30 Settembre 2024, lunedì
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Agevolazioni per impianto fotovoltaico

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D: Familiari comproprietari di immobile abitativo sul tetto installano impianto fotovoltaico di produzione energia 5kwp con richiesta agevolazione tariffa incentivante conversione fotovoltaica da fonte solare ex DM 5/7/2012 convenzione GSE. Fattura impianto dicembre 2012 intestata solo ad una comproprietaria quota 25% (senza reddito). Pagamento mediante finanziamento rateale erogato dalla banca al fornitore. Il finanziamento è intestato al convivente della comproprietaria (intestataria fattura), anch’esso comproprietario al 25% e residente. Risultano le condizioni oggettive e soggettive per la detrazione ristrutturazione edilizia? A favore di quale soggetto?

R: Il Legislatore con l’art. 16-bis, co. 1, del TUIR, trattando delle detrazioni per interventi di riqualificazione energetica, si esprime con la dicitura che la predetta detrazione spetta in relazione alle spese “sostenute ed effettivamente rimaste a carico dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l’immobile”. Pertanto, nel caso in esame, risulta una disparità tra colui che effettivamente sostiene le spese, tramite il pagamento rateale del finanziamento e, colui il quale è l’intestatario della fattura. Inoltre il soggetto intestatario della fattura è anche privo di una capacità reddituale tale da permettergli il sostenimento della spesa. Di conseguenza si ritiene che, pur creandosi eventualmente le condizioni oggettive, non sussisterebbero quelle soggettive in virtù di una divergenza tra colui che è “effettivamente” titolare della spesa e colui che “effettivamente” la paga.

Senza Viagra il Pil dell’Irlanda torna in rosso

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La scadenza di alcuni importanti brevetti farmaceutici, a cominciare da quello del Viagra della Pfizer, riporta in rosso l’economia irlandese, che nel quarto trimestre del 2013 ha registrato un calo congiunturale del Pil del 2,3% secondo la stima flash diffusa dall’Ufficio di statistica. Per effetto di questo dato, l’economia di Dublino su base annuale torna in territorio negativo: -0,3% dopo due anni di crescita, mentre le previsioni degli analisti erano di un incremento dello 0,3 per cento. Per spiegare il significato della battuta d’arresto – che getta un’ombra sulla storia di successo dell’Irlanda, uscita nel dicembre scorso da un piano di aiuti internazionali da 67,5 miliardi di euro – occorre analizzare più in dettaglio i numeri, che mostrano un incremento annuo delle importazioni (+6,3%), superiore a quello dell’export (+2,9%), tradizionale traino dell’economia irlandese: un trend che ha accelerato nel quarto trimestre.

Andando ancora più a fondo, poi, si scopre che la frenata delle esportazioni ha un nome e cognome: la scadenza nel 2013 di diversi brevetti farmaceutici, con le conseguenti ricadute sul settore, che su un’economia piccola come quella irlandese ha un peso notevole. Dublino, sede di diverse multinazionali, è il quinto esportatore mondiale di farmaci. Tra i brevetti scaduti c’è anche quello del Viagra, il più famoso prodotto contro la disfunzione erettile; la scadenza del brevetto della pillola blu già dall’estate scorsa ha indotto la Pfizer, la casa farmaceutica produttrice, a ridimensionare impianti e operazioni in Irlanda, tagliando profitti e posti di lavoro.

Il dato irlandese non va dunque sopravvalutato, viste le motivazioni contingenti. Ma le ricadute della questione brevetti (ribattezzata “Patent Cliff” riecheggiando il “baratro fiscale” americano), non sono del tutto esaurite e dunque restano un’incognita per raggiungere l’ambizioso target governativo di una crescita del 2% quest’anno.

A confortare la ripresa irlandese arrivano però oggi stesso i risultati positivi dell’asta di bond decennali, la prima senza syndication dopo l’uscita dal bailout internazionale: il Tesoro ha collocato sul mercato un miliardo di titoli a un rendimento del 2,96 per cento, ai minimi dopo la crisi.

