1 Ottobre 2024, martedì
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Ucraina, pericolo di terza guerra mondiale

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“https://www.lanotteonline.it/wp-content/uploads/2014/03/ucraina-rivolta.jpg”>ucraina rivoltaL’Ucraina costituisce l’ennesimo esempio della degenerazione della politica estera degli Stati Uniti della Francia e della Germania dopo la caduta del muro di Berlino e l’invenzione dei titoli tossici, degenerazione che non si è fatta scrupolo di conculcare i diritti dei popoli e di appropriarsi degli stati-nazione onde realizzare cessioni di sovranità,  sudditanza e satellizzazione a favore dei popoli della finanziarizzazione della società (tedeschi, francersi e americani). Più volte abbiamo assistito anche alla opzione bellica manu militari, per esportare la democrazia mercantile e usuraia, attraverso false rivoluzioni che sono di fatto dei colpi di stato. I vari scimmioni che compongono l’Europa delle banche senza avervi alcun interesse si sono posti al  servizio di queste tre potenze (Francia, Germania, Stati Uniti d’America) offrendo loro basi aeree, suporto logistico, eserciti e quant’altro. La guerra è sempre un fatto odioso ma quando – come nella specie – non vi è alcun interesse per la nazione che la fa oltre che un fatto odioso è anche un fatto stupido.

PUTIN-khWE--180x140@CorriereOra però con l’Ucraina si pone un ulteriore problema: nel caso di guerra tra l’Unione Europea e la Russia per la questione dell’Ucraina con chi si deve schierare un popolo come quello italiano? Con i fascisti di Angela Merkel, come li chiamano gli ucraini filo-russi, la quale unitamente agli Stati Uniti dichiara per l’ennesima volta una guerra d’aggressione nei confronti di un territorio limitrofo e di un popolo sovrano ovvero ci si deve schierare con  gli indipendentisti della Crimea e eventualmente delle altre popolazioni orientali dell’Ucraina russofone per la difesa del sacrosanto diritto dei popoli alla loro autodeterminazione politica? Non sarà per caso che dopo tutti i guai che ci ha procurato, noi italiani dovremo pure paradossalmente  dare anche la vita per Angela Merkel? Non stiamo forse esagerando nell’adesione a un europeismo di maniera delle banche, del pangermanesimo e delle grandi istituzioni finanizarie?

ucraina<a href= Ormai anche i lampioni si sono accorti che il vero intento dei tedeschi è quelo di espnadersi anceh nell?Ucraina dopo aver praticamente annesso al Polonia e l’intento degli americani in questa contesa per l’Ucraina non è quello di difendere la nazione dalla aggressione sovietica ma quello di scongiurare il collasso planetario del dollaro e quindi ammonire ancora una volta la Russia (e indirettamente anche la Cina e gli Stati del cosiddetto Brics) di tornare al dollaro come strumento monetario per le transazioni internazionali. Come è noto gli scambi tra la Cina e la Russia ormai si fanno in yuan (la valuta cinese), gli scambi fra la Cina e l’Iran si fanno in oro, la stessa Cina si sta liberando di circa 50 miliardi di dollari al mese, trasformati in obbligazioni “ricomprate” forzosamente dal Belgio, non si sa esattamente da chi. Lo stesso George Soros sta pesantemente speculando al ribasso a Wall Street. Sono tutti segni di una prossima depressione mondiale.

In una telefonata tra la “ambasciatrice” dell’Ue, Catherine Ashton e il ministro degli esteri dell’Estonia, Urmas Paet, la prima dice alla seconda che i cecchini che hanno sparato sulla folla di piazza Maidan non erano uomini di Yanukovich ma probabilmente «della coalizione appoggiata dall’Occidente». E’ ormai chiaro che secondo i piani dei registi delle Ong operanti in Ucraina (gente del calibro di George Soros e Zbigniew Brzezinski, i più accanti esponenti antirussi dell’Amministrazione Obama) è contemplata la previsione di una guerra civile fra i russofoni dell’est e gli ucraini dell’ovest. Pochissimi media occidentali hanno trasmesso la registrazione trapelata del colloquio di Victoria Nuland, incaricata Usa della cura dei rapporti diplomatici con Europa ed Eurasia, con l’ambasciatore statunitense in Ucraina». La Nuland disponeva e comandava la composizione del nuovo governo di Kiev dopo aver cacciato Yanukovich.

