3 Ottobre 2024, giovedì
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Sul lavoro la sfida decisiva. Poletti: 2014 a saldo zero tra nuovi occupati e disoccupati

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Il ministro del lavoro Giuliano Poletti ha annunciato ufficialmente un piano straordinario di controlli sull’utilizzo improprio, da parte  delle aziende, di contratti di collaborazione e partite Iva: due strumenti spesso utilizzati per mascherare un vero e proprio rapporto di lavoro dipendente. L’offensiva, che si propone di regolarizzare almeno 19 mila rapporti di lavoro dipendente,  ha una sua logica ben precisa: ora che le aziende possono assumere senza troppi problemi un dipendente per tre anni, quindi sopperire in questo modo a picchi straordinari di attività oppure testare per bene un lavoratore prima di assumerlo, è anche l’ora di finirla di aggirare le norme con contratti fasulli. Giusto. Ma forse c’è anche una ragione politica ben precisa. Il decreto lavoro è appena arrivato in parlamento e già si cominciano a preparare le munizioni per una battaglia che sarà senza esclusione di colpi. L’idea del governo Renzi è quella di semplificare la vita alle imprese. Il punto di partenza sono i numeri: con le regole introdotte dai precedenti governi (riforma Fornero), il numero degli apprendisti è diminuito, invece di aumentare. E anche i contratti a tempo determinato hanno creato alle imprese più problemi che vantaggi.

Poletti, 2014 a saldo zero tra nuovi occupati e disoccupati

Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, spera che il 2014 sia l’anno del saldo zero fra i disoccupati che la crisi ha creato negli scorsi anni per cui quest’anno finiranno gli ammortizzatori sociali e gli occupati che i nuovi “fili verdi” creeranno da qui a fine anno. E’ stato questo uno dei messaggi di fiducia che lo stesso ministro ha voluto lanciare parlando agli studenti all’Università di Verona. “Nel 2014 ci sarà il passaggio alla situazione di disoccupato di persone che hanno perso il lavoro 3 anni fa e che con la fine degli ammortizzatori sociali entreranno statisticamente nella categoria”, ha sottolineato, evidenziando come tuttavia ci siano “fili verdi che crescendo e creando nuovo lavoro fanno sperare che entro fine anno ci possiamo portare a saldo zero. Se succederà, ci troveremo lo zoccolo su cui costruire”, ha aggiunto. Poletti ha spaziato a tutto tondo sui temi del lavoro, dicendosi convinto che il decreto che ha varato il governo Renzi, in attesa della più  ampia riforma della legge delega, “non crei precarietà, ma piuttosto crei opportunità. Chi sta più di 12 mesi in un’azienda, ha spiegato il ministro, ha un tasso di stabilizzazione triplo rispetto a chi ci sta per periodi più brevi: proprio per questo, ha continuato,è  un bene “che un giovane possa stare 36 mesi in un’azienda con un contratto a termine” e poi essere stabilizzato, piuttosto che mantenere la situazione precedente, dove magari “in 36 mesi giravano sei lavoratori sulla stessa posizione”.

Bollette e Mav/Rav si potranno pagare in cartoleria e libreria

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Le bollette, il canone Tv e, a breve, i Mav/Rav si potranno pagare anche nelle cartolerie e librerie, in tutta Italia, sia in contanti sia con carta di credito o di debito, allo stesso costo. Una piccola rivoluzione resa possibile dall’accordo tra Federcartolai e PayTipper Network, che opera per conto di PayTipper spa in qualità di agente nei servizi di pagamento. “Il nostro sistema”, spiega Angelo Grampa, amministratore delegato di PayTipper spa, “è molto semplice e quindi adottabile da ogni esercente. Non richiede alcuna installazione di hardware e software, basta un computer, una connessione adsl e una stampante per potervi accedere e per fruire del servizio”. Per Ugo Margoni, presidente di Federcartolai, l’accordo “permetterà ai nostri associati di riposizionarsi sul mercato con una veste nuova e più attraente. Mantenendo l’offerta dei nostri tradizionali prodotti  avremo maggiori possibilità di aumentare l’afflusso di clientela e di fidelizzarne di nuova, riuscendo ancor meglio a combattere la concorrenza di altre strutture di vendita”.