Avvocati con la penna

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Informatizzazione degli avvocati: su 170 mila iscritti a Cassa forense il 59% dichiara di non aver utilizzato neppure una volta il processo civile telematico, a cominciare dalla semplice consultazione dei registri di cancelleria via Polis Web. Eppure il 68% di loro ritiene l’Ict un investimento, promuove nel 52% dei casi le udienze in videoconferenza e considera nel 73% dei casi riduzione dei tempi e velocità come i maggiori vantaggi del pct. Sono solo alcuni dei dati del sondaggio Ipsos presentato ieri a Roma presso la sede di Cassa forense da Nando Pagnoncelli, presidente Ipsos che l’ha realizzato su commissione di Assosoftware, l’Associazione nazionale di produttori di software gestionale e fiscale in collaborazione con Cassa nazionale forense e Ministero della giustizia.

Il sondaggio. Diviso per aree – percezione della situazione di crisi attuale e del livello di preoccupazione per l’andamento dell’attività di studio, dotazioni tecnologiche e atteggiamenti individuali rispetto alla tecnologia, digitale in particolare, collegata alla professione, conoscenza del pct e delle prospettive in relazione alle novità che introduce – il sondaggio conta 6.551 interviste complete dei legali iscritti alla Cassa.

Fiera di Vicenza apre alla moda

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«Mi è sempre andata stretta l’idea che una fiera sia semplicemente una scatola con gli stand o la moquette da arrotolare ogni volta che chiude un evento, preferisco concepirla come un’editore di contenuti che aiuta i marchi a costruire nuovi percorsi, e a far incontrare nuove realtà», spiega Matteo Marzotto. Nelle nuova veste da presidente di Fiera di Vicenza (è stato eletto a dicembre 2013), l’imprenditore ha pensato da subito a rilanciare gli eventi fiore all’occhiello dell’ente di cui anche il nonno Gaetano Marzotto fu fondatore. Vicenza Oro su tutti, da intrecciare con un nuovo appuntamento: tale è Origin passion and beliefs, un laboratorio espositivo dell’artigianato nelle categorie pelle, pietre, hi-tech e tessile (100 realtà in tutto), in programma lontano dalle fashion week, dall’8 all’11 maggio, e sovrapposto a Vicenza Oro spring (10-13 maggio). Costo dell’operazione presentata ieri a Milano assieme a Corrado Facco a.d. della Fiera, «un paio di milioni di euro» dice Marzotto, «che vanno ad aggiungersi ai grandi investimenti per il rinnovo del polo fieristico, 45 milioni di euro, con un padiglione monoplanare da 9 mila persone adattabile oltre la fiera a concerti e manifestazioni». L’obiettivo da realizzare con il nuovo salone delle eccellenze è duplice: «avvicinare il mondo del fashion all’artigianato, perché non tutti hanno verticalizzato la produzione», spiega a ItaliaOggi il numero uno di Fiera di Vicenza, «e dall’altro portare la griffe a considerare il comparto gioiello come uno strumento di marketing formidabile».