La “strategia della tensione” innescata a Kiev darebbe agli Usa e alla Nato «il pretesto di intervenire per “pacificare” l’Ucraina, stabilirsi minacciosamente nel Mar Nero e proiettarsi sempre di più nel Caucaso e verso il Mar Caspio, ricchissimo di risorse petrolifere e di gas».

ucraina rivolta 4L’Ucraina è diventata quindi nel giro di pochi anni un campo d’interesse primario per esplorazioni e sfruttamento di nuove aree. Lo sviluppo di simili giacimenti (specie da parte di compagnie nordamericane) insidia direttamente la posizione dominante russa di Gazprom.  E’ molto evidente peraltro anche la volontà di Stati Uniti Germania e Francia di colpire anche la Cina, che in questa crisi è schierata con Putin. I cinesi hanno di recente acquistato diritti di sfruttamento agricolo su circa 6 milioni di ettari di terre ucraine coltivabili. Dico “aveva”, perché il governo fantoccio messo su dagli americani ha revocato subito i diritti concessi l’anno scorso ai cinesi.

Pertanto il rischio concreto è drammatico: I meccanismi della guerra sono innescati. Se dovesse fare fino in fondo la sua corsa il gioco automatico delle alleanze, fra non molti giorni ci troveremo in guerra. Tutti. Perché nel piano bellico si collocherebbero anche le dotazioni del Muos in Sicilia, l’installazione di scudi antimissile in Polonia, l’apertura di basi americane in Romania e Bulgaria, senza contare la Turchia, membro della Nato, che controlla gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli. Il governo di Ankara ha appena concesso a una grande nave da guerra Usa di entrare nel Mar Nero, in violazione della Convenzione di Montreaux, mentre ad Atene c’è una presenza navale ancora più pesante, la portaerei “George Bush”.

ucraina treSecondo la Russia, la convenzione che vieta l’ingresso nel Mar Nero di navi da guerra non appartenenti a paesi affacciati su quel mare, è già avvenuta in questi giorni con la comparsa della fregata statunitense “Taylor” e della “Mount Whitney”, nave-comando della Sesta Flotta».

Da questa crisi, è evidente, l’Europa ha tutto da perdere. Ma la Germania avrebbe abboccato all’amo di una espansione verso un mercato ucraino di 46 milioni e mezzo di abitanti, previa distruzione del modello di economia sociale di mercato dell’Ucraina, e della sua industria, soprattutto all’est del Paese. E la Francia di François Hollande è stata pesantemente minacciata di svelare un dossier iraniano a suo carico. Ciò è avvenuto nel corso del recente viaggio del presidente francese a Washington. 140 grandi industriali francesi avevano creduto al clima (fasullo) di nuovi buoni rapporti con l’Iran e avevano agito di conseguenza.

Invece Barak Obama ha detto senza peli sulla lingua che tutte le relazioni della Francia (e dell’Europa) con l’Iran devono rispettare non solo le sanzioni che non sono ancora state tolte, ma anche quelle, soprattutto commerciali e finanziarie, che gli Usa dettano unilateralmente. Un gioco pericoloso, che potrebbe chiamarsi Terza Guerra Mondiale, se gli Usa faranno precipitare la situazione con l’adesione dell’Ucraina all’Ue, spingendo i missili della Nato fino ai confini con la Russia.