Ior, Francesco benedice la riforma: l’istituto continerà a esistere

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“Papa Francesco ha approvato una proposta sul futuro dell’Istituto per le Opere Religiose, riaffermando l’importanza della missione dello Ior per il bene della Chiesa Cattolica, della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano”. Lo rende noto la sala stampa della Santa Sede. “Lo Ior”,si legge nel testo diffuso questa mattina, “continuerà a servire con attenzione e a fornire servizi finanziari specializzati alla Chiesa Cattolica in tutto il mondo. I significativi servizi che possono essere offerti dall’Istituto assistono il Santo Padre nella sua missione di pastore universale e supportano inoltre istituzioni e individui che collaborano con lui nel suo ministero”.La nota vaticana spiega che la proposta approvata da Francesco “è stata sviluppata congiuntamente da rappresentanti della Pontificia Commissione Referente sullo Ior, della Pontificia Commissione Referente di Studio e di Indirizzo sull’Organizzazione della Struttura Economico-Amministrativa della Santa Sede, della Commissione Cardinalizia dello Ior e del Consiglio di Sovrintendenza dello Ior”. A presentarla al Papa è stato il nuovo “superministro” dell’Economia, cioè il  prefetto della Segreteria per l’Economia, cardinale George Pell, che ha preso possesso del suo ufficio appena la scorsa settimana, “con il consenso”, precisa il comunicato,del cardinale Santos Abril y Castello, presidente della Commissione Cardinalizia dello Ior”. “La proposta è stata definita sulla base di informazioni sullo status legale dello Ior e sull’operativita’ svolta, informazioni raccolte e presentate al Santo Padre e al suo Consiglio di Cardinali dalla Commissione referente sullo Ior, presieduta dal cardinale Raffaele Farina, nel febbraio 2014”.

Hogan (Etihad): non concluse le trattative per Alitalia

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Le trattative tra Alitalia ed Etihad per un possibile investimento della compagnia degli Emirati nel vettore italiano sono ancora in fase di ‘due diligence’ e non sono quindi concluse. Lo ha dichiarato l’ad di Etihad, James Hogan, a una conferenza ad Abu Dhabi.  “Siamo in fase di due diligence al momento”, ha spiegato Hogan, “il mandato che abbiamo ricevuto dagli azionisti è che, se riusciamo a raggiungere un accordo che rispetta il mandato commerciale, torneremo e lo presenteremo al consiglio di amministrazione: questo è lo stato nel quale siamo al momento”. Hogan ha, allo stesso tempo, comunicato l’imminente conclusione dell’aumento della quota in Air Berlin che, secondo la stampa tedesca, dovrebbe salire dall’attuale 30% al 49,9%.

Sospetta evasione, anche il fisco tedesco indaga sulle banche (tra cui Hypo)

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Banche nel mirino anche del fisco tedesco.
Secondo la Süddeutsche Zeitung, attualmente sarebbero in corso oltre 50 procedimenti d’indagine a carico di diverse banche e fondi d’investimento che, attraverso dubbie operazioni sul mercato azionario, si sospetta abbiano frodato lo stato per diversi miliardi di euro. Tra gli istituti coinvolti, secondo il quotidiano di Monaco di Baviera, ci sono Hypo-Vereinsbank, controllata da Unicredit, e la Lbbw.

Gioco online in battuta d’arresto

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Il vento della crisi soffia sul gioco online, che vive la prima, sostanziosa fase di contrazione. È la fotografia scattata da una ricerca dell’Osservatorio Gioco Online del Politecnico di Milano, i cui risultati, che ItaliaOggi Sette pubblica in anteprima, saranno resi noti martedì 8 aprile, nel corso di una conferenza in programma a Milano. In un contesto di crisi economica i giochi non fanno eccezione: la spesa degli utenti online è calata, tra il 2012 e il 2013, da 749 a 725 milioni di euro (-3%), portando in rosso anche i conti dello Stato, i cui introiti sono scesi da 182 a 165 milioni (-9%). I margini sempre più ristretti e il minor giro d’affari stanno poi selezionando il numero di concessionari, che hanno scelto di non rinnovare la licenza, di stringere accordi con altri operatori oppure di cessare l’attività: erano 274 nel 2011, ora sono scesi a 121. E anche il numero (calante) di giocatori indica lo stato di difficoltà nel mercato: gli utenti attivi ogni mese diminuiscono del 9% e passano da 734 mila a 670 mila. Si gioca meno e, inoltre, si tende a non esagerare: le giocate medie mensili sono inferiori ai 50 euro per due giocatori su tre, mentre quattro utenti su dieci spendono meno di 25 euro.