Salvini sempre più simile a Bossi

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Come ai tempi del Senatur. La Lega maroniana, seppur appaltata a Matteo Salvini, nuovo segretario, assomiglia sempre di più a quella di Umberto Bossi. Lui, nel 1999, volava a Belgrado a portare la solidarietà padana alla Serbia di Milosevic, colpita dalle bombe Nato per la repressione nel Kosovo. I padani 2.0 lanciano invece messaggi di sostegno alla secessione della Crimea russa dalla nuova Ucraina ultraeuropeista. É infatti di ieri la notizia, riferita dal Corriere Veneto, di un’intervista a Federico Caner alla tv moscovita Russia24 Tv News Channel, emittente di all news dello stesso stato ex-sovietico, seguita da 70 milioni di persone. E non un collegamento alla bell’e meglio, ma una troupe arrivata dal lontano Oriente fino a Venezia, Palazzo Ferro Fini, dove il capogruppo del Carroccio veneto, lavora. La tv russa voleva sentirsi dire, dal cuore dell’Europa comunitaria, quella a cui si sono richiamati i manifestanti ucraini che poi hanno spinto il Parlamento a deporre il presidente, che l’insorgente Crimea ha tutte le ragioni per secedere. «Il Veneto è proprio come la Crimea», ha detto infatti il consigliere regionale trevigiano ai russi, «un parallelismo automatico, un po’ come quello con la Catalogna e la Scozia». Secondo Caner, «i media russi guardano con assoluto interesse alle spinte indipendentiste del Vecchio continente, inserendo il Veneto in un movimento che porterà a quell’Europa dei popoli per cui la Lega lotta da decenni». Ma come? Non erano loro, i barbari sognanti, quelli che cambiavano la Lega, facendo il repulisti non solo dei Cerchi magici che avvolgevano Bossi e i suoi con inaccettabili liturgie, ma modernizzavano il movimento relegando alla soffitte gli armamentari del folclore padano, come costumi celtici e ampolle del Po? E non erano ancora loro, i nuovissimi, ad archiviare la retorica del «via da Roma», trasformando le legittime istanze all’autonomia in un modello macro regionale alla bavarese? Forse nella concitazione delle adunate bergamasche con le ramazze innalzate, a simboleggiare la pulizia da fare in quel di Via Bellerio, sede federale, cioè nazionale, del movimento a Milano, qualcuno s’era spinto un po’ oltre. E oggi, un paio di anni dopo, si rifluisce ai modelli primordiali. Infatti Caner ha spiegato ai russi e poi al giornale veneto, che i lumbard sostengono «da sempre l’autodeterminazione e il diritto a staccarsi dagli Stati nazionali se è la gente a chiederlo democraticamente». E dunque «la Crimea ed il Veneto si appellano al diritto internazionale che le rispettive capitali non possono ignorare»,  ha spiegato, «abbiamo diritto all’indipendenza. I veneti sono perfino disponibili a farsi carico di parte del debito pubblico, pur non avendolo generato. Tanto», ha concluso, «ogni anno lasciamo comunque a Roma 20 miliardi di residuo fiscale». Solo che i russi se vanno sì sull’onda dei consensi, ma anche con la facilitazione dei tank e dei parà di Putin. In Veneto non si è andati oltre il famoso «tanko», il trattore pavesato da blindato con cui un gruppo di Serenissimi, armati però di un vecchio mitra, prese per una notte il Campanile di San Marco a Venezia. Era il maggio del 1997 e la mezza goliardata finì con molti anni di carcere per ognuno dei commandos. Qualche legologo esperto si chiede oggi se le esternazioni di Caner, un 40enne, un volto nuovo, un bocconiano e organizzatore di corsi per amministratori locali lumbard nell’ateneo milanese, se le esternazioni di Caner, dicevamo, unite a quelle ruvidamente antieuro e forconiane di Salvini, segnalino una regressione del nucleo dirigente padano, una sorta di involuzione politica. O se, viceversa, sia una riposizionamento tattico, dettato magari dall’idea di poter ripescare dall’elettorato M5s tanti consensi perduti, specialmente in Veneto, a maggior ragione dopo la sparata di Beppe Grillo che, pochi giorni fa, s’è rivelato un supporter della macroregioni.Vero è che, dopo la «Crimea veneta» di Caner, si compie, per differenza, la deleghizzazione del sindaco di Verona, Flavio Tosi, che prosegue con la sua discesa in campo politica autonomo, anche se ufficialmente col placet della Lega. E non è un caso che gli inviati della tv di Putin non lo abbiano nemmeno cercato.

