3 Ottobre 2024, giovedì
Home Blog Page 1941

Scandalo rimborsi, si dimette ministro britannico

0

Il ministro della Cultura britannico, Maria Miller costretta a dimettersi a seguito dello scandalo rimborsi. Le dimissioni arrivano dopo giorni di pressioni politiche trasversali e di attacchi sui media e dall’opinione pubblica. Per arginare le polemiche, la settimana scorsa aveva presentato scuse al Parlamento, in appena 32 secondi, per aver fornito informazioni limitate nell’ambito dell’inchiesta su un mutuo sulla seconda casa a Wimbledon acquistata negli anni ’90. La Miller era stata prosciolta da una prima accusa di aver chiesto rimborsi per spese sostenute dai suoi genitori, ma un’indagine indipendente le aveva ordinato di restituire 45mila sterline, quasi 55mila euro, per un mutuo gonfiato, poi ridotte drasticamente a 5.800 sterline da una commissione parlamentare. Ma le scuse non sono bastate, anzi sono state giudicate arroganti, e la Miller ha presentato le sue dimissioni al premier David Cameron che, seppur  “dispiaciuto”, le ha accettate, nominando al suo posto Sajid Javid, gia’ sottosegretario al Tesoro.

Luttwak: non c’è alternativa al licenziare i dipendenti pubblici

0

«La via d’uscita per rispondere a una disoccupazione giovanile a livelli tragici è licenziare i dipendenti pubblici che svolgono mansioni improduttive e tagliare le tasse. Se i sindacati vogliono bloccare l’unica via di salvezza per la Repubblica Italiana, lo Stato ha il dovere di combatterli». Parole di Edward Luttwak, economista, politologo e scrittore americano, proprio quando, grazie al Def, si torna a parlare di spending review, con Carlo Cottarelli che aveva fatto intendere di aver predisposto «ipotesi concrete di revisione della struttura dello Stato», con esuberi di dipendenti pubblici che, secondo una stima preliminare, sarebbero pari a 85mila entro il 2016. 
Domanda. Professor Luttwak, può essere questa la strada per risanare la nostra economia? 
Risposta. Per comprenderlo, dobbiamo guardare all’esempio britannico. Il governo di Cameron ha trovato l’unica via d’uscita dalla crisi che affligge i paesi europei. Ha licenziato 490 mila dipendenti pubblici, impiegati nell’apparato burocratico e amministrativo, senza mandare a casa un solo poliziotto, insegnante o infermiera. Invece di aumentare la disoccupazione, siccome questo provvedimento è stato immediatamente usato per tagliare le tasse sul consumo e sui redditi, ha favorito la creazione di nuovi posti di lavoro. Ciò ha attratto persone di altri paesi Ue in cerca di lavoro, soprattutto per le mansioni più qualificate, e ha aumentato i consumi. 
D. Quali sono state le conseguenze per l’occupazione? 
R. In questo modo Cameron ha creato 1,5 milioni di posti di lavoro, facendo scendere la disoccupazione al di sotto del 7%. In particolare, è stata rilanciata l’occupazione giovanile, tanto è vero che Londra è piena di neolaureati italiani che puliscono i bagni. Il paradosso è che i giovani italiani si rifiutano di fare i camerieri nel loro Paese, ma una volta all’estero accettano qualsiasi offerta di lavoro. 
D. Ma non esistono altre soluzioni meno «lacrime e sangue»? 
R. Quella adottata da Cameron è l’unica ricetta possibile per rilanciare l’economia. Occorre licenziare un grande numero di dipendenti pubblici, tagliare immediatamente le tasse e sostenere i consumi. In questo modo gli ex lavoratori nell’amministrazione che prima erano improduttivi possono essere «riciclati» in occupazioni produttive. Nei bar e nei ristoranti molte mansioni sono svolte da extracomunitari, ma gli italiani in questi ruoli sarebbero ancora più adeguati se non si rifiutassero di accettare queste offerte. Una volta espulsi dal settore pubblico improduttivo non potranno più rifiutare e si metteranno a lavorare. Il lavoro è in se stesso una virtù, mentre fare finta di lavorare, come avviene in tanti uffici pubblici, rappresenta un vizio. 
D. Davvero Renzi avrà il coraggio di tagliare 85mila posti di lavoro nello Stato entro il 2016 come ipotizzato da Cottarelli? 
R. Questo non lo so, ma non esiste altra soluzione. Quando un Paese ha accumulato 2 mila miliardi di debito pubblico, non ci si può indebitare ancora di più. E quando un Paese non stampa la sua moneta non può nascondere tutto con l’inflazione. Le alternative quindi sono solo due: rimanere paralizzati con questi livelli di disoccupazione oppure rilanciare l’intera economia tagliando le tasse. Per farlo occorre licenziare un gran numero di dipendenti del settore amministrativo, politico e burocratico. 
D. La legge italiana consente di licenziare i dipendenti pubblici? 
R. Se è necessario, andrà cambiata la legge o persino la Costituzione, ma non esiste altra via d’uscita. Bisogna rilanciare l’economia e non si può farlo senza tagliare le tasse. L’unico modo per farlo consiste nel tagliare la spesa pubblica, cioè licenziare la massa impiegatizia inutile che in Italia è composta perlomeno da 700 mila dipendenti. Nell’era della tecnologia, tutti i tribunali italiani usano ancora la carta, mentre dovrebbero essere già digitalizzati. 
D. I sindacati italiani saliranno sulle barricate…
R. Nel Regno Unito sono saliti sulle barricate e hanno organizzato un’enorme manifestazione a Trafalgar Square. Il capo della Polizia di Londra ha detto ai suoi uomini che quando alle 17 sarebbe uscito dal suo ufficio, non voleva trovare un solo manifestante nella piazza, e così è stato. Per rispondere ai sindacati va quindi usato il numero di poliziotti e il livello di forza che sono necessari. Se i sindacati vogliono bloccare l’unica via di salvezza per la Repubblica Italiana, lo Stato deve combattere i sindacati. 

