in quanto fisiologicamente a credito. La procedura prevede che, gli uffici, nei casi in cui rilevi un alto livello di rischio del rimborso, intensifichino le richieste di documentazione e i controlli già nella fase preliminare all’erogazione. Nei confronti dei contribuenti cui risulta attribuito un livello più elevato di rischio, infatti, sono effettuati controlli più stringenti rispetto a quelli svolti nei confronti dei soggetti cui è attribuito un più basso livello di rischio, per i quali non c’è necessità di subordinare la liquidazione del rimborso al completamento di tutti i controlli documentali.

Zurich avvia piano per risparmiare 250 mln di $. E taglia 800 posti

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Zurich Insurance avvia una ristrutturazione che produrrà risparmi per 250 milioni di dollari. E che non sarà indolore: l’operazione comporterà infatti la cancellazione di 800 posti di lavoro, soprattutto in Svizzera. La ristrutturazione punta a migliorare la redditività del gruppo e fa parte della strategia 2014-2016 annunciata alla fine dello scorso anno.
Il gruppo assicurativo, che conta in totale 55 mila dipendenti, intende comprimere i costi e semplificare le strutture. Investirà nei mercati prioritari, mentre abbandonerà le attività poco redditizie.

Turismo, nel 2013 aumenta la spesa degli stranieri in Italia

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La bilancia dei pagamenti turistica ha presentato nel 2013 un avanzo di 12,83 miliardi di euro (lo 0,8% del pil) a fronte di uno di 11,54 mld nell’anno precedente. Le spese dei viaggiatori stranieri in Italia, per 32,99 mld, sono aumentate del 2,9%; quelle dei viaggiatori italiani all’estero, per 20,16 mld, si sono ridotte dell’1,7%. Lo rende noto Bankitalia, precisando che nel 2013 limitatamente ai viaggiatori pernottanti, la spesa pro capite giornaliera degli stranieri, pari a 99 euro, è aumentata del 6,4% rispetto al 2012; quella degli italiani all’estero, pari a 74 euro, è rimasta stabile (-0,1%). Sempre con riferimento ai soli viaggiatori pernottanti, nel periodo in esame la durata media del viaggio per gli stranieri è stata di 6,6 giorni, mentre per gli italiani è stata di 9,5 giorni. Le spese sopra considerate escludono il trasporto internazionale. Nel solo mese di dicembre 2013 si è registrato un saldo netto positivo di 371 milioni di euro, a fronte di uno di 251 milioni nello stesso mese dell’anno precedente. Le spese dei viaggiatori stranieri in Italia, per 1,59 mld, sono aumentate del 4,7%; quelle dei viaggiatori italiani all’estero, per 1,22 mld, sono diminuite del 3,9%.