Renzi: soldi ai cittadini dal 27 maggio o sono un buffone. E rafforza la spending review

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Ha assicurato che “Il governo italiano rispetta tutti gli impegni che ha con l’Europa” e ha ricordato che l’Europa deve cambiare “per tornare l’Europa vicina ai cittadini”. Ma poi, per convincere tutti che non soltanto le sue idee sono buone, ma anche le coperture finanziarie efficaci, Matteo Renzi, presidente del consiglio, ha deciso di accelerare sul fronte della spending review o revisione di spesa che dir si voglia. Ragion per cui ha fatto convocare dal sottosegretario della presidenza del consiglio, Domenico Delrio, per questa mattina a palazzo Chigi il comitato interministeriale per il rafforzamento della revisione della spesa pubblica. All’incontro con il commissario straordinario per la spending review Carlo Cottarelli parteciperanno il ministro dell’Interno Angelino Alfano, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan il ministro per le Riforme e i rapporti con il parlamento Maria Elena Boschi e il ministro della Pubblica amministrazione e semplificazione Marianna Madia.

Un vertice che giunge a meno di due giorni dall’annuncio della manovra choc per l’economia, dei dubbi espressi dall’Unione europea e soprattutto dalla Banca centrale europea sulla capacità dell’Italia di ridurre il deficit in maniera permanente, e a poche ore dall’assicurazione rivolta da Renzi all’Europa che l’Italia manterrà i suoi impegni, ma che è ora di cambiare passo rispetto alla vecchia politica dei vincoli di bilancio imposti dall’alto. Renzi, parlando in occasione di un convegno sull’Europa che si è svolto alla alla camera, aveva dichiarato: “L’impegno a mantenere i conti in ordine l’Italia lo lo vuole rispettare non perché ce lo chiede la Ue, ma perché ce lo chiedono i nostri figli”, aveva sottolineato il presidente del consiglio. Pronto però a dire basta alla politica dei vincoli di bilancio permanenti e ad annunciare, subito dopo la sua manovra choc nel corso della trasmissione Porta a Porta.

I capisaldi dela Renzinomics
Renzi, a Vespa, aveva illustrato i capisaldi della sue Renzinomics. E aveva garantito che le coperture ci sono, a partire da quelle encessarie per abbassare l’Irpef sui lavoratori: “Daremo dieci miliardi di euro a dieci milioni di persone”, aveva detto. “Che si tratti di 75 euro o 85 ero al mese, poco importa. L’importante è che ci sia la percezione che il governo ha fatto questo. Un’operazione di marketing? Certo, anche questo”, ha detto Renzi. Che ha poi sottolineato come, per finanziare le misure già studiate e non ancora diventate oggetto di provvedimenti legislativi, si “partirà dai tagli di spesa, a cominciare dalle vendita all’asta delle auto blu. E così a maggio ci saranno più soldi in busta paga”. Il premier ha osservato che “dietro i numeri c’è una vita reale di persone che hanno visto finora le bollette crescere e gli stipendi bloccati. Per la prima volta il governo mette un limite agli stipendi dei consiglieri e dà ottanta euro permanenti al mese nella busta paga. In ogni caso tutti i dati verranno messi online”. Renzi ha aggiunto che la copertura per il taglio dell’Irpef viene sostanzialmente da spending review, taglio degli stipendi dei manager pubblici e risparmi favoriti dal calo dello spread. “La spending review può portare 7 miliardi, Cottarelli prudenzialmente ha detto 3 miliardi perché teme che non ci sia la volontà politica di fare tutti quei tagli”, ha dichiarato. Atri, “500 milioni verranno dagli stipendi dei manager pubblici. Ci sono molti dirigenti della pubblica amministrazione che guadagnano più del presidente della Repubblica, è giusto? No. Io sono convinto che i dirigenti italiani siano bravissimi, ma perché devono essere pagati più dei loro colleghi britannici?”. Infine, c’è il risparmio derivante dal calo dello spread, che secondo Renzi potrebbe essere intorno ai 2 miliardi. Il presidente del consiglio ha poi assicurato che anche lo sblocco totale del pagamento dei debiti dello stato nei confronti delle imprese avverrà con soldi veri e coperture a prova di bomba. “I contratti portano un po’ sfortuna…”, ha scherzato Renzi a proposito della richiesta di Vespa di sottoscrivere un contratto sul modello di quello con gli italiani proposto a Silvio Berlusconi qualche anno fa. “Ma facciamo un accordo serio. Entro la fine dell’estate se noi abbiamo sbloccato i debiti della pubblica amministrazione lei decida dove vuole fare un pellegrinaggio…”. Nessuna buona nuova, invece, per i pensionati, che non riceveranno assegni più ricchi. Ma prima di uscire dalla scena il presidente del consiglio aveva inviato un messaggio forte: “Se non arrivano i soldi in busta paga entro il 27 maggio sono un buffone”.