Emergenza sbarchi, Alfano: 4mila in 48 ore

0

Dal vertice sull’immigrazione svoltosi nella tarda serata di ieri al Viminale e da un incontro di stamattina con il capo della polizia Pansa è emerso che l’emergenza si fa sempre più grave e che non c’è uno stop agli sbarchi”. Le parole pronunciate poco fa dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ai microfoni del Giornale radio Rai, fanno capire chiaramente che presto l’Italia potrebbe trovarsi di nuovo sul fronte caldo della  crisi migratoria dal nord Africa. “In questo momento ci sono due navi mercantili che soccorrono una 300 e l’altra 361 persone, navi commerciali da noi allertate che stanno dando una mano di aiuto, ed è certo che almeno in un caso vi è un cadavere a bordo; le Capitanerie di porto sono impegnate con numerose unità nel soccorso di altre centinaia di persone e lo stesso vale per la Marina. E’ una situazione davvero molto, molto grave con un bilancio di circa 4mila soccorsi in mare, circa 4mila sbarchi nelle ultime 48 ore”, ha aggiunto Alfano che nei giorni scorsi aveva lanciato l’allarme, parlando di un gran numero di migranti, fino a 600mila,  pronti a partire dalle coste nordafricane verso l’Italia. Ordine di grandezza ribadito questa mattina al Giornale radio, un ordine “approssimato per difetto e non per eccesso perché la situazione in Libia è tale da farci conoscere attraverso le nostre fonti informative che vi è una quantità tale di stranieri che non sono certo lì per turismo”. Alfano nel corso dell’intervista ha ricordato che l’Italia sta facendo “un’azione di soccorso che ci rende campioni del mondo di soccorso in mare perché abbiamo salvato, con l’operazione Mare nostrum, più di 10mila vite da ottobre a oggi; ma in questo momento c’e’ un traffico di esseri umani garantito da mercanti di morte che lucrano su questi morti e anche sul nostro soccorso che rende più breve il tragitto per le loro carrette del mare. Noi però abbiamo il dovere del soccorso, non è accettabile la tesi di chi evidentemente ritiene che 15mila morti in mare sono meglio di 15mila vivi soccorsi”. Dunque la situazione potrebbe presto degenerare. “Dall’inizio dell’anno siamo ad oltre 15mila arrivati per mare e la situazione vede l’Italia sostanzialmente sotto una pressione migratoria fortissima”, ha detto il ministro dell’Interno, “il tema è grave e va preso in carico dall’Europa: la frontiera del Mediterraneo è una frontiera europea e l’Europa non può credere che, dando 80 milioni di euro l’anno all’agenzia Frontex, che dovrebbe tutelare questa frontiera, ha risolto il problema”.