Illegittimo il licenziamento disciplinare se il CCNL prevede una sanzione conservativa

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La Corte di cassazione, con la recente sentenza del 18 marzo 2014, n. 6222 , ha, così, dato applicazione alle nuove norme contenute all’art. 18, comma 4, della legge n. 300/1970, nel testo novellato dalla cd. Riforma Fornero.

Queste prevedono, conviene rammentarlo, che nelle fattispecie in cui venga ad essere accertata la carenza degli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa del licenziamento individuale addotti dal datore di lavoro per l’insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa ai sensi delle norme del CCNL applicabile ovvero dei regolamenti aziendali, il giudice dovrà disporre l’annullamento del licenziamento e la condanna del datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore, oltre che al pagamento di un’indennità risarcitoria e dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti.

La vicenda decisa dalla Corte con la pronuncia in esame aveva preso le sue mosse dal licenziamento disciplinare intimato, dopo una sospensione cautelare, nei confronti di un lavoratore per l’uso improprio di strumenti di lavoro e in particolare del personalecomputer, delle reti informatiche aziendali e della casella di posta elettronica.

Sia il giudice di prime cure che la Corte d’appello avevano ritenuto illegittimo il licenziamento, rilevando che il fatto contestato corrispondeva ad una fattispecie disciplinare prevista dal contratto collettivo applicabile, per il quale è stabilita solo unasanzione conservativa per l’infrazione consistente nell’utilizzazione “in modo improprio di strumenti di lavoro aziendali”. In relazione alla valutazione operata dalle parti stipulanti tale contratto collettivo, secondo cui il comportamento rientrante nella tipizzazione da esse effettuata non è di gravità tale da giustificare il licenziamento, il datore di lavoro non avrebbe potuto irrogare una sanzione disciplinare più grave di quella “pattizia”.
La Suprema Corte, investita dalla società soccombente del ricorso per la cassazione della sentenza dei giudici del gravame, lo ritiene non fondato e conferma la pronuncia di merito.
La ricorrente, in particolare, aveva ravvisato vizio di motivazione nella sentenza impugnata laddove questa aveva ritenuto la coincidenza integrale tra la fattispecie disciplinare prevista dal contratto collettivo, secondo cui incorre nei provvedimenti dell’ammonizione scritta, della multa o della sospensione il lavoratore che “utilizzi in modo improprio strumenti di lavoro aziendali” (accesso a strumenti di comunicazione, strumenti di duplicazione ecc.), con il comportamento in concreto contestato al lavoratore e posto a base del licenziamento senza preavviso.

Infatti, afferma nel ricorso la Società datrice di lavoro, nella lettera di contestazione degli addebiti si registrava, tra gli illeciti imputati al lavoratore, l’esistenza nel computer affidatogli di programmi coperti da copyright non forniti dall’azienda e non necessari per lo svolgimento delle mansioni assegnategli, l’installazione nello stesso computer di softwarenon forniti dall’azienda e parimenti non necessari, l’avvenuta utilizzazione per innumerevoli volte durante l’orario lavorativo della casella di posta elettronica di dominio aziendale per scopi personali non giustificati, “eludendo le chiare informative e molteplici preavvisi effettuati dall’azienda”, con ciò, in sostanza, imputando al lavoratore anche la violazione del dovere di obbedienza di cui all’art. 2104, cod.civ., nonché la riscontrata presenza nello stesso computer di materiale di carattere pornografico.
La ricorrente segnala ai giudici di legittimità che, nella medesima lettera di contestazione, era stato indicato al lavoratore che l’utilizzo di programmi coperti da copyright comportava la violazione dell’art. 64 della legge n. 633/1941, con conseguente esposizione del datore di lavoro ai relativi profili di responsabilità. Insomma, la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto di tali ulteriori e gravi elementi, limitandosi ad affermare che il comportamento contestato riguardava solo la fattispecie della utilizzazione in modo improprio di strumenti di lavoro aziendali.
Le argomentazioni poste dalla Suprema Corte a fondamento della propria decisione attengono essenzialmente alla insufficienza delle allegazioni della società ricorrente ai fini della dimostrazione che, contrariamente a quanto affermato dal giudice di appello, l’addebito mosso al dipendente riguardi infrazioni disciplinari autonome e diverse rispetto alla fattispecie contemplata dal contratto collettivo di uso improprio di strumenti aziendali.