Damiano (Pd): Renzi aiuti le partite Iva individuali. Via l’aumento dei contributi al 33%

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“Dopo la definizione a grandi linee della manovra del governo, adesso comincia il tempo della definizione dei dettagli, della messa a punto e delle correzioni. Abbiamo già detto che la direzione di marcia è quella giusta, ma i contenuti possono migliorare”. Lo ha dichiarato in una nota il deputato del Pd Cesare Damiano. “Chiediamo al premier Matteo Renzi  di non dimenticare i 3.369.000 professionisti e autonomi con partita Iva individuale senza dipendenti, in gran parte giovani, che hanno scelto il lavoro autonomo, che faticano a stare sul mercato e racimolano nell’arco dell’anno compensi appena sufficienti per condurre una vita dignitosa. A questi lavoratori il governo Monti ha imposto l’innalzamento progressivo dei contributi previdenziali fino al 33%, equiparandoli a quelli del lavoro dipendente. Noi riteniamo che si tratti di una scelta sbagliata e, come Partito democratico, abbiamo già provveduto con il governo precedente a congelare per il 2014 l’incremento dell’aliquota. Adesso chiediamo al presidente del Consiglio di compiere un passo ulteriore e definitivo: portare al 24% il contributo come avviene per il lavoro autonomo. Inoltre, nella legge delega, è prevista la riforma degli ammortizzatori sociali ma, anche in questo caso, non si fa cenno ai professionisti con partita Iva individuale. Si tratta di lavoratori più esposti perché privi di regole del lavoro, che rimarrebbero senza protezioni sociali e che potrebbero essere utilizzati come soluzione per abbassare il costo del lavoro. Un vero e proprio dumping sociale. Una svolta anche nei confronti di questi lavoratori  sarebbe un bel segnale, soprattutto per i giovani”, ha concluso l’ex ministro del lavoro del governo Prodi.

Lievitano i compensi forensi

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Compensi più che raddoppiati per gli avvocati con i nuovi parametri forensi. Confrontando infatti i valori del dm 140/2012 con quelli contenuti nelle tabelle del regolamento appena emanato dal ministro della giustizia, Andrea Orlando, in fase di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, la differenza è più che evidente. Il Consiglio nazionale forense ha pubblicato sul proprio sito un raffronto esemplificativo, prendendo in considerazione un giudizio ordinario e sommario di cognizione, per una causa di valore pari a 15 mila euro. Andando per fasi processuali, quella di studio della controversia, con il dm Orlando, è liquidata dal giudice con un compenso superiore del 59,1% rispetto al vecchio decreto parametri. La fase introduttiva passa invece da 300 a 740 euro, con un aumento del 146,7%. Ancora più elevata la differenza per la fase istruttoria, che sale da 550 euro a 1.600.

Spesa alimentare: se la crisi vince anche sull’alimentazione…

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Milioni di famiglie italiane letteralmente agli sgoccioli: si parla di spending rewiev in Politica ma a doverla effettuare davvero sono gli italiani. Che anno dopo anno, in questa crisi soffocante e appiccicosa, che ha avviluppato tutto, devono ora davvero fare i conti “della serva” come si diceva un tempo.

Dare priorità alle spese: un tempo lontano la priorità era mangiare, poi semmai veniva tutto il resto. Oggi la tendenza è completamente invertita: prima i debiti da pagare, con le Banche, con il Fisco, con le agenzie di credito che se da un lato permettono di acquisire beni e articoli di vario genere con piccoli finanziamenti. Poi, le necessità fondamentali. Sembra un mondo al contrario: lo è.