Italicum, il patto Renzi-Berlusconi regge, ma traballa

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Il via libera di Montecitorio all’Italicum dovrebbe arrivare nel pomeriggio. “La camera può concludere stamattina l’esame degli emendamenti alla legge elettorale, ne sono rimasti circa 40, e arrivare nel pomeriggio al voto finale sul provvedimento” E’ questo il cronoprogramma indicato dal presidente della commissione Affari costituzionali e relatore del ddl, Francesco Paolo Sisto (Fi). Intanto poco fa l’aula di Montecitorio ha approvato l’emendamento della commissione Affari costituzionali che rappresenta l’impianto stesso dell’Italicum e di fatto recepisce il patto siglato tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Ovvero la soglia di sbarramento al 37% per ottenere il premio di maggioranza; la soglia del 4,5% di ingresso per i partiti in coalizione; la soglia dell’8% per i partiti non coalizzati e la soglia del 12% per le coalizioni. Inoltre, fissa al 15% il premio di maggioranza. Introduce il criterio del doppio turno di ballottaggio per le due coalizioni (o partiti) che ottengono piu’ voti ma non arrivano ne’ superano la soglia del 37%. Infine, stabilisce i quozienti da utilizzare, ossia i criteri – attraverso degli algoritmi – per la ripartizione dei seggi e i criteri per i cosiddetti resti. Il cuore della legge elettorale è passato alla Camera con 315 si’ e 237 no, con uno scarto, dunque, di 78 voti. L’Aula della Camera ha bocciato anche l’emendamento al testo dell’Italicum che mira ad introdurre le preferenze. L’emendamento, a prima firma La Russa, era stato precedentemente accantonato. Governo e commissione hanno dato parere contrario. Già nella seduta notturna di giovedì scorso, l’assemblea di Montecitorio aveva bocciato alcuni emendamenti sulle preferenze. Anche questo voto, dopo quello sulle soglie e sui premi, conferma la tenuta del patto politico tra Renzi e Berlusconi, che non prevede le preferenze ma le liste bloccate con collegi plurinominali, la maggioranza politica che sostiene l’Italicum traballa e evita il passo falso per soli 35 voti. I voti favorevoli all’emendamento sulle preferenze, infatti, sono stati infatti 264 contro i 299 contrari.
Tiene, dunque, l’intesa sulla legge elettorale, seppure minata dalla sfilza di no con la quale l’aula ha affossato la battaglia delle parlamentari vestite di bianco sulle quote rosa. Decisamente un problema per Renzi nelle vesti di premier e di segretario del Pd. Tanto che in mattina ha riunito i deputati al Pd per un’assemblea in vista del voto finale sulla legge elettorale. Roberta Agostini, che aveva presentato l’emendamento sulle quote rosa, entrando ha affermato che si deve “fare chiarezza” sul voto di ieri sera che ha visto franchi tiratori nelle fila dei democratici e ha annunciato che chiedera’ che “la legge venga cambiata al Senato almeno su questo punto”. (Sul sito altro articolo sull’assemblea dei parlamenti del Pd).

La vicenda delle quote di genere da inserire nell’Italicum aveva agitato ancora di più una giornata già ad alta tensione, conclusasi in serata quando l’aula della camera ha bocciato i tre emendamenti sui quali i parlamentari si sono espressi con voto segreto. Il primo a cadere è stata la prima parte del primo emendamento bipartisan sulle quote rosa che prevedeva l’obbligo di alternanza di genere (un uomo e una donna) nella composizione delle liste. L’emendamento è stato votato per parti separate. L’emendamento per l’alternanza di genere nelle liste elettorali è stato bocciato a scrutinio segreto con 335 no e 227 sì. Segno che i due partiti principali che sostengono l’Italicum, Pd e Forza Italia, si sono spaccati sulle quote rosa. Il numero dei sì, sebbene il voto segreto renda impossibile verificare esattamente come hanno votato nel complesso i vari gruppi, è comunque inferiore al numero dei deputati del Pd, pari a 293 deputati. E, infatti, è arrivato un twitter del deputato Pd, Dario Ginefra: «Il voto di numerosi colleghi è stato contrario alla norma prevista dallo Statuto del Pd che afferma la rappresentanza paritaria». Ancora più severa l’accusa di Sandra Zampa, del Pd: «Mancano i nostri voti. Lo dicono i numeri». Poco dopo, sempre a scrutinio segreto, è arrivata anche la bocciatura del secondo emendamento bipartisan. L’emendamento prevedeva una parità di genere al 50% per i capilista. E qui i numeri dei deputati contrari alla parità di genere sono saliti. Il secondo emendamento, infatti, è stato bocciato con 344 voti contrari (214 i voti a favore), rispetto ai 335 nella votazione relativa al primo emendamento sulla parità di genere. Infine, sempre a scrutinio segreto, bocciato anche l’ultimo dei tre emendamenti trasversali sulla parità di genere che prevedeva una percentuale di 60 a 40 sui capilista. Era su questo emendamento che puntavano le deputate del Pd e di Forza Italia, schierate in maniera bipartisan a favore delle quote rosa. Governo e commissione si erano rimessi all’aula. Forza Italia nel corso della giornata aveva fatto sapere, sempre tramite Sisto, di essere assolutamente contraria all’introduzione per legge delle quote di genere, che secondo il parere del presidente della commissione Affari costituzionali della camera rischiano di essere appunto illegittime secondo la Carta fondamentale delle Repubblica Italiana. Ma il movimento trasversale di molte deputate e l’annuncio che comunque molte parlamentari, nel caso in cui Italicum non sia modificato con un emendamento che preveda espressamente le quote di genere, avrebbero votato contro, aveva convinto il governo a lasciare libertà di coscienza, rimettendosi all’Aula. Sui medesimi emendamenti i capigruppo di Pd, FI, Ncd e Sc, avevano convenuto di lasciare libertà di voto in Aula».