Catasto, dati online

0

Mappe catastali acquistabili online. Gli utenti abbonati alla piattaforma web «Sister» non dovranno più recarsi presso gli uffici. Le mappe, eccezion fatta per Trento e Bolzano, saranno disponibili per via telematica. Lo ha reso noto l’Agenzia delle entrate che, con un comunicato pubblicato ieri sul sito, ha evidenziato che «la procedura avrà gli stessi costi delle riproduzioni in formato digitale presso gli uffici». Oltre ad acquistare le mappe catastali, sarà possibile anche consultare le banche dati per effettuare visure, ricerche catastali e ispezioni ipotecarie. Il sistema, inoltre, potrà essere utilizzato anche per effettuare aggiornamenti delle banche dati catastali e di pubblicità immobiliare. Le Entrate hanno, inoltre, specificato che «per coloro che ancora non sono abbonati, la procedura di iscrizione a «Sister» potrà essere effettuata direttamente in via telematica con firma digitale al costo di  200 euro a titolo di rimborso spese e 30 euro per ogni password di accesso richiesta». 

L’obbligo assunto dall’azienda con le O.S. può risolversi per impossibilità sopravvenuta

0

Con accordo sindacale concluso nell’ambito delle consultazioni relative ad un trasferimento di ramo d’azienda, le parti collettive hanno concordato, ai sensi dell’art. 47 della l. n. 428/1990 (nella formulazione in vigore all’epoca dei fatti) e in deroga all’art. 2112 cod. civ., il passaggio solo parziale, in capo al cessionario, del personale adibito al ramo d’azienda ceduto, con individuazione nominativa dei dipendenti interessati. Nell’ambito del suddetto accordo, il cessionario si è impegnato ad assumere ulteriori lavoratori, tra quelli inizialmente rimasti in forza presso il cedente (nel frattempo sospesi in CIGS), ad una serie di scadenze prefissate.
La negativa congiuntura economico finanziaria globale, a partire dal 2008, ha costretto il cessionario del ramo d’azienda a rivedere i propri progetti industriali. La situazione è sfociata in una pesante crisi aziendale che, negli anni a seguire, ha portato la società a cessare completamente la propria attività e cadere, infine, nell’ambito di una procedura concorsuale. 
D’altro canto, l’irrompere della crisi ha impedito al cessionario di rispettare l’obbligo di assunzione a cui si era impegnato con l’accordo sindacale di cui sopra e tale impossibilità è stata manifestata espressamente, con una lettera inviata alle OO.SS. sottoscrittrici dell’accordo. 
Le OO.SS. hanno inizialmente rinunciato a lamentare l’inadempimento dell’accordo de quo; anzi, hanno concluso con il cessionario nuovi accordi sindacali aziendali per il ricorso agli ammortizzatori sociali.
Dopo oltre un anno dalla scadenza dei termini previsti nell’accordo sindacale di cui sopra per l’adempimento dell’obbligo di assunzione, le OO.SS. hanno avviato nei confronti del cessionario un procedimento ex art. 28 St. Lav. di repressione della condotta antisindacale. Il ricorso è stato rigettato dal Tribunale di Brescia perché privo di attualità.
A questo punto, alcuni dei lavoratori a suo tempo rimasti in forza presso il cedente del ramo d’azienda, con ricorso congiunto, hanno instaurato una azione collettiva ai danni del cessionario, chiedendo l’adempimento dell’accordo sindacale originariamente concluso e, pertanto, la loro assunzione da parte del cessionario ovvero un risarcimento del danno quantificato in 48 mensilità per ciascun ricorrente.
Il Tribunale di Brescia ha rigettato anche il ricorso dei lavoratori, ritenendolo nullo. Nello specifico, il Tribunale ha affermato che, nel proprio ricorso, i lavoratori non hanno spiegato a che titolo sarebbero legittimati a rivendicare l’adempimento di un obbligo assunto dall’azienda nei soli confronti delle OO.SS.. La sentenza di primo grado è stata, quindi, impugnata dai lavoratori.
