1 Ottobre 2024, martedì
Home Blog Page 1967

Statali. Stipendi, ipotesi taglio 6% oltre 60mila euro (7% oltre 70, 8% oltre 80)

0

Statali. Stipendi, ipotesi taglio 6% oltre 60mila euro (7% oltre 70, 8% oltre 80). In tema di tagli al pubblico impiego, il Governo esaminerà una proposta di legge (a firma Francesco Boccia, Pd) che prevede nuove riduzioni progressive deitrattamenti economici nella Pa. A prova di ricorso alla Corte Costituzionale. La misura considera un taglio del 6% per gli stipendi superiori ai 60 mila euro lordi l’anno, del 7% oltre i 70 mila euro lordi, dell’8% oltre gli 80 mila.

Si tratterebbe di un intervento temporaneo (valido da quest’anno al 2016), a carattere solidaristico e con l’esplicito obiettivo di riequilibrare i bilanci dello Stato. Condizione, quest’ultima, in linea con l’articolo 81 della Costituzione e con l’ultima sentenza della Corte Costituzionale che se nel 2012 aveva dichiarato inammissibili i tagli del 5 e del 10% sugli stipendi oltre 90 mila euro annui, oggi li giudica legittimi. I magistrati hanno indicato esplicitamente nelle “sole esigenze di equilibrio del bilancio statale” l’unica giustificazione legittima per la riduzione degli stipendi.

La proposta Boccia, se accolta dal Governo, produrrebbe risparmi per 2,5 miliardi annui. Coinvolgerebbe il 16,4% di tutti i dipendenti pubblici. 2,5 miliardi suscettibili di aumento se i tagli divisi in tre soglie previsti fossero applicati anche alle società controllate e alle authorities (Banca d’Italia, Consob) e agli uffici collegati ai ministeri.

Corrado Paroli, terza media: faceva volantinaggio per la Lega a 10mila € al mese

0

Corrado Paroli, operaio con la terza media alla Norda, ha uno stipendio da fare invidia ai boiardi di Stato: dopo aver sposato la figlia diStefano Galli, ex capogruppo della Lega Nord in Lombardia, ha rimediato un contratto di consulenza al Pirellone da diecimila euro al mese. Il suo prezioso e irrinunciabile contributo in qualità di operaio-consulente consiste sostanzialmente in opera di volantinaggio.

Emilio Randacio, sul quotidiano la Repubblica, racconta di quella consulenza costata all’ex capogruppo leghista in Lombardia, quello che pagò anche parte del matrimonio di Paroli e della figlia coi rimborsi regionali da non confondere con l’omonimo neo eletto nella lista Lista Maroni Presidente, l’accusa di peculato in relazione a presunte spese illecite con i soldi pubblici:

Corrado Paroli, classe 1976, da Lecco, di carriera scolastica non ne ha fatta molta. Ha la terza media e fa l’operaio alla Norda: è “addetto all’imbottigliamento delle acque minerali”. Ma, dal maggio 2010, la sua vita ha una svolta. Sposa Laura Verdiana Galli, figlia dell’allora capogruppo alla regione del Carroccio Stefano Galli. Nonostante il lavoro in fabbrica, a Paroli viene data una consulenza con la Regione Lombardia da 189 mila euro.

Paroli è stato convocato dalla Finanza il 20 dicembre 2012, nell’ambito dell’inchiesta sulle spese pazze in Regione Lombardia. Gli investigatori gli hanno chiesto del suo contratto di consulenza:

“Si tratta di attività di propaganda per la Lega Nord commissionata direttamente da mio suocero”, spiega il testimone. “Sostanzialmente, mi occupo di volantinaggio in favore della Lega e di mio suocero, a Lecco”. Ma come si può conciliare questa occupazione, con i turni alla Norda? “A volte lo faccio anche di notte”. Il volantinaggio a favore del Carroccio viene pagato piuttosto bene: 10 mila euro al mese. E questo è solo uno dei migliaia di casi scoperti dall’inchiesta dei pubblici ministeri milanesi Alfredo Robledo, Paolo Filippini e Antonio D’Alessio.

