Una complessa e articolata indagine condotta dal Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Bologna – Dipartimento Antiterrorismo, ha portato oggi all’arresto di cinque giovani di origine straniera, residenti tra Bologna, Milano, Perugia e Udine. Quattro di loro sono accusati di aver costituito un’associazione terroristica di matrice salafita-jihadista, denominata “Da’wa Italia”, con l’obiettivo di promuovere e consolidare le attività delle organizzazioni terroristiche Al Qaeda e Stato Islamico.
L’inchiesta, avviata nel settembre 2023, ha svelato come il gruppo operasse prevalentemente online, diffondendo propaganda estremista e reclutando nuovi adepti pronti a unirsi alle milizie jihadiste attive in Africa e Siria. Tra gli indagati spicca una giovane pakistana residente a Bologna, descritta come figura chiave nel proselitismo e nella formazione del sodalizio. Al suo fianco, una giovane di origine algerina residente a Spoleto, cofondatrice del gruppo, e altri due membri, tra cui un giovane di Milano che avrebbe già raggiunto il Corno d’Africa per unirsi alle milizie jihadiste.
Radicalizzazione e propaganda: i pericoli della rete
Un aspetto cruciale dell’indagine è stato il ruolo di internet, divenuto strumento primario per avvicinare giovani vulnerabili alla retorica jihadista globale. In particolare, il periodo della pandemia da COVID-19, con l’isolamento forzato, sembra aver accelerato il processo di radicalizzazione di molti soggetti. L’attenzione degli inquirenti si è inoltre concentrata sul fratello minore della principale indagata, coinvolto in un percorso di addestramento finalizzato a un possibile arruolamento nei ranghi del terrorismo internazionale.
Un fenomeno allarmante e in evoluzione
L’indagine ha rivelato non solo l’attività propagandistica del gruppo, ma anche la sua pericolosa evoluzione verso la creazione di reti internazionali e il reclutamento di nuovi membri. Il caso evidenzia alcuni elementi chiave del jihadismo contemporaneo, come il coinvolgimento di giovani di seconda generazione e il ruolo della rete come amplificatore delle ideologie estremiste.
Grazie al coordinamento della Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, questa operazione rappresenta un importante passo nella lotta contro il terrorismo in Italia, ma al tempo stesso solleva interrogativi sulle sfide future legate alla prevenzione della radicalizzazione e alla sicurezza nazionale.