Inoltre, la circostanza secondo cui la società avesse emanato disposizioni in ordine all’uso del computer aziendale, non prospetta, secondo la Corte, una violazione di distinti obblighi contrattuali, “rilevando solo ai fini della valutazione della gravità dell’inadempimento“.
Da altro passaggio della motivazione della sentenza in esame emergono, poi, alcuni palesi difetti nella fase di contestazione degli illeciti da parte della società datrice di lavoro, in quanto, da un lato, “la rilevata presenza di materiale pornografico”, di cui si fa menzione nel ricorso, non corrisponde, però, ad una specifica contestazione di addebito e, dall’altro, la contestazione di abuso di programmi coperti da copyright non è completata dalla indicazione di eventuali limiti posti alla utilizzazione dei programmi stessi, con conseguenti profili di responsabilità per l’azienda.
La sentenza della Suprema Corte che qui si commenta sembra doversi condividere, alla luce del quadro normativo in vigore che, per contro, presenta ombre e seri profili di illogicità. I giudici di legittimità, insomma, in presenza di una decisione di merito ineccepibile nella ricostruzione dei fatti di causa, non possono che rigettare il ricorso per cassazione, ma non si esimono dal rilevare, quasi a titolo di monito, che una più rigorosa costruzione del percorso disciplinare, in particolare, in sede di contestazione degli addebiti e quindi in sede dimotivazione del provvedimento espulsivo, avrebbe condotto ad esiti opposti.

Quale futuro per le reti di impresa?

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Il fenomeno delle reti di impresa in Italia cresce da tre anni a ritmo sostenuto. Osservando i dati della sintesi di Unioncamere sulla diffusione delle reti, da dicembre 2012 a dicembre 2013, vale a dire nell’arco di un anno, si vede che il numero di contratti stipulati è raddoppiato passando dai 647 del dicembre 2012 ai 1298 dello scorso dicembre. Quasi il doppio anche le imprese coinvolte che, a fine 2013, arrivano ad essere quasi seimilacinquecento. È sufficiente aprire un quotidiano o dare un’occhiata alle notizie sul Web per notare il crescente sostegno che anche le istituzioni danno (almeno in teoria) a questo tipo di aggregazione. Ormai è opinione diffusa che le reti possano essere il veicolo di uscita da una crisi economica che già da diversi anni mette in difficoltà le micro e le PMI italiane: è vero che l’unione fa la forza, e nel caso delle reti di imprese questa si trasforma in opportunità concrete per le imprese. Suddivisione del rischio, più capacità di credito, minori costi, possibilità di fare “massa critica” per un maggiore impatto sul mercato, grazie alle aumentate dimensioni  raggiunte in rete, e un concreto aiuto all’innovazione delle singole imprese, derivante dallo scambio di competenze e know-how tra i partner; il tutto con il non trascurabile effetto collaterale di un panorama di relazioni che si fa sempre più ampio e articolato.

Nonostante esistano dunque una serie di valide ragioni per considerare di mettersi in rete, si riscontra nella realtà ancora una certa resistenza ad usufruire di questo strumento nel momento in cui viene proposto. I dubbi più radicati rimandano al timore di perdere parte del potere gestionale sulla propria azienda e alla difficoltà di condividere quelle conoscenze maturate nel tempo e quelle logiche sulle scelte di mercato che fino a prima rimanevano riservate entro i confini aziendali. È il segno di una cultura imprenditoriale fortemente individualista profondamente radicata nel tessuto economico italiano: ma se in questa prospettiva i timori possono essere comprensibili, ciò che stupisce è ritrovarli anche nel comportamento di imprenditori che hanno già compiuto il passo di mettersi in rete e che quindi dovrebbero già essere pronti a compiere un passo in avanti nello sviluppo di un nuovo sistema di business.