Proroga della sospensione mutui in Emilia

0

Terremoto Emilia: sì alla proroga della sospensione mutui. Chi ha subito danni nelterremoto dell’Emilia e dalle alluvioni nella stessa regione e in Veneto (particolarmente nelle zone del Cadore) avrà diritto di chiedere alle banche la sospensione per tutto il 2014 delle rate dei mutui. Lo prevede un emendamento della commissione al decreto legge sul rientro dei capitali approvato dall’Aula della Camera.

L’allarme era scattato dopo le forti perplessità espresse dal Tesoro (su indicazione dellaRagioneria Generale dello Stato) alla proroga triennale della restituzione, appunto, dei mutui accesi per far fronte al pagamento degli oneri contributivi e tributari e sospesi a causa del sisma del 2012. Sembrava che la misura potesse mettere a rischio il 3% del rapporto deficit/Pil. Oggi la buona notizia che la proroga è stata approvata.

Cheeseburger, la rivincita. Studio Usa: non fa male. E tequila per dimagrire…

0

Il cheeseburger e i grassi saturi tutti si prendono la sua “rivincita”. Perché dopo decenni di “messa al bando” da parte di medici e esperti di alimentazione di tutto il mondo arriva un nuovo studio, riportato dal New York Times, in cui si afferma invece che un ‘cheesburger’ o un pezzo di pizza carica di formaggio in fondo non fa così male.

Secondo il team di ricercatori, guidati  Rajiv Chowdhury della Cambridge University, le persone che consumano livelli abbastanza alti di grassi saturi, come quelli che si trovano per esempio in salumi, burro o formaggio, non soffrono di malattie cardiovascolari in misura maggiore di chi ne assume meno. Insomma non ci sono prove – dicono gli studiosi – che abolendo i grassi saturi e sostituendoli con quelli insaturi – omega 3, omega 6 – contenuti in pesce, olio di semi, legumi e altri cibi, si riducano i pericoli di ammalarsi.

Più cauto invece il dottor Frank Hu, professore alla Harvard School of Public Health. Hu, che non ha partecipato allo studio, sottolinea come i risultati della ricerca non dovrebbero essere considerati un via libera ad un maggiore consumo di bistecche, burro e altri alimenti ricchi di grassi saturi. A suo parere infatti, bisogna guardare ai singoli cibi e non ai gruppi di sostanze nutritive.

Il dottor Chowdhury e il suo team –  che hanno condotto la ricerca sulla base di circa 80 studi che coinvolgono più di mezzo milione di persone – rispondono di aver osservato non solo ciò che la gente ha mangiato, ma anche dati più oggettivi come la composizione degli acidi grassi nel sangue e nel tessuto adiposo. E precisano di aver trovato un legame tra i grassi trans e le malattie cardiache, ma nessuna prova del pericolo rappresentato dai grassi saturi.

Nel frattempo, un gruppo di esperti sostiene che la nuova arma nella lotta all’obesità potrebbe essere la tequila. Negli esperimenti effettuati sui topi, infatti, sembra che gli Agavins – gli zuccheri naturali contenuti nell’agave, la pianta da cui deriva la tequila – proteggano contro l’obesita’ e il diabete di tipo 2. Gli Agavins – spiega lo studio, presentato alla riunione annuale dell’American Chemical Society – agiscono come fibre alimentari e non causano l’aumento del livello di zucchero nel sangue, e potrebbero quindi essere usati come dolcificante artificiale dalle persone che soffrono di questi disturbi.

Alle Sezioni unite la validità del contratto preliminare di preliminare

0

È valido un contratto preliminare di preliminare? La questione già risolta in passato in senso negativo, postulandone la nullità per difetto di causa, va ora alle Sezioni unite su richiesta dellaSeconda sezione civile, ordinanza interlocutoria del 12 marzo 2014 n. 5779, secondo cui ci sarebbero spazi per ulteriori precisazioni alla luce delle fattispecie concrete.