La Corte d’Appello di Brescia, con la sentenza in commento (Corte Appello di Brescia, sentenza 6 marzo – 8 aprile 2014), ha segnato una nuova puntata di questa saga infinita. 
Diversamente dal Tribunale, la Corte ha ritenuto che i lavoratori sono singolarmente legittimati ad agire in giudizio contro l’azienda per far valere l’obbligo di assunzione, assunto da quest’ultima nei confronti delle OO.SS., ma evidentemente nell’interesse dei singoli lavoratori, avendo la natura sostanziale di un contratto a favore di terzo. In particolare, la Corte ha giudicato che “l’accordo sindacale, sebbene sottoscritto soltanto dalle OO.SS., esplica i suoi effetti anche nei confronti dei singoli lavoratori, rappresentati dalla OO.SS. e che manifestino, espressamente o anche implicitamente, la volontà di aderire allo stesso”. Inoltre, “l’accordo tra organizzazioni sindacali e datore di lavoro può essere ratificato dai lavoratori interessati anche con condotte che dimostrino in maniera significativa e certa la volontà di condividere l’operato delle suddette organizzazioni e di accettarne gli effetti”.
Tuttavia, la Corte ha rigettato nel merito le pretese dei lavoratori, ritenendo che l’obbligazione assunta dalla società con l’accordo sindacale si è risolta per impossibilità sopravvenuta, ad essa non imputabile, essendo stata “evidentemente colpita dalla crisi economica nazionale e internazionale iniziata nel 2008, in termini ben più pesanti di quelli che essa stessa si era attesa” quando si è assunta l’obbligo di cui si discute. 
La Corte ha soggiunto che l’obbligo de quo, se anche non si fosse risolto per impossibilità sopravvenuta, sarebbe venuto comunque meno per fatti concludenti, alla luce dell’iniziale acquiescenza delle OO.SS. a lamentarne la violazione. Tanto è vero che, per questa ragione, il ricorso ex art. 28 delle OO.SS. è stato a suo tempo rigettato. E, una volta estintosi l’obbligo nei confronti delle OO.SS., esso non è più azionabile nemmeno dai lavoratori che avrebbero potuto beneficiare del suo adempimento.

Creatività e innovazione in azienda

0

La crisi dei mercati ha portato molte aziende a rivedere i propri approcci in materia gestionale e le riflessioni dei manager di molte aziende si sono sempre più arricchite di concetti quali: senso di appartenenza, comprensione delle rispettive difficoltà, condivisione di conoscenze, produzione di creatività. In altre parole di intangible asset. Saranno vincenti le organizzazioni sfidanti, gli individui che sanno innovare, le imprese che credono nel valore della risorsa umana e sono in grado di utilizzare nel modo migliore I’opportunità di operare in maniera sostenibile a livello economico-finanziario, sociale e ambientale.
Il presente volume illustra come gestire l’insieme di know-how e le competenze in modo coordinato e strategico attraverso il coinvolgimento dei propri collaboratori nelle politiche aziendali, utilizzando forme di empowerment. Il successo di un programma di empowerment risiede in gran parte nella fiducia data ai collaboratori tramite un’assunzione di controllo sull’attività da essi svolta, nel potere decisionale e nell’impegno con il quale gli stessi si applicano per il completamento del progetto. 

Fecondazione eterologa: non è più vietato alle coppie fare figli con seme o ovuli di altri

0

Non è più vietato fare un figlio con il seme di un altro uomo o con gli ovuli di un’altra donna. Lo ha deciso la Corte Costituzionale, dichiarando illegittimo il divieto di fecondazione eterologa, cioè il ricorso a gameti (spermatozoi o ovociti) esterni alla coppia. Fecondazione eterologa che in Italia è vietata dalla legge 40 del 2004.

