A cura del Prof. Avv. Giuseppe Catapano
Certamente la storia non se la passa tanto bene nelle nostre scuole. Marginalizzata nella prova scritta della maturità, rimodulata nei programmi in nome di una sacrosanta esigenza di maggiore conoscenza delle vicende contemporanee, è in difficoltà anche nelle università, dove continua una progressiva riduzione delle cattedre di discipline storiche. Abbiamo lo sguardo così teso al nuovo, al futuro, alle infinite e affascinanti prospettive che le moderne tecnologie ci offrono, che abbiamo veramente poche energie da dedicare ai fatti del passato e alla loro conoscenza.
In effetti il presente è così ricco, intenso, drammatico, veloce nel suo continuo accadere, che dobbiamo avere delle buone e solide ragioni per interessarci alla storia e agli eventi che l’hanno costruita.
Forse ciò che dobbiamo riscoprire è che si vive meglio e si capisce di più la realtà evitando la contrapposizione tra passato e presente.
È affascinante guardare la storia come un dialogo. Perché significa che passato e presente possono interagire, che il tempo che passa non cancella ma incrementa un rapporto possibile, e soprattutto che non tutto è già scritto, che c’è una partita di conoscenza reciproca ancora tutta da giocare. Ma è una partita interessante se si gioca su fatti e non sulle idee o ancor peggio, sulle ideologie. C’è un presente che scaturisce da questo dialogo, un presente sempre nuovo e sempre da scoprire.
E’ appena iniziata la settimana “ dinamica dell’avvenimento cristiano, è descrivibile sia partendo dal passato e venendo verso il presente, sia partendo dal presente e andando verso il passato”. Si tratta di “un avvenimento del passato rinvenibile nell’esperienza di un avvenimento presente. Di un avvenimento presente che si può spiegare solo in forza di un avvenimento del passato”.
Se oggi accade di incontrare uomini la cui vita è cambiata, che si ritrovano a fare memoria di quel pane spezzato e benedetto, che appartengono a una storia di cui possono dire “solo qui ci sono parole che spiegano la vita”, siamo di fronte a un fatto presente che si spiega solo in forza di quell’avvenimento passato. E quel passato continua a vivere anche oggi in un presente concreto e incontrabile nell’esperienza di uomini del nostro tempo. Fatti del passato che spiegano il presente. Un presente che è vero in forza di un passato.
Ma senza il gusto dei fatti, fatti del passato, fatti del presente, senza la lealtà di fronte ad essi, anche il cristianesimo finirebbe soffocato dall’ideologia o dai pregiudizi. Oppure ridotto a un vago sentimento soggettivo. Sulle ideologie si può discutere. I sentimenti sono fragili e passeggeri. La carne di persone vive e incontrabili è invece indiscutibile e certa. Di questo abbiamo bisogno perché la nostra vita sia “spiegata”.