24 Settembre 2024, martedì

Teatro follia

Il 25 e 26 settembre, ultimi due giorni di “Sentiero del Teatro accanto alla Follia”, la mostra su Basaglia/Scabia allestita presso il MAD, piazza delle Murate, Firenze.

Avremo il 25 settembre dalle ore 16 alle ore 19, la prima giornata di coordinamento delle realtà che lavorano di fianco e incontro al disagio e alla follia, guidata da Aurora Scabia e Andrea Mancini, un momento al quale è in fondo dedicata l’intera esposizione, che guarda al passato, rivolta soprattutto al futuro. Che non può essere se non quello di un impegno coordinato nei confronti di un disagio sempre più diffuso.

Il giorno 26, a partire dalle 20,30, ci sarà l’evento finale della mostra, con una serata di spettacoli, aperta da Claudio Ascoli deiChille de la balanza e chiusa da Giovanni Guerrieri e Giulia Gallo dei Sacchi di Sabbia, con il bellissimo “Cinghiali al limite del bosco”, uno dei testi più intensi del vastissimo repertorio di Scabia (oltre cento testi, in pubblicazione presso l’editore Marsilio di Venezia), la storia di un gruppo di cinghiali che restando immobile si salva dall’uccisione e dai cacciatori. Un lavoro finora messo in scena da molte compagnie, tra le quali Assemblea Teatro di Torino e Accademia della Follia di Trieste, in questo caso diretta dallo stesso Scabia. 

Partendo proprio dalla fine (in scena intorno alle 21 e 30 del 26), riportiamo la dichiarazione di Giovanni Guerrieri. “Accogliendo l’invito della Fondazione Scabia – ha detto Giovanni – vi proponiamo un lavoro tratto da “Cinghiali al limite del bosco”, chiosata da tavole Pop-up realizzate per l’occasione, come commosso ricordo di Giuliano Scabia. Sono appunti per una scenografia inesplosa che – almeno così ci piace pensare – a Scabia sarebbe davvero piaciuta”.

Alle 20,30 ancora del 26, sarà invece di scena Claudio Ascoli con “Lettere del filosofo Guido Calogero dal carcere duro delle Murate (febbraio – giugno 1942)”Ascoli parte da un momento privato di Guido Calogero, figura di spicco dagli anni del fascismo. Allievo di Gentile da cui ben presto si allontana, Calogero firma nel 1931 la fedeltà al fascismo, come Einaudi, Calamandrei che considera l’insegnamento “il suo posto di combattimento”. Il filosofo ha l’obiettivo dichiarato di insegnare ai giovani l’importanza della libertà e la necessità della democrazia nel dialogo: suo è il Manifesto del liberalsocialismo (1940). Di lì a poco viene arrestato e portato alle Murate nel febbraio del 1942! É amatissimo dai suoi studenti universitari a Pisa, Firenze e Roma: saranno suoi allievi prediletti, tra gli altri, Norberto Bobbio, Carlo Azeglio Ciampi e Luciano Bianciardi. Impossibile sintetizzare un’attività come quella di Calogero che attraversa molti decenni: basti qui ricordare che fu tra i fondatori del Partito d’Azione e più tardi del Partito radicale, e ancora direttore dell’Istituto italiano di Cultura a Londra, membro dell’Accademia dei Lincei, oltre che naturalmente docente universitario. Come sempre, Ascoli si muove in assoluta libertà, proponendo un percorso che dagli anni Quaranta arriva ai nostri giorni. Si interroga e interroga in primo luogo sul carcere, allora ed oggi, e sul “che fare”. Lo fa in compagnia di persone che hanno vissuto, partecipato alla storia recente di Firenze e delle Murate, con una speciale attenzione alla rivolta – prima carceraria e poi popolare – del 24 febbraio 1974, oggi quasi del tutto rimossa. Un particolare ringraziamento va quindi alle persone che accompagnano Ascoli in quest’avventura: da Valdo Spini aChiara Riondino (allora nel Collettivo Victor Jara, che scrisse una canzone sulla rivolta del ’74 e sull’uccisione del giovane carcerato Giancarlo Del Padrone)e ancora da Giuliana Occupati eValentino Fraticelli a Corrado Marcetti (Fondazione Michelucci), senza dimenticare Massimo Agus che fotografò alcuni degli eventi di quegli anni. L’attualità del pensiero di Calogero emerge nelle delicate lettere che invia alla moglie dal carcere fiorentino  – oggi quasi introvabili e per le quali Ascoli è debitore verso la studiosa Cristina Farnetti – e ancor più in quella sorta di pamphlet per le giovani generazioni che è “L’Abbiccì della democrazia” (scritto nel 1944 e pubblicato nel 1946), di cui riportiamo l’intrigante incipit Parlare e ascoltare: “E’ stato detto che la democrazia è il sistema di contare le teste invece di romperle. Vediamo che cosa implica questa definizione dall’aspetto bizzarro.”

Il giorno 25, dalle 16 fino almeno alle 19, avremo “Per un teatro dell’impegno”, il primo momento di coordinamento delle realtà che operano nel rapporto tra arte e disagio. Aurora Scabia, coordinatrice della giornata, nel segno ci una continuità con il lavoro di suo padre, ha detto di aver inviato quasi duecento mail“con l’obiettivo di parlarsi e confrontarsi. Mio babbo aveva pensato più volte ad una giornata come questa nella quale poter invitare i diversi enti, associazioni, centri che operano con il teatro o con le arti dell’impegno e che sono a stretto contatto con le persone che vivono nella marginalità o che sono pazienti psichiatrici. Seppur partendo dall’idea che il teatro non fosse una terapia ma fosse piuttosto un modo per stare insieme, per essere protagonisti e quindi esistere ed avere una dignità, in questo senso il teatro fa bene. Come Fondazione Scabia abbiamo pensato che fosse importante fare questa mostra per poter raccontare la storia di quegli anni soprattutto per i più giovani, ma allo stesso tempo,pensiamo che sia importante chiedersi quale sia la situazione attuale, per chi vive una condizione di disagio mentale, cosa succede nelle loro vite. Funziona davvero il sistema sul nostro territorio dopo la chiusura dei manicomi?”.

All’incontro del 25 settembre hanno assicurato la loro presenzamolti gruppi, alcuni informali, che operano in Toscana, ma anche operatori sanitari e persone in vario modo interessate a quello che è stato chiamato “teatro del disagio”.

Riceviamo e pubblichiamo integralmente

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