Una decisione, quella del 9 aprile, che scatena come prevedibile l’ira dei cattolici (Famiglia Cristiana su tutti) mentre sul fronte dei favorevoli si segnala la presa di posizione di Umberto Veronesi: “E’ un grande momento per il Paese. Oggi, una volta di più, la magistratura ha dimostrato più libertà di pensiero del Parlamento”.

Legge 40 che adesso è da rifare, almeno per la parte (articoli 4, comma 3, 9, commi 1 e 3 e 12, comma 1) che limitava le procedure nella procreazione medicalmente assistita. In attesa delle motivazioni della sentenza che fa cadere il divieto, ricordiamo come il Tribunale Civile di Milano, gli avvocati delle coppie con problemi di sterilità che avevano fatto ricorso e l’avvocato dello Stato abbiano posto le questioni del diritto a essere genitori e all’autodeterminazione della coppia.

In particolare è stata posta in evidenza la “discriminazione totale e assoluta tra due categorie di coppie che si trovano nella stessa situazione dal punto di vista medico”: quelle che possono avere accesso alla fecondazione omologa e quelle che dovrebbero ricorrere a un donatore esterno ma incontrano il divieto previsto dallalegge 40.  In più si è posto l’accento sui viaggi della speranza, cioè fenomeno dei viaggi all’estero legati alla fecondazione in cui sono coinvolte circa 4mila le coppie  che ogni anno si rivolgono a strutture mediche fuori dall’Italia. “Il 63% delle coppie che in Spagna ricorre all’eterologa è rappresentato da coppie italiane” ha specificato l’avvocato Maria Paola Costantini.

Le reazioni – Non mancano, ovviamente, le reazioni alla decisione della Corte Costituzionale. Reazioni prevedibili, con l’area cattolica che protesta e quella laica che esulta. Famiglia Cristiana è tra i più duri e bolla la decisione come “ultima follia”. Sulla stessa linea l’associazione dei medici cattolici che chiede, come già succede per l’aborto, il diritto all’obiezione di coscienza. E i politici cattolici sposano la linea ufficiale. Roberto Formigoni definisce sarcasticamente la sentenza un “colpo di genio” e accusa la Corte Costituzionale di “abrogare la democrazia”.

Decisamente più eterogeneo il fronte dei favorevoli. Ci sono in testa i radicali e l’associazione Luca Coscioni. Ma c’è anche il sottosegretario Ivan Scalfarotto che parla di una sentenza “che fa uscire l’Italia dal medioevo”.

Equitalia, pagavi tangente e ti spalmava o cancellava il debito. 8 arresti

0

Equitalia travolta da uno scandalo corruzione: otto arresti e oltre venti perquisizioni in tutta Italia. Secondo l’ipotesi di reato i vertici di alcune società avrebbero pagato diverse migliaia di euro per ottenere dilazioni del debito, in alcuni casi persino la cancellazione, ed evitare la procedura di fallimento. Provocando, in questo modo, un ammanco all’Erario di 17 milioni di euro.  

In carcere sono finiti Salvatore Fedele, funzionario Equitalia Sud (sospeso il 19 settembre 2013 in seguito ad una perquisizione); Domenico Ballo, commercialista di Napoli intermediario della corruzione di Fedele; Mauro Carlini, commercialista e consulente del lavoro a Roma, e gli imprenditori operanti tra Roma, Napoli ed altre province; Paolo Conte, Antonio Conte e Lucio Licciardi, imprenditore a Roma e Napoli ed altre province.

Ai domiciliari sono stati posti Vincenzo Comes, considerato un prestanome di Lucio Licciardi e Paolo Conte, e Luisa Musto, moglie di Salvatore Fedele.

I reati contestati vanno dalla corruzione alla bancarotta fraudolenta, dalla intestazione di beni fittizi al riciclaggio, fino alla concussione.