Michele Imperio

Il piano Cottarelli fa fuori 85mila dipendenti statali

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Il piano di spending review presentato da Carlo Cottarelli al Governo colpirà in maniera dura il settore statale, con una stima preliminare di 85.000 esuberi al 2016 per un costo complessivo di 3 mld. E’ quanto si legge sul Messaggero, che sottolinea come Cottarelli non nasconde che il problema “e’ da studiare ulteriormente”, ma mette sul tappeto alcune proposte per affrontarlo. A partire dai prepensionamenti, con l’eliminazione delle posizioni, che pero’ non porterebbero grandi risparmi. Altra possibilita’ sono gli esoneri dal servizio che prevede di lasciare a casa i lavoratori con meta’ stipendio ma garantendogli una contribuzione piena a fini pensionistici. Infine c’e’ la possibilita’ del collocamento in disponibilita’ del personale in esubero con un taglio della retribuzione. Anche i dirigenti pubblici, si legge nel piano di Cottarelli, dovranno fare la loro parte con una riduzione dello stipendio soprattutto per le funzioni apicali e per la prima fascia. Un’operazione che generera’ risparmi almeno per 500 mln. Fuori dai tagli resterebbe comunque il personale della scuola. Secondo quanto si legge sul Sole 24 Ore, Cottarelli punterebbe anche a realizzare nel 2014 800 mln di risparmi grazie al giro di vite sugli acquisti di beni e di servizi, 2 mld dalla riduzione dei trasferimenti statali e regionali e 2,2 mld dalla stretta sulle spese di settore dalla difesa, alla sanita’, passando per le pensioni. Sul fronte della difesa il dossier di partenza ipotizza un risparmio per quest’anno di 100 mln, 1,8 mld nel 2015 e 2,5 mld nel 2016. Per il settore della sicurezza il nuovo meccanismo di sinergie tra forze di polizia con conseguente riduzione dei presidi sul territorio dovrebbe dare i suoi frutti solo nel 2015 (800 mln) e nel 2016 (1,7 mld). Un’interpretazione contestata dal ministro della Pa, Marianna Madia. “In queste ore alcuni organi di informazione stanno alimentando un’interpretazione distorta del buon lavoro del commissario Cottarelli sulla revisione della spesa per il pubblico impiego; in particolare su pensionamenti, turnover ed eventuali esuberi. In questo modo il quadro che emerge risulta assolutamente infondato”.

Renzi è stato prima a Tunisi, Bruxelles e Parigi. Poi a Berlino

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E poi all’improvviso scopri che è solo (o quasi) questione di volontà. Volontà politica, beninteso, quella che se non ce l’hai è difficile cercarla. L’ammissione di Franco Bassanini appartiene alla categoria di quegli squarci di verità che contribuiscono a far rileggere eventi sotto un’altra luce. Dire che Enrico Letta fu bloccato da strutture del ministero dell’Economia sulla strada del pagamento dei debiti della pubblica amministrazione equivale a dire che oggi quelle stesse forze che frenavano non lo fanno più. Oppure non possono più farlo. È cambiato il governo, è cambiato il clima. Adesso la burocrazia non ha più il timore che possa emergere nuovo debito sgradito all’Europa. Adesso l’indicazione è che si può correre questo rischio senza paura. Affermarlo alla vigilia dell’incontro fra il neo-premier Matteo Renzi e l’arcigna Angela Merkel vale doppio. Trasmette netta la sensazione che – parole di Renzi al Tg5 – «l’Italia non ci sta a finire dietro la lavagna». Parole di orgoglio quelle del premier che, dopo Parigi, è volato a Berlino, consapevole di giocarsi molto nell’esame che lo attende alla Cancelleria. Sa bene che la Merkel lo sta studiando e che non si accontenterà di bei proclami. E neppure di azzeccate slides con i pesciolini rossi. Nell’acquario della custode del rigore europeo nuota solo la certezza sul bilancio, senza sbandamenti. Il giovane ex sindaco di Firenze, che lei stessa aveva voluto conoscere nel luglio scorso, adesso è diventato premier, il quarto primo ministro italiano che varca la soglia del suo ufficio nel breve volgere di due anni e mezzo. Monti e Letta come primo atto di politica internazionale resero omaggio proprio allo strapotere tedesco. Renzi no, lui è diverso, e arriva a Berlino dopo aver toccato Tunisi, Parigi e Bruxelles. Anche in questa maniera si vuole rendere evidente una cesura con il passato, si vuole trasmettere l’idea che è possibile, anzi necessaria, un’altra Europa, che allenti quel cappio del rigore che ha quasi strangolato non solo l’economia italiana, ma anche quella degli altri paesi mediterranei. Basti ricordare Grecia, Spagna e Portogallo. L’impresa di ribaltare tutti i luoghi comuni accumulatisi intorno all’Italia si presenta improba: alla cancelliera dovrà dimostrare che le slides sono trasformabili in riforme e le riforme possono funzionare senza sconquassare i conti pubblici. Anzi, che le riforme possono generare crescita e mettere il nostro paese nella condizione auspicata dal premier di essere guida dell’Europa, e non vagone di coda che arranca. Sono sempre le parole di Bassanini a indicare che la via è stretta e impervia: la via di sfruttare per il rilancio il margine fra il deficit previsto e il 3% imposto dall’Europa è insufficiente per coprire il fabbisogno necessario a finanziare le misure economiche annunciate da Renzi. Il premier tutto questo lo sa, e sta cercando di irrobustire le coperture insieme a Pier Carlo Padoan e Carlo Cottarelli, prima che i provvedimenti in cantiere vedano la luce. È più concreta, tanto per fare un esempio, l’ipotesi di risparmiare tre miliardi in un triennio sul bilancio della difesa, comprando qualche F35 meno del previsto. Pur essendo perfettamente consapevole delle difficoltà, Renzi conta di ottenere un via libera dalla Merkel alla sua scossa all’economia italiana. Per convincere i tedeschi si porterà sei ministri e una delegazione di imprenditori guidata da Giorgio Squinzi. Se sono state deluse dal modesto taglio dell’Irap (strappato da Angelino Alfano), le aziende incasseranno il pagamento dei debiti arretrati delle pubbliche amministrazioni entro l’estate. Il mix è chiaro: ai lavoratori più soldi in busta paga, alle imprese gli arretrati dovuti dallo Stato. Se questo basterà a far ripartire i consumi interni e – di conseguenza – produzione industriale e occupazione rimane tutto da dimostrare. Questa è la scommessa del premier. Se dovesse funzionare sarebbe la sua consacrazione. Se però il piano non decollasse, si salderebbe contro di lui un fronte trasversale di sindacati e imprenditori. E questo renderebbe al governo di sicuro la vita difficile anche in parlamento. La scommessa, in quel momento, sarebbe persa, con o senza la Merkel.

