Roma, 7 gennaio: l’aria è tesa, carica di un passato che, ogni anno, si ripresenta come un ricordo pesante e inquietante. Sono passati quasi cinquant’anni dalla tragica notte del 1978, quando tre giovani, coinvolti in un conflitto che sembrava senza fine tra le forze dell’ordine e gruppi di estrema destra, persero la vita. Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, due membri del Fronte della Gioventù, furono uccisi in un agguato in via Acca Larenzia, mentre Stefano Recchioni morì pochi giorni dopo, travolto dagli scontri. Oggi, come ogni anno, centinaia di militanti legati a CasaPound si radunano proprio lì, davanti alla sede di quella sezione che ha fatto la storia di quel drammatico episodio.
Tra il clamore del presente, i volti di chi partecipa a questa commemorazione si incrociano in un unico, identico gesto: il saluto romano. Un segno che sembra fissare il tempo, che ogni anno si ripete, quasi come una rievocazione di un’ideologia che non sembra voler scomparire. Tre volte il grido che rievoca quei nomi, la memoria di Bigonzetti, Ciavatta e Recchioni, intonata come un inno che segna non solo una tragedia, ma un atto di resistenza politica. Un segno, quello del saluto, che ancora oggi, dopo decenni, risuona nelle piazze come simbolo di appartenenza, di una identità che non intende essere dimenticata.
Ma a soli pochi passi, sulla stessa via Appia Nuova, il paesaggio è molto diverso. Qui, gruppi autonomi e studenti si sono radunati per un contro-presidio antifascista. Lì, tra striscioni e megafoni, si alza il grido di chi non vuole che questa memoria venga distorta o celebrata senza un confronto. È una resistenza che non si ferma, che ogni anno trova nuova forza nel ribadire la necessità di mantenere viva la lotta contro l’estremismo e il fascismo. Un duello simbolico che non è solo geografico, ma soprattutto ideologico, dove il passato si scontra con il presente, in un intreccio di parole, bandiere e richiami che raccontano due visioni della storia e della politica.
Acca Larenzia, dunque, non è solo una commemorazione, ma un luogo dove il tempo sembra essersi fermato, come se la divisione che ha segnato quella notte drammatica continuasse a vivere tra le strade della capitale. Una memoria che, in molti, tentano di rinnovare o di spezzare, ma che resta comunque lì, come un monito per il futuro.