6 Luglio 2024, sabato
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L’Autonomia differenziata: tradimento dei principi di Ventotene e rischi per l’Unione Europea

“Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto”. Questo è il titolo del Manifesto di Ventotene, redatto nel 1941 da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi. Non si tratta di parole vuote o retoriche, ma del significato di un percorso compiuto per superare i conflitti, per la pace e lo sviluppo solidale dell’Europa negli ultimi quasi 80 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Recentemente si sono tenute le elezioni del Parlamento europeo, con segnali significativi per l’Italia e l’Unione europea. Con il sovranismo che rialza la testa e l’integrazione europea sempre più messa in discussione, è importante offrire degli spunti al dibattito nazionale, guidati dagli obiettivi indicati nel Manifesto di Ventotene.

Le soluzioni ai problemi che attanagliano l’Italia e l’Europa risiedono in una maggiore integrazione tra gli stati e i popoli. Tra i principali problemi ci sono: sfiducia nella classe politica, disaffezione verso la cura della cosa pubblica, spinte nazionalistiche, difficoltà economiche, conflitti bellici, povertà diffusa, spopolamento, decremento demografico, crisi climatica e disastri ambientali.
Secondo il Report Istat “Noi Italia 2024”, l’8,3% delle famiglie italiane (2,18 milioni di famiglie) nel 2022 si trovava in condizioni di povertà assoluta. Si tratta di più di 5,6 milioni di persone, pari al 9,7% della popolazione complessiva. Il fenomeno colpisce maggiormente il Sud, dove oltre 1,8 milioni di persone vivono in una condizione di grave deprivazione materiale e sociale. C’è un profondo divario territoriale nella distribuzione del reddito e nella capacità di spesa delle famiglie. Inoltre, lo spopolamento e il decremento demografico, definito correttamente “inverno demografico”, rischiano di avere conseguenze inarrestabili se non affrontato in tempo.
Secondo Spinelli e Rossi, “La solidarietà umana verso coloro che riescono soccombenti nella lotta economica, non dovrà manifestarsi con forme caritative sempre avvilenti e produttrici degli stessi mali alle cui conseguenze cercano di riparare, ma con una serie di provvidenze che garantiscano incondizionatamente a tutti, possano o non possano lavorare, un tenore di vita decente, senza ridurre lo stimolo al lavoro e al risparmio. Così nessuno sarà più costretto dalla miseria ad accettare contratti di lavoro iugulatori.”
Per incentivare il lavoro e ridurre la povertà, a quanto sembra, occorre agire rapidamente in due direzioni ben definite:

Sostegno alle Imprese: Sburocratizzazioni, leva fiscale e spinta alle innovazioni tecnologiche sono fondamentali, avendo chiaro che il tessuto produttivo del Paese si fonda sulle piccole e medie imprese. Queste riescono ad essere eccellenze nel mondo grazie alla qualità del prodotto e non alla sua massificazione. Allo stesso tempo, è necessaria una strategia italiana ed europea per la gestione delle grandi infrastrutture strategiche. Il tempo dei capitani di ventura in salsa nazionale è finito.

E la seconda sarebbe: Offrire un salario minimo dignitoso, unitamente allo sviluppo di servizi educativi, sociali e sanitari, è essenziale per consentire di vivere adeguatamente, secondo le proprie possibilità e i propri bisogni. Questo permette di formare una famiglia in un contesto sociale in cui la regola è lo sviluppo mutualistico in condizioni di uguaglianza sostanziale. Naturalmente, ciò implica che ai più fragili siano assicurate forme di tutela, anche economica, senza pregiudizi o condanne morali fuorvianti e sprezzanti, che non tengono conto delle situazioni personali né dei territori di appartenenza.

Le critiche ovviamente sono saltate fuori un po’ da tutte le parti. Distinguere tra assistenzialismo e tutela degli ultimi è un esercizio su cui riflettere, senza banalizzare. L’autonomia differenziata rischia di aumentare i divari territoriali e sociali, con effetti negativi incontrollabili e incontrovertibili. Spinelli e Rossi si preoccupavano anche della scuola. Immaginavano una scuola di qualità, che consentisse a tutti di raggiungere i più alti gradi degli studi e che fosse leva per il progresso del Paese, capace di collegarsi naturalmente con il mondo del lavoro. Non per una società delle élite, ma per una società nella quale istruzione e lavoro si stimolino a vicenda per lo sviluppo del Paese.
Un ruolo fondamentale è dato a quella che sembra essere una sfida impossibile: che le donne possano scegliere di essere al contempo madri e lavoratrici. Solo con più asili, più tempo pieno, più mense e più servizi questo percorso può essere reso possibile. Non con tagli o con venti differenti sistemi di istruzione e formazione. Tagli che colpiranno anche la sanità nei prossimi anni, secondo gli ultimi documenti finanziari governativi. Minore accesso all’istruzione e alle cure è sinonimo di sfiducia nella persona, di non curanza verso gli ultimi.
Poi esiste anche la transizione green che è irreparabile. Serve al pianeta, sempre più martoriato dalla mano dell’uomo, e serve a far sì che l’Europa possa rendersi indipendente per quanto riguarda le fonti di approvvigionamento. Deve essere accompagnata da gradualità, per consentire agli Stati e alle famiglie di essere pronti e non succubi di quella che è un’opportunità e non un peso.
Con il PNRR, è stato varato il National Biodiversity Future Center (Nbfc), che con una ventina di imprese e circa 1.000 nuovi talenti (di cui 600 neo assunti) si occupa di monitoraggio, conservazione, ripristino e valorizzazione delle 10.000 piante e dei 6.000 animali che rendono l’Italia il Paese con maggiore biodiversità d’Europa. Questa è un’opportunità straordinaria che potrebbe consentire alle imprese di investire in molecole bioattive, crediti di biodiversità, biotecnologie e nuovi biosensori. Tuttavia, non devono essere immaginati come interventi spot, ma come parte di una strategia integrata.
Il progresso scientifico deve andare di pari passo con la giustizia sociale, senza usare la regolamentazione per comprimerne lo spazio di evoluzione a priori. Più istruzione, sanità, lavoro, sviluppo tecnologico, più diritti e tutele sono le chiavi per il progresso sociale. Questo progresso non verrà mai sospinto da visioni autarchiche e nazionalistiche, fortunatamente condannate dalla storia. Occorre essere lungimiranti e decisi, chiari negli obiettivi e fermi nelle intenzioni. Una battaglia da combattere nel Paese e insieme a tutti gli italiani in Europa, per un’Europa capace di integrare le diversità, facendo fronte comune dinanzi alle sfide mondiali, nell’approccio ai mercati e nell’esercizio unitario e coordinato di una seria politica di difesa.
Lucia Azzolina in un articolo recentemente pubblicato, ci ricorda che, come dichiarato nel Manifesto di Ventotene, “La via da percorrere non è facile, né sicura. Ma deve essere percorsa, e lo sarà!” Solo con una maggiore integrazione europea, il rispetto dei diritti e l’impegno per il progresso sociale, l’Italia e l’Europa potranno affrontare con successo le sfide future. L’autonomia differenziata, se non gestita con attenzione, rischia di aumentare le disuguaglianze e minare la coesione sociale. È tempo di riscoprire lo spirito del Manifesto di Ventotene e lavorare insieme per un’Europa più unita e solidale.

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