Pubblicità antirughe, l’Antitrust multa Estée Lauder. E L’Oréal modificherà gli spot

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L’efficacia di una crema antirughe non può essere paragonata a quella di un trattamento laser, di un lifting o di un intervento di chirurgia estetica: in base a questo principio l’Antitrust, con due distinti provvedimenti, ha sanzionato per pubblicità ingannevole la società Estée Lauder con una multa di 400 mila euro, mentre ha accettato, rendendoli vincolanti, gli impegni presentati dal gruppo L’Oréal. Nel dettaglio, il primo procedimento si è svolto nei confronti della società Estée Lauder per i messaggi pubblicitari che accompagnano la linea di prodotti Repairwear Laser a marchio Clinique, diffusi con una pluralità di mezzi (internet, spot tv, stampa e confezioni): nei messaggi viene effettuato un raffronto tra i risultati ottenibili con questi cosmetici (entro tempi enfaticamente determinati) e quelli legati a un trattamento di medicina estetica. Il raffronto, spiega l’Antitrust, è costruito in modo da indurre i consumatori all’acquisto, anche sulla base dei costi più bassi e della mancanza di controindicazioni rispetto all’utilizzo del laser. In particolare, spiega l’Antitrust, gli studi prodotti a supporto della correttezza dei messaggi sono stati ritenuti non attendibili dal perito incaricato dall’Autorità perché il paragone tra le due percentuali di miglioramento antirughe era rilevata in ambiti non omogenei: da un lato, un gruppo sottoposto a terapia laser medicale e, dall’altro, un campione femminile trattato con crema cosmetica. Dalla perizia è inoltre emerso che i due rimedi antirughe hanno meccanismi d’azione, modalità di utilizzo ed efficacia diversi e in nessun modo assimilabili. La società dovrà ora comunicare, entro 60 giorni, le iniziative assunte per ottemperare alla diffida che vieta alla società la prosecuzione dei messaggi pubblicitari risultati ingannevoli.
Diverso l’esito del procedimento nei riguardi dell’Oréal visto l’impegno assunto nei confronti dell’Autorità di evitare, nell’ambito di future campagne pubblicitarie di tutti i propri prodotti cosmetici, qualsiasi raffronto tra l’efficacia degli stessi con trattamenti di altra natura, in particolare di medicina e chirurgia estetica. L’Oréal modificherà inoltre le campagne pubblicitarie e le confezioni dei prodotti appartenenti alla Revitalift Laser X3 l eliminando non solo il riferimento al trattamento laser ma anche i vanti relativi alle percentuali di miglioramento della pelle e dei tempi necessari per ottenerlo. Per effetto dell’intervento dell’Antitrust la pubblicità veicolata in Italia potrà anche essere parzialmente diversa da quella diffusa in altri paesi.