È infatti incredibile che si debba pensare per ultimo alla spesa alimentare, generando una qualità d’acquisto sempre peggiore pur di risparmiare su ciò che è l’elemento primario per noi tutti: l’alimentazione. Eppure, ecco che accade e il trend non si arresta.

Grazie a uno studio di Coldiretti, sempre attentissima a verificare gli andamenti pur di tenere un diario lucido degli accadimenti, possiamo toccare con mano la realtà.

Coldiretti denuncia: “La crisi ha fatto retrocedere il valore della spesa alimentare per abitante, che era sempre stato tendenzialmente in crescita dal dopoguerra e fino a raggiungere l’importo massimo nel 2006, per poi crollare progressivamente ogni anno. Forse non si è ancora toccato il fondo“

Per farsi un’idea più precisa, ecco i dati: aumentata la vendita delle Uova:+ 5% La ragione è semplice: alimento poliedrico a basso costo. Con un cartone da sei uova, mangia una frittata una famiglia di 3 persone. Costo: 2 euro circa compresi olio ed eventuale ripieno. Il dato sulla frittata è fornito da chi scrive…

Calano invece la carne (-2%) e la pasta (-9%): il fatto che gli italiani mangino molta meno carne e persino pasta, alimento “povero” per eccellenza, la dice lunga sullo stato reale delle cose. E su come stiamo retrocedendo persino a livello di salute, cosa che in pochi diffondono come informazione.

Provate a pensare: se a causa della crisi si è costretti a tagliare enormemente la qualità della spesa alimentare, per ovvie ragioni ci ammaleremo più frequentemente, in considerazione del motto “Mens sana in corpore sano”. Se mangiamo meno e pure male, stiamo andando a male noi…

La crisi economica non dissesta solo…L’Economia nazionale ma anche e soprattutto l’organismo di chi la subisce più pesantemente. Cosa avviene poi se una buona fetta della popolazione non ha un organismo efficiente? Quella fetta di popolazione non sarà in grado di avere l’energia per risollevare l’economia nazionale. Un cane, il solito, che si morde la coda.

La soluzione? Mangiar poco male non fa, ce lo dicono studi scientifici internazionali che l’iperalimentazione nuoce alla salute. Mangiare poco scegliendo meglio, non solo aiuta la salute ma fa rinascere l’economia della filiera agroalimentare nazionale.

Caso “Avastin”, ipotesi di disastro doloso: quale confine fra “lucro” e “furto”?

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Disastro doloso e associazione a delinquere. Sono questi, secondo quanto si apprende, i reati ipotizzati dalla Procura di Torino nell’ambito dell’inchiesta che ruota attorno al medicinale salvavista Avastin, per il quale l’antitrust ha sanzionato due grandi case farmaceutiche.

C’era un «piano» ben determinato e concertato tra Roche e Novartis per gettare un allarme ingiustificato sul farmaco meno costoso e far sì che gli oculisti non avessero, com’è a tutt’oggi, il permesso dall’Aifa (l’agenzia del farmaco) per utilizzarlo. Malgrado studi internazionali avessero riconosciuto che i rischi e gli effetti nella cura di maculopatie di Avastin (di Roche, all’epoca 80 euro, ora circa 10) e Lucentis (di Novartis, all’uscita 2.019 euro, ora circa 700) fossero equivalenti.

Sono sorprendenti le carte che hanno dato origine alla maximulta dell’Antitrust per i due colossi del farmaco, ora finite nei fascicoli anche della Procura di Torino, che da due anni lavora a 360 gradi sulla vicenda e ha già iscritto alcuni indagati ipotizzando un’associazione a delinquere per reati di vario genere, incluso l’aver fatto mancare le cure ai malati indigenti, e si avvia a chiudere il cerchio al più presto. E quella di Roma che due giorni fa ha aperto un fascicolo sul «patto» ipotizzando pure l’aggiotaggio e la truffa.