Nell’ambito di una ricerca che si occupava proprio di reti e della loro gestione, alla quale hanno partecipato una quarantina di aziende venete, è emerso che in alcuni casi la realizzazione dei progetti di rete è ostacolata o impedita proprio dalla reticenza di alcuni partner nel farsi coinvolgere appieno nel contesto di condivisione del network. Gli atteggiamenti indicati come deleteri sono di imprese che tendono a “coltivare il proprio orticello”, che sono poco chiare nei loro obiettivi, non disposte a collaborare o che mostrano uno scarso interesse nel business comune. Il problema, al di là dell’evidente ostacolo pratico alla concretizzazione degli obiettivi di rete, è la conseguenza sul sistema di relazioni interne al network, che si basa essenzialmente sulla fiducia e sull’assunto che tutti i soci si impegnano a dare il loro apporto alla causa.

Come superare dunque questo potenziale ostacolo? La chiave sta nello sviluppo di quella cultura di rete che ancora manca a molte imprese del nostro Paese, e che vede il sistema aggregativo come un’occasione di crescita dei singoli, e non di rinuncia all’autonomia, e come un contesto nel quale occorre entrare con uno spirito di collaborazione e condivisione, accantonando l’idea di “offrire il fianco” ai competitors, da vedere ormai come partner e non più concorrenti. Da ultimo, ma tra le prime cose da considerare per il futuro successo del sistema di rete, l’idea che sia necessaria anche una corretta, decisa e competente gestione. C’è bisogno di una maggiore attenzione a questo aspetto, spesso sottovalutato nell’entusiasmo iniziale di avviare i progetti di rete, ma che può rivelarsi determinante per la vita a lungo termine dell’insieme di imprese. Sia essa in carica a uno dei partner, all’assemblea dei soci o a un manager di rete esterno, le parole d’ordine devono essere equità, trasparenza e coinvolgimento: equità nei rapporti con i partner, trasparenza nella condivisione di obiettivi, riflessioni e processi decisionali, coinvolgimento dei partner a tutti i livelli. Una volta stabiliti questi presupposti, e superata la barriera di reticenza per entrare in un’ottica di cooperazione, ben poco potrà opporsi allo positivo del percorso di rete.

Il ministero dell’Interno spiega indennità di carica e di fine mandato

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Le elezioni comunali sono alle porte; a fronte di amministratori uscenti ed altri che saranno neo-eletti, pare utile rammentare alcune recenti precisazioni del ministero dell’Interno relative ai trattamenti economici spettanti in due diverse fattispecie e proiettarle alle novità degli ultimi giorni.

Indennità di funzione. Il primo parere, del 17 febbraio 2014, esamina la spettanza dell’indennità di funzione al vice sindaco nei comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti e parte dal presupposto (ora, superato) della soppressione della giunta (art. 16, comma 17, d.l. 138/2001, convertito in legge 148/2011).

Infatti, è, subito, necessario tener presente che, per questi piccoli enti, la giunta è stata reintrodotta (con, al massimo, due componenti) dal comma 135 dell’art. 1 della c.d. legge “Delrio” (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), definitivamente licenziata dalla Camera nella seduta del 3 aprile scorso (AC 1542-B, ad invarianza del testo approvato dal Senato il 26 marzo), in corso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e che sarà applicabile già dagli esiti del turno elettorale del 25 maggio prossimo.

Nella situazione che si prefigurava il ministero ribadisce precedenti istruzioni in base alle quali:

–         per le sole, essenziali ed indefettibili funzioni sostitutive, in casa di vacanza dell’organo di vertice (sindaco) e per la corrispondente durata, secondo quanto previsto dall’art. 53 del Tuel, la designazione del vice sindaco doveva avvenire tra i consiglieri eletti;

–         per detto incarico non spettava alcuna indennità in quanto, in generale, non applicabili ai consiglieri degli enti con popolazione fino a 1.000 abitanti, i riconoscimenti economici dell’art. 82 del Tuel (indennità di carica e gettoni di presenza).