Ordini prorogati al 2016

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Gli ordini dei commercialisti soppressi sulla carta restano in vita. Almeno fino al 2016, data entro la quale secondo l’ordinamento della professione, si dovrà procedere al rinnovo degli organismi territoriali e dell’eventuale Consiglio nazionale in carica. Pare essere questa, secondo alcune indiscrezioni, una delle ipotesi su cui sta lavorando il ministero della giustizia per districare al più presto (sono già trascorsi oltre due mesi dalla sentenza del Consiglio di stato) la matassa dell’abbinamento tra l’organizzazione della professione e la nuova giurisdizione voluta con il d.lgs 155/12. Il tutto mentre, proprio ieri, sul tavolo di Via Arenula è arrivata la lettera di rinuncia alla candidatura dei componenti della lista “Vivere la professione” guidata, per le elezioni di febbraio 2013, da Massimo Miani e Raffaele Marcello.
Insomma tra il pressing dei rappresentanti delle due liste che continuano a chiedere al ministero della giustizia la possibilità di andare subito al voto e quello dei presidenti dei 14 ordini destinati per legge alla soppressione che minacciano ricorsi se costretti a chiudere i battenti, prolungare il mandato al territorio fino a naturale scadenza potrebbe essere la sola strada per scongiurare altre polemiche.

Crimea, Londra potrebbe fare le spese delle sanzioni contro Mosca

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Potrebbe esserci presto una nuova vittima (indiretta) delle sanzioni decise da Ue e Stati Uniti contro la Russia in seguito all’annessione della Crimea. Dopo che ieri gli Usa hanno deciso di congelare i beni di undici alti responsabili russi e ucraini, la City di Londra, da sempre punto di riferimento degli oligarchi russi, che da tempo vi hanno trasferito armi e bagagli, teme di fare le spese delle sanzioni europee contro Mosca. Già dalla scorsa settimana, infatti, numerose compagnie che fanno capo a oligarchi russi hanno cominciato a ritirare in maniera massiccia i capitali dalle banche della prima piazza finanziaria europea:  la spinta è stata il timore di sanzioni e, soprattutto, di un congelamento mirato dei beni. Secondo alcuni gestori londinesi, interpellati da Le Monde, i miliardari venuti dal freddo, vittime tra l’altro del crollo del rublo, starebbero investendo in beni rifugio, obbligazioni e oro. Ma gli occhi sono puntati soprattutto sul trio Alisher Usmanov, Len Blavatnik e Roman Abramovich, rispettivamente prima, seconda e quinta fortuna britannica, secondo la classifica 2013 del Sunday Times. Usmanov ha da tempo ordito una rete di holding con sede a Cipro, paradiso offshore particolarmente apprezzato dai russi. Gli altri due hanno, per il momento, secondo fonti informate, deciso di stare a guardare. Gli uomini d’affari russi temono soprattutto l’aumento del costo del capitale e delle garanzie richieste per rifinanziare il debito delle loro compagnie. Dal canto suo la City, prima destinazione all’estero delle compagnie russe quotate, teme un crollo delle Ipo realizzate da imprenditori russi e il calo delle esportazioni in Russia dei servizi finanziari made in Uk.