Il fatto

La Corte di appello di Napoli aveva dichiarato la nullità del contratto preliminare relativo alla vendita di una porzione di un fabbricato in Avellino, in cui si prevedeva la stipulazione di un «regolare preliminare di compravendita ove, entro un certo termine il Banco di Napoli avesse dato il suo assenso alla cancellazione dell’ipoteca gravante (anche ) su tale porzione immobiliare».

La rimessione degli atti
La parte venditrice ha impugnato la sentenza contestando l’esattezza dell’orientamento seguito dalla Corte territoriale partenopea. La Cassazione accoglie in qualche modo il rilievo scrivendo: «Il collegio non ignora che questa S.C. ha già avuto occasione di affermare che il contratto in virtù del quale le parti si obblighino a stipulare un successivo contratto ad effetti obbligatori (ovvero un contratto preliminare di preliminare) è nullo per difetto di causa, non essendo meritevole di tutela l’interesse di obbligarsi ad obbligarsi, in quanto produttivo di una inutile complicazione». Tuttavia, «ritiene che tale orientamento, nella sua assolutezza, potrebbe essere meritevole di precisazioni, con riferimento alle ipotesi che in concreto possono presentarsi».

Le questioni aperte
Secondo gli ermellini, in primo luogo, «potrebbe dubitarsi della nullità del contratto preliminare il quale si limitasse a prevedere un obbligo di riproduzione del suo contenuto al verificarsi di determinate circostanze», come nel caso di specie, in cui la stipulazione di un “regolare contratto preliminare” era subordinata al consenso del Banco di Napoli alla cancellazione dell’ipoteca gravante (anche) sulla porzione immobiliare promessa in vendita.

«Ma quello che più conta – prosegue la Suprema Corte – è che il contratto preliminare di contratto preliminare non esaurisce il suo contenuto precettivo nell’obbligarsi ad obbligarsi, ma contiene – come nel caso di specie – anche l’obbligo ad addivenire alla conclusione del contratto definitivo».

Secondo Piazza Cavour, dunque, alla luce del principio generale previsto dall’articolo 1419, primo comma, del codice civile (per cui una nullità parziale comporta la nullità dell’intero contratto se risulta che i contraenti non l’avrebbero concluso senza quella parte) «appare difficile … ritenere che la nullità dell’obbligo di concludere un contratto preliminare riproduttivo di un contratto preliminare già perfetto possa travolgere anche l’obbligo, che si potrebbe definire finale, di concludere il contratto definitivo».

Il dipendente può godere del regime dei minimi se differenzia il bacino di clientela

0

D: Un dipendente di una società, con qualifica di manutentore elettrico degli impianti di produzione, vorrebbe, avendo già l’autorizzazione della società, aprire una posizione iva, per svolgere, nel tempo libero, l’attività di elettricista: realizzazione piccoli impianti elettrici, interventi di riparazione ecc. l’attività d’impresa pare essere nuova in sostanza: il dipendente infatti attualmente svolge solo attività interna alla società presso cui è e continuerebbe ad essere occupato. Gli strumenti di lavoro utilizzati sarebbero nuovi (furgone e piccole attrezzature) e nuovi sarebbero ovviamente i clienti. Domanda: può beneficiare del regime agevolato dei cd minimi per i primi 5 anni?