La situazione attuale, normativamente appena modificata, lascia sicuramente delle incertezze.

A livello dell’assetto degli organi, è possibile ritenere che, con la reviviscenza della giunta, i futuri sindaci procederanno anche alla nomina del vice sindaco, tra i suoi componenti, secondo il disposto dell’art. 46, comma 2, del Tuel.

Indennità di carica. Sulla spettanza, invece, dell’indennità di carica, è difficile pronunciarsi.

Da un lato, si deve considerare che la predetta gratuità della funzione resta vigente per le previsioni dell’art. 16, comma 18, del Dl 138/2011 (né abrogato, né modificato); norma che, però, fa espresso riferimento ai consiglieri.

Quello che occorrerà attendere (per assessori e vice sindaco) sono le preannunciate istruzioni ministeriali che dovranno chiarire le modalità applicative del “criptico” comma 136 (art. 1) della legge “Delrio” in base al quale: “I comuni interessati dalla disposizione di cui al comma 135 provvedono, prima di applicarla, a rideterminare con propri atti gli oneri connessi con le attività in materia di status degli amministratori locali di cui al titolo III, capo IV, della parte prima del testo unico, al fine di assicurare l’invarianza della relativa spesa in rapporto alla legislazione vigente, previa specifica attestazione del collegio dei revisori dei conti”.

Lo testimonia il dossier dei lavori parlamentari (Servizio studi – dipartimento istituzioni) che, relativamente alla discussione ed attività istruttoria svoltasi in Commissione (in sede referente), riporta: “(…) sono state altresì richieste delucidazioni in ordine alle modalità per assicurare l’invarianza di spesa prevista (…). Il rappresentante del Governo ha chiarito che la disposizione del comma 135 sul nuovo numero dei consiglieri comunali risulta immediatamente applicabile, indipendentemente dall’approvazione della delibera. A tal fine sarà emanata una circolare del Ministero dell’Interno che chiarirà che le indennità a favore dei consiglieri saranno proporzionalmente ridotte al fine di garantire che, a fronte dell’aumento del numero dei consiglieri stessi, non ci saranno oneri aggiuntivi per i comuni”. E, sull’aumento del numero di assessori: “Il rappresentante del Governo ha infine precisato che la disposizione sull’aumento del numero massimo di assessori nei comuni fino a 10.000 abitanti è immediatamente applicabile, indipendentemente dalla data di svolgimento delle elezioni, ferma restando la necessità di assicurare l’invarianza finanziaria”. Quindi, pare, una possibilità riaperta anche per i comuni che non vanno alle elezioni il prossimo 25 maggio ed attualmente privi della giunta.

Allora, si vuole sperare che la circolare esaminerà e disporrà in modo esaustivo, a ricomprendere tutte le fattispecie che restano “sospese”.

Indennità di fine mandato. Il secondo parere, del 25 marzo 2014, è relativo alla definizione delle somme dovute ai sindaci uscenti a titolo di indennità di fine mandato, con particolare riguardo all’ipotesi in cui ai destinatari sia riconosciuta un’indennità di carica, determinata dall’amministrazione, in misura inferiore rispetto ai valori tabellari previsti dal Dm 119/2000.

Il ministero (contrariamente a quanto asserito dall’Anci, in alcuni pareri) chiarisce che l’indennità di fine mandato deve essere commisurata all’indennità effettivamente corrisposta (e non agli importi previsti nel citato decreto), calcolata – come previsto dall’art. 10 del Dm 119/2000 – per ogni anno di mandato e proporzionalmente ridotta per le frazioni d’anno.

Ciò in quanto, dal dato testuale dell’art. 82, comma 8, lett. f), del Tuel, è possibile evincere che essa costituisce un’integrazione dell’indennità di funzione prevista in favore del sindaco alla fine dell’incarico amministrativo.

Questo è anche quanto definito dal Consiglio di Stato, con il parere espresso nell’adunanza della prima sezione del 19 ottobre 2005.