Quindici complessivamente gli indagati. Le fiamme gialle hanno sequestrato beni per 750 mila euro e perquisito le abitazioni e gli uffici di Equitalia Sud del direttore regionale Lazio Alessandro Migliaccio e del direttore regionale Calabria Giovanbattista Sabia, che non risultano indagati.

I reati contestati vanno da corruzione, concussione, bancarotta fraudolenta, truffa aggravata e riciclaggio.

Gli investigatori hanno scoperto che i dirigenti di alcune società pagavano ai funzionari dell’agenzia di riscossione tra i 3.000 e i 10.000 euro per ottenere le dilazioni del debito con Equitalia. Una volta saldate le prime due rate interrompevano i versamenti. In questo modo evitavano di incorrere nella procedura di fallimento.

Scrive Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera,

“Il danno accertato sino ad ora per la mancata riscossione ammonta a circa 17 milioni di euro, ma la stima degli specialisti della Finanza è che alla fine potrebbe essere notevolmente superiore. Sono infatti centinaia le “posizioni” che devono ancora essere esaminate e il sospetto è che oltre alle società anche molte “persone fisiche” abbiano beneficiato dello stesso trattamento di favore”.

Internet, password a rischio: bug Heartbleed minaccia carte credito, conti, Fb

0

Le password di carte di credito, conti correnti e siti come Yahoo!, Facebook, Google eAmazon sono a rischio. Il bug Heartbleed ha reso vulnerabile il software per la sicurezza in internet“OpenSSL”, rendendo il furto dei dati immessi sul web facile e impossibile da tracciare. Il software ora è stato aggiornato, ma per due anni è stato utilizzato da due terzi dei siti web al mondo senza accorgersi del bug pericoloso per la sicurezza dei dati.

Il bug è stato scoperto da alcuni ricercatori finlandesi che lavorano per una società di sicurezza di Saratoga, in California, e da due esperti di Google, spiega il New York Times. Subito si è corsi ai ripari per garantire la sicurezza dei dati, ma non è possibile quantificare il numero di quelli sottratti.

Gli utenti più a rischio sono quelli che hanno inserito i propri dati su Yahoo!, Flickr, Oculus e Tumblr. Ma il software di sicurezza “fallato” è stato utilizzato anche da altri colossi del web come Facebook, Google, Wikipedia, Amazon, Twitter e anche Apple e Microsoft.

Il problema di sicurezza sarebbe già stato risolto da Yahoo!, Facebook, Google e Amazon e da lunedì 7 aprile il software OpenSSL ha messo a disposizione dei siti un update che risolvesse il bug con un semplice aggiornamento. Il consiglio per tutti gli utenti è quello di cambiare la propria password nei siti a rischio, ma solo dopo aver controllato che il sito abbia già aggiornato il software OpenSSL e che il bug sia stato eliminato.

Skype e WhatsApp per adescare bambine, denunce in tutta Italia

0

Adescavano bambine di 12 anni suMessenger, Skype e WhatsApp convincendole a inviare loro filmati e foto a contenuto erotico. Diverse persone tra i 29 e i 70 anni sono state denunciate in tutta Italia in un’operazione anti-pedofilia scattata a Udine. Si tratta di  impiegati, liberi professionisti, studenti, operai e pensionati.Tra loro, quattro recidivi per reati analoghi.

La Polizia Postale ha scoperto una vera e propriacommunity i cui membri, dopo avere adescato le piccole, si scambiavano i riferimenti di contatto.

Le indagini, avviate circa un anno fa, sono partite dalla denuncia dei genitori di una bambina di 12 anni e hanno interessato moltissime province italiane: Pesaro, Udine, Roma, Palermo, Caserta, Vibo Valentia, Brescia, Latina, Cagliari, Avellino, Monza e Brianza, Enna, Milano, Verbania, Lecce, Savona, Lucca, Forlì e Cesena, Genova, Torino, Bari, Verona e Benevento.

Gli investigatori hanno sequestrato 22 computer, 46 hard disk, 508 supporti CD e DVD, 46 pen drive usb, 50 telefoni cellulari e sim card, 11 memory card e documentazione varia ritenuta utile alle indagini.