R: L’indagine diretta ad accertare la novità dell’attività da intraprendere deve avere riguardo alle circostanze del caso concreto. L’Agenzia delle Entrate, nella Circolare n. 17/E/2012, par. 2.2.2, ha chiarito che non si ha prosecuzione quando la nuova attività svolta nel medesimo ambito professionale sia diretta ad un bacino di clientela diverso rispetto al precedente e comporti l’utilizzo di beni strumentali diversi (a questo proposito, si possono consultare anche le Circolari nn. 8/E/2001 e 59/E/2001, disponibili presso il Centro di Documentazione Economica e Finanziaria del Ministero delle Finanze all’indirizzo http://def.finanze.it/DocTribFrontend/RS1_HomePage.jsp). E’ opportuno precisare che per bacino di clientela deve intendersi il mercato di riferimento della nuova attività, il quale dovrà essere confrontato con quello della società presso la quale il dipendente lavora. Nel rispetto di queste condizioni e degli altri requisiti previsti dalla norma (età, nessuna attività di impresa, arte o professione esercitata nei tre anni precedenti, etc.) il contribuente potrà accedere al nuovo regime dei minimi.

L’abusività dell’immobile è un elemento estraneo alla revoca dell’attività commerciale

0

La normativa che ha ad oggetto le autorizzazioni per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, di cui alla L n. 287/1991, come integrata dal d. lgs. n. 59/2010, prevede espressamente le ipotesi di revoca, tra le quali non compare quella di abusività edilizia – urbanistica

Il Consiglio di Stato si è pronunciato sulla riforma della sentenza del Tar Campania, che confermava l’ordine di cessazione dell’attività di pubblico esercizio svolta dal ricorrente.
Con provvedimento del Dirigente del Settore Urbanistica – SUAP, il Comune competente ordinava all’odierno appellante la cessazione dell’attività di pubblico esercizio condotta in un locale interessato da opere abusive.
L’ente di cui sopra successivamente revocava anche l’autorizzazione all’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande, basando tale diniego nell’assenza di regolarità edilizia – urbanistica del locale.
Il Tar adito in primo grado respingeva il ricorso, confermando la revoca dell’autorizzazione e motivandola con la condizione di abusività in cui versava il cespite interessato.
L’appellante impugnava tale sentenza, adducendo vizi quali violazione e falsa applicazione della L. n. 287/1991, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 59/2010, violazione della L. n. 241/1990, atteso che l’abusività dell’immobile è un elemento estraneo alla revoca dell’attività commerciale.
Gli interessi edilizi ed urbanistici, infatti, trovano altri rimedi nell’ordinamento giuridico.
Il Collegio adito in secondo grado ha disposto incombenti istruttori al Comune, in merito allo stato della pratica edilizia, la pendenza di eventuali istanze di sanatoria, nonché le decisioni dell’ente in ordine al fabbricato e alla sua compatibilità con l’attività esercitata.
In assenza di adempimenti da parte del Comune degli oneri richiesti dal Collegio, l’appello è stato ritenuto fondato, presa in esame la vicenda locatizia dell’immobile che, dal 1988 ospitava altra attività, e solo dal 2008 l’appellante subentrava nel locale in forza di affitto di ramo d’azienda, con tutte le autorizzazioni, inclusa la vendita di generi di monopolio.
Quindi nel 2011 il Comune contestava all’esercente l’attività di somministrazione tipologia A senza rispettare le norme in materia edilizia – urbanistica, ma la normativa, come conferma il Collegio adito, non menziona l’accertamento dell’abusività edilizia tra i motivi di decadenza o revoca dell’autorizzazione commerciale, soprattutto se tale abusività risale a periodi precedenti alla data del subentro dell’esercente nel locale gravato, di cui pertanto non può che esserne estraneo.
Per tali motivazioni il Consiglio di Stato ha accolto l’appello, riformando la sentenza di primo grado e annullando così il provvedimento di revoca dell’autorizzazione.

Più tutela per gli inquilini con il finanziamento dei fondi per le locazioni

0

Le misure elaborate dal ministro Lupi delineano diversi ambiti.  Ecco quelli relativi al finanziamento dei fondi per le locazioni.

Approvato dal Consiglio dei Ministri il decreto-legge recante “Misure urgenti per il disagio abitativo”. Lo schema di decreto-legge si compone di 13 articoli con lo scopo principale di fornire immediato sostegno economico alle categorie sociali meno abbienti che oggi non riescono più a pagare l’affitto. Prevede un spesa di 1miliardo e 741milioni di euro, distribuiti secondo tre linee di azione: Il sostegno all’affitto a canone concordato, l’ampliamento dell’offerta di alloggi popolari e lo sviluppo dell’edilizia residenziale sociale.