Come annotazione conclusiva, si osserva che per tutti gli enti con popolazione sino a 10mila abitanti, destinatari della modifica “in corsa”, l’intera partita dello status degli amministratori locali (titolo III, capo IV, del Tuel) resta in attesa dei chiarimenti ministeriali sul citato comma 136, a garantire l’invarianza finanziaria.

Acido folico si, ma non esageriamo

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L’acido folico, così chiamato perché lo si rinviene anche nei vegetali a foglia, è un importante vitamina di cui abbisogniamo. Esso viene inoltre indicato con i termini di folacina o acido pteroil(mono) glutammico o vitamina M o vitamina B9. Di per se non agisce direttamente nel nostro organismo ma è precursore di una molecola attiva, ossia il tetraidrofolato.
È una vitamina idrosolubile, ossia solubile in acqua, indispensabile per la costruzione e riparazione del DNA, il nostro programma genetico, oltre che di altre importanti reazioni biochimiche necessarie alla formazione delle nostre cellule. E’ importante ad esempio nellaproduzione di globuli rossi e quindi nella prevenzione di anemie.
È dimostrato che l’acido folico contrasta le malformazioni neonatali, e in particolare quelle a carico del sistema nervoso centrale come le disfunzioni del tubo neurale (DTN) ed altri tipi di malformazioni del cranio e del cuore. Le DTN sono un gruppo di malformazioni congenite causate da anomalie dello sviluppo embrionale che si verificano generalmente entro un mese dal concepimento. Sono dovute a difetti di chiusura del sistema nervoso centrale e delle strutture a esso strettamente connesse (cute, ossa, meningi). La sintomatologia conseguente è piuttosto severa e può comprendere paralisi degli arti inferiori, incontinenza vescicale, ritardo psicomotorio e alcune deformità scheletriche. Ecco perché nelle donne in gravidanza viene raccomandata l’assunzione di 400 mcg (microgrammi ossia 0,4 mg) al giorno di acido folico per prevenire l’insorgenza di malformazioni fetali. La prevenzione prevede l’assunzione di acido folico un mese prima e fino tre mesi o più dopo il concepimento. Per la restante popolazione la dose giornaliera consigliata (RDA) oscilla da 50 a 200 mcg a seconda che si tratti di anziani, maschi adulti, bambini o adolescenti.
Talvolta queste dosi raccomandate non vengono raggiunte per una non corretta abitudine all’assunzione di vegetali, oppure per l’assunzione di cibi conservati o per i metodi di cottura.
Alimenti ricchi di folati sono gli asparagi, broccoli, carciofi, cavolini di Bruxelles, cavolfiori, cereali da colazione ( 300-100 mcg/100g). Buon apporto viene dato anche da agrumi (arance, clementine, mandarini), legumi, kiwi, indivia, lattuga, frutta secca, pane e pasta integrali, rucola, pomodorini ciliegino, spinaci (99-30 mcg/100g).  Tra gli alimenti di origine animale le uova hanno buoni contenuti in folati (50 mcg/100g).
Attenzione però, nonostante il rischio di tossicità dovuta ad un eccesso di acido folico sia difficilmente raggiungibile, è comunque opportuno considerare che potrebbero verificarsi effetti collaterali con un uso esagerato di tale vitamina.
Fatta eccezione per alcune gestanti particolarmente a rischio di carenze di acido folico, negli adulti in salute, un’assunzione di vitamina B9 superiore a 400-1000 mcg/die potrebbe provocare varie patologie. Dosi molto elevate di acido folico sembra possano generare gravi effetti collaterali a livello del sistema nervoso centrale ed in pazienti epilettici si può avere un’accentuazione dei sintomi delle crisi convulsive. Inoltre in seguito ad un’esagerata integrazione di questa vitamina, da parte della madre durante la gravidanza, nei bambini è stata registrata una maggior incidenza di asma e respiro sibilante già durante l’età neonatale ed infantile.
Quindi bene il suo utilizzo tramite gli alimenti, o eventuali integrazioni su indicazioni del medico, ma attenzione ad un uso indiscriminato con dosi eccessive come talvolta erroneamente pubblicizzato.