A cura di Ella Ayoub
A Udine un importante passo avanti nella gestione dei pazienti psichiatrici arriva dall’Unità di Psichiatria del Dipartimento di Medicina dell’Università di Udine. La ricerca, pubblicata sulla rivista internazionale Nursing Reports , dimostra che superare la contenzione fisica e adottare politiche di “porte aperte” non comporta un incremento a lungo termine delle aggressioni fisiche verso il personale sanitario. Lo studio si è concentrato sui dati raccolti tra il 2007 e il 2022 presso il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (Spdc) dell’Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale (Asufc).
L’ospedale di Udine è tra i pochi in Italia – solo 19 reparti psichiatrici su 318, pari al 6% del totale – ad aver adottato politiche di non-contenzione e porte aperte 24 ore su 24. Questa scelta innovativa, introdotta nel 2015, rappresenta una svolta nel trattamento psichiatrico. Lo studio ha analizzato gli incidenti sul lavoro, in particolare le aggressioni fisiche, prima e dopo l’implementazione del nuovo approccio.
Tra il 2007 e il 2022, il reparto ha registrato 113 incidenti sul lavoro, di cui l’81,4% (92 episodi) erano aggressioni fisiche. Durante il periodo di transizione, nel 2014-2015, si è verificato un temporaneo aumento degli incidenti: 16 nel 2014 e 13 nel 2015. tuttavia, dal 2016 in poi, i dati hanno mostrato un calo costante, con soli 4 incidenti registrati nel 2022 I professionisti più esposti sono risultati gli operatori socio-sanitari e gli infermieri psichiatrici, coinvolti nel 62,9% degli episodi, con un’alta incidenza durante i. turni mattutini. Le prognosi medie per le ferite erano riportate di 13 giorni. Complessivamente, 101 professionisti, tra medici, infermieri e operatori socio-sanitari, hanno lavorato nel reparto durante il periodo di studio.
Secondo il professor Marco Colizzi, responsabile della ricerca, le politiche di non-contenzione sono attuabili senza aumentare i rischi, a condizione che siano supportate da una formazione mirata e da un adeguato periodo di adattamento. Colizzi sottolinea che le misure coercitive come la contenzione fisica e l’isolamento sono percepite dai pazienti come traumatiche, favorendo risposte aggressive che possono sfociare in un circolo vizioso. “Il nostro studio dimostra che un approccio rispettoso e aperto non solo è possibile, ma migliora anche la relazione terapeutica e riduce l’aggressività”, ha dichiarato.
I reparti psichiatrici italiani sono strutture ospedaliere che ospitano fino a 16 pazienti per unità. I comportamenti aggressivi sono spesso legati a pazienti sottoposti a trattamento sanitario obbligatorio, con storie di abuso di sostanze o episodi di violenza. Nonostante queste sfide, l’esperienza di Udine dimostra che un sistema basato sulla non-contenzione e sul rispetto può essere efficace nel garantire sicurezza e dignità sia ai pazienti che agli operatori.
Lo studio ha coinvolto figure importanti della sanità e dell’università, tra cui Marco Bertoli, direttore del Dipartimento dipendenze e salute mentale dell’Asufc; Calogero Anzallo e Tatiana Tam del Servizio psichiatrico di diagnosi e cura dell’Asufc; Alvisa Palese, coordinatrice del corso di laurea magistrale interateneo in Scienze infermieristiche e ostetriche; Carla Comacchio e Marco Garzitto della Clinica psichiatrica dell’Asufc; Giovanni Napoli del Servizio professionale assistenza infermieristica e ostetrica; e Matteo Balestrieri, ex direttore della Clinica psichiatrica.