Finanziamento dei fondi destinati alle locazioni. Il decreto legge si prefigge principalmente lo scopo di sostenere economicamente le categorie sociali più disagiate, che non sono in grado di pagare un affitto. Perciò il Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione è stato raddoppiato, ammontando attualmente a 200 milioni (100milioni per il 2014 e 100milioni per il 2015), mentre il Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli, che aveva in dotazione 40 milioni di euro, è stato incrementato di 226 milioni di euro, che saranno aggiunti dal 2014 al 2020. Di fatto è stato reso strutturale.

Riduzione della cedolare secca per contratti a canone concordato. L’aliquota per la cedolare secca, già ridotta con il decreto del fare del governo Letta dal 20% al 15%, è stata ulteriormente ridotta al 10%, per il quadriennio 2014-2017, per chi affitta a canone concordato. In questo modo il contratto a canone concordato dovrebbe diventare più conveniente del canone di libero mercato, che negli ultimi anni ha subito una battuta d’arresto per la crisi del mercato immobiliare. Ne dovrebbe derivare l’effetto di favorire l’immissione sul mercato degli alloggi sfitti. Di tale riduzione potranno usufruire anche cooperative o enti senza scopo di lucro, a patto che le abitazioni siano sublocate a studenti con rinuncia all’aggiornamento del canone di locazione o assegnazione.

Modifiche della disciplina del Fondo per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione. Si stima che 2,5 milioni di famiglie pagano un canone superiore al 40% del proprio reddito. Per alleggerire il carico, la norma indirizza le risorse del Fondo Affitto anche alla costituzione di strumenti comunali, come le Agenzie locali, con funzione di garanzia terza tra proprietario e affittuario sia in caso di mancati pagamenti del canone sia in caso di danni arrecati all’alloggio.

Secondo la norma, inoltre, le procedure previste per gli sfratti per morosità si devono applicare sempre alle locazioni di cui al presente comma, anche per quelle per finita locazione.

Lotta all’occupazione abusiva. A chi occupa abusivamente un immobile sarà impedito sia di chiedere la residenza sia di allacciarsi ai servizi pubblici. La norma intende così ripristinare una legalità non più garantita.

Codice Tributario – il fisco 2014

0

Disponibile dal 15 aprile

Ammesso alla prova scritta per l’esame di commercialista.

La nuova edizione 2014 del “Codice Tributario”, frutto dell’esperienza ultratrentennale de “il fisco”, contiene tutti i principali testi normativi quali il Tuir, le norme in materia di IVA, di IRAP, IMU – TARI – TASI e altri tributi locali, Registro, Bollo e altre imposte indirette, accertamento e riscossione, contenzioso tributario nonché le norme del Codice civile relative al bilancio ed alle società.

La pubblicazione è aggiornata con le novità introdotte dalla Legge di stabilità 2014 (L. 24 dicembre 2013, n. 147) e dai D.L. correttivi ed integrativi pubblicati alla fine del 2013.

L’Osce nel risiko di Putin

0

Mentre il Consiglio di Sicurezza dell’Onu è paralizzato dal veto russo, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) è riuscita almeno a raggiungere un accordo per il dispiegamento di una missione di osservatori in Ucraina – esclusa la Crimea – con il compito di ridurre le tensioni, cercando di raggiungere pace, stabilità e sicurezza.

All’inizio degli anni novanta alcuni conflitti locali di natura secessionistica seguiti al crollo dell’Unione Sovietica furono affidati alle cure della nuova organizzazione paneuropea, nata dalla istituzionalizzazione della Csce.