Sorprendono alla luce degli allarmi inascoltati degli oculisti all’Aifa e al ministero lanciati già dal 2009. Un carteggio tra il presidente della Soi (Società oculisti italiani) e l’Aifa, dimostra che i medici avevano messo nero su bianco l’equivalenza clinica dei due farmaci e avevano lanciato l’allarme sui pazienti per mesi lasciati senza cure perché Lucentis era troppo costoso per essere rimborsabile e non poteva essere somministrato in ospedale, ma l’Avastin non aveva il via libera dall’Aifa. Così, mentre Novartis fa sapere di non aver ricevuto nessuna comunicazione dalla Procura di Roma, come ovvio giacché il fascicolo è ancora contro ignoti, e di aver sempre rispettato «il quadro regolatorio nazionale ed europeo», il presidente della Soi Matteo Piovella chiede: «E ora cosa farà il ministro della Salute Beatrice Lorenzin? Ci permetterà finalmente di usare il farmaco meno costoso? E interverrà sull’Aifa che non ci ha dato ascolto lasciando per mesi nelle strutture pubbliche malati senza cura?». E la signora Tina, pensionata di 94 anni, indignata, segnala al Corriere: «Chi mi ridarà i 1.700 euro che ho dovuto tirar fuori dalla mia pensione per il farmaco che la clinica convenzionata non mi passava?».

Partono dal febbraio 2009 gli allarmi inviati dal presidente Soi Piovella al presidente dell’Aifa Pani e al suo predecessore Guido Rasi. Il massimo interlocutore scientifico dell’oftalmologia italiana scrive che «nel perseguire l’obiettivo primario di tutela della salute oculare dei cittadini ritiene necessario non escludere dalla legge il farmaco Avastin». Aggiunge che «non ci sono evidenze di effetti avversi» e che tutte le «comparazioni non hanno riscontrato nessuna differenza» tra Avastin e Lucentis. Niente. Il 18 giugno Piovella avverte del «grave e ingiustificato vuoto di trattamento rimborsabile». Specifica che «l’autosufficienza di migliaia di pazienti è una responsabilità a cui non è possibile sottrarsi». Nulla. Scrive ancora, e ancora. Il 13 luglio 2011 torna a segnalare il «cavillo giuridico» che impedisce l’uso del «farmaco gemello» e segnala «l’enorme spreco» di denaro e il mancato «trattamento dei malati svantaggiati». Il 29 febbraio 2012 segnala a Pani lo studio indipendente Usa che testimonia l’«equivalenza» dei farmaci e sottolinea «con il costo del trattamento con Lucentis di un solo paziente se ne potrebbero curare 60 con Avastin». Nulla. Il 2 febbraio 2012 segnala al ministero della Salute il rischio «di danni irreversibili alla vista per 2 milioni di pazienti». Un carteggio che prosegue tra i «sospetti effetti avversi» sostenuti ancora ieri dall’Aifa. Intanto nel novembre 2011 gli avvocati Giorgio e Giancarlo Muccio dell’Aiudapds (associazione di medici di day surgery) presentano il primo esposto che finirà all’Antitrust.

Contemporaneamente si svolgeva l’«attività» di Roche e Novartis per «creare ad arte inesistenti differenze di pericolosità», scrive l’Antitrust, basato su una «comunicazione efficace, convegni, finanziamento di pubblicazioni di revisioni degli studi comparativi, articoli». Ci sono le mail tra l’amministratore delegato della Roche che chiede al responsabile farmacovigilanza dell’azienda dell’«eventuale esistenza e consistenza di eventi avversi». E l’altro replica: «Ho guardato nel database di Aifa, ci sono tredici segnalazioni delle quali quattro sono casi di letteratura inseriti da noi. Le altre nove provengono dal Nord dove storicamente si segnala di più». Praticamente zero. In una mail di inizio 2013 nell’«intento di difendere le vendite di Lucentis in Francia e Italia» raccomanda metodi spicci: «generando e comunicando preoccupazioni per la sicurezza di Avastin».