Affitto e cedolare secca: aliquota al 10%, bonus di 4500 euro ai proprietari

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Se riduci le richieste di affitto all’inquilino ti riduco al minimo le tasse. Questa la proposta per i proprietari che affittano le proprie case con la Cedolare secca. I proprietari infatti avranno un abbassamento al 10% dell’aliquota, con un bonus di 4500 euro.
Gino Pagliuca sul Corriere della Sera scrive:
“La misura consiste nell’abbassamento al 10% dell’aliquota della cedolare secca sui contratti che rispettano i requisiti previsti dall’articolo 2 e dall’articolo 8 della legge sulle locazioni residenziali, la 431/98, e quindi prevedono un canone calcolato sulla base degli accordi stipulati a livello locale tra associazioni di proprietari, sindacati degli inquilini e Comuni.
Gli affitti cosi determinati oltre ad avere canoni sempre più bassi di quelli del mercato perché mediati con l’inquilinato hanno una durata ridotta rispetto a quella dei contratti liberi: infatti si possono stipulare per tre anni più altri due di proroga di fatto automatica se non intervengono particolari condizioni che molto di rado si riescono a far valere; nei contratti di locazione a canone libero invece la durata standard è di quattro anni più altri quattro di proroga”.
Nel 2011 con l’introduzione della cedolare secca la regolamentazione è cambiata:
“Si tratta di un prelievo forfettario, che si può scegliere in alternativa alla tassazione ordinaria, di concezione analoga all’imposta applicata su rendite finanziarie e capital gain. Si versa un’aliquota fissa sui canoni percepiti e il reddito ricavato esce dall’imponibile Irpef e non si paga nemmeno l’imposta di registro (2% sull’entità annua dei canoni, da suddividere con l’inquilino).
La cedolare è applicabile solo sugli immobili residenziali e solo nel caso in cui sia il proprietario sia l’inquilino sono persone fisiche e solo se il proprietario rinuncia all’aggiornamento annuale del canone; l’aliquota per i contratti a canone libero è del 21%; per i canoni concordati la norma originaria prevedeva un prelievo di solo due punti più basso, il 19%, una scelta ben poco interessante per gli investitori e di fatto questi contratti sono praticamente spariti dal mercato”.
Con il piano casa l’aliquota per la cedolare secca scende al 10%, scrive il Corriere della Sera:
“Nella tabella abbiamo provato a verificare la convenienza fiscale della nuova aliquota confrontando il guadagno netto di un proprietario che accetti di locare a un canone concordato ipotizzato in 500 euro al mese anziché ai 700 euro che otterrebbe sul mercato libero e quindi riconoscendo uno sconto all’inquilino di circa il 30% (per la precisione si tratta del 28,6%).
Come si può verificare dai nostri calcoli se il proprietario del nostro esempio optasse per l’affitto libero dopo cinque anni (durata del contratto agevolato) incasserebbe circa 4.500 euro in più, che diventano 5.500 sugli otto anni di durata del contratto libero.
In tabella abbiamo anche valutato la scelta per il canone libero e la tassazione ordinaria; si tratta di un’ipotesi di scuola perché la tassazione con Irpef può convenire solo a persone con redditi bassi e detrazioni fiscali di cui non si riesce a usufruire per incapienza. In otto anni con le tasse standard si pagherebbero quasi 3.800 euro in più rispetto al canone concordato e oltre 9.000 in più rispetto al canone libero ma con la cedolare”.

Alta Corte tedesca: sì definitivo al fondo salva Stati della Bce

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Alta Corte tedesca: sì definitivo al fondo salva Stati della Bce. La Corte costituzionale tedesca rigetta i ricorsi avanzati contro il Meccanismo di stabilità europea Esm, ovvero il Fondo Salva-stati. La Corte costituzionale aveva già dato un sostanziale semaforo verde all’Esm, nel settembre 2012, oggi il giudizio “dà il via libero definitivo” ha spiegato il presidente dei giudici di Karlsruhe. Oltre diecimila cittadini tedeschi, fra partiti politici e associazioni e privati, avevano impugnato il meccanismo europeo durante la fase più drammatica della crisi del’euro, contestando una lesa autonomia del Bundestag sul bilancio nazionale.
La sentenza definitiva dell’Alta Corte chiude il contenzioso potenziale contro la politica della Bce guidata da Mario Draghi che si assunta l’onere di “fare tutto quello che serve” per salvaguardare la moneta unica. Esultano i mercati. Milano ha invertito la rotta dopo l’annuncio della Corte Costituzionale tedesca. Il Ftse Mib sale dello 0,14%. È ancora negativa Madrid (-0,13%). Per contro vanno male Francoforte (-0,67%) e Parigi (-0,18%).