Quella che dalla fine del 1994 prese il nome di Osce non fu in grado di risolvere alcuno di quei conflitti, per la semplice ragione che Mosca aveva tutto l’interesse a mantenerli aperti e sosteneva le piccole repubbliche separatiste, pur riconoscendo teoricamente il principio dell’integrità territoriale di Moldova, Azerbaigian e (fino allo strappo del 2008) Georgia.

Crimea secessionista
Più che per la conflict resolution, l’Osce si è rivelata uno strumento valido per la conflict prevention. Un successo ormai dimenticato (ma si sa che la cronaca registra gli incidenti avvenuti, non quelli evitati) riguardò proprio la Crimea: nel 1994 la maggioranza russa della penisola fu ad un passo dal distacco dall’Ucraina. Intervenne l’Osce, la presidenza (allora tenuta dall’Italia) mediò fra Kiev e Simferopoli, istituì missioni permanenti nelle due città; la secessione fu disinnescata.

Evidentemente le circostanze erano allora molto più favorevoli di oggi al mantenimento dell’integrità territoriale dell’Ucraina: il regime di Eltsin non era propenso a sfidare l’Occidente, e a Kiev governava una dirigenza che Mosca non aveva ragione di inimicarsi.

La secessione crimeana di questi giorni non è dunque una svolta imprevedibile. La storia è ricca di esempi di regioni che covano a lungo le loro aspirazioni separatistiche, e insorgono quando il potere centrale perde forza o legittimità per effetto di un attacco esterno o una rivoluzione.

L’avvento del nuovo regime a Kiev, avvenuto sotto la spinta della piazza e in modi costituzionalmente discutibili, ma soprattutto alcuni errori commessi in partenza (declassamento della lingua russa, posti ministeriali e altre cariche dati ad esponenti dell’estrema destra) avrebbero comunque offerto lo spunto al parlamento di Simferopoli per proclamare l’indipendenza, anche senza un intervento militare russo (che innegabilmente c’è stato, e va condannato).

Questo intervento, peraltro senza vere operazioni belliche, è servito a dissuadere Kiev dal contemplare un comunque problematico ricorso alle proprie forze armate per soffocare la secessione.

Prevedibile colpo di mano di Putin
La sorpresa per il colpo di mano di Putin è tanto più fuori luogo se si considera che non erano mancati segnali di avvertimento. Basterebbe rileggersi il discorso del febbraio 2007 alla Conferenza sulla Sicurezza (Wehrkunde-Tagung) di Monaco, in cui il presidente russo esplicitava tutti i suoi motivi di risentimento nei confronti della politica estera degli Stati Uniti e della Nato.

È noto, in particolare, che Putin non ha mai digerito l’incoraggiamento dato dagli americani alla “rivoluzione arancione” del 2004, anche se poi superata dal ritorno di Yanukovich al potere; e che l’ingresso dell’Ucraina (e della Georgia) nella Nato, fortemente voluto da Bush, sarebbe stato una sfida per lui intollerabile; lo avevano ben capito tedeschi e francesi, che perciò dissuasero Washington. Ma il segnale più chiaro si è avuto con la breve guerra dell’agosto 2008.

La spedizione punitiva contro la Georgia, il riconoscimento formale dell’indipendenza della Abkhazia e Ossezia Meridionale e lo stanziamento di truppe russe in tali territori hanno chiarito che entro certi limiti Putin è pronto a commettere violazioni del diritto internazionale, che si considera legittimato a farlo da violazioni analoghe o più gravi commesse dagli Stati Uniti e dai loro alleati, e che questi non sono in grado di impedirglielo.

L’argomento più efficace di cui si è avvalso allora, in varie successive occasioni, e in questi giorni, è il precedente costituito dal distacco del Kosovo imposto alla Serbia, contravvenendo non solo al principio di integrità territoriale ma anche ad una fondamentale Risoluzione del CdS del 1999.

Nel tentativo di dissuadere gli americani ed altri occidentali dal riconoscere l’indipendenza del Kosovo, Putin aveva avvertito che una simile mossa poteva ritorcersi contro di loro, facendo chiare allusioni all’Abkhazia (minaccia attuata di lì a poco). La risposta delle nostre diplomazie fu allora alquanto curiosa: “il Kosovo è un caso sui generis”.