Le parlamentari non ci stanno

Al termine delle votazioni, a bocciatura ufficializzata, le parlamentari non ce l’hanno fatta a trattenere la delusione per quanto avvenuto. “Il gruppo non ha rispettato l’accordo”, si sono lamentare in Transatlantico. Le parlamentari Dem hanno chiesto al capogruppo, Roberto Speranza, una riunione del gruppo, puntano a far mancare il numero legale al momento della votazione finale. Una delusione contagiosa. Contrariata, infatti, è apparsa anche Laura Boldrini: «Come presidente della Camera rispetto il voto dell’Aula sugli emendamenti riguardanti la parità di genere. Ciò nonostante non posso negare la mia profonda amarezza perché una grande opportunità è stata persa, a detrimento di tutto il Paese e della democrazia». «Una triste pagina per il Parlamento», ha commentato la vice presidente della Camera, Marina Sereni (Pd). Lo sfogo più diretto è giunto da Rosy Bindi, che ha fatto un esplicito riferimento ai franchi tiratori che affossarono la candidatura di Romano Prodi al Quirinale.

Insomma, il Pd spaccato sulle quote rosa, su una partita più difficile come quella della riforma elettorale, rischia di essere un problema. Lo sa bene Renzi che ieri sera è dovuto intervenire. “Il Pd rispetta il voto del Parlamento sulla parità di genere. Ma rispetta anche l’impegno sancito dalla direzione su proposta del segretario: nelle liste democratiche l’alternanza sarà assicurata. Ho sempre mantenuto la parità di genere. Non intendo smettere adesso”, ha scritto su Facebook il premier e segretario Pd. “Ho mantenuto la parità di genere da presidente della Provincia, da Sindaco, da Segretario, da Presidente del consiglio dei ministri. Non intendo smettere adesso”, ha aggiunto, ribadendo poi il concetto su Twitter: “Il Pd rispetta il voto del Parlamento sulla parità di genere, ma anche l’impegno della direzione Pd: nelle liste l’alternanza sarà assicurata”.

Collegi, delega al governo

L’altra novità della giornata era stata rappresentato dalla delega al governo per le definizione del collegi plurinominali. L’accordo prevede che i collegi non possono essere inferiori a 120. «L’intesa è stato raggiunta in zona Cesarini», ha confermato in aula il relatore alla legge elettorale Francesco Paolo Sisto. La riformulazione dell’emendamento prevede ora solo un tetto massimo dei collegi, ma lascia invariati i 25 giorni di tempo assegnati al governo per disegnare i collegi. Risolto il problema del numero dei collegi e quindi della delega al governo, erano rimasti in piedi tutte le altre questioni, a partire dalla distribuzione dei seggi al salva-Lega fino alle candidature multiple. In serata, alla ripresa dei lavori dell’aula, la presidente della Camera annunciava il ritiro dei due emendamenti cosiddetti «salva-Lega». Raggiunto l’accordo tra Pd, Ncd e Forza Italia sulla possibilità di multicandidature (che erano state abolite nel testo originario dell’Italicum): al massimo ve ne potranno essere otto.