Veneto indipendente, referendum boom: 700mila voti, anche la Bbc ne parla

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Il referendum sul Veneto indipendente non sarà valido ma è già un successo: 700mila voti in pochissimi giorni (su 3milioni 900mila aventi diritto), articoli persino sulla Bbc e l’Independent. A differenza dei grandi giornali italiani, che finora hanno snobbato l’iniziativa. In un periodo in cui l’autodeterminazione dei popoli è tornata di moda (leggi il referendum in Crimea, ma anche la crescente voglia della Scozia di lasciare la Gran Bretagna), i secessionisti veneti hanno colto la palla al balzo.
Ecco i numeri dell’affluenza dall’apertura dei “seggi” (domenica 16 marzo alle 7): Vicenza 182mila voti, Treviso (179mila), Padova (166mila), Venezia (143mila), Verona (92mila), Belluno (28mila) e Rovigo (29mila). Affluenza reale e virtuale, visto che si può votare nei gazebo o anche online.
La domanda a cui rispondere è semplice, basta un sì o un no: “Vuoi tu che il Veneto diventi una Repubblica Federale indipendente e sovrana?”. Gli organizzatori del referendum si sono spinti oltre, ipotizzando un Veneto già indipendente dall’Italia e libero quindi di aderire o meno ai patti internazionali. La seconda domanda infatti è: “se il Veneto, una volta indipendente, debba restare nell’Unione Europea; se debba mantenere l’euro come moneta e se debba far parte della Nato”.
In mancanza di copertura da parte del mondo dell’informazione, l’iniziativa è stata diffusa in modo carbonaro sui social network, nonostante l’investitura ufficiale dei big della Lega Nord (su tutti il governatore veneto Luca Zaia e il segretario del partito Matteo Salvini). E ai gazebo, assicura chi vive nella regione, c’è la fila da domenica.
E la cosa non è passata inosservata all’estero: la Bbc titola in maniera secca: “Il Veneto vota per l’indipendenza da Roma”. L’Independent invece tira in ballo la città di Giulietta (Verona) e assimila la battaglia veneta a quella degli scozzesi che rivendicano la scissione della Gran Bretagna.

Contrabbando sigarette risorto: le “em@ail” cinesi a 2 euro

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Contrabbando sigarette risorto: le “em@ail” cinesi a 2 euro. Sul mercato delle sigarette è tornato di prepotenza il contrabbando: si smerciano, in particolare a Napoli ma anche Milano ne è investita, marchi inediti come Classic, Raquel, Jin Ling, Gold Mount. O le Em@il che riferisce un tabaccaio della provincia di Napoli, si è sentito chiedere da qualcuno convinto fossero anche legali. Arrivano a costare anche 2 euro a pacchetto. Sono sigarette cinesi, arabe o prodotte in Italia ma destinate ai mercati esteri.
Tecnicamente vengono definite “cheap white”, sono prodotte di preferenza in paesi dell’Est come Bielorussia, Polonia, Ucraina, Grecia, Bulgaria o provengono direttamente dalla Cina. Viaggiano su furgoni e camion magari nascoste sotto carichi di frutta. Il commercio al dettaglio è assicurato da bancarelle improvvisate, da uomini con il borsone al collo: ma anche le nuove forme come gli ordini online e i servizi porta a porta stanno prendendo piede.
Uno studio Kpmg Project Star è indicativo: il consumo di sigarette illegali nell’Unione Europea è cresciuto del 32% tra il 2007 e il 2012, mentre, contestualmente, è diminuito del 20% quello di sigarette legali (anche per lo sviluppo delle e-cicarettes). I sequestri lo confermano: da 240 tonnellate di tabacchi sequestrati nel 2006 solo in Italia si è passati a 300 tonnellate (di cui il 34% solo in Campania). La concorrenza sleale del tabacco tarocco contribuisce fortemente ai mancati incassi dell’erario: i mancati ricavi (sfuggiti alle accise) ammontano per lo spazio Ue a 12,5 miliardi annui, 1,7 miliardi di mancato gettito solo in Italia.