Oggi, di fronte alle proteste per l’annessione della Crimea, il presidente russo si avvale di nuovo di quel precedente creato dagli occidentali per relativizzare il diritto dell’Ucraina all’integrità territoriale, e ha buon gioco ad accusare l’Occidente di usare due pesi e due misure.

Controllo Ucraina orientale 
In realtà il vero problema non è più la Crimea. Certo, i governi occidentali devono continuare a protestare per quello che sanno essere un fatto compiuto, irreversibile. Ma al tempo stesso devono concentrare i loro sforzi sulla prevenzione di guai peggiori in altre regioni russofone dell’Ucraina.

Putin, nel salutare il ritorno dell’amata Crimea fra le braccia della Madre Russia, ha assicurato di volere il mantenimento dell’unità dell’Ucraina. Il nostro obiettivo deve essere di consolidare questa linea, evitare slittamenti sull’onda di pronunciamenti dei gruppi russofili più accesi a Donetsk e Kharkiv.

Quelle assicurazioni di Putin sono state accolte da varie parti con scetticismo (e qualcuno ha ricordato, del tutto a sproposito, quelle date da Hitler a Monaco nel ’38). Il test circa le sue vere intenzioni è venuto con la proposta di inviare squadre di osservatori internazionali nelle città dell’Ucraina orientale e meridionale: una missione che era naturale affidare all’Osce.

I monitors, se distribuiti sul territorio in numero sufficiente (alcune centinaia) avrebbero reso difficile l’infiltrazione di militari russi “senza mostrine” e la diffusione di false voci circa “persecuzioni” da parte delle autorità ucraine con cui infiammare la piazza.

Se Putin voleva riservarsi l’opzione di fomentare una rivolta contro-Majdan a Donetsk, Kharkiv e Dnepropetrovsk, per poi “vedersi costretto” a varcare un nuovo Rubicone e ratificare un ulteriore Anschluss, doveva sabotare questo progetto, frapponendo ostacoli, anche solo procedurali, all’adozione del mandato degli osservatori. Per parecchi giorni è parso che gli scettici avessero ragione.

Sembrava ripetersi lo scenario del 2008: dopo la breve guerra di agosto il governo di Tbilisi aveva posto la condizione, inaccettabile per Mosca, che un’unica missione Osce avesse competenza per la Georgia e per l’Ossezia meridionale (per marcare il non riconoscimento dell’indipendenza di quest’ultima, de facto ormai irreversibile). Con il risultato che l’Osce dovette fare le valige (ma c’erano gli osservatori dell’Ue, che certo non sarebbe stato il caso di dispiegare a Donetsk).

Osservatori Osce
Anche in questo caso l’Ucraina insisteva per una formulazione compatibile con l’estensione della competenza alla Crimea, mentre i russi si irrigidivano sulla posizione contraria, alimentando il sospetto di voler affondare la missione addossandone però la colpa a Kiev.

Poi venerdì sera la svolta, immediatamente seguita, sabato, dall’arrivo dei primi “monitors”. La decisione Osce in data 21 marzo accoglie una formula accettabile per l’Ucraina: access throughout Ukraine, cioè sull’intero territorio; ma a controbilanciarla elenca tassativamente le città in cui la missione sarà inizialmente (sino a nuova decisione del Consiglio) dislocata, ivi comprese alcune città nell’Ovest del paese. La “ambiguità costruttiva”, si sa, è uno dei ferri del mestiere dei mediatori.

Considerando il diffuso pessimismo della vigilia, l’aver convinto i russi e gli ucraini ad accettare quella formulazione costituisce un notevole successo per la presidenza svizzera e per il Segretario generale dell’Osce, il diplomatico italiano Lamberto Zannier. Potrebbe essere un freno alla disgregazione dell’Ucraina e allo scivolamento verso una nuova guerra fredda.